La Riforma del Condominio

MODIFICHE ALLA DISCIPLINA DEL CONDOMINIO NEGLI EDIFICI

[RIFORMA DEL CONDOMINIO] INTRODOTTA CON LA LEGGE 11 .12. 2012, N. 220

PUBBLICATA SULLA GAZZETTA UFFICIALE REPUBBLICA ITALIANA 17.12.2012, N. 293

CODICE CIVILE

LIBRO TERZO. Della Proprietà

TITOLO SETTIMO. Della Comunione

CAPO PRIMO. Della comunione in generale

Art. 1100 – Norme regolatrici

Quando la proprietà o altro diritto reale spetta in comune a più persone se il titolo o la legge non dispone diversamente si applicano le norme seguenti.

Art. 1101 – Quote dei partecipanti

Le quote dei partecipanti alla comunione si presumono eguali.

Il concorso dei partecipanti, tanto nei vantaggi quanto nei pesi della comunione, è in proporzione delle rispettive quote.

Art. 1102 – Uso della cosa comune

Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa.

Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso.

Art. 1103 – Disposizione della quota

Ciascun partecipante può disporre del suo diritto e cedere ad altri il godimento della cosa nei limiti della sua quota.

Per le ipoteche costituite da uno dei partecipanti si osservano le disposizioni contenute nel capo IV del titolo III del libro VI.

Art. 1104 – Obblighi dei partecipanti

Ciascun partecipante deve contribuire nelle spese necessarie per la conservazione e per il godimento della cosa comune e nelle spese deliberate dalla maggioranza a norma delle disposizioni seguenti, salva la facoltà di liberarsene con la rinunzia al suo diritto.

La rinunzia non giova al partecipante che abbia anche tacitamente approvato la spesa.

Il cessionario del partecipante è tenuto in solido con il cedente a pagare i contributi da questo dovuti e non versati.

Art. 1105 – Amministrazione

Tutti i partecipanti hanno diritto di concorrere nell’amministrazione della cosa comune.

Per gli atti di ordinaria amministrazione le deliberazioni della maggioranza dei partecipanti, calcolata secondo il valore delle loro quote, sono obbligatorie per la minoranza dissenziente.

Per la validità delle deliberazioni della maggioranza si richiede che tutti i partecipanti siano stati preventivamente informati dell’oggetto della deliberazione.

Se non si prendono i provvedimenti necessari per l’amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere all’autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di consiglio e può anche nominare un amministratore.

Art. 1106 – Regolamento della comunione e nomina di amministratore

Con la maggioranza calcolata nel modo indicato dall’articolo precedente, può essere formato un regolamento per l’ordinaria amministrazione e per il miglior godimento della cosa comune.

Nello stesso modo l’amministrazione può essere delegata ad uno o più partecipanti, o anche a un estraneo, determinandosi i poteri e gli obblighi dell’amministratore.

Art. 1107 – Impugnazione del regolamento

Ciascuno dei partecipanti dissenzienti può impugnare davanti all’autorità giudiziaria il regolamento della comunione entro trenta giorni dalla deliberazione che lo ha approvato. Per gli assenti il termine decorre dal giorno in cui è stata loro comunicata la deliberazione. L’autorità giudiziaria decide con unica sentenza sulle opposizioni proposte.

Decorso il termine indicato dal comma precedente senza che il regolamento sia stato impugnato, questo ha effetto anche per gli eredi e gli aventi causa dai singoli partecipanti.

Art. 1108 – Innovazioni e altri atti eccedenti l’ordinaria amministrazione

Con deliberazione della maggioranza dei partecipanti che rappresenti almeno due terzi del valore complessivo della cosa comune, si possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento della cosa o a renderne più comodo o redditizio il godimento, purché esse non pregiudichino il godimento di alcuno dei partecipanti e non importino una spesa eccessivamente gravosa.

Nello stesso modo si possono compiere gli altri atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, sempre che non risultino pregiudizievoli all’interesse di alcuno dei partecipanti.

E’ necessario il consenso di tutti i partecipanti per gli atti di alienazione o di costituzione di diritti reali sul fondo comune e per le locazioni di durata superiore a nove anni.

L’ipoteca può essere tuttavia consentita dalla maggioranza indicata dal primo comma, qualora abbia lo scopo di garantire la restituzione delle somme mutuate per la ricostruzione o per il miglioramento della cosa comune.

Art. 1109 – Impugnazione delle deliberazioni

Ciascuno dei componenti la minoranza dissenziente può impugnare davanti all’autorità giudiziaria le deliberazioni della maggioranza:

1) nel caso previsto dal secondo comma dell’articolo 1105, se la deliberazione è gravemente pregiudizievole alla cosa comune;

2) se non è stata osservata la disposizione del terzo comma dell’articolo 1105;

3) se la deliberazione relativa a innovazioni o ad altri atti eccedenti l’ordinaria amministrazione è in contrasto con le norme del primo e del secondo comma dell’articolo 1108.

L’impugnazione deve essere proposta, sotto pena di decadenza, entro trenta giorni dalla deliberazione. Per gli assenti il termine decorre dal giorno in cui è stata loro comunicata la deliberazione. In pendenza del giudizio, l’autorità giudiziaria può ordinare la sospensione del provvedimento deliberato.

Art. 1110 – Rimborso di spese

Il partecipante che, in caso di trascuranza degli altri partecipanti o dell’amministratore, ha sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune, ha diritto al rimborso.

Art. 1111 – Scioglimento della comunione

Ciascuno dei partecipanti può sempre domandare lo scioglimento della comunione; l’autorità giudiziaria può stabilire una congrua dilazione, in ogni caso non superiore a cinque anni, se l’immediato scioglimento può pregiudicare gli interessi degli altri.

Il patto di rimanere in comunione per un tempo non maggiore di dieci anni è valido e ha effetto anche per gli aventi causa dai partecipanti. Se è stato stipulato per un termine maggiore, questo si riduce a dieci anni.

Se gravi circostanze lo richiedono, l’autorità giudiziaria può ordinare lo scioglimento della comunione prima del tempo convenuto.

Art. 1112 – Cose non soggette a divisione

Lo scioglimento della comunione non può essere chiesto quando si tratta di cose che, se divise, cesserebbero di servire all’uso a cui sono destinate.

Art. 1113 – Intervento nella divisione e opposizioni

I creditori e gli aventi causa da un partecipante possono intervenire nella divisione a proprie spese, ma non possono impugnare la divisione già eseguita, a meno che abbiano notificato un’opposizione anteriormente alla divisione stessa e salvo sempre ad essi l’esperimento dell’azione revocatoria o dell’azione surrogatoria.

Nella divisione che ha per oggetto beni immobili, l’opposizione per l’effetto indicato dal comma precedente, deve essere trascritta prima della trascrizione dell’atto di divisione e, se si tratta di divisione giudiziale, prima della trascrizione della relativa domanda.

Devono essere chiamati a intervenire, perché la divisione abbia effetto nei loro confronti, i creditori iscritti e coloro che hanno acquistato diritti sull’immobile in virtù di atti soggetti a trascrizione e trascritti prima della trascrizione dell’atto di divisione o della trascrizione della domanda di divisione giudiziale.

Nessuna ragione di prelevamento in natura per crediti nascenti dalla comunione può opporsi contro le persone indicate dal comma precedente, eccetto le ragioni di prelevamento nascenti da titolo anteriore alla comunione medesima, ovvero da collazione.

Art. 1114 – Divisione in natura 

La divisione ha luogo in natura, se la cosa può essere comodamente divisa in parti corrispondenti alle quote dei partecipanti.

Art. 1115 – Obbligazioni solidali dei partecipanti

Ciascun partecipante può esigere che siano estinte le obbligazioni in solido contratte per la cosa comune, le quali siano scadute o scadano entro l’anno dalla domanda di divisione.

La somma per estinguere le obbligazioni si preleva dal prezzo di vendita della cosa comune, e, se la divisione ha luogo in natura, si procede alla vendita di una congrua frazione della cosa, salvo diverso accordo tra i condividenti.

Il partecipante che ha pagato il debito in solido e non ha ottenuto il rimborso concorre nella divisione per una maggiore quota corrispondente al suo diritto verso gli altri condividenti.

Art. 1116 – Applicabilità delle norme sulla divisione ereditaria

Alla divisione delle cose comuni si applicano le norme sulla divisione dell’eredità, in quanto non siano in contrasto con quelle sopra stabilite.

 

LIBRO TERZO. Della Proprietà

TITOLO SETTIMO. Della Comunione

CAPO SECONDO. Del condominio negli edifici

Art. 1117 – Parti comuni dell’edificio

Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo:

1) tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune, come il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate;

2) le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l’alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune;

3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell’aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche.

(1)

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(1) Il presente articolo è stato così sostituito dall’art. 1, L. 11.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18 giugno 2013. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani o porzioni di piani di un edificio, se il contrario non risulta dal titolo:
1) il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni d’ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e in genere tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune;
2) i locali per la portineria e per l’alloggio del portiere, per la lavanderia, per il riscaldamento centrale, per gli stenditoi e per altri simili servizi in comune;
3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere che servono all’uso e al godimento comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli acquedotti e inoltre le fognature e i canali di scarico, gli impianti per l’acqua, per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento e simili fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini.”

Art. 1117-bis – Ambito di applicabilità

Le disposizioni del presente capo si applicano, in quanto compatibili, in tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell’articolo 1117.

(1)

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(1) Il presente articolo è stato inserito dall’art. 2, L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013.

Art. 1117-ter – Modificazioni delle destinazioni d’uso

Per soddisfare esigenze di interesse condominiale, l’assemblea, con un numero di voti che rappresenti i quattro quinti dei partecipanti al condominio e i quattro quinti del valore dell’edificio, può modificare la destinazione d’uso delle parti comuni.

La convocazione dell’assemblea deve essere affissa per non meno di trenta giorni consecutivi nei locali di maggior uso comune o negli spazi a tal fine destinati e deve effettuarsi mediante lettera raccomandata o equipollenti mezzi telematici, in modo da pervenire almeno venti giorni prima della data di convocazione.

La convocazione dell’assemblea, a pena di nullità, deve indicare le parti comuni oggetto della modificazione e la nuova destinazione d’uso.

La deliberazione deve contenere la dichiarazione espressa che sono stati effettuati gli adempimenti di cui ai precedenti commi.

Sono vietate le modificazioni delle destinazioni d’uso che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato o che ne alterano il decoro architettonico.

(1)

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(1) Il presente articolo è stato inserito dall’art. 2, L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013.

art. 1117-quater – Tutela delle destinazioni d’uso

In caso di attività che incidono negativamente e in modo sostanziale sulle destinazioni d’uso delle parti comuni, l’amministratore o i condomini, anche singolarmente, possono diffidare l’esecutore e possono chiedere la convocazione dell’assemblea per far cessare la violazione, anche mediante azioni giudiziarie. L’assemblea delibera in merito alla cessazione di tali attività con la maggioranza prevista dal secondo comma dell’articolo 1136.

(1)

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(1) Il presente articolo è stato inserito dall’art. 2, L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013.

Art. 1118 – Diritti dei partecipanti sulle cose comuni

Il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni, salvo che il titolo non disponga altrimenti, è proporzionale al valore dell’unità immobiliare che gli appartiene.

Il condomino non può rinunziare al suo diritto sulle parti comuni.

Il condomino non può sottrarsi all’obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni, neanche modificando la destinazione d’uso della propria unità immobiliare, salvo quanto disposto da leggi speciali.

Il condomino può rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma.

(1)

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(1) Il presente articolo è stato così sostituito dall’art. 3, L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013. Si riporta di seguito il testo previgente:

 “Il diritto di ciascun condomino sulle cose indicate dall’articolo precedente è proporzionato al valore del piano o porzione di piano che gli appartiene, se il titolo non dispone altrimenti. Il condomino non può, rinunziando al diritto sulle cose anzidette, sottrarsi al contributo nelle spese per la loro conservazione.”

Art. 1119 – Indivisibilità

Le parti comuni dell’edificio non sono soggette a divisione, a meno che la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l’uso della cosa a ciascun condomino e con il consenso di tutti i partecipanti al condominio.

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(1) Il presente comma è stato così modificato dall’art. 4, L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Le parti comuni dell’edificio non sono soggette a divisione, a meno che la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l’uso della cosa a ciascun condomino”.

Art. 1120 – Innovazioni

I condomini, con la maggioranza indicata dal quinto comma dell’articolo 1136, possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni.

I condomini, con la maggioranza indicata dal secondo comma dell’articolo 1136, possono disporre le innovazioni che, nel rispetto della normativa di settore, hanno ad oggetto:

1) le opere e gli interventi volti a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti;

2) le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche, per il contenimento del consumo energetico degli edifici e per realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell’edificio, nonché per la produzione di energia mediante l’utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili da parte del condominio o di terzi che conseguano a titolo oneroso un diritto reale o personale di godimento del lastrico solare o di altra idonea superficie comune;

3) l’installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino alla diramazione per le singole utenze, ad esclusione degli impianti che non comportano modifiche in grado di alterare la destinazione della cosa comune e di impedire agli altri condomini di farne uso secondo il loro diritto. (1)

L’amministratore è tenuto a convocare l’assemblea entro trenta giorni dalla richiesta anche di un solo condomino interessato all’adozione delle deliberazioni di cui al precedente comma. La richiesta deve contenere l’indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione degli interventi proposti. In mancanza, l’amministratore deve invitare senza indugio il condomino proponente a fornire le necessarie integrazioni. (1)

Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino.

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(1) Il presente comma è stato inserito dall’art. 5, L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013.

Art. 1121 – Innovazioni gravose o voluttuarie

Qualora l’innovazione importi una spesa molto gravosa o abbia carattere voluttuario rispetto alle particolari condizioni e all’importanza dell’edificio, e consista in opere, impianti o manufatti suscettibili di utilizzazione separata, i condomini che non intendono trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa.

Se l’utilizzazione separata non è possibile, l’innovazione non è consentita, salvo che la maggioranza dei condomini che l’ha deliberata o accettata intenda sopportarne integralmente la spesa.

Nel caso previsto dal primo comma i condomini e i loro eredi o aventi causa possono tuttavia, in qualunque tempo, partecipare ai vantaggi dell’innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell’opera.

Art. 1122 – Opere su parti di proprietà o uso individuale

Nell’unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti normalmente destinate all’uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all’uso individuale, il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio.

In ogni caso è data preventiva notizia all’amministratore che ne riferisce all’assemblea.

(1)

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(1) Il presente articolo è stato così sostituito dall’art. 6, L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013. Si riporta di seguito il testo previgente:

Opere sulle parti dell’edificio di proprietà comune. Ciascun condomino, nel piano o porzione di piano di sua proprietà, non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni dell’edificio.”

Art. 1122-bis – Impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva e di produzione di energia da fonti rinnovabili

Le installazioni di impianti non centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione per le singole utenze sono realizzati in modo da recare il minor pregiudizio alle parti comuni e alle unità immobiliari di proprietà individuale, preservando in ogni caso il decoro architettonico dell’edificio, salvo quanto previsto in materia di reti pubbliche.

È consentita l’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinati al servizio di singole unità del condominio sul lastrico solare, su ogni altra idonea superficie comune e sulle parti di proprietà individuale dell’interessato.

Qualora si rendano necessarie modificazioni delle parti comuni, l’interessato ne dà comunicazione all’amministratore indicando il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi. L’assemblea può prescrivere, con la maggioranza di cui al quinto comma dell’articolo 1136, adeguate modalità alternative di esecuzione o imporre cautele a salvaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico dell’edificio e, ai fini dell’installazione degli impianti di cui al secondo comma, provvede, a richiesta degli interessati, a ripartire l’uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni, salvaguardando le diverse forme di utilizzo previste dal regolamento di condominio o comunque in atto. L’assemblea, con la medesima maggioranza, può altresì subordinare l’esecuzione alla prestazione, da parte dell’interessato, di idonea garanzia per i danni eventuali.

L’accesso alle unità immobiliari di proprietà individuale deve essere consentito ove necessario per la progettazione e per l’esecuzione delle opere. Non sono soggetti ad autorizzazione gli impianti destinati alle singole unità abitative.

(1)

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(1) Il presente articolo è stato inserito dall’art. 7, L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013.

Art. 1122-ter – Impianti di videosorveglianza sulle parti comuni

Le deliberazioni concernenti l’installazione sulle parti comuni dell’edificio di impianti volti a consentire la videosorveglianza su di esse sono approvate dall’assemblea con la maggioranza di cui al secondo comma dell’articolo 1136.

(1)

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(1) Il presente articolo è stato inserito dall’art. 7, L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013.

Art. 1123 – Ripartizione delle spese

Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione.

Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne.

Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell’intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condòmini che ne trae utilità.

Art. 1124 – Manutenzione e sostituzione delle scale e degli ascensori

Le scale e gli ascensori sono mantenuti e sostituiti dai proprietari delle unità immobiliari a cui servono. La spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore delle singole unità immobiliari e per l’altra metà esclusivamente in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo. (1)

Al fine del concorso nella metà della spesa, che è ripartita in ragione del valore, si considerano come piani le cantine, i palchi morti, le soffitte o camere a tetto e i lastrici solari, qualora non siano di proprietà comune.(2)

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(1) Il presente comma è stato così sostituito dall’art. 8, L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013. Si riporta di seguito il testo previgente:

Le scale sono mantenute e ricostruite dai proprietari dei diversi piani a cui servono. La spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore dei singoli piani o porzioni di piano, e per l’altra metà in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo.”

(2) La rubrica del presente articolo è stata così sostituita dall’art. 8, L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013. Si riporta di seguito il testo previgente:

Manutenzione e ricostruzione delle scale

Art. 1125 – Manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai

Le spese per la manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani l’uno all’altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore l’intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto.

Art. 1126 – Lastrici solari di uso esclusivo

Quando l’uso dei lastrici solari o di una parte di essi non è comune a tutti i condomini, quelli che ne hanno l’uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o ricostruzioni del lastrico; gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve, in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno.

Art. 1127 – Costruzione sopra l’ultimo piano dell’edificio

Il proprietario dell’ultimo piano dell’edificio può elevare nuovi piani o nuove fabbriche, salvo che risulti altrimenti dal titolo. La stessa facoltà spetta a chi è proprietario esclusivo del lastrico solare.

La sopraelevazione non è ammessa se le condizioni statiche dell’edificio non la consentono.

I condomini possono altresì opporsi alla sopraelevazione, se questa pregiudica l’aspetto architettonico dell’edificio ovvero diminuisce notevolmente l’aria o la luce dei piani sottostanti.

Chi fa la sopraelevazione deve corrispondere agli altri condomini un’indennità pari al valore attuale dell’area da occuparsi con la nuova fabbrica, diviso per il numero dei piani, ivi compreso quello da edificare, e detratto l’importo della quota a lui spettante. Egli è inoltre tenuto a ricostruire il lastrico solare di cui tutti o parte dei condomini avevano il diritto di usare.

Art. 1128 – Perimento totale o parziale dell’edificio

Se l’edificio perisce interamente o per una parte che rappresenti i tre quarti del suo valore, ciascuno dei condomini può richiedere la vendita all’asta del suolo e dei materiali, salvo che sia stato diversamente convenuto.

Nel caso di perimento di una parte minore, l’assemblea dei condomini delibera circa la ricostruzione delle parti comuni dell’edificio, e ciascuno è tenuto a concorrervi in proporzione dei suoi diritti sulle parti stesse.

L’indennità corrisposta per l’assicurazione relativa alle parti comuni è destinata alla ricostruzione di queste.

Il condomino che non intende partecipare alla ricostruzione dell’edificio è tenuto a cedere agli altri condomini i suoi diritti, anche sulle parti di sua esclusiva proprietà, secondo la stima che ne sarà fatta, salvo che non preferisca cedere i diritti stessi ad alcuni soltanto dei condomini.

Art. 1129 – Nomina, revoca ed obblighi dell’amministratore

Quando i condomini sono più di otto, se l’assemblea non vi provvede, la nomina di un amministratore è fatta dall’autorità giudiziaria su ricorso di uno o più condomini o dell’amministratore dimissionario.

Contestualmente all’accettazione della nomina e ad ogni rinnovo dell’incarico, l’amministratore comunica i propri dati anagrafici e professionali, il codice fiscale, o, se si tratta di società, anche la sede legale e la denominazione, il locale ove si trovano i registri di cui ai numeri 6) e 7) dell’articolo 1130, nonché i giorni e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta all’amministratore, può prenderne gratuitamente visione e ottenere, previo rimborso della spesa, copia da lui firmata.

L’assemblea può subordinare la nomina dell’amministratore alla presentazione ai condomini di una polizza individuale di assicurazione per la responsabilità civile per gli atti compiuti nell’esercizio del mandato.

L’amministratore è tenuto altresì ad adeguare i massimali della polizza se nel periodo del suo incarico l’assemblea deliberi lavori straordinari. Tale adeguamento non deve essere inferiore all’importo di spesa deliberato e deve essere effettuato contestualmente all’inizio dei lavori. Nel caso in cui l’amministratore sia coperto da una polizza di assicurazione per la responsabilità civile professionale generale per l’intera attività da lui svolta, tale polizza deve essere integrata con una dichiarazione dell’impresa di assicurazione che garantisca le condizioni previste dal periodo precedente per lo specifico condominio.

Sul luogo di accesso al condominio o di maggior uso comune, accessibile anche ai terzi, è affissa l’indicazione delle generalità, del domicilio e dei recapiti, anche telefonici, dell’amministratore.

In mancanza dell’amministratore, sul luogo di accesso al condominio o di maggior uso comune, accessibile anche ai terzi, è affissa l’indicazione delle generalità e dei recapiti, anche telefonici, della persona che svolge funzioni analoghe a quelle dell’amministratore.

L’amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio; ciascun condomino, per il tramite dell’amministratore, può chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, della rendicontazione periodica.

Alla cessazione dell’incarico l’amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini e ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi.

Salvo che sia stato espressamente dispensato dall’assemblea, l’amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell’articolo 63, primo comma, delle disposizioni per l’attuazione del presente codice.

L’incarico di amministratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per eguale durata. L’assemblea convocata per la revoca o le dimissioni delibera in ordine alla nomina del nuovo amministratore.

La revoca dell’amministratore può essere deliberata in ogni tempo dall’assemblea, con la maggioranza prevista per la sua nomina oppure con le modalità previste dal regolamento di condominio. Può altresì essere disposta dall’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, nel caso previsto dal quarto comma dell’articolo 1131, se non rende il conto della gestione, ovvero in caso di gravi irregolarità. Nei casi in cui siano emerse gravi irregolarità fiscali o di non ottemperanza a quanto disposto dal numero 3) del dodicesimo comma del presente articolo, i condomini, anche singolarmente, possono chiedere la convocazione dell’assemblea per far cessare la violazione e revocare il mandato all’amministratore. In caso di mancata revoca da parte dell’assemblea, ciascun condomino può rivolgersi all’autorità giudiziaria; in caso di accoglimento della domanda, il ricorrente, per le spese legali, ha titolo alla rivalsa nei confronti del condominio, che a sua volta può rivalersi nei confronti dell’amministratore revocato.

