Campanello e citofono
L’installazione di un impianto di campanello e citofono, per consentire il collegamento con l’esterno di un appartamento in edificio condominiale e l’apertura del portone di quest’ultimo, non integra imposizione di servitù a carico della proprietà condominiale, ma configura un uso del bene comune, legittimo nei limiti in cui non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso.
* Cass.civ., sez. II, 22 giugno 1982, n. 3795, Serafino c. Muscatello.
L’uso di un impianto citofonico elettrocomandato installato a proprie spese e per favorire la propria attività professionale (nella specie, chiaroveggente e cartomante) costituisce esercizio di un diritto di ciascun condomino, con l’unico limite di non arrecare pregiudizio alla sicurezza degli altri condomini.
* Trib. civ. Milano, 21 novembre 1991, n. 9565, in Arch. loc. e cond. 1992, 371.
In materia di risarcimento per danni subiti da un bene durevole (nella specie, impianto citofonico) l’interesse del proprietario leso dal fatto illecito comprende anche l’utile consistente nel risparmio della somma occorrente per la sostituzione del bene suddetto.
* Pret. civ. Busto Arsizio, 28 gennaio 1993, in Arch. civ. 1994, n. 12.
Non può chiedersi ai sensi dell’art. 1105, ultimo comma, c.c. un provvedimento concernente l’esecuzione di opere nelle parti in proprietà esclusiva. (Nella specie, si chiedeva ordinarsi di installare un campanello con targhetta su un cancello in proprietà esclusiva di un condomino).
* Trib. civ. Parma, sez. I, decr. 9 marzo 1993, Bergamaschi c. Riccardi, in Arch. loc. e cond. 1993, 318.
Nel sistema di comunicazione tra ciascun appartamento condominiale e l’esterno (citofono) possono distinguersi parti comuni (il quadro esterno e comunque tutta la parte dell’impianto che precede la diramazione dei cavi in direzione delle singole unità abitative) e parti di proprietà esclusiva dei singoli condomini. Da ciò la necessità di distinguere, anche in sede di riparto delle spese di installazione, la parte comune da quelle di proprietà individuale: di esse, la prima ricade nel regime previsto dall’art. 1123, secondo comma, c.c., mentre le seconde gravano interamente su ciascun condomino in ragione della loro obiettiva entità. (Nella fattispecie, quanto alle parti di proprietà comune dell’impianto, il tribunale ha disposto la suddivisione delle spese di installazione in quote identiche, sulla considerazione che la cosa comune era, per consistenza e funzione, destinata a servire ugualmente e indiscriminatamente le singole proprietà).
* Trib. civ. Bologna, 22 maggio 1998, n. 1299, Faccioli c. Condominio di Via Saragozza n. 25, Bologna, in Arch. loc. e cond. 1998, 726.