Costituiscono, tra le altre, gravi irregolarità:

1) l’omessa convocazione dell’assemblea per l’approvazione del rendiconto condominiale, il ripetuto rifiuto di convocare l’assemblea per la revoca e per la nomina del nuovo amministratore o negli altri casi previsti dalla legge;

2) la mancata esecuzione di provvedimenti giudiziari e amministrativi, nonché di deliberazioni dell’assemblea;

3) la mancata apertura ed utilizzazione del conto di cui al settimo comma;

4) la gestione secondo modalità che possono generare possibilità di confusione tra il patrimonio del condominio e il patrimonio personale dell’amministratore o di altri condomini;

5) l’aver acconsentito, per un credito insoddisfatto, alla cancellazione delle formalità eseguite nei registri immobiliari a tutela dei diritti del condominio;

6) qualora sia stata promossa azione giudiziaria per la riscossione delle somme dovute al condominio, l’aver omesso di curare diligentemente l’azione e la conseguente esecuzione coattiva;

7) l’inottemperanza agli obblighi di cui all’articolo 1130, numeri 6), 7) e 9);

8) l’omessa, incompleta o inesatta comunicazione dei dati di cui al secondo comma del presente articolo.

In caso di revoca da parte dell’autorità giudiziaria, l’assemblea non può nominare nuovamente l’amministratore revocato.

L’amministratore, all’atto dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l’importo dovuto a titolo di compenso per l’attività svolta.

Per quanto non disciplinato dal presente articolo si applicano le disposizioni di cui alla sezione I del capo IX del titolo III del libro IV.

Il presente articolo si applica anche agli edifici di alloggi di edilizia popolare ed economica, realizzati o recuperati da enti pubblici a totale partecipazione pubblica o con il concorso dello Stato, delle regioni, delle province o dei comuni, nonché a quelli realizzati da enti pubblici non economici o società private senza scopo di lucro con finalità sociali proprie dell’edilizia residenziale pubblica.

(1)

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(1) Il presente articolo è stato così sostituito dall’art. 9, L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Nomina e revoca dell’amministratore.
Quando i condomini sono più di quattro, l’assemblea nomina un amministratore. Se l’assemblea non provvede, la nomina è fatta dall’autorità giudiziaria, su ricorso di uno o più condomini.
L’amministratore dura in carica un anno e può essere revocato in ogni tempo dall’assemblea.
Può altresì essere revocato dall’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, oltre che nel caso previsto dall’ultimo comma dell’articolo 1131, se per due anni non ha reso il conto della sua gestione, ovvero se vi sono fondati sospetti di gravi irregolarità.
La nomina e la cessazione per qualunque causa dell’amministratore dall’ufficio sono annotate in apposito registro.”

Art. 1130 – Attribuzioni dell’amministratore

L’amministratore, oltre a quanto previsto dall’articolo 1129 e dalle vigenti disposizioni di legge, deve:

1) eseguire le deliberazioni dell’assemblea, convocarla annualmente per l’approvazione del rendiconto condominiale di cui all’articolo 1130-bis e curare l’osservanza del regolamento di condominio;

2) disciplinare l’uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell’interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condomini;

3) riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni;

4) compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio;

5) eseguire gli adempimenti fiscali;

6) curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare, nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza delle parti comuni dell’edificio. Ogni variazione dei dati deve essere comunicata all’amministratore in forma scritta entro sessanta giorni. L’amministratore, in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni, richiede con lettera raccomandata le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe. Decorsi trenta giorni, in caso di omessa o incompleta risposta, l’amministratore acquisisce le informazioni necessarie, addebitandone il costo ai responsabili; (2)

7) curare la tenuta del registro dei verbali delle assemblee, del registro di nomina e revoca dell’amministratore e del registro di contabilità. Nel registro dei verbali delle assemblee sono altresì annotate: le eventuali mancate costituzioni dell’assemblea, le deliberazioni nonché le brevi dichiarazioni rese dai condomini che ne hanno fatto richiesta; allo stesso registro è allegato il regolamento di condominio, ove adottato. Nel registro di nomina e revoca dell’amministratore sono annotate, in ordine cronologico, le date della nomina e della revoca di ciascun amministratore del condominio, nonché gli estremi del decreto in caso di provvedimento giudiziale. Nel registro di contabilità sono annotati in ordine cronologico, entro trenta giorni da quello dell’effettuazione, i singoli movimenti in entrata ed in uscita. Tale registro può tenersi anche con modalità informatizzate;

8) conservare tutta la documentazione inerente alla propria gestione riferibile sia al rapporto con i condomini sia allo stato tecnico-amministrativo dell’edificio e del condominio;

9) fornire al condomino che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso;

10) redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione e convocare l’assemblea per la relativa approvazione entro centottanta giorni.

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(1) Il presente articolo è stato così sostituito dall’art. 10, L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013. Si riporta di seguito il testo previgente:

L’amministratore deve:
1) eseguire le deliberazioni dell’assemblea dei condomini e curare l’osservanza del regolamento di condominio;
2) disciplinare l’uso delle cose comuni e la prestazione dei servizi nell’interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a tutti i condomini;
3) riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni;
4) compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio.
Egli, alla fine di ciascun anno, deve rendere il conto della sua gestione.”

Art. 1130-bis – Rendiconto condominiale

Il rendiconto condominiale contiene le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve, che devono essere espressi in modo da consentire l’immediata verifica. Si compone di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario, nonché di una nota sintetica esplicativa della gestione con l’indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti. L’assemblea condominiale può, in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate, nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio. La deliberazione è assunta con la maggioranza prevista per la nomina dell’amministratore e la relativa spesa è ripartita fra tutti i condomini sulla base dei millesimi di proprietà. I condomini e i titolari di diritti reali o di godimento sulle unità immobiliari possono prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo ed estrarne copia a proprie spese. Le scritture e i documenti giustificativi devono essere conservati per dieci anni dalla data della relativa registrazione.

L’assemblea può anche nominare, oltre all’amministratore, un consiglio di condominio composto da almeno tre condomini negli edifici di almeno dodici unità immobiliari. Il consiglio ha funzioni consultive e di controllo.

(1)

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(1) Il presente articolo è stato inserito dall’art. 11, L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013.

Art. 1131 – Rappresentanza

Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’articolo 1130 o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall’assemblea, l’amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi. (1)

Può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio; a lui sono notificati i provvedimenti dell’autorità amministrativa che si riferiscono allo stesso oggetto.

Qualora la citazione o il provvedimento abbia un contenuto che esorbita dalle attribuzioni dell’amministratore, questi è tenuto a darne senza indugio notizia all’assemblea dei condomini.

L’amministratore che non adempie a quest’obbligo può essere revocato ed è tenuto al risarcimento dei danni.

(1)

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(1) Le parole “dall’articolo precedente” del presente comma sono state così sostituite dall’art. 12, L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013.

Art. 1132 – Dissenso dei condomini rispetto alle liti

Qualora l’assemblea dei condomini abbia deliberato di promuovere una lite o di resistere a una domanda il condomino dissenziente, con atto notificato all’amministratore, può separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per il caso di soccombenza. L’atto deve essere notificato entro trenta giorni da quello in cui il condomino ha avuto notizia della deliberazione.

Il condomino dissenziente ha diritto di rivalsa per ciò che abbia dovuto pagare alla parte vittoriosa.

Se l’esito della lite è stato favorevole al condominio, il condomino dissenziente che ne abbia tratto vantaggio è tenuto a concorrere nelle spese di giudizio che non sia stato possibile ripetere dalla parte soccombente.

Art. 1133 – Provvedimenti presi dall’amministratore

I provvedimenti presi dall’amministratore nell’ambito dei suoi poteri sono obbligatori per i condomini. Contro i provvedimenti dell’amministratore è ammesso ricorso all’assemblea, senza pregiudizio del ricorso all’autorità giudiziaria nei casi e nel termine previsti dall’articolo 1137.

Art. 1134 – Gestione di iniziativa individuale

Il condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni senza autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente.

(1)

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(1) Il presente articolo è stato così sostituito dall’art. 13, comma 1 L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Spese fatte dal condomino.
Il condomino che ha fatto spese per le cose comuni senza autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente.”

Art. 1135 – Attribuzioni dell’assemblea dei condomini

Oltre quanto è stabilito dagli articoli precedenti, l’assemblea dei condomini provvede:

1) alla conferma dell’amministratore e all’eventuale sua retribuzione;

2) all’approvazione del preventivo delle spese occorrenti durante l’anno e alla relativa ripartizione tra i condomini;

3) all’approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore e all’impiego del residuo attivo della gestione;

4) alle opere di manutenzione straordinaria e alle innovazioni, costituendo obbligatoriamente un fondo speciale di importo pari all’ammontare dei lavori; (1)

L’amministratore non può ordinare lavori di manutenzione straordinaria, salvo che rivestano carattere urgente, ma in questo caso deve riferirne nella prima assemblea.

L’assemblea può autorizzare l’amministratore a partecipare e collaborare a progetti, programmi e iniziative territoriali promossi dalle istituzioni locali o da soggetti privati qualificati, anche mediante opere di risanamento di parti comuni degli immobili nonché di demolizione, ricostruzione e messa in sicurezza statica, al fine di favorire il recupero del patrimonio edilizio esistente, la vivibilità urbana, la sicurezza e la sostenibilità ambientale della zona in cui il condominio è ubicato. (2)

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(1) Il presente numero è stato così sostituito dall’art. 13 comma 2, L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013. Si riporta di seguito il testo previgente:

“(4) alle opere di manutenzione straordinaria, costituendo, se occorre, un fondo speciale”.

(2) Il presente comma è stato aggiunto dall’art. 13, cooma 2 L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013.

Art. 1136 – Costituzione dell’assemblea e validità delle deliberazioni

L’assemblea in prima convocazione è regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell’intero edificio e la maggioranza dei partecipanti al condominio.

Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.

Se l’assemblea in prima convocazione non può deliberare per mancanza di numero legale, l’assemblea in seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima. L’assemblea in seconda convocazione è regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che rappresentino almeno un terzo del valore dell’intero edificio e un terzo dei partecipanti al condominio. La deliberazione è valida se approvata dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio.

Le deliberazioni che concernono la nomina e la revoca dell’amministratore o le liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore medesimo, le deliberazioni che concernono la ricostruzione dell’edificio o riparazioni straordinarie di notevole entità e le deliberazioni di cui agli articoli 1117-quater, 1120, secondo comma, 1122-ter nonché 1135, terzo comma, devono essere sempre approvate con la maggioranza stabilita dal secondo comma del presente articolo.

Le deliberazioni di cui all’articolo 1120, primo comma, e all’articolo 1122-bis, terzo comma, devono essere approvate dall’assemblea con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi del valore dell’edificio.

L’assemblea non può deliberare, se non consta che tutti gli aventi diritto sono stati regolarmente convocati.

Delle riunioni dell’assemblea si redige processo verbale da trascrivere nel registro tenuto dall’amministratore.

(1)

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(1) Il presente articolo è stato così sostituito dall’art. 14, L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013. Si riporta di seguito il testo previgente:

“L’assemblea è regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell’intero edificio e i due terzi dei partecipanti al condominio.
Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.
Se l’assemblea non può deliberare per mancanza di numero, l’assemblea di seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima; la deliberazione è valida se riporta un numero di voti che rappresenti il terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell’edificio.
Le deliberazioni che concernono la nomina e la revoca dell’amministratore o le liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore medesimo, nonché le deliberazioni che concernono la ricostruzione dell’edificio o riparazioni straordinarie di notevole entità devono essere sempre prese con la maggioranza stabilita dal secondo comma.
Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni previste dal primo comma dell’articolo 1120 devono essere sempre approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell’edificio.
L’assemblea non può deliberare, se non consta che tutti i condomini sono stati invitati alla riunione.
Delle deliberazioni dell’assemblea si redige processo verbale da trascriversi in un registro tenuto dall’amministratore.”

Art. 1137 – Impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea

Le deliberazioni prese dall’assemblea a norma degli articoli precedenti sono obbligatorie per tutti i condomini.

Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l’autorità giudiziaria chiedendone l’annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti.

L’azione di annullamento non sospende l’esecuzione della deliberazione, salvo che la sospensione sia ordinata dall’autorità giudiziaria.

L’istanza per ottenere la sospensione proposta prima dell’inizio della causa di merito non sospende nè interrompe il termine per la proposizione dell’impugnazione della deliberazione. Per quanto non espressamente previsto, la sospensione è disciplinata dalle norme di cui al libro IV, titolo I, capo III, sezione I, con l’esclusione dell’articolo 669-octies, sesto comma, del codice di procedura civile.

(1)

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(1) Il presente articolo è stato così sostituito dall’art. 15, L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Le deliberazioni prese dall’assemblea a norma degli articoli precedenti sono obbligatorie per tutti i condomini.
Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio, ogni condomino dissenziente può fare ricorso all’autorità giudiziaria, ma il ricorso non sospende l’esecuzione del provvedimento, salvo che la sospensione sia ordinata dall’autorità stessa.
Il ricorso deve essere proposto, sotto pena di decadenza, entro trenta giorni, che decorrono dalla data della deliberazione per i dissenzienti e dalla data di comunicazione per gli assenti.”

Art. 1138 – Regolamento di condominio

Quando in un edificio il numero dei condomini è superiore a dieci, deve essere formato un regolamento, il quale contenga le norme circa l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle relative all’amministrazione.

Ciascun condomino può prendere l’iniziativa per la formazione del regolamento di condominio o per la revisione di quello esistente.

Il regolamento deve essere approvato dall’assemblea con la maggioranza stabilita dal secondo comma dell’articolo 1136 ed allegato al registro indicato dal numero 7) dell’articolo 1130.  Esso può essere impugnato a norma dell’articolo 1107. (1)

Le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino, quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni, e in nessun caso possono derogare alle disposizioni degli articoli 1118, secondo comma 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137.

Le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici. (2)

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(1) Il presente comma è stato così sostituito dall’art. 16, L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013. Si riporta di seguito il testo previgente:

“il regolamento deve essere approvato dall’assemblea con la maggioranza stabilita dal comma 2 dell’articolo 1136 e trascritto nel registro indicato dall’ultimo comma dell’art. 1129. Esso può essere impugnato a norma dell’art. 1107”.

(1) Il presente comma è stato aggiunto dall’art. 16, L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013.

Art. 1139 – Rinvio alle norme sulla comunione

Per quanto non è espressamente previsto da questo capo si osservano le norme sulla comunione in generale.

DISPOSIZIONI DI ATTUAZIONE DEL CODICE CIVILE

DISPOSIZIONI PER L’ATTUAZIONE DEL CODICE CIVILE

E DISPOSIZIONI TRANSITORIE

CAPO PRIMO. Disposizioni di Attuazione

SEZIONE TERZA. Disposizioni relative al libro 3

Art. 61 – Divisione del Condominio in edifici autonomi

Qualora un edificio o un gruppo di edifici appartenenti per piani o porzioni di piano a proprietari diversi si possa dividere in parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi, il condominio può essere sciolto e i comproprietari di ciascuna parte possono costituirsi in condominio separato.

Lo scioglimento è deliberato dall’assemblea con la maggioranza prescritta dal secondo comma dell’articolo 1136 del codice, o è disposto dall’autorità giudiziaria su domanda di almeno un terzo dei comproprietari di quella parte dell’edificio della quale si chiede la separazione.

Art. 62 – Beni in comune – Scioglimento nel condominio

La disposizione del primo comma dell’articolo precedente si applica anche se restano in comune con gli originari partecipanti alcune delle cose indicate dall’articolo 1117 del codice.

Qualora la divisione non possa attuarsi senza modificare lo stato delle cose e occorrano opere per la sistemazione diversa dei locali o delle dipendenze tra i condomini, lo scioglimento del condominio deve essere deliberato dall’assemblea con la maggioranza prescritta dal quinto comma dell’articolo 1136 del codice stesso.

Art. 63 – Riscossione contributi condominiali

Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi.

I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini.

In caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre, l’amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato.

Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente.

Chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto.

(1)

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(1) Il presente articolo è stato così sostituito dall’art. 18, L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore può ottenere decreto d’ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione.
Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato, solidalmente con questo, al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente.
In caso di mora nel pagamento dei contributi, che si sia protratta per un semestre, l’amministratore, se il regolamento di condominio ne contiene l’autorizzazione, può sospendere al condomino moroso l’utilizzazione dei servizi comuni che sono suscettibili di godimento separato.”

Art. 64 – Revoca dell’Amministratore

Sulla revoca dell’amministratore, nei casi indicati dall’undicesimo comma dell’articolo 1129 e dal quarto comma dell’articolo 1131 del codice, il tribunale provvede in camera di consiglio, con decreto motivato, sentito l’amministratore in contraddittorio con il ricorrente.

Contro il provvedimento del tribunale può essere proposto reclamo alla corte d’appello nel termine di dieci giorni dalla notificazione o dalla comunicazione.

(1)

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(1) Il presente articolo è stato così sostituito dall’art. 19, L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013. Si riporta di seguito il testo previgente:

Sulla revoca dell’amministratore, nei casi indicati dal terzo comma dell’articolo 1129 e dall’ultimo comma dell’articolo 1131 del codice, il tribunale provvede in camera di consiglio, con decreto motivato, sentito l’amministratore medesimo.
Contro il provvedimento del tribunale può essere proposto reclamo alla corte d’appello nel termine di dieci giorni dalla notificazione.”

Art. 65 – Curatore speciale in sostituzione del legale rappresentante dei condomini

Quando per qualsiasi causa manca il legale rappresentante dei condomini, chi intende iniziare o proseguire una lite contro i partecipanti a un condominio può richiedere la nomina di un curatore speciale ai sensi dell’articolo 80 del codice di procedura civile.

Il curatore speciale deve senza indugio convocare l’assemblea dei condomini per avere istruzioni sulla condotta della lite.

Art. 66 – Convocazione dell’assemblea condominiale in via straordinaria

L’assemblea, oltre che annualmente in via ordinaria per le deliberazioni indicate dall’articolo 1135 del codice, può essere convocata in via straordinaria dall’amministratore quando questi lo ritiene necessario o quando ne è fatta richiesta da almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio. Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i detti condomini possono provvedere direttamente alla convocazione.

In mancanza dell’amministratore, l’assemblea tanto ordinaria quanto straordinaria può essere convocata a iniziativa di ciascun condomino.

L’avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell’ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l’indicazione del luogo e dell’ora della riunione. In caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile ai sensi dell’articolo 1137 del codice su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati. (1)

L’assemblea in seconda convocazione non può tenersi nel medesimo giorno solare della prima. (2)

L’amministratore ha facoltà di fissare più riunioni consecutive in modo da assicurare lo svolgimento dell’assemblea in termini brevi, convocando gli aventi diritto con un unico avviso nel quale sono indicate le ulteriori date ed ore di eventuale prosecuzione dell’assemblea validamente costituitasi. (2)

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(1) Il presente comma è stato così sostituito dall’art. 20, L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013. Si riporta di seguito il testo previgente:

L’avviso di convocazione deve essere comunicato ai condomini almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza.”

(2) Il presente comma è stato aggiunto dall’art. 20, L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013.

Art. 67 – Intervento in assemblea del rappresentante del condomino

Ogni condomino può intervenire all’assemblea anche a mezzo di rappresentante, munito di delega scritta. Se i condomini sono più di venti, il delegato non può rappresentare più di un quinto dei condomini e del valore proporzionale.

Qualora un’unità immobiliare appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto a un solo rappresentante nell’assemblea, che è designato dai comproprietari interessati a norma dell’articolo 1106 del codice.

Nei casi di cui all’articolo 1117-bis del codice, quando i partecipanti sono complessivamente più di sessanta, ciascun condominio deve designare, con la maggioranza di cui all’articolo 1136, quinto comma, del codice, il proprio rappresentante all’assemblea per la gestione ordinaria delle parti comuni a più condominii e per la nomina dell’amministratore. In mancanza, ciascun partecipante può chiedere che l’autorità giudiziaria nomini il rappresentante del proprio condominio. Qualora alcuni dei condominii interessati non abbiano nominato il proprio rappresentante, l’autorità giudiziaria provvede alla nomina su ricorso anche di uno solo dei rappresentanti già nominati, previa diffida a provvedervi entro un congruo termine. La diffida ed il ricorso all’autorità giudiziaria sono notificati al condominio cui si riferiscono in persona dell’amministratore o, in mancanza, a tutti i condomini.

Ogni limite o condizione al potere di rappresentanza si considera non apposto. Il rappresentante risponde con le regole del mandato e comunica tempestivamente all’amministratore di ciascun condominio l’ordine del giorno e le decisioni assunte dall’assemblea dei rappresentanti dei condominii. L’amministratore riferisce in assemblea.

All’amministratore non possono essere conferite deleghe per la partecipazione a qualunque assemblea.

L’usufruttuario di un piano o porzione di piano dell’edificio esercita il diritto di voto negli affari che attengono all’ordinaria amministrazione e al semplice godimento delle cose e dei servizi comuni.

Nelle altre deliberazioni, il diritto di voto spetta ai proprietari, salvi i casi in cui l’usufruttuario intenda avvalersi del diritto di cui all’articolo 1006 del codice ovvero si tratti di lavori od opere ai sensi degli articoli 985 e 986 del codice. In tutti questi casi l’avviso di convocazione deve essere comunicato sia all’usufruttuario sia al nudo proprietario.

Il nudo proprietario e l’usufruttuario rispondono solidalmente per il pagamento dei contributi dovuti all’amministrazione condominiale.

(1)

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(1) Il presente articolo è stato così sostituito dall’art. 21, L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013. Si riporta di seguito il testo previgente:

Ogni condomino può intervenire all’assemblea anche a mezzo di rappresentante.
Qualora un piano o porzione di piano dell’edificio appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto a un solo rappresentante nell’assemblea che è designato dai comproprietari interessati; in mancanza provvede per sorteggio il presidente.
L’usufruttuario di un piano o porzione di piano dell’edificio esercita il diritto di voto negli affari che attengono all’ordinaria amministrazione e al semplice godimento delle cose e dei servizi comuni.
Nelle deliberazioni che riguardano innovazioni, ricostruzioni od opere di manutenzione straordinaria delle parti comuni dell’edificio il diritto di voto spetta invece al proprietario.”

Art. 68 – Regolamento del condominio

Ove non precisato dal titolo ai sensi dell’articolo 1118, per gli effetti indicati dagli articoli 1123, 1124, 1126 e 1136 del codice, il valore proporzionale di ciascuna unità immobiliare è espresso in millesimi in apposita tabella allegata al regolamento di condominio.

Nell’accertamento dei valori di cui al primo comma non si tiene conto del canone locatizio, dei miglioramenti e dello stato di manutenzione di ciascuna unità immobiliare.

(1)

—–

(1) Il presente articolo è stato così sostituito dall’art. 22, L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Per gli effetti indicati dagli articoli 1123, 1124, 1126 e 1136 del codice, il regolamento di condominio deve precisare il valore proporzionale di ciascun piano o di ciascuna porzione di piano spettante in proprietà esclusiva ai singoli condomini.
I valori dei piani o delle porzioni di piano, ragguagliati a quello dell’intero edificio, devono essere espressi in millesimi in apposita tabella allegata al regolamento di condominio.
Nell’accertamento dei valori medesimi non si tiene conto del canone locatizio, dei miglioramenti e dello stato di manutenzione di ciascun piano o di ciascuna porzione di piano.”

Art. 69 – Modifica delle tabelle condominiali

I valori proporzionali delle singole unità immobiliari espressi nella tabella millesimale di cui all’articolo 68 possono essere rettificati o modificati all’unanimità. Tali valori possono essere rettificati o modificati, anche nell’interesse di un solo condomino, con la maggioranza prevista dall’articolo 1136, secondo comma, del codice, nei seguenti casi:

1) quando risulta che sono conseguenza di un errore;

2) quando, per le mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell’unità immobiliare anche di un solo condomino. In tal caso il relativo costo è sostenuto da chi ha dato luogo alla variazione.

Ai soli fini della revisione dei valori proporzionali espressi nella tabella millesimale allegata al regolamento di condominio ai sensi dell’articolo 68, può essere convenuto in giudizio unicamente il condominio in persona dell’amministratore. Questi è tenuto a darne senza indugio notizia all’assemblea dei condomini. L’amministratore che non adempie a quest’obbligo può essere revocato ed è tenuto al risarcimento degli eventuali danni.

Le norme di cui al presente articolo si applicano per la rettifica o la revisione delle tabelle per la ripartizione delle spese redatte in applicazione dei criteri legali o convenzionali.

(1)

—–

(1) Il presente articolo è stato così sostituito dall’art. 23, L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013. Si riporta di seguito il testo previgente:

I valori proporzionali dei vari piani o porzioni di piano possono essere riveduti o modificati, anche nell’interesse di un solo condominio, nei seguenti casi:
1) quando risulta che sono conseguenza di un errore;
2) quando, per le mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza della sopraelevazione di nuovi piani, di espropriazione parziale o di innovazioni di vasta portata, è notevolmente alterato il rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano.”

Art. 70 – Infrazione al Regolamento di Condominio

Per le infrazioni al regolamento di condominio può essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma fino ad euro 200 e, in caso di recidiva, fino ad euro 800. La somma è devoluta al fondo di cui l’amministratore dispone per le spese ordinarie.

(1)

—–

(1) Il presente articolo è stato così sostituito dall’art. 24, L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Per le infrazioni al regolamento di condominio può essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma fino a euro 0,052. La somma è devoluta al fondo di cui l’amministratore dispone per le spese ordinarie.”

Art. 71 – Tenuta dei registri

Il registro indicato dal quarto comma dell’articolo 1129 e dal terzo comma dell’articolo 1138 del codice è tenuto presso l’associazione dei proprietari di fabbricati.

(1)

—–

(1) Il presente articolo pur non essendo stato formalmente abrogato è da ritenersi inapplicabile a seguito della soppressione delle associazioni sindacali fasciste in virtù del D. Lgs 23.11.1944 n. 369.

Art. 71-bis – Requisiti per incarico di Amministratori di Condominio

Possono svolgere l’incarico di amministratore di condominio coloro:

a) che hanno il godimento dei diritti civili;

b) che non sono stati condannati per delitti contro la pubblica amministrazione, l’amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio o per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commina la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, a cinque anni;

c) che non sono stati sottoposti a misure di prevenzione divenute definitive, salvo che non sia intervenuta la riabilitazione;

d) che non sono interdetti o inabilitati;

e) il cui nome non risulta annotato nell’elenco dei protesti cambiari;

f) che hanno conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado;

g) che hanno frequentato un corso di formazione iniziale e svolgono attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale.

I requisiti di cui alle lettere f) e g) del primo comma non sono necessari qualora l’amministratore sia nominato tra i condomini dello stabile.

Possono svolgere l’incarico di amministratore di condominio anche società di cui al titolo V del libro V del codice. In tal caso, i requisiti devono essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condominii a favore dei quali la società presta i servizi.

La perdita dei requisiti di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del primo comma comporta la cessazione dall’incarico. In tale evenienza ciascun condomino può convocare senza formalità l’assemblea per la nomina del nuovo amministratore.

A quanti hanno svolto attività di amministrazione di condominio per almeno un anno, nell’arco dei tre anni precedenti alla data di entrata in vigore della presente disposizione, è consentito lo svolgimento dell’attività di amministratore anche in mancanza dei requisiti di cui alle lettere f) e g) del primo comma. Resta salvo l’obbligo di formazione periodica.

(1)

—–

(1) Il presente articolo è stato inserito dall’art. 25, L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013.

Art. 71-ter – Attivazione sito Internet del Condominio

Su richiesta dell’assemblea, che delibera con la maggioranza di cui al secondo comma dell’articolo 1136 del codice, l’amministratore è tenuto ad attivare un sito internet del condominio che consenta agli aventi diritto di consultare ed estrarre copia in formato digitale dei documenti previsti dalla delibera assembleare. Le spese per l’attivazione e la gestione del sito internet sono poste a carico dei condomini.

(1)

—–

(1) Il presente articolo è stato inserito dall’art. 25, L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013.

Art. 71-quater – Procedura per controversie in materia di Condominio

Per controversie in materia di condominio, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, si intendono quelle derivanti dalla violazione o dall’errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II, del codice e degli articoli da 61 a 72 delle presenti disposizioni per l’attuazione del codice.

La domanda di mediazione deve essere presentata, a pena di inammissibilità, presso un organismo di mediazione ubicato nella circoscrizione del tribunale nella quale il condominio è situato.

Al procedimento è legittimato a partecipare l’amministratore, previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice.

Se i termini di comparizione davanti al mediatore non consentono di assumere la delibera di cui al terzo comma, il mediatore dispone, su istanza del condominio, idonea proroga della prima comparizione.

La proposta di mediazione deve essere approvata dall’assemblea con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice. Se non si raggiunge la predetta maggioranza, la proposta si deve intendere non accettata.

Il mediatore fissa il termine per la proposta di conciliazione di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, tenendo conto della necessità per l’amministratore di munirsi della delibera assembleare.

(1)

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(1) Il presente articolo è stato inserito dall’art. 25, L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013.

Art. 72 – Norme non derogabili del Regolamento di Condominio

I regolamenti di condominio non possono derogare alle disposizioni dei precedenti articoli 63, 66, 67 e 69 disp. att. c.c.

CAPO SECONDO. DISPOSIZIONI TRANSITORIE

SEZIONE TERZA. DISPOSIZIONI RELATIVE AL LIBRO III

Art. 155 – Revisione dei regolamenti di Condominio

Le disposizioni concernenti la revisione dei regolamenti di condominio e la trascrizione di essi si applicano anche ai regolamenti formati prima del 28 ottobre 1941.

Cessano di avere effetto le disposizioni dei regolamenti di condominio che siano contrarie alle norme richiamate nell’ultimo comma dell’articolo 1138 del codice e nell’articolo 72 di queste disposizioni.

Art.155-bis – Prescrizioni assembleari ai fine dell’adeguamento degli impianti non centralizzati

L’assemblea, ai fini dell’adeguamento degli impianti non centralizzati di cui all’articolo 1122-bis, primo comma, del codice, già esistenti alla data di entrata in vigore del predetto articolo, adotta le necessarie prescrizioni con le maggioranze di cui all’articolo 1136, commi primo, secondo e terzo, del codice.

(1)

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(1) Il presente articolo è stato inserito dall’art. 26, L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013.

Art. 156 – Condomini costituiti in forma di società cooperative

I condomini costituiti in forma di società cooperativa possono conservare tale forma di amministrazione.

Ai rapporti di condominio negli edifici di cooperative edilizie le quali godono del contributo dello Stato nel pagamento degli interessi sui mutui si applicano le disposizioni delle leggi speciali.

 

CODICE CIVILE

LIBRO SESTO. DELLA TUTELA DEI DIRITTI

TITOLO PRIMO. DELLA TRASCRIZIONE

CAPO PRIMO – DELLA TRASCRIZIONE DEGLI ATTI RELATIVI AI BENI IMMOBILI

Art. 2659 – Nota di trascrizione

Chi domanda la trascrizione di un atto tra vivi deve presentare al conservatore dei registri immobiliari, insieme con la copia del titolo, una nota in doppio originale, nella quale devono essere indicati:

1) il cognome ed il nome, il luogo e data di nascita e il numero di codice fiscale delle parti, nonché il regime patrimoniale delle stesse, se coniugate, secondo quanto risulta da loro dichiarazione resa nel titolo o da certificato dell’ufficiale di stato civile; la denominazione o la ragione sociale, la sede e il numero di codice fiscale delle persone giuridiche, delle società previste dai capi II, III e IV del titolo V del libro quinto e delle associazioni non riconosciute, con l’indicazione, per queste ultime e per le società semplici, anche delle generalità delle persone che le rappresentano secondo l’atto costitutivo. Per i condominii devono essere indicati l’eventuale denominazione, l’ubicazione e il codice fiscale; (3)

2) il titolo di cui si chiede la trascrizione e la data del medesimo;

3) il cognome e il nome del pubblico ufficiale che ha ricevuto l’atto o autenticato le firme o l’autorità giudiziaria che ha pronunziato la sentenza;

4) la natura e la situazione dei beni a cui si riferisce il titolo, con le indicazioni richieste dall’articolo 2826, nonché, la quota espressa in millesimi di cui all’articolo 2645-bis, comma 4, nel caso di trascrizioni di contratti preliminari. (2)

Se l’acquisto, la rinunzia o la modificazione del diritto sono sottoposti a termine o a condizione, se ne deve fare menzione nella nota di trascrizione. Tale menzione non è necessaria se, al momento in cui l’atto si trascrive, la condizione sospensiva si è verificata o la condizione risolutiva è mancata ovvero il termine iniziale è scaduto.

(1)

—–

(1) Il presente articolo è stato sostituito dall’art. 1 L. 27.02.1985 n. 52

(2) Il presente numero è stato così sostituito dall’art. 3 comma 2 D. L. 31.12.1996, n. 669 convertito con modificazioni dalla L. 28.02.1997 n. 30. Si riporta, di seguito, il testo originario: ” 4) La natura e la situazione dei beni a cui si riferisce il titolo, con le indicazioni richieste dall’art. 2826″.

(3) Il presente numero è stato così modificato dall’art. 17, L. 12.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013. Si riporta di seguito il testo previgente:

” 1) Il cognome ed il nome, il luogo e la data di nascita ed il numero del codice fiscale delle parti, nonchè il regime patrimoniale delle stesse, se coniugate, secondo quanto risulta da loro dichiarazione resa nel titolo o certificato dell’ufficiale di stato civile; la denominazione o la ragione sociale, la sede ed il numero di codice fiscale delle persone giuridiche, delle società previste dai capi II, III e IV del titolo V del libro quinto e delle associazioni non riconosciuti, con l’indicazione, per queste ultime e per le società semplici, anche delle generalità delle persone che le rappresentano secondo l’atto costitutivo”. 

 

ULTERIORI DISPOSIZIONI CONTENUTE NELLA LEGGE 11.12.2012 N. 220

Art. 27 – Modifica all’art. 2 L. 09.01.1989, n. 13

1. All’articolo 2, comma 1, della legge 9 gennaio 1989, n. 13, le parole: “con le maggioranze previste dall’articolo 1136, secondo e terzo comma, del codice civile” sono sostituite dalle seguenti: “con le maggioranze previste dal secondo comma dell’articolo 1120 del codice civile”.

Art. 28 – Modifiche all’art. 26 L. 09.01.1991, n. 10

1. All’articolo 26, comma 2, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, le parole: “semplice delle quote millesimali rappresentate dagli intervenuti in assemblea” sono sostituite dalle seguenti: “degli intervenuti, con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio”.

2. All’articolo 26, comma 5, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, le parole: “l’assemblea di condominio decide a maggioranza, in deroga agli articoli 1120 e 1136 del codice civile” sono sostituite dalle seguenti: “l’assemblea di condominio delibera con le maggioranze previste dal secondo comma dell’articolo 1120 del codice civile”.

Art. 29 – Modifica all’art. 2-bis D.L. 23.01.2001, n. 5

1. All’articolo 2-bis, comma 13, del decreto legge 23 gennaio 2001, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 marzo 2001, n. 66, le parole: “l’articolo 1136, terzo comma, dello stesso codice” sono sostituite dalle seguenti: “l’articolo 1120, secondo comma, dello stesso codice”.

Art. 30 – Contributi per le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria

1. I contributi per le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria nonché per le innovazioni sono prededucibili ai sensi dell’articolo 111 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, se divenute esigibili ai sensi dell’articolo 63, primo comma, delle disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, come sostituito dall’articolo 18 della presente legge, durante le procedure concorsuali.

CODICE DI PROCEDURA CIVILE

LIBRO PRIMO. DISPOSIZIONI GENERALI

TITOLO PRIMO. DEGLI ORGANI GIUDIZIARI

CAPO PRIMO. DEL GIUDICE

SEZIONE TERZA. DELLA COMPETENZA PER TERRITORIO

Art. 23 – Foro per le cause tra soci e tra condomini 

Per le cause tra soci è competente il giudice del luogo dove ha sede la società; per le cause tra condomini, ovvero tra condomini e condominio, il giudice del luogo dove si trovano i beni comuni o la maggior parte di essi. (1)
Tale norma si applica anche dopo lo scioglimento della società o del condominio , purché la domanda sia proposta entro un biennio dalla divisione.

—–

(1) Il presente comma è stato così modificato dall’art. 31, L. 11.12.2012, n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Per le cause tra soci è competente il Giudice del luogo dove ha sede la Società; per le cause tra condomini, il Giudice del luogo dove si trovano i beni comuni o la maggior parte di essi”.

 Art. 32 – Disposizioni finali

1. Le disposizioni di cui alla presente legge entrano in vigore dopo sei mesi dalla data di pubblicazione della medesima nella Gazzetta Ufficiale.

La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica Italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

ULTERIORI NORME DI INTERESSE DELL’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO

CODICE CIVILE

LIBRO QUARTO. DELLE OBBLIGAZIONI

TITOLO TERZO. DEI SINGOLI CONTRATTI

CAPO NONO. DEL MANDATO

SEZIONE PRIMA. DISPOSIZIONI GENERALI 

Art. 1703 – Nozione

Il mandato è il contratto col quale una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell’altra.

Art. 1704 – Mandato con rappresentanza

Se al mandatario è stato conferito il potere di agire in nome del mandante, si applicano anche le norme del capo VI del titolo II di questo libro.

Art. 1705 – Mandato senza rappresentanza 

Il mandatario che agisce in proprio nome acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi, anche se questi hanno avuto conoscenza del mandato.

I terzi non hanno alcun rapporto col mandante. Tuttavia il mandante, sostituendosi al mandatario, può esercitare i diritti di credito derivanti dall’esecuzione del mandato, salvo che ciò possa pregiudicare i diritti attribuiti al mandatario dalle disposizioni degli articoli che seguono.

Art. 1706 – Acquisti del mandatario

Il mandante può rivendicare le cose mobili acquistate per suo conto dal mandatario che ha agito in nome proprio, salvi i diritti acquistati dai terzi per effetto del possesso di buona fede.

Se le cose acquistate dal mandatario sono beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri, il mandatario è obbligato a ritrasferirle al mandante. In caso d’inadempimento, si osservano le norme relative all’esecuzione dell’obbligo di contrarre.

Art. 1707 – Creditori del mandatario

I creditori del mandatario non possono far valere le loro ragioni sui beni che, in esecuzione del mandato, il mandatario ha acquistati in nome proprio, purché, trattandosi di beni mobili o di crediti, il mandato risulti da scrittura avente data certa anteriore al pignoramento, ovvero, trattandosi di beni immobili o di beni mobili iscritti in pubblici registri, sia anteriore al pignoramento la trascrizione dell’atto di ritrasferimento o della domanda giudiziale diretta a conseguirlo.

Art. 1708 – Contenuto del mandato

Il mandato comprende non solo gli atti per i quali è stato conferito, ma anche quelli che sono necessari al loro compimento.Il mandato generale non comprende gli atti che eccedono l’ordinaria amministrazione, se non sono indicati espressamente.

Art. 1709 – Presunzione di onerosità

Il mandato si presume oneroso. La misura del compenso, se non è stabilita dalle parti, è determinata in base alle tariffe professionali o agli usi; in mancanza è determinata dal giudice.

PARAGRAFO PRIMO. DELLE OBBLIGAZIONI DEL MANDATARIO

Art. 1710 – Diligenza del mandatario

Il mandatario è tenuto a eseguire il mandato con la diligenza del buon padre di famiglia; ma se il mandato è gratuito, la responsabilità per colpa è valutata con minor rigore.

Il mandatario è tenuto a rendere note al mandante le circostanze sopravvenute che possono determinare la revoca o la modificazione del mandato.

Art. 1711 – Limiti del mandato

Il mandatario non può eccedere i limiti fissati nel mandato. L’atto che esorbita dal mandato resta a carico del mandatario, se il mandante non lo ratifica.

Il mandatario può discostarsi dalle istruzioni ricevute qualora circostanze ignote al mandante, e tali che non possano essergli comunicate in tempo, facciano ragionevolmente ritenere che lo stesso mandante avrebbe dato la sua approvazione.

Art. 1712 – Comunicazione dell’eseguito mandato

Il mandatario deve senza ritardo comunicare al mandante l’esecuzione del mandato.

Il ritardo del mandante a rispondere dopo aver ricevuto tale comunicazione, per un tempo superiore a quello richiesto dalla natura dell’affare o dagli usi, importa approvazione, anche se il mandatario si è discostato dalle istruzioni o ha ecceduto i limiti del mandato.

Art. 1713 – Obbligo di rendiconto

Il mandatario deve rendere al mandante il conto del suo operato e rimettergli tutto ciò che ha ricevuto a causa del mandato.

La dispensa preventiva dall’obbligo di rendiconto non ha effetto nei casi in cui il mandatario deve rispondere per dolo o per colpa grave.

Art. 1714 – Interessi sulle somme riscosse

Il mandatario deve corrispondere al mandante gli interessi legali sulle somme riscosse per conto del mandante stesso, con decorrenza dal giorno in cui avrebbe dovuto fargliene la consegna o la spedizione ovvero impiegarle secondo le istruzioni ricevute.

Art. 1715 – Responsabilità per le obbligazioni dei terzi

In mancanza di patto contrario, il mandatario che agisce in proprio nome non risponde verso il mandante dell’adempimento delle obbligazioni assunte dalle persone con le quali ha contrattato, tranne il caso che l’insolvenza di queste gli fosse o dovesse essergli nota all’atto della conclusione del contratto.

Art. 1716 – Pluralità di mandatari

Salvo patto contrario, il mandato conferito a più persone designate a operare congiuntamente non ha effetto, se non è accettato da tutte.

Se nel mandato non è dichiarato che i mandatari devono agire congiuntamente, ciascuno di essi può concludere l’affare. In questo caso il mandante, appena avvertito della conclusione, deve darne notizia agli altri mandatari; in mancanza è tenuto a risarcire i danni derivanti dall’omissione o dal ritardo.

Se più mandatari hanno comunque operato congiuntamente, essi sono obbligati in solido verso il mandante.

Art. 1717 – Sostituto del mandatario

Il mandatario che, nell’esecuzione del mandato, sostituisce altri a se stesso, senza esservi autorizzato o senza che ciò sia necessario per la natura dell’incarico, risponde dell’operato della persona sostituita.

Se il mandante aveva autorizzato la sostituzione senza indicare la persona, il mandatario risponde soltanto quando è in colpa nella scelta.

Il mandatario risponde delle istruzioni che ha impartite al sostituto.

Il mandante può agire direttamente contro la persona sostituita dal mandatario.

PARAGRAFO SECONDO. DELLE OBBLIGAZIONI DEL MANDANTE

Art. 1718 – Custodia delle cose e tutela dei diritti del mandante

Il mandatario deve provvedere alla custodia delle cose che gli sono state spedite per conto del mandante e tutelare i diritti di quest’ultimo di fronte al vettore, se le cose presentano segni di deterioramento o sono giunte con ritardo.

Se vi è urgenza, il mandatario può procedere alla vendita delle cose a norma dell’articolo 1515.

Di questi fatti, come pure del mancato arrivo della merce, egli deve dare immediato avviso al mandante.

Le disposizioni di questo articolo si applicano anche se il mandatario non accetta l’incarico conferitogli dal mandante, sempre che tale incarico rientri nell’attività professionale del mandatario.

Art. 1719 – Mezzi necessari per l’esecuzione del mandato

Il mandante, salvo patto contrario, è tenuto a somministrare al mandatario i mezzi necessari per l’esecuzione del mandato e per l’adempimento delle obbligazioni che a tal fine il mandatario ha contratte in proprio nome.

Art. 1720 – Spese e compenso del mandatario

Il mandante deve rimborsare al mandatario le anticipazioni, con gli interessi legali dal giorno in cui sono state fatte, e deve pagargli il compenso che gli spetta.

Il mandante deve inoltre risarcire i danni che il mandatario ha subiti a causa dell’incarico.

Art. 1721 – Diritto del mandatario sui crediti

Il mandatario ha diritto di soddisfarsi sui crediti pecuniari sorti dagli affari che ha conclusi, con precedenza sul mandante e sui creditori di questo.

PARAGRAFO TERZO. DELL’ESTINZIONE DEL MANDATO

Art. 1722 – Cause di estinzione

Il mandato si estingue:

1) per la scadenza del termine o per il compimento, da parte del mandatario, dell’affare per il quale è stato conferito;

2) per revoca da parte del mandante;

3) per rinunzia del mandatario;

4) per la morte, l’interdizione o l’inabilitazione del mandante o del mandatario. Tuttavia il mandato che ha per oggetto il compimento di atti relativi all’esercizio di un’impresa non si estingue, se l’esercizio dell’impresa è continuato, salvo il diritto di recesso delle parti o degli eredi.

Art. 1723 – Revocabilità del mandato

Il mandante può revocare il mandato; ma, se era stata pattuita l’irrevocabilità, risponde dei danni, salvo che ricorra una giusta causa.

Il mandato conferito anche nell’interesse del mandatario o di terzi non si estingue per revoca da parte del mandante, salvo che sia diversamente stabilito o ricorra una giusta causa di revoca; non si estingue per la morte o per la sopravvenuta incapacità del mandante.

Art. 1724 – Revoca tacita

La nomina di un nuovo mandatario per lo stesso affare o il compimento di questo da parte del mandante importano revoca del mandato, e producono effetto dal giorno in cui sono stati comunicati al mandatario.

Art. 1725 – Revoca del mandato oneroso

La revoca del mandato oneroso, conferito per un tempo determinato o per un determinato affare, obbliga il mandante a risarcire i danni, se è fatta prima della scadenza del termine o del compimento dell’affare, salvo che ricorra una giusta causa.

Se il mandato è a tempo indeterminato, la revoca obbliga il mandante al risarcimento, qualora non sia dato un congruo preavviso, salvo che ricorra una giusta causa.

Art. 1726 – Revoca del mandato collettivo

Se il mandato è stato conferito da più persone con unico atto e per un affare d’interesse comune, la revoca non ha effetto qualora non sia stata fatta da tutti i mandanti, salvo che ricorra una giusta causa.

Art. 1727 – Rinunzia del mandatario

Il mandatario che rinunzia senza giusta causa al mandato deve risarcire i danni al mandante. Se il mandato è a tempo indeterminato, il mandatario che rinunzia senza giusta causa è tenuto al risarcimento, qualora non abbia dato un congruo preavviso.

In ogni caso la rinunzia deve essere fatta in modo e in tempo tali che il mandante possa provvedere altrimenti, salvo il caso d’impedimento grave da parte del mandatario.

Art. 1728 – Morte o incapacità del mandante o del mandatario

Quando il mandato si estingue per morte o per incapacità sopravvenuta del mandante, il mandatario che ha iniziato l’esecuzione deve continuarla, se vi è pericolo nel ritardo.

Quando il mandato si estingue per morte o per sopravvenuta incapacità del mandatario, i suoi eredi ovvero colui che lo rappresenta o lo assiste, se hanno conoscenza del mandato, devono avvertire prontamente il mandante e prendere intanto nell’interesse di questo i provvedimenti richiesti dalle circostanze.

Art. 1729 – Mancata conoscenza della causa di estinzione

Gli atti che il mandatario ha compiuti prima di conoscere l’estinzione del mandato sono validi nei confronti del mandante o dei suoi eredi.

Art. 1730 – Estinzione del mandato conferito a più mandatari

Salvo patto contrario, il mandato conferito a più persone designate a operare congiuntamente si estingue anche se la causa di estinzione concerne uno solo dei mandatari.

                                  ALTRI ARTICOLI DI LEGGE DEL CODICE CIVILE

Art. 1140.
Possesso.

Il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale.

Si può possedere direttamente o per mezzo di altra persona, che ha la detenzione della cosa.

Art. 1141.
Mutamento della detenzione in possesso.

Si presume il possesso in colui che esercita il potere di fatto, quando non si prova che ha cominciato a esercitarlo semplicemente come detenzione.

Se alcuno ha cominciato ad avere la detenzione, non può acquistare il possesso finché il titolo non venga a essere mutato per causa proveniente da un terzo o in forza di opposizione da lui fatta contro il possessore. Ciò vale anche per i successori a titolo universale.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 16 aprile 2007, n. 9090 in Altalex Massimario.

Art. 1142.
Presunzione di possesso intermedio.

Il possessore attuale che ha posseduto in tempo più remoto si presume che abbia posseduto anche nel tempo intermedio.

Art. 1143.
Presunzione di possesso anteriore.

Il possesso attuale non fa presumere il possesso anteriore, salvo che il possessore abbia un titolo a fondamento del suo possesso; in questo caso si presume che egli abbia posseduto dalla data del titolo.

Art. 1144.
Atti di tolleranza.

Gli atti compiuti con l’altrui tolleranza non possono servire di fondamento all’acquisto del possesso.

Art. 1145.
Possesso di cose fuori commercio.

Il possesso delle cose di cui non si può acquistare la proprietà è senza effetto.

Tuttavia nei rapporti tra privati è concessa l’azione di spoglio rispetto ai beni appartenenti al pubblico demanio e ai beni delle province e dei comuni soggetti al regime proprio del demanio pubblico.

Se trattasi di esercizio di facoltà, le quali possono formare oggetto di concessione da parte della pubblica amministrazione, è data altresì l’azione di manutenzione.

Art. 1146.
Successione nel possesso. Accessione del possesso.

Il possesso continua nell’erede con effetto dall’apertura della successione.

Il successore a titolo particolare può unire al proprio possesso quello del suo autore per goderne gli effetti.

Art. 1147.
Possesso di buona fede.

E’ possessore di buona fede chi possiede ignorando di ledere l’altrui diritto.

La buona fede non giova se l’ignoranza dipende da colpa grave.

La buona fede è presunta e basta che vi sia stata al tempo dell’acquisto.

Capo II
Degli effetti del possesso

Sezione I
Dei diritti e degli obblighi del possessore nella restituzione della cosa

Art. 1148.
Acquisto dei frutti.

Il possessore di buona fede fa suoi i frutti naturali separati fino al giorno della domanda giudiziale e i frutti civili maturati fino allo stesso giorno. Egli, fino alla restituzione della cosa, risponde verso il rivendicante dei frutti percepiti dopo la domanda giudiziale e di quelli che avrebbe potuto percepire dopo tale data, usando la diligenza di un buon padre di famiglia.

Art. 1149.
Rimborso delle spese per la produzione e il raccolto dei frutti.

Il possessore che è tenuto a restituire i frutti indebitamente percepiti ha diritto al rimborso delle spese a norma del secondo comma dell’articolo 821.

Art. 1150.
Riparazioni, miglioramenti e addizioni.

Il possessore, anche se di mala fede, ha diritto al rimborso delle spese fatte per le riparazioni straordinarie.

Ha anche diritto a indennità per i miglioramenti recati alla cosa, purché sussistano al tempo della restituzione.

L’indennità si deve corrispondere nella misura dell’aumento di valore conseguito dalla cosa per effetto dei miglioramenti, se il possessore è di buona fede; se il possessore è di mala fede, nella minor somma tra l’importo della spesa e l’aumento di valore.

Se il possessore è tenuto alla restituzione dei frutti, gli spetta anche il rimborso delle spese fatte per le riparazioni ordinarie, limitatamente al tempo per il quale la restituzione è dovuta.

Per le addizioni fatte dal possessore sulla cosa si applica il disposto dell’articolo 936. Tuttavia, se le addizioni costituiscono miglioramento e il possessore è di buona fede, è dovuta un’indennità nella misura dell’aumento di valore conseguito dalla cosa.

Art. 1151.
Pagamento delle indennità.

L’autorità giudiziaria, avuto riguardo alle circostanze, può disporre che il pagamento delle indennità previste dall’articolo precedente sia fatto ratealmente, ordinando, in questo caso, le opportune garanzie.

Art. 1152.
Ritenzione a favore del possessore di buona fede.

Il possessore di buona fede può ritenere la cosa finché non gli siano corrisposte le indennità dovute, purché queste siano state domandate nel corso del giudizio di rivendicazione e sia stata fornita una prova generica della sussistenza delle riparazioni e dei miglioramenti.

Egli ha lo stesso diritto finché non siano prestate le garanzie ordinate dall’autorità giudiziaria nel caso previsto dall’articolo precedente.

Sezione II
Del possesso di buona fede di beni mobili

Art. 1153.
Effetti dell’acquisto del possesso.

Colui al quale sono alienati beni mobili da parte di chi non ne è proprietario, ne acquista la proprietà mediante il possesso, purché sia in buona fede al momento della consegna e sussista un titolo idoneo al trasferimento della proprietà.

La proprietà si acquista libera da diritti altrui sulla cosa, se questi non risultano dal titolo e vi è la buona fede dell’acquirente.

Nello stesso modo si acquistano i diritti di usufrutto, di uso e di pegno.

Art. 1154.
Conoscenza dell’illegittima provenienza della cosa.

A colui che ha acquistato conoscendo l’illegittima provenienza della cosa, non giova l’erronea credenza che il suo autore o un precedente possessore ne sia divenuto proprietario.

Art. 1155.
Acquisto di buona fede e precedente alienazione ad altri.

Se taluno con successivi contratti aliena a più persone un bene mobile, quella tra esse che ne ha acquistato in buona fede il possesso è preferita alle altre, anche se il suo titolo è di data posteriore.

Art. 1156.
Universalità di mobili e mobili iscritti in pubblici registri.

Le disposizioni degli articoli precedenti non si applicano alle universalità di mobili e ai beni mobili iscritti in pubblici registri.

Art. 1157.
Possesso di titoli di credito.

Gli effetti del possesso di buona fede dei titoli di credito sono regolati dal titolo V del libro IV.

Sezione III
Dell’usucapione

Art. 1158.
Usucapione dei beni immobili e dei diritti reali immobiliari.

La proprietà dei beni immobili e gli altri diritti reali di godimento sui beni medesimi si acquistano in virtù del possesso continuato per venti anni.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 27 luglio 2009, n. 17462 in Altalex Massimario e Michele Iaselli, “Usucapione: quando è configurabile su di un bene condominiale“, nota a Cass., sez. VI-2 civ.,sentenza 2 agosto 2012, n. 13893. Vedi anche la voce Usucapione di AltalexPedia.

Art. 1159.
Usucapione decennale.

Colui che acquista in buona fede da chi non è proprietario un immobile, in forza di un titolo che sia idoneo a trasferire la proprietà e che sia stato debitamente trascritto, ne compie l’usucapione in suo favore col decorso di dieci anni dalla data della trascrizione.

La stessa disposizione si applica nel caso di acquisto degli altri diritti reali di godimento sopra un immobile.

_______________

Cfr. Corte di Cassazione, sez. II civile, sentenza 5 maggio 2009, n. 10356 e Cassazione Civile, sez. II, sentenza 27 luglio 2009, n. 17462in Altalex Massimario.

Art. 1159-bis.
Usucapione speciale per la piccola proprietà rurale.

La proprietà dei fondi rustici con annessi fabbricati situati in comuni classificati montani dalla legge si acquista in virtù del possesso continuato per quindici anni.

Colui che acquista in buona fede da chi non è proprietario, in forza di un titolo che sia idoneo a trasferire la proprietà e che sia debitamente trascritto, un fondo rustico con annessi fabbricati, situati in comuni classificati montani dalla legge, ne compie l’usucapione in suo favore col decorso di cinque anni dalla data di trascrizione.

La legge speciale stabilisce la procedura, le modalità e le agevolazioni per la regolarizzazione del titolo di proprietà.

Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche ai fondi rustici con annessi fabbricati, situati in comuni non classificati montani dalla legge, aventi un reddito non superiore ai limiti fissati dalla legge speciale.

Art. 1160.
Usucapione delle universalità di mobili.

L’usucapione di un’universalità di mobili o di diritti reali di godimento sopra la medesima si compie in virtù del possesso continuato per venti anni.

Nel caso di acquisto in buona fede da chi non è proprietario, in forza di titolo idoneo, l’usucapione si compie con il decorso di dieci anni.

Art. 1161.
Usucapione dei beni mobili.

In mancanza di titolo idoneo, la proprietà dei beni mobili e gli altri diritti reali di godimento sui beni medesimi si acquistano in virtù del possesso continuato per dieci anni, qualora il possesso sia stato acquistato in buona fede.

Se il possessore è di mala fede, l’usucapione si compie con il decorso di venti anni.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 7 settembre 2009, n. 19283in Altalex Massimario.

Art. 1162.
Usucapione di beni mobili iscritti in pubblici registri.

Colui che acquista in buona fede da chi non è proprietario un bene mobile iscritto in pubblici registri, in forza di un titolo che sia idoneo a trasferire la proprietà e che sia stato debitamente trascritto, ne compie in suo favore l’usucapione col decorso di tre anni dalla data della trascrizione.

Se non concorrono le condizioni previste dal comma precedente, l’usucapione si compie col decorso di dieci anni.

Le stesse disposizioni si applicano nel caso di acquisto degli altri diritti reali di godimento.

Art. 1163.
Vizi del possesso.

Il possesso acquistato in modo violento o clandestino non giova per l’usucapione se non dal momento in cui la violenza o la clandestinità è cessata.

Art. 1164.
Interversione del possesso.

Chi ha il possesso corrispondente all’esercizio di un diritto reale su cosa altrui non può usucapire la proprietà della cosa stessa, se il titolo del suo possesso non è mutato per causa proveniente da un terzo o in forza di opposizione da lui fatta contro il diritto del proprietario. Il tempo necessario per l’usucapione decorre dalla data in cui il titolo del possesso è stato mutato.

Art. 1165.
Applicazione di norme sulla prescrizione.

Le disposizioni generali sulla prescrizione, quelle relative alle cause di sospensione e d’interruzione e al computo dei termini si osservano in quanto applicabili, rispetto all’usucapione.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 26 marzo 2007, n. 7847 in Altalex Massimario.

Art. 1166.
Inefficacia delle cause di impedimento e di sospensione rispetto al terzo possessore.

Nell’usucapione ventennale non hanno luogo, riguardo al terzo possessore di un immobile o di un diritto reale sopra un immobile, né l’impedimento derivante da condizione o da termine né le cause di sospensione indicate dall’articolo 2942.

L’impedimento derivante da condizione o da termine e le cause di sospensione menzionate nel detto articolo non sono nemmeno opponibili al terzo possessore nella prescrizione per non uso dei diritti reali sui beni da lui posseduti.

Art. 1167.
Interruzione dell’usucapione per perdita di possesso.

L’usucapione è interrotta quando il possessore è stato privato del possesso per oltre un anno.

L’interruzione si ha come non avvenuta se è stata proposta l’azione diretta a ricuperare il possesso e questo è stato ricuperato.

Capo III
Delle azioni a difesa del possesso

Art. 1168.
Azione di reintegrazione.

Chi è stato violentemente od occultamente spogliato del possesso può, entro l’anno dal sofferto spoglio, chiedere contro l’autore di esso la reintegrazione del possesso medesimo.

L’azione è concessa altresì a chi ha la detenzione della cosa, tranne il caso che l’abbia per ragioni di servizio o di ospitalità.

Se lo spoglio è clandestino, il termine per chiedere la reintegrazione decorre dal giorno della scoperta dello spoglio.

La reintegrazione deve ordinarsi dal giudice sulla semplice notorietà del fatto, senza dilazione.

_______________

Cfr. Tribunale di Modena, sez. II, sentenza 30 aprile 2008 e Corte di Cassazione, sez. II civile, sentenza 20 maggio 2008, n. 12751 in Altalex Massimario.

Art. 1169.
Reintegrazione contro l’acquirente consapevole dello spoglio.

La reintegrazione si può domandare anche contro chi è nel possesso in virtù di un acquisto a titolo particolare, fatto con la conoscenza dell’avvenuto spoglio.

Art. 1170.
Azione di manutenzione.

Chi è stato molestato nel possesso di un immobile, di un diritto reale sopra un immobile o di un’universalità di mobili può, entro l’anno dalla turbativa, chiedere la manutenzione del possesso medesimo.

L’azione è data se il possesso dura da oltre un anno, continuo e non interrotto, e non è stato acquistato violentemente o clandestinamente. Qualora il possesso sia stato acquistato in modo violento o clandestino, l’azione può nondimeno esercitarsi, decorso un anno dal giorno in cui la violenza o la clandestinità è cessata.

Anche colui che ha subito uno spoglio non violento o clandestino può chiedere di essere rimesso nel possesso, se ricorrono le condizioni indicate dal comma precedente.

Della denunzia di nuova opera e di danno temuto

Art. 1171.
Denunzia di nuova opera.

Il proprietario, il titolare di altro diritto reale di godimento o il possessore, il quale ha ragione di temere che da una nuova opera, da altri intrapresa sul proprio come sull’altrui fondo, sia per derivare danno alla cosa che forma l’oggetto del suo diritto o del suo possesso, può denunziare all’autorità giudiziaria la nuova opera, purché questa non sia terminata e non sia trascorso un anno dal suo inizio.

L’autorità giudiziaria, presa sommaria cognizione del fatto, può vietare la continuazione dell’opera, ovvero permetterla, ordinando le opportune cautele: nel primo caso, per il risarcimento del danno prodotto dalla sospensione dell’opera, qualora le opposizioni al suo proseguimento risultino infondate nella decisione del merito; nel secondo caso, per la demolizione o riduzione dell’opera e per il risarcimento del danno che possa soffrire il denunziante, se questi ottiene sentenza favorevole, nonostante la permessa continuazione.

Art. 1172.
Denunzia di danno temuto.

Il proprietario, il titolare di altro diritto reale di godimento o il possessore, il quale ha ragione di temere che da qualsiasi edificio, albero o altra cosa sovrasti pericolo di un danno grave e prossimo alla cosa che forma l’oggetto del suo diritto o del suo possesso, può denunziare il fatto all’autorità giudiziaria e ottenere, secondo le circostanze, che si provveda per ovviare al pericolo.

L’autorità giudiziaria, qualora ne sia il caso dispone idonea garanzia per i danni eventuali.

Delle obbligazioni in generale

Capo I
Disposizioni preliminari

Art. 1173.
Fonti delle obbligazioni.

Le obbligazioni derivano da contratto, da fatto illecito, o da ogni altro atto, o fatto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico.

Art. 1174.
Carattere patrimoniale della prestazione.

La prestazione che forma oggetto dell’obbligazione deve essere suscettibile di valutazione economica e deve corrispondere a un interesse, anche non patrimoniale del creditore.

_______________

Cfr. Tribunale di Catanzaro, sez. I civile, sentenza 18 maggio 2009, Tribunale di Roma, sentenza 23 settembre 2009 e Tribunale di Rovereto, sentenza 18 ottobre 2009 in Altalex Massimario.

Art. 1175.
Comportamento secondo correttezza.

Il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza [in relazione ai principi della solidarietà corporativa].

_______________

Cfr. Tribunale di Trapani, sez. civile, sentenza 30 agosto 2007, Tribunale di Mantova, sentenza 27 maggio 2008, Tribunale di Mantova, sentenza 19 settembre 2008, Cassazione Civile, sez. III,sentenza 11 maggio 2009, n. 10741, Cassazione Civile, sez. lavoro,sentenza 13 luglio 2009, n. 16322 e Cassazione Civile, sez. III,sentenza 18 settembre 2009, n. 20106 in Altalex Massimario.

Capo II
Dell’adempimento delle obbligazioni

Sezione I
Dell’adempimento in generale

Art. 1176.
Diligenza nell’adempimento.

Nell’adempiere l’obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia.

Nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. I, sentenza 6 settembre 2007, n. 18723, Tribunale di Trapani, sez. civile, sentenza 30 agosto 2007, Tribunale di Bari, sez. III civile, sentenza 17 aprile 2008, n. 978, Tribunale di Mantova, sentenza 19 settembre 2008, Cassazione Civile, sez. III,sentenza 3 aprile 2009, n. 8151 e Cassazione Civile, sez. III, sentenza 26 gennaio 2010, n. 1538 in Altalex Massimario. Cfr. anche le formule “Atto di citazione per danni nei confronti di medico e struttura sanitaria“, “Atto di citazione per risarcimento danni nei confronti dell’avvocato“, “Comparsa di risposta con chiamata in causa del terzo nell’interesse del commercialista“, “Comparsa di risposta nel giudizio per responsabilità professionale dell’avvocato“, “Comparsa di risposta del medico e chiamata in causa del terzo – resp. professionale” e “Atto di citazione per danno da nascita indesiderata – responsabilità professionale” tratte da FormularioCivile.it..

Art. 1177.
Obbligazione di custodire.

L’obbligazione di consegnare una cosa determinata include quella di custodirla fino alla consegna.

Art. 1178.
Obbligazione generica.

Quando l’obbligazione ha per oggetto la prestazione di cose determinate soltanto nel genere, il debitore deve prestare cose di qualità non inferiore alla media.

Art. 1179.
Obbligo di garanzia.

Chi è tenuto a dare una garanzia, senza che ne siano determinati il modo e la forma, può prestare a sua scelta un’idonea garanzia reale o personale, ovvero altra sufficiente cautela.

Art. 1180.
Adempimento del terzo.

L’obbligazione può essere adempiuta da un terzo, anche contro la volontà del creditore, se questi non ha interesse a che il debitore esegua personalmente la prestazione.

Tuttavia il creditore può rifiutare l’adempimento offertogli dal terzo, se il debitore gli ha manifestato la sua opposizione.

Art. 1181.
Adempimento parziale.

Il creditore può rifiutare un adempimento parziale anche se la prestazione è divisibile, salvo che la legge o gli usi dispongano diversamente.

Art. 1182.
Luogo dell’adempimento.

Se il luogo nel quale la prestazione deve essere eseguita non è determinato dalla convenzione o dagli usi e non può desumersi dalla natura della prestazione o da altre circostanze, si osservano le norme che seguono.

L’obbligazione di consegnare una cosa certa e determinata deve essere adempiuta nel luogo in cui si trovava la cosa quando l’obbligazione è sorta.

L’obbligazione avente per oggetto una somma di danaro deve essere adempiuta al domicilio che il creditore ha al tempo della scadenza. Se tale domicilio è diverso da quello che il creditore aveva quando è sorta l’obbligazione e ciò rende più gravoso l’adempimento, il debitore, previa dichiarazione al creditore, ha diritto di eseguire il pagamento al proprio domicilio.

Negli altri casi l’obbligazione deve essere adempiuta al domicilio che il debitore ha al tempo della scadenza.

Art. 1183.
Tempo dell’adempimento.

Se non è determinato il tempo in cui la prestazione deve essere eseguita, il creditore può esigerla immediatamente. Qualora tuttavia, in virtù degli usi o per la natura della prestazione ovvero per il modo o il luogo dell’esecuzione, sia necessario un termine, questo, in mancanza di accordo delle parti, è stabilito dal giudice.

Se il termine per l’adempimento è rimesso alla volontà del debitore, spetta ugualmente al giudice di stabilirlo secondo le circostanze; se è rimesso alla volontà del creditore, il termine può essere fissato su istanza del debitore che intenda liberarsi.

Art. 1184.
Termine.

Se per l’adempimento è fissato un termine, questo si presume a favore del debitore, qualora non risulti stabilito a favore del creditore o di entrambi.

Art. 1185.
Pendenza del termine.

Il creditore non può esigere la prestazione prima della scadenza, salvo che il termine sia stabilito esclusivamente a suo favore.

Tuttavia il debitore non può ripetere ciò che ha pagato anticipatamente, anche se ignorava l’esistenza del termine. In questo caso però egli può ripetere, nei limiti della perdita subita, ciò di cui il creditore si è arricchito per effetto del pagamento anticipato.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 16 maggio 2008, n. 12424 in Altalex Massimario.

Art. 1186.
Decadenza dal termine.

Quantunque il termine sia stabilito a favore del debitore, il creditore può esigere immediatamente la prestazione se il debitore è divenuto insolvente o ha diminuito, per fatto proprio, le garanzie che aveva date o non ha dato le garanzie che aveva promesse.

Art. 1187.
Computo del termine.

Il termine fissato per l’adempimento delle obbligazioni è computato secondo le disposizioni dell’articolo 2963.

La disposizione relativa alla proroga del termine che scade in giorno festivo si osserva se non vi sono usi diversi.

È salva in ogni caso una diversa pattuizione.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 16 maggio 2008, n. 12424 in Altalex Massimario.

Art. 1188.
Destinatario del pagamento.

Il pagamento deve essere fatto al creditore o al suo rappresentante ovvero alla persona indicata dal creditore o autorizzata dalla legge o dal giudice a riceverlo.

Il pagamento fatto a chi non era legittimato a riceverlo libera il debitore, se il creditore lo ratifica o se ne ha approfittato.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 5 giugno 2007, n. 13113in Altalex Massimario.

Art. 1189.
Pagamento al creditore apparente.

Il debitore che esegue il pagamento a chi appare legittimato a riceverlo in base a circostanze univoche, è liberato se prova di essere stato in buona fede.

Chi ha ricevuto il pagamento è tenuto alla restituzione verso il vero creditore, secondo le regole stabilite per la ripetizione dell’indebito.

Art. 1190.
Pagamento al creditore incapace.

Il pagamento fatto al creditore incapace di riceverlo non libera il debitore, se questi non prova che ciò che fu pagato è stato rivolto a vantaggio dell’incapace.

Art. 1191.
Pagamento eseguito da un incapace.

Il debitore che ha eseguito la prestazione dovuta non può impugnare il pagamento a causa della propria incapacità.

Art. 1192.
Pagamento eseguito con cose altrui.

Il debitore non può impugnare il pagamento eseguito con cose di cui non poteva disporre, salvo che offra di eseguire la prestazione dovuta con cose di cui può disporre.

Il creditore che ha ricevuto il pagamento in buona fede può impugnarlo, salvo il diritto al risarcimento del danno.

Art. 1193.
Imputazione del pagamento.

Chi ha più debiti della medesima specie verso la stessa persona può dichiarare, quando paga, quale debito intende soddisfare.

In mancanza di tale dichiarazione, il pagamento deve essere imputato al debito scaduto; tra più debiti scaduti, a quello meno garantito; tra più debiti ugualmente garantiti, al più oneroso per il debitore; tra più debiti ugualmente onerosi, al più antico. Se tali criteri non soccorrono, l’imputazione è fatta proporzionalmente ai vari debiti.

Art. 1194.
Imputazione del pagamento agli interessi.

Il debitore non può imputare il pagamento al capitale, piuttosto che agli interessi e alle spese, senza il consenso del creditore.

Il pagamento fatto in conto di capitale e d’interessi deve essere imputato prima agli interessi.

Art. 1195.
Quietanza con imputazione.

Chi, avendo più debiti, accetta una quietanza nella quale il creditore ha dichiarato di imputare il pagamento a uno di essi, non può pretendere un’imputazione diversa, se non vi è stato dolo o sorpresa da parte del creditore.

Art. 1196.
Spese del pagamento.

Le spese del pagamento sono a carico del debitore.

Art. 1197.
Prestazione in luogo dell’adempimento.

Il debitore non può liberarsi eseguendo una prestazione diversa da quella dovuta, anche se di valore uguale o maggiore, salvo che il creditore consenta. In questo caso l’obbligazione si estingue quando la diversa prestazione è eseguita.

Se la prestazione consiste nel trasferimento della proprietà o di un altro diritto, il debitore è tenuto alla garanzia per l’evizione e per i vizi della cosa secondo le norme della vendita salvo che il creditore preferisca esigere la prestazione originaria e il risarcimento del danno.

In ogni caso non rivivono le garanzie prestate dai terzi.

Art. 1198.
Cessione di un credito in luogo dell’adempimento.

Quando in luogo dell’adempimento è ceduto un credito, l’obbligazione si estingue con la riscossione del credito, se non risulta una diversa volontà delle parti.

È salvo quanto è disposto dal secondo comma dell’articolo 1267.

Art. 1199.
Diritto dei debitore alla quietanza.

Il creditore che riceve il pagamento deve, a richiesta e a spese del debitore, rilasciare quietanza e farne annotazione sul titolo, se questo non è restituito al debitore.

Il rilascio di una quietanza per il capitale fa presumere il pagamento degli interessi.

Art. 1200.
Liberazione dalle garanzie.

Il creditore che ha ricevuto il pagamento deve consentire la liberazione dei beni dalle garanzie reali date per il credito e da ogni altro vincolo che comunque ne limiti la disponibilità.

Sezione II
Del pagamento con surrogazione

Art. 1201.
Surrogazione per volontà del creditore.

Il creditore, ricevendo il pagamento da un terzo, può, surrogarlo nei propri diritti. La surrogazione deve essere fatta in modo espresso e contemporaneamente al pagamento.

Art. 1202.
Surrogazione per volontà del debitore.

Il debitore, che prende a mutuo una somma di danaro o altra cosa fungibile al fine di pagare il debito, può surrogare il mutuante nei diritti del creditore, anche senza il consenso di questo.

La surrogazione ha effetto quando concorrono le seguenti condizioni:

1) che il mutuo e la quietanza risultino da atto avente data certa;

2) che nell’atto di mutuo sia indicata espressamente la specifica destinazione della somma mutuata;

3) che nella quietanza si menzioni la dichiarazione del debitore circa la provenienza della somma impiegata nel pagamento. Sulla richiesta del debitore, il creditore non può rifiutarsi di inserire nella quietanza tale dichiarazione.

Art. 1203.
Surrogazione legale.

La surrogazione ha luogo di diritto nei seguenti casi:

1) a vantaggio di chi, essendo creditore, ancorché chirografario, paga un altro creditore che ha diritto di essergli preferito in ragione dei suoi privilegi del suo pegno o delle sue ipoteche;

2) a vantaggio dell’acquirente di un immobile che, fino alla concorrenza del prezzo di acquisto, paga uno o più creditori a favore dei quali l’immobile è ipotecato;

3) a vantaggio di colui che, essendo tenuto con altri o per altri al pagamento del debito, aveva interesse di soddisfarlo;

4) a vantaggio dell’erede con beneficio d’inventario che paga con danaro proprio i debiti ereditari;

5) negli altri casi stabiliti dalla legge.

Art. 1204.
Terzi garanti.

La surrogazione contemplata nei precedenti articoli ha effetto anche contro i terzi che hanno prestato garanzia per il debitore.

Se il credito è garantito da pegno, si osserva la disposizione del secondo comma dell’articolo 1263.

Art. 1205.
Surrogazione parziale.

Se il pagamento è parziale, il terzo surrogato e il creditore concorrono nei confronti del debitore in proporzione di quanto è loro dovuto, salvo patto contrario.

Sezione III
Della mora del creditore

Art. 1206.
Condizioni.

Il creditore è in mora quando, senza il motivo legittimo, non riceve il pagamento offertogli nei modi indicati dagli articoli seguenti o non compie quanto è necessario affinché il debitore possa adempiere l’obbligazione.

Art. 1207.
Effetti.

Quando il creditore è in mora, è a suo carico l’impossibilità della prestazione sopravvenuta per causa non imputabile al debitore. Non sono più dovuti gli interessi né i frutti della cosa che non siano stati percepiti dal debitore.

Il creditore è pure tenuto a risarcire i danni derivati dalla sua mora e a sostenere le spese per la custodia e la conservazione della cosa dovuta.

Gli effetti della mora si verificano dal giorno dell’offerta, se questa è successivamente dichiarata valida con sentenza passata in giudicato o se è accettata dal creditore.

Art. 1208.
Requisiti per la validità dell’offerta.

Affinché l’offerta sia valida è necessario:

1) che sia fatta al creditore capace di ricevere o a chi ha la facoltà di ricevere per lui;

2) che sia fatta da persona che può validamente adempiere;

3) che comprenda la totalità della somma o delle cose dovute, dei frutti o degli interessi e delle spese liquide, e una somma per le spese non liquide, con riserva di un supplemento, se è necessario;

4) che il termine sia scaduto, se stipulato in favore del creditore;

5) che si sia verificata la condizione dalla quale dipende l’obbligazione;

6) che l’offerta sia fatta alla persona del creditore o nel suo domicilio;

7) che l’offerta sia fatta da un ufficiale pubblico a ciò autorizzato.

Il debitore può subordinare l’offerta al consenso del creditore necessario per liberare i beni dalle garanzie reali o da altri vincoli che comunque ne limitino la disponibilità.

Art. 1209.
Offerta reale e offerta per intimazione.

Se l’obbligazione ha per oggetto danaro titoli di credito ovvero cose mobili da consegnare al domicilio del creditore, l’offerta deve essere reale.

Se si tratta invece di cose mobili da consegnare in luogo diverso, l’offerta consiste nell’intimazione al creditore di riceverle, fatta mediante atto a lui notificato nelle forme prescritte per gli atti di citazione.

Art. 1210.
Facoltà di deposito e suoi effetti liberatori.

Se il creditore rifiuta di accettare l’offerta reale o non si presenta per ricevere le cose offertegli mediante intimazione, il debitore può eseguire il deposito.

Eseguito il deposito, quando questo è accettato dal creditore o è dichiarato valido con sentenza passata in giudicato, il debitore non può più ritirarlo ed è liberato dalla sua obbligazione.

Art. 1211.
Cose deperibili o di dispendiosa custodia.

Se le cose non possono essere conservate o sono deteriorabili, oppure se le spese della loro custodia sono eccessive, il debitore, dopo l’offerta reale o l’intimazione di ritirarle, può farsi autorizzare dal tribunale a venderle nei modi stabiliti per le cose pignorate e a depositarne il prezzo.

Art. 1212.
Requisiti del deposito.

Per la validità del deposito è necessario:

1) che sia stato preceduto da un’intimazione notificata al creditore e contenente l’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo in cui la cosa offerta sarà depositata;

2) che il debitore abbia consegnato la cosa, con gli interessi e i frutti dovuti fino al giorno dell’offerta, nel luogo indicato dalla legge o, in mancanza, dal giudice;

3) che sia redatto dal pubblico ufficiale un processo verbale da cui risulti la natura delle cose offerte, il rifiuto di riceverle da parte del creditore o la sua mancata comparizione, e infine il fatto del deposito;

4) che in caso di non comparizione del creditore, il processo verbale di deposito gli sia notificato con l’invito a ritirare la cosa depositata.

Il deposito che ha per oggetto somme di danaro può eseguirsi anche presso un istituto di credito.

Art. 1213.
Ritiro del deposito.

Il deposito non produce effetto se il debitore lo ritira prima che sia stato accettato dal creditore o prima che sia stato riconosciuto valido con sentenza passata in giudicato.

Se, dopo l’accettazione del deposito o il passaggio in giudicato della sentenza che lo dichiara valido, il creditore consente che il debitore ritiri il deposito, egli non può più rivolgersi contro i condebitori e i fideiussori, né valersi dei privilegi, del pegno e delle ipoteche che garantivano il credito.

Art. 1214.
Offerta secondo gli usi e deposito.

Se il debitore ha offerto la cosa dovuta nelle forme d’uso anziché in quelle prescritte dagli articoli 1208 e 1209, gli effetti della mora si verificano dal giorno in cui egli esegue il deposito a norma dell’articolo 1212, se questo è accettato dal creditore o è dichiarato valido con sentenza passata in giudicato.

Art. 1215.
Spese.

Quando l’offerta reale e il deposito sono validi, le spese occorse sono a carico del creditore.

Art. 1216.
Intimazione di ricevere la consegna di un immobile.

Se deve essere consegnato un immobile, l’offerta consiste nell’intimazione al creditore di prenderne possesso. L’intimazione deve essere fatta nella forma prescritta dal secondo comma dell’articolo 1209.

Il debitore dopo l’intimazione al creditore, può ottenere dal giudice la nomina di un sequestratario. In questo caso egli è liberato dal momento in cui ha consegnato al sequestratario la cosa dovuta.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 9 marzo 2009, n. 5624 in Altalex Massimario.

Art. 1217.
Obbligazioni di fare.

Se la prestazione consiste in un fare, il creditore è costituito in mora mediante l’intimazione di ricevere la prestazione o di compiere gli atti che sono da parte sua necessari per renderla possibile.

L’intimazione può essere fatta nelle forme d’uso.

Capo III
Dell’inadempimento delle obbligazioni

Art. 1218.
Responsabilità del debitore.

Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 14 giugno 2007, n. 13953, Cassazione Civile, sez. I, sentenza 10 ottobre 2007, n. 21140, Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 11 gennaio 2008, n. 577, Cassazione Civile, sez. II, sentenza 26 marzo 2008, n. 7857, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 14 aprile 2008, n. 9817, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 8 ottobre 2008, n. 24791, Corte di Appello di Firenze, sentenza 19 gennaio 2009, n. 60, Tribunale di Brindisi, sentenza 2 febbraio 2009sentenza 10 febbraio 2009, Cassazione Civile, sez. I, sentenza 17 febbraio 2009, n. 3773, Tribunale di Bari, sentenza 26 marzo 2009, Tribunale di Bari, sez. III civile, sentenza 7 maggio 2009, n. 1518, Tribunale di Catanzaro, sez. I civile, sentenza 18 maggio 2009, Cassazione Civile, sez. III,sentenza 7 luglio 2009, n. 15895, Cassazione Civile, sez. lavoro,sentenza 13 luglio 2009, n. 16322, Cassazione Civile, sez. III,sentenza 15 luglio 2009, n. 16463, Cassazione Civile, sez. III,sentenza 21 settembre 2009, n. 20324, Tribunale di Roma, sentenza 23 settembre 2009, Tribunale di Rovereto, sentenza 18 ottobre 2009, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 30 settembre 2009, n. 20954, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 4 gennaio 2010, n. 13, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 26 gennaio 2010, n. 1538 e Cassazione Civile, sez. III, sentenza 4 marzo 2010, n. 5190 in Altalex Massimario. Cfr. anche le formule “Atto di citazione per danni nei confronti di medico e struttura sanitaria“, “Comparsa di risposta del medico e chiamata in causa del terzo – resp. professionale” e “Atto di citazione per danno da nascita indesiderata – responsabilità professionale” tratte da FormularioCivile.it.

Art. 1219.
Costituzione in mora.

Il debitore è costituito in mora mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto.

Non è necessaria la costituzione in mora:

1) quando il debito deriva da fatto illecito;

2) quando il debitore ha dichiarato per iscritto di non volere eseguire l’obbligazione;

3) quando è scaduto il termine, se la prestazione deve essere eseguita al domicilio del creditore. Se il termine scade dopo la morte del debitore, gli eredi non sono costituiti in mora che mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto, e decorsi otto giorni dall’intimazione o dalla richiesta.

Vedi Giuseppina Mattiello, Decreto ingiuntivo al condomino possibile anche senza messa in mora, sez. II, sentenza 16 aprile 2013, n. 9181.
_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 13 maggio 2008, n. 11872, Cassazione Civile, sez. I, sentenza 15 gennaio 2009, n. 806 e Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 2 luglio 2009, n. 15503 in Altalex Massimario.

Art. 1220.
Offerta non formale.

Il debitore non può essere considerato in mora, se tempestivamente ha fatto offerta della prestazione dovuta, anche senza osservare le forme indicate nella sezione III del precedente capo, a meno che il creditore l’abbia rifiutata per un motivo legittimo.

Art. 1221.
Effetti della mora sul rischio.

Il debitore che è in mora non è liberato per la sopravvenuta impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile, se non prova che l’oggetto della prestazione sarebbe ugualmente perito presso il creditore.

In qualunque modo sia perita o smarrita una cosa illecitamente sottratta, la perdita di essa non libera chi l’ha sottratta dall’obbligo di restituirne il valore.

Art. 1222.
Inadempimento di obbligazioni negative.

Le disposizioni sulla mora non si applicano alle obbligazioni di non fare; ogni fatto compiuto in violazione di queste costituisce di per sé inadempimento.

Art. 1223.
Risarcimento del danno.

Il risarcimento del danno per l’inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. I, sentenza 10 ottobre 2007, n. 21140, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 17 gennaio 2008, n. 867, Tribunale di Milano, sez. V civile, sentenza 4 marzo 2008, n. 2847, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 16 ottobre 2008, n. 25266, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 25 febbraio 2009, n. 4491, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 20 aprile 2009, n. 9344, Cassazione Civile, sez. II, sentenza 27 maggio 2009, n. 12354, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 13 luglio 2009, n. 16322, Tribunale di Roma, sez. XI, sentenza 13 luglio 2009, Tribunale di Rovereto, sentenza 18 ottobre 2009, Cassazione Civile, sez. III,sentenza 30 ottobre 2009, n. 23053, Cassazione Civile, sez. III,sentenza 4 gennaio 2010, n. 13 e Cassazione Civile, sez. II, sentenza 20 gennaio 2010, n. 920 in Altalex Massimario.

Art. 1224.
Danni nelle obbligazioni pecuniarie.

Nelle obbligazioni che hanno per oggetto una somma di danaro, sono dovuti dal giorno della mora gli interessi legali, anche se non erano dovuti precedentemente e anche se il creditore non prova di aver sofferto alcun danno. Se prima della mora erano dovuti interessi in misura superiore a quella legale, gli interessi moratori sono dovuti nella stessa misura.

Al creditore che dimostra di aver subito un danno maggiore spetta l’ulteriore risarcimento. Questo non è dovuto se è stata convenuta la misura degli interessi moratori.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 22 giugno 2007, n. 14573, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 24 ottobre 2007, n. 22317, Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 16 luglio 2008, n. 19499, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 19 gennaio 2009, n. 1166 e Cassazione Civile, sez. tributaria, sentenza 29 aprile 2009, n. 10018in Altalex Massimario.

Art. 1225.
Prevedibilità del danno.

Se l’inadempimento o il ritardo non dipende da dolo del debitore, il risarcimento è limitato al danno che poteva prevedersi nel tempo in cui è sorta l’obbligazione.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 15 maggio 2007, n. 11189 e Tribunale di Rovereto, sentenza 18 ottobre 2009 in Altalex Massimario.

Art. 1226.
Valutazione equitativa del danno.

Se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, è liquidato dal giudice con valutazione equitativa.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 18 aprile 2007, n. 9233, Corte d’Appello di Roma, sez. II, sentenza 8 novembre 2007, Tribunale di Roma, sez. XII, sentenza 3 giugno 2008, n. 11335, Tribunale di Chieti, sentenza 12 gennaio 2009, n. 21, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 2 aprile 2009, n. 8016, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 1° luglio 2009, n. 15405 e Cassazione Civile, sez. III, sentenza 28 agosto 2009, n. 18800 in Altalex Massimario.

Art. 1227.
Concorso del fatto colposo del creditore.

Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate.

Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 27 marzo 2007, n. 7403, Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 16 luglio 2007, n. 4025, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 18 gennaio 2008, n. 1068, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 2 aprile 2008, n. 8486, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 15 luglio 2008, n. 19427, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 28 maggio 2009, n. 12547, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 13 luglio 2009, n. 16322, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 22 settembre 2009, n. 20415, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 30 settembre 2009, n. 20949, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 9 novembre 2009, n. 23726, Cassazione Penale, sez. I, sentenza 18 novembre 2009, n. 44165, Cassazione Civile, sez. I, sentenza 5 maggio 2010, n. 10895 e Cassazione Civile, sez. III, sentenza 25 maggio 2010, n. 12714 in Altalex Massimario.

Art. 1228.
Responsabilità per fatto degli ausiliari.

Salva diversa volontà delle parti, il debitore che nell’adempimento dell’obbligazione si vale dell’opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 14 giugno 2007, n. 13953, Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 23 settembre 2008, n. 36502, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 7 luglio 2009, n. 15895 e Cassazione Civile, sez. III, sentenza 29 settembre 2009, n. 20825 in Altalex Massimario. Cfr. anche la formula “Atto di citazione per danni nei confronti di medico e struttura sanitaria“, tratta da FormularioCivile.it.

Art. 1229.
Clausole di esonero da responsabilità.

È nullo qualsiasi patto che esclude o limita preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o per colpa grave.

È nullo altresì qualsiasi patto preventivo di esonero o di limitazione di responsabilità per i casi in cui il fatto del debitore o dei suoi ausiliari costituisca violazione di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico.

Capo IV
Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dell’adempimento

Sezione I
Della novazione

Art. 1230.
Novazione oggettiva.

L’obbligazione si estingue quando le parti sostituiscono all’obbligazione originaria una nuova obbligazione con oggetto o titolo diverso.

La volontà di estinguere l’obbligazione precedente deve risultare in modo non equivoco.

Art. 1231.
Modalità che non importano novazione.

Il rilascio di un documento o la sua rinnovazione, l’apposizione o l’eliminazione di un termine e ogni altra modificazione accessoria dell’obbligazione non producono novazione.

Art. 1232.
Privilegi, pegno e ipoteche.

I privilegi, il pegno e le ipoteche, del credito originario si estinguono, se le parti non convengono espressamente di mantenerli per il nuovo credito.

Art. 1233.
Riserva delle garanzie nelle obbligazioni solidali.

Se la novazione si effettua tra il creditore e uno dei debitori in solido con effetto liberatorio per tutti, i privilegi, il pegno e le ipoteche del credito anteriore possono essere riservati soltanto sui beni del debitore che fa la novazione.

Art. 1234.
Inefficacia della novazione.

La novazione è senza effetto, se non esisteva l’obbligazione originaria.

Qualora l’obbligazione originaria derivi da un titolo annullabile, la novazione è valida se il debitore ha assunto validamente il nuovo debito conoscendo il vizio del titolo originario.

Art. 1235.
Novazione soggettiva.

Quando un nuovo debitore è sostituito a quello originario che viene liberato, si osservano le norme contenute nel capo VI di questo titolo.

Sezione II
Della remissione

Art. 1236.
Dichiarazione di remissione del debito.

La dichiarazione del creditore di rimettere il debito estingue l’obbligazione quando è comunicata al debitore, salvo che questi dichiari in un congruo termine di non volerne profittare.

Art. 1237.
Restituzione volontaria del titolo.

La restituzione volontaria del titolo originale del credito, fatta dal creditore al debitore, costituisce prova della liberazione anche rispetto ai condebitori in solido.

Se il titolo del credito è in forma pubblica, la consegna volontaria della copia spedita in forma esecutiva fa presumere la liberazione, salva la prova contraria.

Art. 1238.
Rinunzia alle garanzie.

La rinunzia alle garanzie dell’obbligazione non fa presumere la remissione del debito.

Art. 1239.
Fideiussori.

La remissione accordata al debitore principale libera i fideiussori.

La remissione accordata a uno dei fideiussori non libera gli altri che per la parte del fideiussore liberato. Tuttavia se gli altri fideiussori hanno consentito la liberazione, essi rimangono obbligati per l’intero.

Art. 1240.
Rinunzia a una garanzia verso corrispettivo.

Il creditore che ha rinunziato, verso corrispettivo, alla garanzia prestata da un terzo deve imputare al debito principale quanto ha ricevuto, a beneficio del debitore e di coloro che hanno prestato garanzia per l’adempimento dell’obbligazione.

Sezione III
Della compensazione

Art. 1241.
Estinzione per compensazione.

Quando due persone sono obbligate l’una verso l’altra, i due debiti si estinguono per le quantità corrispondenti, secondo le norme degli articoli che seguono.

Art. 1242.
Effetti della compensazione.

La compensazione estingue i due debiti dal giorno della loro coesistenza. Il giudice non può rilevarla d’ufficio.

La prescrizione non impedisce la compensazione, se non era compiuta quando si è verificata la coesistenza dei due debiti.

Art. 1243.
Compensazione legale e giudiziale.

La compensazione si verifica solo tra due debiti che hanno per oggetto una somma di danaro o una quantità di cose fungibili dello stesso genere e che sono ugualmente liquidi ed esigibili.

Se il debito opposto in compensazione non è liquido ma è di facile e pronta liquidazione, il giudice può dichiarare la compensazione per la parte del debito che riconosce esistente, e può anche sospendere la condanna per il credito liquido fino all’accertamento del credito opposto in compensazione.

Art. 1244.
Dilazione.

La dilazione concessa gratuitamente dal creditore non è di ostacolo alla compensazione.

Art. 1245.
Debiti non pagabili nello stesso luogo.

Quando i due debiti non sono pagabili nello stesso luogo, si devono computare le spese del trasporto al luogo del pagamento.

Art. 1246.
Casi in cui la compensazione non si verifica.

La compensazione si verifica qualunque sia il titolo dell’uno o dell’altro debito, eccettuati i casi:

1) di credito per la restituzione di cose di cui il proprietario sia stato ingiustamente spogliato;

2) di credito per la restituzione di cose depositate o date in comodato;

3) di credito dichiarato impignorabile;

4) di rinunzia alla compensazione fatta preventivamente dal debitore;

5) di divieto stabilito dalla legge.

Art. 1247.
Compensazione opposta da terzi garanti.

Il fideiussore può opporre in compensazione il debito che il creditore ha verso il debitore principale.

Lo stesso diritto spetta al terzo che ha costituito un’ipoteca o un pegno.

Art. 1248.
Inopponibilità della compensazione.

Il debitore, se ha accettato puramente e semplicemente la cessione che il creditore ha fatta delle sue ragioni a un terzo, non può opporre al cessionario la compensazione che avrebbe potuto opporre al cedente.

La cessione non accettata dal debitore, ma a questo notificata, impedisce la compensazione dei crediti sorti posteriormente alla notificazione.

Art. 1249.
Compensazione di più debiti.

Quando una persona ha verso un’altra più debiti compensabili, si osservano per la compensazione le disposizioni del secondo comma dell’articolo 1193.

Art. 1250.
Compensazione rispetto ai terzi.

La compensazione non si verifica in pregiudizio dei terzi che hanno acquistato diritti di usufrutto o di pegno su uno dei crediti.

Art. 1251.
Garanzie annesse al credito.

Chi ha pagato un debito mentre poteva invocare la compensazione non può più valersi, in pregiudizio dei terzi, dei privilegi e delle garanzie a favore del suo credito, salvo che abbia ignorato l’esistenza di questo per giusti motivi.

Art. 1252.
Compensazione volontaria.

Per volontà delle parti può aver luogo compensazione anche se non ricorrono le condizioni previste dagli articoli precedenti.

Le parti possono anche stabilire preventivamente le condizioni di tale compensazione.

Sezione IV
Della confusione

Art. 1253.
Effetti della confusione.

Quando le qualità di creditore e di debitore si riuniscono nella stessa persona, l’obbligazione si estingue, e i terzi che hanno prestato garanzia per il debitore sono liberati.

Art. 1254.
Confusione rispetto ai terzi.

La confusione non opera in pregiudizio dei terzi che hanno acquistato diritti di usufrutto o di pegno sul credito.

Art. 1255.
Riunione delle qualità di fideiussore e di debitore.

Se nella medesima persona si riuniscono le qualità di fideiussore e di debitore principale, la fideiussione resta in vita, purché il creditore vi abbia interesse.

Sezione V
Dell’impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile al debitore

Art. 1256.
Impossibilità definitiva e impossibilità temporanea.

L’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile.

Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore, finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento. Tuttavia l’obbligazione si estingue se l’impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla.

Art. 1257.
Smarrimento di cosa determinata.

La prestazione che ha per oggetto una cosa determinata si considera divenuta impossibile anche quando la cosa è smarrita senza che possa esserne provato il perimento.

In caso di successivo ritrovamento della cosa, si applicano le disposizioni del secondo comma dell’articolo precedente.

Art. 1258.
Impossibilità parziale.

Se la prestazione è divenuta impossibile solo in parte, il debitore si libera dall’obbligazione eseguendo la prestazione per la parte che è rimasta possibile.

La stessa disposizione si applica quando, essendo dovuta una cosa determinata, questa ha subìto un deterioramento, o quando residua alcunché dal perimento totale della cosa.

Art. 1259.
Subingresso del creditore nei diritti del debitore.

Se la prestazione che ha per oggetto una cosa determinata è divenuta impossibile, in tutto o in parte, il creditore subentra nei diritti spettanti al debitore in dipendenza del fatto che ha causato l’impossibilità, e può esigere dal debitore la prestazione di quanto questi abbia conseguito a titolo di risarcimento.

Capo V
Della cessione dei crediti

Art. 1260.
Cedibilità dei crediti.

Il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito, anche senza il consenso del debitore, purché il credito non abbia carattere strettamente personale o il trasferimento non sia vietato dalla legge.

Le parti possono escludere la cedibilità del credito; ma il patto non è opponibile al cessionario, se non si prova che egli lo conosceva al tempo della cessione.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. I, sentenza 1 febbraio 2007, n. 2209 e Tribunale di Vibo Valentia, sezione civile, ordinanza 25 marzo 2010in Altalex Massimario.

Art. 1261.
Divieti di cessione.

I magistrati dell’ordine giudiziario, i funzionari delle cancellerie e segreterie giudiziarie, gli ufficiali giudiziari, gli avvocati, i procuratori, i patrocinatori e i notai non possono, neppure per interposta persona, rendersi cessionari di diritti sui quali è sorta contestazione davanti l’autorità giudiziaria di cui fanno parte o nella cui giurisdizione esercitano le loro funzioni, sotto pena di nullità e dei danni.

La disposizione del comma precedente non si applica alle cessioni di azioni ereditarie tra coeredi, né a quelle fatte in pagamento di debiti o per difesa di beni posseduti dal cessionario.

Art. 1262.
Documenti probatori del credito.

Il cedente deve consegnare al cessionario i documenti probatori del credito che sono in suo possesso.

Se è stata ceduta solo una parte del credito, il cedente è tenuto a dare al cessionario una copia autentica dei documenti.

Art. 1263.
Accessori del credito.

Per effetto della cessione, il credito è trasferito al cessionario con i privilegi, con le garanzie personali e reali e con gli altri accessori.

Il cedente non può trasferire al cessionario, senza il consenso del costituente, il possesso della cosa ricevuta in pegno; in caso di dissenso, il cedente rimane custode del pegno.

Salvo patto contrario, la cessione non comprende i frutti scaduti.

Art. 1264.
Efficacia della cessione riguardo al debitore ceduto.

La cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto quando questi l’ha accettata o quando gli è stata notificata.

Tuttavia, anche prima della notificazione, il debitore che paga al cedente non è liberato, se il cessionario prova che il debitore medesimo era a conoscenza dell’avvenuta cessione.

Art. 1265.
Efficacia della cessione riguardo ai terzi.

Se il medesimo credito ha formato oggetto di più cessioni a persone diverse, prevale la cessione notificata per prima al debitore, o quella che è stata prima accettata dal debitore con atto di data certa, ancorché essa sia di data posteriore.

La stessa norma si osserva quando il credito ha formato oggetto di costituzione di usufrutto o di pegno.

Art. 1266.
Obbligo di garanzia del cedente.

Quando la cessione è a titolo oneroso, il cedente è tenuto a garantire l’esistenza del credito al tempo della cessione. La garanzia può essere esclusa per patto, ma il cedente resta sempre obbligato per il fatto proprio.

Se la cessione è a titolo gratuito, la garanzia è dovuta solo nei casi e nei limiti in cui la legge pone a carico del donante la garanzia per l’evizione.

Art. 1267.
Garanzia della solvenza del debitore.

Il cedente non risponde della solvenza del debitore, salvo che ne abbia assunto la garanzia. In questo caso egli risponde nei limiti di quanto ha ricevuto; deve inoltre corrispondere gli interessi, rimborsare le spese della cessione e quelle che il cessionario abbia sopportate per escutere il debitore e risarcire il danno. Ogni patto diretto ad aggravare la responsabilità del cedente è senza effetto.

Quando il cedente ha garantito la solvenza del debitore, la garanzia cessa, se la mancata realizzazione del credito per insolvenza del debitore è dipesa da negligenza del cessionario nell’iniziare o nel proseguire le istanze contro il debitore stesso.

Capo VI
Della delegazione, dell’espromissione e dell’accollo

Art. 1268.
Delegazione cumulativa.

Se il debitore assegna al creditore un nuovo debitore, il quale si obbliga verso il creditore, il debitore originario non è liberato dalla sua obbligazione, salvo che il creditore dichiari espressamente di liberarlo.

Tuttavia il creditore che ha accettato l’obbligazione del terzo non può rivolgersi al delegante, se prima non ha richiesto al delegato l’adempimento.

Art. 1269.
Delegazione di pagamento.

Se il debitore per eseguire il pagamento ha delegato un terzo, questi può obbligarsi verso il creditore, salvo che il debitore l’abbia vietato.

Il terzo delegato per eseguire il pagamento non è tenuto ad accettare l’incarico, ancorché sia debitore del delegante. Sono salvi gli usi diversi.

Art. 1270.
Estinzione della delegazione.

Il delegante può revocare la delegazione, fino a quando il delegato non abbia assunto l’obbligazione in confronto del delegatario o non abbia eseguito il pagamento a favore di questo.

Il delegato può assumere l’obbligazione o eseguire il pagamento a favore del delegatario anche dopo la morte o la sopravvenuta incapacità del delegante.

Art. 1271.
Eccezioni opponibili dal delegato.

Il delegato può opporre al delegatario le eccezioni relative ai suoi rapporti con questo.

Se le parti non hanno diversamente pattuito, il delegato non può opporre al delegatario, benché questi ne fosse stato a conoscenza, le eccezioni che avrebbe potuto opporre al delegante, salvo che sia nullo il rapporto tra delegante e delegatario.

Il delegato non può neppure opporre le eccezioni relative al rapporto tra il delegante e il delegatario, se ad esso le parti non hanno fatto espresso riferimento.

Art. 1272.
Espromissione.

Il terzo che, senza delegazione del debitore, ne assume verso il creditore il debito, è obbligato in solido col debitore originario, se il creditore non dichiara espressamente di liberare quest’ultimo.

Se non si è convenuto diversamente, il terzo non può opporre al creditore le eccezioni relative ai suoi rapporti col debitore originario.

Può opporgli invece le eccezioni che al creditore avrebbe potuto opporre il debitore originario, se non sono personali a quest’ultimo e non derivano da fatti successivi all’espromissione. Non può opporgli la compensazione che avrebbe potuto opporre il debitore originario, quantunque si sia verificata prima dell’espromissione.

Art. 1273.
Accollo.

Se il debitore e un terzo convengono che questi assuma il debito dell’altro, il creditore può aderire alla convenzione, rendendo irrevocabile la stipulazione a suo favore.

L’adesione del creditore importa liberazione del debitore originario solo se ciò costituisce condizione espressa della stipulazione o se il creditore dichiara espressamente di liberarlo.

Se non vi è liberazione del debitore, questi rimane obbligato in solido col terzo.

In ogni caso il terzo è obbligato verso il creditore che ha aderito alla stipulazione nei limiti in cui ha assunto il debito, e può opporre al creditore le eccezioni fondate sul contratto in base al quale l’assunzione è avvenuta.

Art. 1274.
Insolvenza del nuovo debitore.

Il creditore che, in seguito a delegazione, ha liberato il debitore originario, non ha azione contro di lui se il delegato diviene insolvente, salvo che ne abbia fatto espressa riserva.

Tuttavia, se il delegato era insolvente al tempo in cui assunse il debito in confronto del creditore, il debitore originario non è liberato.

Le medesime disposizioni si osservano quando il creditore ha aderito all’accollo stipulato a suo favore e la liberazione del debitore originario era condizione espressa della stipulazione.

Art. 1275.
Estinzione delle garanzie.

In tutti i casi nei quali il creditore libera il debitore originario, si estinguono le garanzie annesse al credito, se colui che le ha prestate non consente espressamente a mantenerle.

Art. 1276.
Invalidità della nuova obbligazione.

Se l’obbligazione assunta dal nuovo debitore verso il creditore è dichiarata nulla o annullata, e il creditore aveva liberato il debitore originario, l’obbligazione di questo rivive, ma il creditore non può valersi delle garanzie prestate da terzi.

Capo VII
Di alcune specie di obbligazioni

Sezione I
Delle obbligazioni pecuniarie

Art. 1277.
Debito di somma di danaro.

I debiti pecuniari si estinguono con moneta avente corso legale nello Stato al tempo del pagamento e per il suo valore nominale.

Se la somma dovuta era determinata in una moneta che non ha più corso legale al tempo del pagamento, questo deve farsi in moneta legale ragguagliata per valore alla prima.

Art. 1278.
Debito di somma di monete non aventi corso legale.

Se la somma dovuta è determinata in una moneta non avente corso legale nello Stato, il debitore ha facoltà di pagare in moneta legale, al corso del cambio nel giorno della scadenza e nel luogo stabilito per il pagamento.

Art. 1279.
Clausola di pagamento effettivo in monete non aventi corso legale.

La disposizione dell’articolo precedente non si applica, se la moneta non avente corso legale nello Stato è indicata con la clausola «effettivo» o altra equivalente, salvo che alla scadenza dell’obbligazione non sia possibile procurarsi tale moneta.

Art. 1280.
Debito di specie monetaria avente valore intrinseco.

Il pagamento deve farsi con una specie di moneta avente valore intrinseco, se così è stabilito dal titolo costitutivo del debito, sempreché la moneta avesse corso legale al tempo in cui l’obbligazione fu assunta.

Se però la moneta non è reperibile, o non ha più corso, o ne è alterato il valore intrinseco, il pagamento si effettua con moneta corrente che rappresenti il valore intrinseco che la specie monetaria dovuta aveva al tempo in cui l’obbligazione fu assunta.

Art. 1281.
Leggi speciali.

Le norme che precedono si osservano in quanto non siano in contrasto con i principi derivanti da leggi speciali.

Sono salve le disposizioni particolari concernenti i pagamenti da farsi fuori del territorio dello Stato.

Art. 1282.
Interessi nelle obbligazioni pecuniarie.

I crediti liquidi ed esigibili di somme di danaro producono interessi di pieno diritto, salvo che la legge o il titolo stabiliscano diversamente.

Salvo patto contrario, i crediti per fitti e pigioni non producono interessi se non dalla costituzione in mora.

Se il credito ha per oggetto rimborso di spese fatte per cose da restituire, non decorrono interessi per il periodo di tempo in cui chi ha fatto le spese abbia goduto della cosa senza corrispettivo e senza essere tenuto a render conto del godimento.

Art. 1283.
Anatocismo.

In mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. I, sentenza 10 ottobre 2007, n. 21141, Corte d’Appello di Roma, sez. II, sentenza 8 novembre 2007 e Cassazione Civile, sez. I, sentenza 8 maggio 2008, n. 11466 in Altalex Massimario.

Art. 1284. (1)
Saggio degli interessi.

Il saggio degli interessi legali è determinato in misura pari al 2,5 per cento in ragione d’anno. Il Ministro del tesoro, con proprio decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana non oltre il 15 dicembre dell’anno precedente a quello cui il saggio si riferisce, può modificarne annualmente la misura, sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a 12 mesi e tenuto conto del tasso di inflazione registrato nell’anno. Qualora entro il 15 dicembre non sia fissata una nuova misura del saggio, questo rimane invariato per l’anno successivo.
Allo stesso saggio si computano gli interessi convenzionali, se le parti non ne hanno determinato la misura.
Gli interessi superiori alla misura legale devono essere determinati per iscritto; altrimenti sono dovuti nella misura legale.
Se le parti non ne hanno determinato la misura, dal momento in cui è proposta domanda giudiziale il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. (2)
La disposizione del quarto comma si applica anche all’atto con cui si promuove il procedimento arbitrale. (2)

(1) Vedi D.M. 11 dicembre 2014 che stabilisce la misura del saggio degli interessi legali all’0,5% in ragione d’anno, con decorrenza dal 1° gennaio 2015.
(2) Comma aggiunto dall’art. 17, comma 1, D.L. 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla L. 10 novembre 2014, n. 162; per gli effetti di tale disposizione, vedi l’art. 17, comma 2 del suddetto D.L. 132/2014.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. I, sentenza 8 maggio 2008, n. 11466 in Altalex Massimario.

Sezione II
Delle obbligazioni alternative

Art. 1285.
Obbligazione alternativa.

Il debitore di un’obbligazione alternativa si libera eseguendo una delle due prestazioni dedotte in obbligazione, ma non può costringere il creditore a ricevere parte dell’una e parte dell’altra.

Art. 1286.
Facoltà di scelta.

La scelta spetta al debitore se non è stata attribuita al creditore o ad un terzo.

La scelta diviene irrevocabile con l’esecuzione di una delle due prestazioni, ovvero con la dichiarazione di scelta, comunicata all’altra parte, o ad entrambe se la scelta è fatta da un terzo.

Se la scelta deve essere fatta da più persone, il giudice può fissare loro un termine. Se la scelta non è fatta nel termine stabilito, essa è fatta dal giudice.

Art. 1287.
Decadenza dalla facoltà di scelta.

Quando il debitore, condannato alternativamente a due prestazioni, non ne esegue alcuna nel termine assegnatogli dal giudice, la scelta spetta al creditore.

Se la facoltà di scelta spetta al creditore e questi non l’esercita nel termine stabilito o in quello fissatogli dal debitore, la scelta passa a quest’ultimo.

Se la scelta è rimessa a un terzo e questi non la fa nel termine assegnatogli, essa è fatta dal giudice.

Art. 1288.
Impossibilità di una delle prestazioni.

L’obbligazione alternativa si considera semplice, se una delle due prestazioni non poteva formare oggetto di obbligazione o se è divenuta impossibile per causa non imputabile ad alcuna delle parti.

Art. 1289.
Impossibilità colposa di una delle prestazioni.

Quando la scelta spetta al debitore, l’obbligazione alternativa diviene semplice, se una delle due prestazioni diventa impossibile anche per causa a lui imputabile. Se una delle due prestazioni diviene impossibile per colpa del creditore, il debitore, è liberato dall’obbligazione, qualora non preferisca eseguire l’altra prestazione e chiedere il risarcimento dei danni.

Quando la scelta spetta al creditore, il debitore è liberato dall’obbligazione, se una delle due prestazioni diviene impossibile per colpa del creditore, salvo che questi preferisca esigere l’altra prestazione e risarcire il danno. Se dell’impossibilità deve rispondere il debitore, il creditore può scegliere l’altra prestazione o esigere il risarcimento del danno.

Art. 1290.
Impossibilità sopravvenuta di entrambe le prestazioni.

Qualora entrambe le prestazioni siano divenute impossibili e il debitore debba rispondere riguardo a una di esse, egli deve pagare l’equivalente di quella che è divenuta impossibile per l’ultima, se la scelta spettava a lui. Se la scelta spettava al creditore, questi può domandare l’equivalente dell’una o dell’altra.

Art. 1291.
Obbligazione con alternativa multipla.

Le regole stabilite in questa sezione si osservano anche quando le prestazioni dedotte in obbligazione sono più di due.

Sezione III
Delle obbligazioni in solido

Art. 1292.
Nozione della solidarietà.

L’obbligazione è in solido quando più debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione, in modo che ciascuno può essere costretto all’adempimento per la totalità e l’adempimento da parte di uno libera gli altri; oppure quando tra più creditori ciascuno ha diritto di chiedere l’adempimento dell’intera obbligazione e l’adempimento conseguito da uno di essi libera il debitore verso tutti i creditori.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 4 giugno 2008, n. 14813 in Altalex Massimario.

Art. 1293.
Modalità varie dei singoli rapporti.

La solidarietà non è esclusa dal fatto che i singoli debitori siano tenuti ciascuno con modalità diverse, o il debitore comune sia tenuto con modalità diverse di fronte ai singoli creditori.

Art. 1294.
Solidarietà tra condebitori.

I condebitori sono tenuti in solido, se dalla legge o dal titolo non risulta diversamente.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 21 luglio 2009, n. 16920 in Altalex Massimario.

Art. 1295.
Divisibilità tra gli eredi.

Salvo patto contrario, l’obbligazione si divide tra gli eredi di uno dei condebitori o di uno dei creditori in solido, in proporzione delle rispettive quote.

Art. 1296.
Scelta del creditore per il pagamento.

Il debitore ha la scelta di pagare all’uno o all’altro dei creditori in solido, quando non è stato prevenuto da uno di essi con domanda giudiziale.

Art. 1297.
Eccezioni personali.

Uno dei debitori in solido non può opporre al creditore le eccezioni personali agli altri debitori.

A uno dei creditori in solido il debitore non può opporre le eccezioni personali agli altri creditori.

Art. 1298.
Rapporti interni tra debitori o creditori solidali.

Nei rapporti interni l’obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori o tra i diversi creditori, salvo che sia stata contratta nell’interesse esclusivo di alcuno di essi.

Le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 11 giugno 2008, n. 15484 in Altalex Massimario.

Art. 1299.
Regresso tra condebitori.

Il debitore in solido che ha pagato l’intero debito può ripetere dai condebitori soltanto la parte di ciascuno di essi.

Se uno di questi è insolvente, la perdita si ripartisce per contributo tra gli altri condebitori, compreso quello che ha fatto il pagamento.

La stessa norma si applica qualora sia insolvente il condebitore nel cui esclusivo interesse l’obbligazione era stata assunta.

Art. 1300.
Novazione.

La novazione tra il creditore e uno dei debitori in solido libera gli altri debitori. Qualora però si sia voluto limitare la novazione a uno solo dei debitori, gli altri non sono liberati che per la parte di quest’ultimo.

Se convenuta tra uno dei creditori in solido e il debitore, la novazione ha effetto verso gli altri creditori solo per la parte del primo.

Art. 1301.
Remissione.

La remissione a favore di uno dei debitori in solido libera anche gli altri debitori, salvo che il creditore abbia riservato il suo diritto verso gli altri, nel qual caso il creditore non può esigere il credito da questi, se non detratta la parte del debitore a favore del quale ha consentito la remissione.

Se la remissione è fatta da uno dei creditori in solido, essa libera il debitore verso gli altri creditori solo per la parte spettante al primo.

Art. 1302.
Compensazione.

Ciascuno dei debitori in solido può opporre in compensazione il credito di un condebitore solo fino alla concorrenza della parte di quest’ultimo.

A uno dei creditori in solido il debitore può opporre in compensazione ciò che gli è dovuto da un altro dei creditori, ma solo per la parte di questo.

Art. 1303.
Confusione.

Se nella medesima persona si riuniscono le qualità di creditore e di debitore in solido, l’obbligazione degli altri debitori si estingue per la parte di quel condebitore.

Se nella medesima persona si riuniscono le qualità di debitore e di creditore in solido, l’obbligazione si estingue per la parte di questo.

Art. 1304.
Transazione.

La transazione fatta dal creditore con uno dei debitori in solido non produce effetto nei confronti degli altri, se questi non dichiarano di volerne profittare.

Parimenti, se è intervenuta tra uno dei creditori in solido e il debitore, la transazione non ha effetto nei confronti degli altri creditori, se questi non dichiarano di volerne profittare.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 30 ottobre 2009, n. 23061in Altalex Massimario.

Art. 1305.
Giuramento.

Il giuramento sul debito e non sul vincolo solidale, deferito da uno dei debitori in solido al creditore o da uno dei creditori in solido al debitore, ovvero dal creditore a uno dei debitori in solido o dal debitore a uno dei creditori in solido produce gli effetti seguenti:

il giuramento ricusato dal creditore o dal debitore, ovvero prestato dal condebitore o dal concreditore in solido, giova agli altri condebitori o concreditori;

il giuramento prestato dal creditore o dal debitore, ovvero ricusato dal condebitore o dal concreditore in solido, nuoce solo a chi lo ha deferito o a colui al quale è stato deferito.

Art. 1306.
Sentenza.

La sentenza pronunziata tra il creditore e uno dei debitori in solido, o tra il debitore e uno dei creditori in solido, non ha effetto contro gli altri debitori o contro gli altri creditori.

Gli altri debitori possono opporla al creditore, salvo che sia fondata sopra ragioni personali al condebitore; gli altri creditori possono farla valere contro il debitore, salve le eccezioni personali che questi può opporre a ciascuno di essi.

Art. 1307.
Inadempimento.

Se l’adempimento dell’obbligazione è divenuto impossibile per causa imputabile a uno o più condebitori, gli altri condebitori non sono liberati dall’obbligo solidale di corrispondere il valore della prestazione dovuta. Il creditore può chiedere il risarcimento del danno ulteriore al condebitore o a ciascuno dei condebitori inadempienti.

Art. 1308.
Costituzione in mora.

La costituzione in mora di uno dei debitori in solido non ha effetto riguardo agli altri, salvo il disposto dell’articolo 1310.

La costituzione in mora del debitore da parte di uno dei creditori in solido giova agli altri.

Art. 1309.
Riconoscimento del debito.

Il riconoscimento del debito fatto da uno dei debitori in solido non ha effetto riguardo agli altri; se è fatto dal debitore nei confronti di uno dei creditori in solido, giova agli altri.

Art. 1310.
Prescrizione.

Gli atti con i quali il creditore interrompe la prescrizione contro uno dei debitori in solido, oppure uno dei creditori in solido interrompe la prescrizione contro il comune debitore, hanno effetto riguardo agli altri debitori o agli altri creditori.

La sospensione della prescrizione nei rapporti di uno dei debitori o di uno dei creditori in solido non ha effetto riguardo agli altri. Tuttavia il debitore che sia stato costretto a pagare ha regresso contro i condebitori liberati in conseguenza della prescrizione.

La rinunzia alla prescrizione fatta da uno dei debitori in solido non ha effetto riguardo agli altri; fatta in confronto di uno dei creditori in solido, giova agli altri. Il condebitore che ha rinunziato alla prescrizione non ha regresso verso gli altri debitori liberati in conseguenza della prescrizione medesima.

Art. 1311.
Rinunzia alla solidarietà.

Il creditore che rinunzia alla solidarietà a favore di uno dei debitori conserva l’azione in solido contro gli altri.

Rinunzia alla solidarietà:

1) il creditore che rilascia a uno dei debitori quietanza per la parte di lui senza alcuna riserva;

2) il creditore che ha agito giudizialmente contro uno dei debitori per la parte di lui, se questi ha aderito alla domanda, o se è stata pronunciata una sentenza di condanna.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 20 giugno 2008, n. 16810 in Altalex Massimario.

Art. 1312.
Pagamento separato dei frutti o degli interessi.

Il creditore che riceve, separatamente e senza riserva, la parte dei frutti o degli interessi che è a carico di uno dei debitori perde contro di lui l’azione in solido per i frutti o per gli interessi scaduti, ma la conserva per quelli futuri.

Art. 1313.
Insolvenza di un condebitore in caso di rinunzia alla solidarietà.

Nel caso di rinunzia del creditore alla solidarietà verso alcuno dei debitori, se uno degli altri è insolvente, la sua parte di debito è ripartita per contributo tra tutti i condebitori, compreso quello che era stato liberato dalla solidarietà.

Sezione IV
Delle obbligazioni divisibili e indivisibili

Art. 1314.
Obbligazioni divisibili.

Se più sono i debitori o i creditori di una prestazione divisibile e l’obbligazione non è solidale, ciascuno dei creditori non può domandare il soddisfacimento del credito che per la sua parte, e ciascuno dei debitori non è tenuto a pagare il debito che per la sua parte.

Art. 1315.
Limiti alla divisibilità tra gli eredi del debitore.

Il beneficio della divisione non può essere opposto da quello tra gli eredi del debitore, che è stato incaricato di eseguire la prestazione o che è in possesso della cosa dovuta, se questa è certa e determinata.

Art. 1316.
Obbligazioni indivisibili.

L’obbligazione è indivisibile, quando la prestazione ha per oggetto una cosa o un fatto che non è suscettibile di divisione per sua natura o per il modo in cui è stato considerato dalle parti contraenti.

Art. 1317.
Disciplina delle obbligazioni indivisibili.

Le obbligazioni indivisibili sono regolate dalle norme relative alle obbligazioni solidali, in quanto applicabili, salvo quanto è disposto dagli articoli seguenti.

Art. 1318.
Indivisibilità nei confronti con gli eredi.

L’indivisibilità opera anche nei confronti degli eredi del debitore o di quelli del creditore.

Art. 1319.
Diritto di esigere l’intero.

Ciascuno dei creditori può esigere l’esecuzione dell’intera prestazione indivisibile. Tuttavia l’erede del creditore, che agisce per il soddisfacimento dell’intero credito, deve dare cauzione a garanzia dei coeredi.

Art. 1320.
Estinzione parziale.

Se uno dei creditori ha fatto remissione del debito o ha consentito a ricevere un’altra prestazione in luogo di quella dovuta, il debitore non è liberato verso gli altri creditori. Questi tuttavia non possono domandare la prestazione indivisibile se non addebitandosi ovvero rimborsando il valore della parte di colui che ha fatto la remissione o che ha ricevuto la prestazione diversa.

La medesima disposizione si applica in caso di transazione, novazione, compensazione e confusione.

Titolo II
Dei contratti in generale

Capo I

Disposizioni preliminari

Art. 1321.
Nozione.

Il contratto è l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale.

Art. 1322.
Autonomia contrattuale.

Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge.

Le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. I, sentenza 11 febbraio 2008, n. 3179, Cassazione Civile, sez. II, sentenza 21 febbraio 2008, n. 4446, Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 27 marzo 2008, n. 7930 e Cassazione Civile, sez. I, sentenza 22 settembre 2008, n. 23949 in Altalex Massimario.

Art. 1323.
Norme regolatrici dei contratti.

Tutti i contratti ancorché non appartengano ai tipi che hanno una disciplina particolare , sono sottoposti alle norme generali contenute in questo titolo.

Art. 1324.
Norme applicabili agli atti unilaterali.

Salvo diverse disposizioni di legge, le norme che regolano i contratti si osservano, in quanto compatibili, per gli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 28 giugno 2009, n. 14864 in Altalex Massimario.

Capo II

Dei requisiti del contratto

Art. 1325.
Indicazione dei requisiti.

I requisiti del contratto sono:

1) l’accordo delle parti;

2) la causa;

3) l’oggetto;

4) la forma, quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità.

Sezione I

Dell’accordo delle parti

Art. 1326.
Conclusione del contratto.

Il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell’accettazione dell’altra parte.

L’accettazione deve giungere al proponente nel termine da lui stabilito o in quello ordinariamente necessario secondo la natura dell’affare o secondo gli usi.

Il proponente può ritenere efficace l’accettazione tardiva, purché ne dia immediatamente avviso all’altra parte.

Qualora il proponente richieda per l’accettazione una forma determinata, l’accettazione non ha effetto se è data in forma diversa.

Un’accettazione non conforme alla proposta equivale a nuova proposta.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 19 maggio 2008, n. 12631 e Cassazione Civile, sez. III, sentenza 22 giugno 2009, n. 14545 in Altalex Massimario.

Art. 1327.
Esecuzione prima della risposta dell’accettante.

Qualora, su richiesta del proponente o per la natura dell’affare o secondo gli usi, la prestazione debba eseguirsi senza una preventiva risposta, il contratto è concluso nel tempo e nel luogo in cui ha avuto inizio l’esecuzione.

L’accettante deve dare prontamente avviso all’altra parte della iniziata esecuzione e, in mancanza, è tenuto al risarcimento del danno.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 28 febbraio 2007, n. 4634in Altalex Massimario.

Art. 1328.
Revoca della proposta e dell’accettazione.

La proposta può essere revocata finché il contratto non sia concluso. Tuttavia, se l’accettante ne ha intrapreso in buona fede l’esecuzione prima di avere notizia della revoca, il proponente è tenuto a indennizzarlo delle spese e delle perdite subìte per l’iniziata esecuzione del contratto.

L’accettazione può essere revocata, purché la revoca giunga a conoscenza del proponente prima dell’accettazione.

Art. 1329.
Proposta irrevocabile.

Se il proponente si è obbligato a mantenere ferma la proposta per un certo tempo , la revoca è senza effetto.

Nell’ipotesi prevista dal comma precedente, la morte o la sopravvenuta incapacità del proponente non toglie efficacia alla proposta, salvo che la natura dell’affare o altre circostanze escludano tale efficacia.

Art. 1330.
Morte o incapacità dell’imprenditore.

La proposta o l’accettazione, quando è fatta dall’imprenditore nell’esercizio della sua impresa , non perde efficacia se l’imprenditore muore o diviene incapace prima della conclusione del contratto , salvo che si tratti di piccoli imprenditori o che diversamente risulti dalla natura dell’affare o da altre circostanze.

Art. 1331.
Opzione.

Quando le parti convengono che una di esse rimanga vincolata alla propria dichiarazione e l’altra abbia facoltà di accettarla o meno, la dichiarazione della prima si considera quale proposta irrevocabile per gli effetti previsti dall’articolo 1329.

Se per l’accettazione non è stato fissato un termine, questo può essere stabilito dal giudice.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. II, ordinanza 2 febbraio 2009, n. 2568 e Tribunale di Bari, sez. II civile, sentenza 30 giugno 2009, n. 2218 in Altalex Massimario.

Art. 1332.
Adesione di altre parti al contratto.

Se ad un contratto possono aderire altre parti e non sono determinate le modalità dell’adesione, questa deve essere diretta all’organo che sia stato costituito per l’attuazione del contratto o, in mancanza di esso a tutti i contraenti originari.

Art. 1333.
Contratto con obbligazioni del solo proponente.

La proposta diretta a concludere un contratto da cui derivino obbligazioni solo per il proponente è irrevocabile appena giunge a conoscenza della parte alla quale è destinata.

Il destinatario può rifiutare la proposta nel termine richiesto dalla natura dell’affare o dagli usi. In mancanza di tale rifiuto il contratto è concluso.

Art. 1334.
Efficacia degli atti unilaterali.

Gli atti unilaterali producono effetto dal momento in cui pervengono a conoscenza della persona alla quale sono destinati.

Art. 1335.
Presunzione di conoscenza.

La proposta, l’accettazione , la loro revoca e ogni altra dichiarazione diretta a una determinata persona si reputano conosciute nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario , se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 24 luglio 2007, n. 16327 in Altalex Massimario.

Art. 1336.
Offerta al pubblico.

L’offerta al pubblico, quando contiene gli estremi essenziali del contratto alla cui conclusione è diretta, vale come proposta , salvo che risulti diversamente dalle circostanze o dagli usi.

La revoca dell’offerta, se è fatta nella stessa forma dell’offerta o in forma equipollente , è efficace anche in confronto di chi non ne ha avuto notizia.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 22 giugno 2009, n. 14545 in Altalex Massimario.

Art. 1337.
Trattative e responsabilità precontrattuale.

Le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede.

_______________

Cfr. Tribunale di Lecco, sentenza 14 giugno 2007, n. 657, Tar Lazio-Roma, sez. III, sentenza 10 settembre 2007, n. 8761, Tribunale di Bolzano, sez. II civile, sentenza 20 ottobre 2007, n. 1305, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 8 ottobre 2008, n. 24791 e Cassazione Civile, sez. III, sentenza 8 ottobre 2008, n. 24795 in Altalex Massimario.

Art. 1338.
Conoscenza delle cause d’invalidità.

La parte che, conoscendo o dovendo conoscere l’esistenza di una causa di invalidità del contratto , non ne ha dato notizia all’altra parte è tenuta a risarcire il danno da questa risentito per avere confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto.

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Cfr. Tar Lazio-Roma, sez. III, sentenza 10 settembre 2007, n. 8761in Altalex Massimario.

Art. 1339.
Inserzione automatica di clausole.

Le clausole, i prezzi di beni o di servizi, imposti dalla legge, sono di diritto inseriti nel contratto, anche in sostituzione delle clausole difformi apposte dalle parti.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 5 giugno 2009, n. 12996 in Altalex Massimario.

Art. 1340.
Clausole d’uso.

Le clausole d’uso s’intendono inserite nel contratto, se non risulta che non sono state volute dalle parti.

Art. 1341.
Condizioni generali di contratto.

Le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei confronti dell’altro, se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l’ordinaria diligenza.

In ogni caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità , facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze , limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi , tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 27 gennaio 2009, n. 1957, Tribunale di Piacenza, sentenza 21 settembre 2009, n. 599 e Cassazione Civile, sez. III, sentenza 13 maggio 2010, n. 11594 in Altalex Massimario.

Art. 1342.
Contratto concluso mediante moduli o formulari.

Nei contratti conclusi mediante la sottoscrizione di moduli o formulari , predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, le clausole aggiunte al modulo o al formulario prevalgono su quelle del modulo o del formulario qualora siano incompatibili con esse, anche se queste ultime non sono state cancellate.

Si osserva inoltre la disposizione del secondo comma dell’articolo precedente.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 11 maggio 2010, n. 11361 in Altalex Massimario.

Sezione II

Della causa del contratto

Art. 1343.
Causa illecita.

La causa è illecita quando è contraria a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume.

Art. 1344.
Contratto in frode alla legge.

Si reputa altresì illecita la causa quando il contratto costituisce il mezzo per eludere l’applicazione di una norma imperativa.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 20 marzo 2008, n. 7485 in Altalex Massimario.

Art. 1345.
Motivo illecito.

Il contratto è illecito quando le parti si sono determinate a concluderlo esclusivamente per un motivo illecito comune ad entrambe.

Sezione III

Dell’oggetto del contratto

Art. 1346.
Requisiti.

L’oggetto del contratto deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 16 aprile 2007, n. 9088 in Altalex Massimario.

Art. 1347.
Possibilità sopravvenuta dell’oggetto.

Il contratto sottoposto a condizione sospensiva o a termine è valido, se la prestazione inizialmente impossibile diviene possibile prima dell’avveramento della condizione o della scadenza del termine.

Art. 1348.
Cose future.

La prestazione di cose future può essere dedotta in contratto , salvi i particolari divieti della legge.

Art. 1349.
Determinazione dell’oggetto.

Se la determinazione della prestazione dedotta in contratto è deferita a un terzo e non risulta che le parti vollero rimettersi al suo mero arbitrio, il terzo deve procedere con equo apprezzamento. Se manca la determinazione del terzo o se questa è manifestamente iniqua o erronea, la determinazione è fatta dal giudice.

La determinazione rimessa al mero arbitrio del terzo non si può impugnare se non provando la sua mala fede. Se manca la determinazione del terzo e le parti non si accordano per sostituirlo, il contratto è nullo.

Nel determinare la prestazione il terzo deve tener conto anche delle condizioni generali della produzione a cui il contratto eventualmente abbia riferimento.

Sezione IV

Della forma del contratto

Art. 1350.
Atti che devono farsi per iscritto.

Devono farsi per atto pubblico o per scrittura privata, sotto pena di nullità:

1) i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili;

2) i contratti che costituiscono, modificano o trasferiscono il diritto di usufrutto su beni immobili, il diritto di superficie , il diritto del concedente e dell’enfiteuta;

3) i contratti che costituiscono la comunione di diritti indicati dai numeri precedenti;

4) i contratti che costituiscono o modificano le servitù prediali, il diritto di uso su beni immobili e il diritto di abitazione;

5) gli atti di rinunzia ai diritti indicati dai numeri precedenti;

6) i contratti di affrancazione del fondo enfiteutico;

7) i contratti di anticresi;

8) i contratti di locazione di beni immobili per una durata superiore a nove anni;

9) i contratti di società o di associazione con i quali si conferisce il godimento di beni immobili o di altri diritti reali immobiliari per un tempo eccedente i nove anni o per un tempo indeterminato;

10) gli atti che costituiscono rendite perpetue o vitalizie salve le disposizioni relative alle rendite dello Stato ;

11) gli atti di divisione di beni immobili e di altri diritti reali immobiliari;

12) le transazioni che hanno per oggetto controversie relative ai rapporti giuridici menzionati nei numeri precedenti;

13) gli altri atti specialmente indicati dalla legge.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 22 giugno 2009, n. 14545 in Altalex Massimario.

Art. 1351.
Contratto preliminare.

Il contratto preliminare è nullo, se non è fatto nella stessa forma che la legge prescrive per il contratto definitivo.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 11 maggio 2010, n. 11371 in Altalex Massimario.

Art. 1352.
Forme convenzionali.

Se le parti hanno convenuto per iscritto di adottare una determinata forma per la futura conclusione di un contratto, si presume che la forma sia stata voluta per la validità di questo.

Capo III

Della condizione nel contratto

Art. 1353.
Contratto condizionale.

Le parti possono subordinare l’efficacia o la risoluzione del contratto o di un singolo patto a un avvenimento futuro e incerto.

Art. 1354.
Condizioni illecite o impossibili.

È nullo il contratto al quale è apposta una condizione, sospensiva o risolutiva, contraria a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume.

La condizione impossibile rende nullo il contratto se è sospensiva; se è risolutiva, si ha come non apposta.

Se la condizione illecita o impossibile è apposta a un patto singolo del contratto, si osservano, riguardo l’efficacia del patto, le disposizioni dei commi precedenti, fermo quanto è disposto dall’articolo 1419.

Art. 1355.
Condizione meramente potestativa.

È nulla l’alienazione di un diritto o l’assunzione di un obbligo subordinata a una condizione sospensiva che la faccia dipendere dalla mera volontà dell’alienante o, rispettivamente da quella del debitore.

Art. 1356.
Pendenza della condizione.

In pendenza della condizione sospensiva l’acquirente di un diritto può compiere atti conservativi.

L’acquirente di un diritto sotto condizione risolutiva può, in pendenza di questa, esercitarlo, ma l’altro contraente può compiere atti conservativi.

Art. 1357.
Atti di disposizione in pendenza della condizione.

Chi ha un diritto subordinato a condizione sospensiva o risolutiva può disporne in pendenza di questa; ma gli effetti di ogni atto di disposizione sono subordinati alla stessa condizione.

Art. 1358.
Comportamento delle parti nello stato di pendenza.

Colui che si è obbligato o che ha alienato un diritto sotto condizione sospensiva, ovvero lo ha acquistato sotto condizione risolutiva, deve, in pendenza della condizione, comportarsi secondo buona fede per conservare integre le ragioni dell’altra parte.

Art. 1359.
Avveramento della condizione.

La condizione si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario all’avveramento di essa.

Art. 1360.
Retroattività della condizione.

Gli effetti dell’avveramento della condizione retroagiscono al tempo in cui è stato concluso il contratto , salvo che, per volontà delle parti o per la natura del rapporto, gli effetti del contratto o della risoluzione debbano essere riportati a un momento diverso.

Se però la condizione risolutiva è apposta a un contratto ad esecuzione continuata o periodica , l’avveramento di essa, in mancanza di patto contrario, non ha effetto riguardo alle prestazioni già eseguite.

Art. 1361.
Atti di amministrazione.

L’avveramento della condizione non pregiudica la validità degli atti di amministrazione compiuti dalla parte a cui, in pendenza della condizione stessa spettava l’esercizio del diritto.

Salvo diverse disposizioni di legge o diversa pattuizione, i frutti percepiti sono dovuti dal giorno in cui la condizione si è avverata.

Capo IV

Dell’interpretazione del contratto

Art. 1362.
Intenzione dei contraenti.

Nell’interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole.

Per determinare la comune intenzione delle parti, si deve valutare il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 16 aprile 2007, n. 9088, Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 9 Maggio 2008, n. 11501, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 4 giugno 2008, n. 14788, Cassazione Civile, sez. sez. II, sentenza 2 febbraio 2009, n. 2561, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 4 maggio 2009, n. 10232 e Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 25 giugno 2009, n. 14941 in Altalex Massimario.

Art. 1363.
Interpretazione complessiva delle clausole.

Le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo il senso che risulta dal complesso dell’atto.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 16 aprile 2007, n. 9088, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 4 giugno 2008, n. 14788 e Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 28 giugno 2009, n. 14864 in Altalex Massimario.

Art. 1364.
Espressioni generali.

Per quanto generali siano le espressioni usate nel contratto, questo non comprende che gli oggetti sui quali le parti si sono proposte di contrattare.

Art. 1365.
Indicazioni esemplificative.

Quando in un contratto si è espresso un caso al fine di spiegare un patto, non si presumono esclusi i casi non espressi, ai quali, secondo ragione, può estendersi lo stesso patto.

Art. 1366.
Interpretazione di buona fede.

Il contratto deve essere interpretato secondo buona fede.

Art. 1367.
Conservazione del contratto.

Nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 3 dicembre 2008, n. 28753 in Altalex Massimario.

Art. 1368.
Pratiche generali interpretative.

Le clausole ambigue s’interpretano secondo ciò che si pratica generalmente nel luogo in cui il contratto è stato concluso.

Nei contratti in cui una delle parti è un imprenditore, le clausole ambigue s’interpretano secondo ciò che si pratica generalmente nel luogo in cui è la sede dell’impresa.

Art. 1369.
Espressioni con più sensi.

Le espressioni che possono avere più sensi devono, nel dubbio, essere intese nel senso più conveniente alla natura e all’oggetto del contratto.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 16 aprile 2007, n. 9088 in Altalex Massimario.

Art. 1370.
Interpretazione contro l’autore della clausola.

Le clausole inserite nelle condizioni generali di contratto o in moduli o formulari predisposti da uno dei contraenti s’interpretano, nel dubbio, a favore dell’altro.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 17 gennaio 2008, n. 866 in Altalex Massimario.

Art. 1371.
Regole finali.

Qualora, nonostante l’applicazione delle norme contenute in questo capo, il contratto rimanga oscuro, esso deve essere inteso nel senso meno gravoso per l’obbligato , se è a titolo gratuito, e nel senso che realizzi l’equo contemperamento degli interessi delle parti, se è a titolo oneroso.

Capo V

Degli effetti del contratto

Sezione I

Disposizioni generali.

Art. 1372.
Efficacia del contratto.

Il contratto ha forza di legge tra le parti. Non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge.

Il contratto non produce effetto rispetto ai terzi che nei casi previsti dalla legge.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 6 luglio 2007, n. 15264in Altalex Massimario.

Art. 1373.
Recesso unilaterale.

Se a una delle parti è attribuita la facoltà di recedere dal contratto, tale facoltà può essere esercitata finché il contratto non abbia avuto un principio di esecuzione.

Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, tale facoltà può essere esercitata anche successivamente , ma il recesso non ha effetto per le prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione.

Qualora sia stata stipulata la prestazione di un corrispettivo per il recesso, questo ha effetto quando la prestazione è eseguita.

E’ salvo in ogni caso il patto contrario.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 10 novembre 2008, n. 26863 in Altalex Massimario.

Art. 1374.
Integrazione del contratto.

Il contratto obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge, o, in mancanza, secondo gli usi e l’equità.

Art. 1375.
Esecuzione di buona fede.

Il contratto deve essere eseguito secondo buona fede.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 29 settembre 2007, n. 20592, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 13 maggio 2008, n. 11908 e Cassazione Civile, sez. III, sentenza 18 settembre 2009, n. 20106 in Altalex Massimario.

Art. 1376.
Contratto con effetti reali.

Nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata , la costituzione o il trasferimento di un diritto reale ovvero il trasferimento di un altro diritto, la proprietà o il diritto si trasmettono e si acquistano per effetto del consenso delle parti legittimamente manifestato.

Art. 1377.
Trasferimento di una massa di cose.

Quando oggetto del trasferimento è una determinata massa di cose , anche se omogenee, si applica la disposizione dell’articolo precedente, ancorché, per determinati effetti, le cose debbano essere numerate, pesate o misurate.

Art. 1378.
Trasferimento di cosa determinata solo nel genere.

Nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento di cose determinate solo nel genere la proprietà si trasmette con l’individuazione fatta d’accordo tra le parti o nei modi da esse stabiliti . Trattandosi di cose che devono essere trasportate da un luogo a un altro, l’individuazione avviene anche mediante la consegna al vettore o allo spedizioniere.

Art. 1379.
Divieto di alienazione.

Il divieto di alienare stabilito per contratto ha effetto solo tra le parti , e non è valido se non è contenuto entro convenienti limiti di tempo e se non risponde a un apprezzabile interesse di una delle parti.

Art. 1380.
Conflitto tra più diritti personali di godimento.

Se, con successivi contratti, una persona concede a diversi contraenti un diritto personale di godimento relativo alla stessa cosa, il godimento spetta al contraente che per primo lo ha conseguito.

Se nessuno dei contraenti ha conseguito il godimento, è preferito quello che ha il titolo di data certa anteriore.

Sono salve le norme relative agli effetti della trascrizione.

Art. 1381.
Promessa dell’obbligazione o del fatto del terzo.

Colui che ha promesso l’obbligazione o il fatto di un terzo è tenuto a indennizzare l’altro contraente, se il terzo rifiuta di obbligarsi o non compie il fatto promesso.

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Cfr. Corte d’Appello di Roma, sez. II, sentenza 8 novembre 2007 in Altalex Massimario.

Sezione II

Della clausola penale e della caparra

Art. 1382.
Effetti della clausola penale.

La clausola, con cui si conviene che, in caso d’inadempimento o di ritardo nell’adempimento , uno dei contraenti è tenuto a una determinata prestazione, ha l’effetto di limitare il risarcimento alla prestazione promessa, se non è stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore.

La penale è dovuta indipendentemente dalla prova del danno.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 28 marzo 2008, n. 8071 in Altalex Massimario.

Art. 1383.
Divieto di cumulo.

Il creditore non può domandare insieme la prestazione principale e la penale , se questa non è stata stipulata per il semplice ritardo.

Art. 1384.
Riduzione della penale.

La penale può essere diminuita equamente dal giudice, se l’obbligazione principale è stata eseguita in parte ovvero se l’ammontare della penale è manifestamente eccessivo, avuto sempre riguardo all’interesse che il creditore aveva all’adempimento.

Art. 1385.
Caparra confirmatoria.

Se al momento della conclusione del contratto una parte dà all’altra, a titolo di caparra, una somma di danaro, o una quantità di altre cose fungibili, la caparra, in caso di adempimento, deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta.

Se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l’altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente è invece la parte che l’ha ricevuta, l’altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra.

Se però la parte che non è inadempiente preferisce domandare l’esecuzione o la risoluzione del contratto, il risarcimento del danno è regolato dalle norme generali.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 11 marzo 2008, n. 6463, Cassazione Civile, sez. II, sentenza 22 aprile 2008, n. 10394 e Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 14 gennaio 2009, n. 553 in Altalex Massimario.

Art. 1386.
Caparra penitenziale.

Se nel contratto è stipulato il diritto di recesso per una o per entrambe le parti, la caparra ha la sola funzione di corrispettivo del recesso.

In questo caso, il recedente perde la caparra data o deve restituire il doppio di quella che ha ricevuta.

Capo VI

Della rappresentanza

Art. 1387.
Fonti della rappresentanza.

Il potere di rappresentanza è conferito dalla legge ovvero dall’interessato.

Art. 1388.
Contratto concluso dal rappresentante.

Il contratto concluso dal rappresentante in nome e nell’interesse del rappresentato, nei limiti delle facoltà conferitegli, produce direttamente effetto nei confronti del rappresentato.

Art. 1389.
Capacità del rappresentante e del rappresentato.

Quando la rappresentanza è conferita dall’interessato , per la validità del contratto concluso dal rappresentante basta che questi abbia la capacità di intendere e di volere avuto riguardo alla natura e al contenuto del contratto stesso, sempre che sia legalmente capace il rappresentato.

In ogni caso, per la validità del contratto concluso dal rappresentante è necessario che il contratto non sia vietato al rappresentato.

Art. 1390.
Vizi della volontà.

Il contratto è annullabile se è viziata la volontà del rappresentante. Quando però il vizio riguarda elementi predeterminati dal rappresentato, il contratto è annullabile solo se era viziata la volontà di questo.

Art. 1391.
Stati soggettivi rilevanti.

Nei casi in cui è rilevante lo stato di buona o di mala fede, di scienza o d’ignoranza di determinate circostanze , si ha riguardo alla persona del rappresentante, salvo che si tratti di elementi predeterminati dal rappresentato.

In nessun caso il rappresentato che è in mala fede può giovarsi dello stato d’ignoranza o di buona fede del rappresentante.

Art. 1392.
Forma della procura.

La procura non ha effetto se non è conferita con le forme prescritte per il contratto che il rappresentante deve concludere.

Art. 1393.
Giustificazione dei poteri del rappresentante.

Il terzo che contratta col rappresentante può sempre esigere che questi giustifichi i suoi poteri e, se la rappresentanza risulta da un atto scritto, che gliene dia una copia da lui firmata.

Art. 1394.
Conflitto d’interessi.

Il contratto concluso dal rappresentante in conflitto d’interessi col rappresentato può essere annullato su domanda del rappresentato, se il conflitto era conosciuto o riconoscibile dal terzo.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 18 luglio 2007, n. 15981e Cassazione Civile, sez. I, sentenza 9 gennaio 2008, n. 174 in Altalex Massimario.

Art. 1395.
Contratto con se stesso.

È annullabile il contratto che il rappresentante conclude con se stesso, in proprio o come rappresentante di un’altra parte, a meno che il rappresentato lo abbia autorizzato specificatamente ovvero il contenuto del contratto sia determinato in modo da escludere la possibilità di conflitto d’interessi.

L’impugnazione può essere proposta soltanto dal rappresentato.

Art. 1396.
Modificazione ed estinzione della procura.

Le modificazioni e la revoca della procura devono essere portate a conoscenza dei terzi con mezzi idonei. In mancanza, esse non sono opponibili ai terzi, se non si prova che questi le conoscevano al momento della conclusione del contratto.

Le altre cause di estinzione del potere di rappresentanza conferito dall’interessato non sono opponibili ai terzi che le hanno senza colpa ignorate.

Art. 1397.
Restituzione del documento della rappresentanza.

Il rappresentante è tenuto a restituire il documento dal quale risultano i suoi poteri, quando questi sono cessati.

Art. 1398.
Rappresentanza senza potere.

Colui che ha contrattato come rappresentante senza averne i poteri o eccedendo i limiti delle facoltà conferitegli, è responsabile del danno che il terzo contraente ha sofferto per avere confidato senza sua colpa nella validità del contratto.

Art. 1399.
Ratifica.

Nell’ipotesi prevista dall’articolo precedente, il contratto può essere ratificato dall’interessato , con l’osservanza delle forme prescritte per la conclusione di esso.

La ratifica ha effetto retroattivo, ma sono salvi i diritti dei terzi.

Il terzo e colui che ha contrattato come rappresentante possono d’accordo sciogliere il contratto prima della ratifica.

Il terzo contraente può invitare l’interessato a pronunciarsi sulla ratifica assegnandogli un termine, scaduto il quale, nel silenzio, la ratifica s’intende negata.

La facoltà di ratifica si trasmette agli eredi.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 9 maggio 2008, n. 11509 e Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 25 giugno 2009, n. 14952 in Altalex Massimario.

Art. 1400.
Speciali forme di rappresentanza.

Le speciali forme di rappresentanza nelle imprese agricole e commerciali sono regolate dal libro V.

Capo VII

Del contratto per persona da nominare

Art. 1401.
Riserva di nomina del contraente.

Nel momento della conclusione del contratto una parte può riservarsi la facoltà di nominare successivamente la persona che deve acquistare i diritti e assumere gli obblighi nascenti dal contratto stesso.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 10 ottobre 2009, n. 23066 in Altalex Massimario.

Art. 1402.
Termine e modalità della dichiarazione di nomina.

La dichiarazione di nomina deve essere comunicata all’altra parte nel termine di tre giorni dalla stipulazione del contratto, se le parti non hanno stabilito un termine diverso.

La dichiarazione non ha effetto se non è accompagnata dall’accettazione della persona nominata o se non esiste una procura anteriore al contratto.

Art. 1403.
Forme e pubblicità.

La dichiarazione di nomina e la procura o l’accettazione della persona nominata non hanno effetto se non rivestono la stessa forma che le parti hanno usata per il contratto, anche se non prescritta dalla legge.

Se per il contratto è richiesta a determinati effetti una forma di pubblicità , deve agli stessi effetti essere resa pubblica anche la dichiarazione di nomina, con l’indicazione dell’atto di procura o dell’accettazione della persona nominata.

Art. 1404.
Effetti della dichiarazione di nomina.

Quando la dichiarazione di nomina è stata validamente fatta, la persona nominata acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dal contratto con effetto dal momento in cui questo fu stipulato.

Art. 1405.
Effetti della mancata dichiarazione di nomina.

Se la dichiarazione di nomina non è fatta validamente nel termine stabilito dalla legge o dalle parti, il contratto produce i suoi effetti fra i contraenti originari.

Capo VIII

Della cessione del contratto

Art. 1406.
Nozione.

Ciascuna parte può sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti da un contratto con prestazioni corrispettive, se queste non sono state ancora eseguite, purché l’altra parte vi consenta.

Art. 1407.
Forma.

Se una parte ha consentito preventivamente che l’altra sostituisca a sé un terzo nei rapporti derivanti dal contratto, la sostituzione è efficace nei suoi confronti dal momento in cui le è stata notificata o in cui essa l’ha accettata.

Se tutti gli elementi del contratto risultano da un documento nel quale è inserita la clausola «all’ordine» o altra equivalente, la girata del documento produce la sostituzione del giratario nella posizione del girante.

Art. 1408.
Rapporti fra contraente ceduto e cedente.

Il cedente è liberato dalle sue obbligazioni verso il contraente ceduto dal momento in cui la sostituzione diviene efficace nei confronti di questo.

Tuttavia il contraente ceduto, se ha dichiarato di non liberare il cedente, può agire contro di lui qualora il cessionario non adempia le obbligazioni assunte.

Nel caso previsto dal comma precedente, il contraente ceduto deve dare notizia al cedente dell’inadempimento del cessionario, entro quindici giorni da quello in cui l’inadempimento si è verificato; in mancanza è tenuto al risarcimento del danno.

Art. 1409.
Rapporti fra contraente ceduto e cessionario.

Il contraente ceduto può opporre al cessionario tutte le eccezioni derivanti dal contratto, ma non quelle fondate su altri rapporti col cedente, salvo che ne abbia fatto espressa riserva al momento in cui ha consentito alla sostituzione.

Art. 1410.
Rapporti fra cedente e cessionario.

Il cedente è tenuto a garantire la validità del contratto.

Se il cedente assume la garanzia dell’adempimento del contratto, egli risponde come un fideiussore per le obbligazioni del contraente ceduto.

Capo IX

Del contratto a favore di terzi

Art. 1411.
Contratto a favore di terzi.

E’ valida la stipulazione a favore di un terzo , qualora lo stipulante vi abbia interesse.

Salvo patto contrario, il terzo acquista il diritto contro il promittente per effetto della stipulazione. Questa però può essere revocata o modificata dallo stipulante, finché il terzo non abbia dichiarato, anche in confronto del promittente, di volerne profittare.

In caso di revoca della stipulazione o di rifiuto del terzo di profittarne, la prestazione rimane a beneficio dello stipulante salvo che diversamente risulti dalla volontà delle parti o dalla natura del contratto.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 11 maggio 2009, n. 10741 in Altalex Massimario.

Art. 1412.
Prestazione al terzo dopo la morte dello stipulante.

Se la prestazione deve essere fatta al terzo dopo la morte dello stipulante, questi può revocare il beneficio anche con una disposizione testamentaria e quantunque il terzo abbia dichiarato di volerne profittare, salvo che, in quest’ultimo caso, lo stipulante abbia rinunciato per iscritto al potere di revoca.

La prestazione deve essere eseguita a favore degli eredi del terzo se questi premuore allo stipulante, purché il beneficio non sia stato revocato o lo stipulante non abbia disposto diversamente.

Art. 1413.
Eccezioni opponibili dal promittente al terzo.

Il promittente può opporre al terzo le eccezioni fondate sul contratto dal quale il terzo deriva il suo diritto, ma non quelle fondate su altri rapporti tra promittente e stipulante.

Capo X

Della simulazione

Art. 1414.
Effetti della simulazione tra le parti.

Il contratto simulato non produce effetto tra le parti.

Se le parti hanno voluto concludere un contratto diverso da quello apparente, ha effetto tra esse il contratto dissimulato, purché ne sussistano i requisiti di sostanza e di forma.

Le precedenti disposizioni si applicano anche agli atti unilaterali destinati a una persona determinata, che siano simulati per accordo tra il dichiarante e il destinatario.

Art. 1415.
Effetti della simulazione rispetto ai terzi.

La simulazione non può essere opposta né dalle parti contraenti , né dagli aventi causa o dai creditori del simulato alienante, ai terzi che in buona fede hanno acquistato diritti dal titolare apparente, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di simulazione.

I terzi possono far valere la simulazione in confronto delle parti, quando essa pregiudica i loro diritti.

Art. 1416.
Rapporti con i creditori.

La simulazione non può essere opposta dai contraenti ai creditori del titolare apparente che in buona fede hanno compiuto atti di esecuzione sui beni che furono oggetto del contratto simulato.

I creditori del simulato alienante possono far valere la simulazione che pregiudica i loro diritti, e, nel conflitto con i creditori chirografari del simulato acquirente, sono preferiti a questi, se il loro credito è anteriore all’atto simulato.

Art. 1417.
Prova della simulazione.

La prova per testimoni della simulazione è ammissibile senza limiti, se la domanda è proposta da creditori o da terzi e, qualora sia diretta a far valere l’illiceità del contratto dissimulato , anche se è proposta dalle parti.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 14 marzo 2008, n. 7048 in Altalex Massimario.

Capo XI

Della nullità del contratto

Art. 1418.
Cause di nullità del contratto.

Il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente.

Producono nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall’articolo 1325, l’illiceità della causa, l’illiceità dei motivi nel caso indicato dall’articolo 1345 e la mancanza nell’oggetto dei requisiti stabiliti dall’articolo 1346.

Il contratto è altresì nullo negli altri casi stabiliti dalla legge.

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Cfr. Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 19 dicembre 2007, n. 26724, Tribunale di Trapani, sez. civile, sentenza 30 agosto 2007, Cassazione Civile, sez. II, sentenza 7 febbraio 2008, n. 2860, Cassazione Civile, sez. I, sentenza 1 aprile 2008, n. 8445, Cassazione Civile, sez. I, sentenza 18 giugno 2008, n. 16597 e Tribunale di Bari, sez. II civile, sentenza 1° ottobre 2009, n. 2866 in Altalex Massimario.

Art. 1419.
Nullità parziale.

La nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole importa la nullità dell’intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità.

La nullità di singole clausole non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative.

Art. 1420.
Nullità nel contratto plurilaterale.

Nei contratti con più di due parti, in cui le prestazioni di ciascuna sono dirette al conseguimento di uno scopo comune, la nullità che colpisce il vincolo di una sola delle parti non importa nullità del contratto, salvo che la partecipazione di essa debba, secondo le circostanze, considerarsi essenziale.

Art. 1421.
Legittimazione all’azione di nullità.

Salvo diverse disposizioni di legge, la nullità può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse e può essere rilevata d’ufficio dal giudice.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. I, sentenza 10 ottobre 2007, n. 21141 in Altalex Massimario.

Art. 1422.
Imprescrittibilità dell’azione di nullità.

L’azione per far dichiarare la nullità non è soggetta a prescrizione, salvi gli effetti dell’usucapione e della prescrizione delle azioni di ripetizione.

Art. 1423.
Inammissibilità della convalida.

Il contratto nullo non può essere convalidato, se la legge non dispone diversamente.

Art. 1424.
Conversione del contratto nullo.

Il contratto nullo può produrre gli effetti di un contratto diverso, del quale contenga i requisiti di sostanza e di forma, qualora, avuto riguardo allo scopo perseguito dalle parti, debba ritenersi che esse lo avrebbero voluto se avessero conosciuto la nullità.

Capo XII

Dell’annullabilità del contratto

Sezione I

Dell’incapacità

Art. 1425.
Incapacità delle parti.

Il contratto è annullabile se una delle parti era legalmente incapace di contrattare.

E’ parimenti annullabile, quando ricorrono le condizioni stabilite dall’articolo 428, il contratto stipulato da persona incapace d’intendere o di volere.

_______________

Cfr. Tribunale di Torino, sez. III civile, sentenza 22 maggio 2009, n. 4011 in Altalex Massimario.

Art. 1426.
Raggiri usati dal minore.

Il contratto non è annullabile, se il minore ha con raggiri occultato la sua minore età; ma la semplice dichiarazione da lui fatta di essere maggiorenne non è di ostacolo all’impugnazione del contratto.

Sezione II

Dei vizi del consenso

Art. 1427.
Errore, violenza e dolo.

Il contraente, il cui consenso fu dato per errore, estorto con violenza, o carpito con dolo, può chiedere l’annullamento del contratto, secondo le disposizioni seguenti.

Art. 1428.
Rilevanza dell’errore.

L’errore è causa di annullamento del contratto quando è essenziale ed è riconoscibile dall’altro contraente.

Art. 1429.
Errore essenziale.

L’errore è essenziale:

1) quando cade sulla natura o sull’oggetto del contratto;

2) quando cade sull’identità dell’oggetto della prestazione ovvero sopra una qualità dello stesso che, secondo il comune apprezzamento o in relazione alle circostanze, deve ritenersi determinante del consenso;

3) quando cade sull’identità o sulle qualità della persona dell’altro contraente, sempre che l’una o le altre siano state determinanti del consenso;

4) quando, trattandosi di errore di diritto, è stato la ragione unica o principale del contratto.

Art. 1430.
Errore di calcolo.

L’errore di calcolo non dà luogo ad annullamento del contratto, ma solo a rettifica, tranne che, concretandosi in errore sulla quantità, sia stato determinante del consenso.

Art. 1431.
Errore riconoscibile.

L’errore si considera riconoscibile quando, in relazione al contenuto, alle circostanze del contratto ovvero alla qualità dei contraenti, una persona di normale diligenza avrebbe potuto rilevarlo.

Art. 1432.
Mantenimento del contratto rettificato.

La parte in errore non può domandare l’annullamento del contratto se, prima che ad essa possa derivarne pregiudizio, l’altra offre di eseguirlo in modo conforme al contenuto e alle modalità del contratto che quella intendeva concludere.

Art. 1433.
Errore nella dichiarazione o nella sua trasmissione.

Le disposizioni degli articoli precedenti si applicano anche al caso in cui l’errore cade sulla dichiarazione, o in cui la dichiarazione è stata inesattamente trasmessa dalla persona o dall’ufficio che ne era stato incaricato.

Art. 1434.
Violenza.

La violenza è causa di annullamento del contratto anche se esercitata da un terzo.

Art. 1435.
Caratteri della violenza.

La violenza deve essere di tal natura da fare impressione sopra una persona sensata e da farle temere di esporre sé o i suoi beni a un male ingiusto e notevole. Si ha riguardo, in questa materia, all’età, al sesso e alla condizione delle persone.

Art. 1436.
Violenza diretta contro terzi.

La violenza è causa di annullamento del contratto anche quando il male minacciato riguarda la persona o i beni del coniuge del contraente o di un discendente o ascendente di lui.

Se il male minacciato riguarda altre persone, l’annullamento del contratto è rimesso alla prudente valutazione delle circostanze da parte del giudice.

Art. 1437.
Timore riverenziale.

Il solo timore riverenziale non è causa di annullamento del contratto.

Art. 1438.
Minaccia di far valere un diritto.

La minaccia di far valere un diritto può essere causa di annullamento del contratto solo quando è diretta a conseguire vantaggi ingiusti.

Art. 1439.
Dolo.

Il dolo è causa di annullamento del contratto quando i raggiri usati da uno dei contraenti sono stati tali che, senza di essi, l’altra parte non avrebbe contrattato.

Quando i raggiri sono stati usati da un terzo, il contratto è annullabile se essi erano noti al contraente che ne ha tratto vantaggio.

Art. 1440.
Dolo incidente.

Se i raggiri non sono stati tali da determinare il consenso, il contratto è valido, benché senza di essi sarebbe stato concluso a condizioni diverse; ma il contraente in mala fede risponde dei danni.

Sezione III

Dell’azione di annullamento

Art. 1441.
Legittimazione.

L’annullamento del contratto può essere domandato solo dalla parte nel cui interesse è stabilito dalla legge.

L’incapacità del condannato in istato di interdizione legale può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse.

Art. 1442.
Prescrizione.

L’azione di annullamento si prescrive in cinque anni.

Quando l’annullabilità dipende da vizio del consenso o da incapacità legale , il termine decorre dal giorno in cui è cessata la violenza, è stato scoperto l’errore o il dolo, è cessato lo stato d’interdizione o d’inabilitazione , ovvero il minore ha raggiunto la maggiore età.

Negli altri casi il termine decorre dal giorno della conclusione del contratto.

L’annullabilità può essere opposta dalla parte convenuta per l’esecuzione del contratto, anche se è prescritta l’azione per farla valere.

Art. 1443.
Ripetizione contro il contraente incapace.

Se il contratto è annullato per incapacità di uno dei contraenti, questi non è tenuto a restituire all’altro la prestazione ricevuta se non nei limiti in cui è stata rivolta a suo vantaggio.

Art. 1444.
Convalida.

Il contratto annullabile può essere convalidato dal contraente al quale spetta l’azione di annullamento , mediante un atto che contenga la menzione del contratto e del motivo di annullabilità, e la dichiarazione che s’intende convalidarlo.

Il contratto è pure convalidato, se il contraente al quale spettava l’azione di annullamento vi ha dato volontariamente esecuzione conoscendo il motivo di annullabilità.

La convalida non ha effetto, se chi l’esegue non è in condizione di concludere validamente il contratto.

Art. 1445.
Effetti dell’annullamento nei confronti dei terzi.

L’annullamento che non dipende da incapacità legale non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di annullamento.

Art. 1446.
Annullabilità nel contratto plurilaterale.

Nei contratti indicati dall’articolo 1420 l’annullabilità che riguarda il vincolo di una sola delle parti non importa annullamento del contratto, salvo che la partecipazione di questa debba, secondo le circostanze, considerarsi essenziale.

Capo XIII

Della rescissione del contratto

Art. 1447.
Contratto concluso in istato di pericolo.

Il contratto con cui una parte ha assunto obbligazioni a condizioni inique, per la necessità, nota alla controparte, di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona , può essere rescisso sulla domanda della parte che si è obbligata.

Il giudice nel pronunciare la rescissione, può, secondo le circostanze, assegnare un equo compenso all’altra parte per l’opera prestata.

Art. 1448.
Azione generale di rescissione per lesione.

Se vi è sproporzione tra la prestazione di una parte e quella dell’altra, e la sproporzione è dipesa dallo stato di bisogno di una parte, del quale l’altra ha approfittato per trarne vantaggio, la parte danneggiata può domandare la rescissione del contratto.

L’azione non è ammissibile se la lesione non eccede la metà del valore che la prestazione eseguita o promessa dalla parte danneggiata aveva al tempo del contratto.

La lesione deve perdurare fino al tempo in cui la domanda è proposta.

Non possono essere rescissi per causa di lesione i contratti aleatori.

Sono salve le disposizioni relative alla rescissione della divisione.

Art. 1449.
Prescrizione.

L’azione di rescissione si prescrive in un anno dalla conclusione del contratto ; ma se il fatto costituisce reato, si applica l’ultimo comma dell’articolo 2947.

La rescindibilità del contratto non può essere opposta in via di eccezione quando l’azione è prescritta.

Art. 1450.
Offerta di modificazione del contratto.

Il contraente contro il quale è domandata la rescissione può evitarla offrendo una modificazione del contratto sufficiente per ricondurlo ad equità.

Art. 1451.
Inammissibilità della convalida.

Il contratto rescindibile non può essere convalidato.

Art. 1452.
Effetti della rescissione rispetto ai terzi.

La rescissione del contratto non pregiudica i diritti acquistati dai terzi, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di rescissione.

Capo XIV

Della risoluzione del contratto

Sezione I

Della risoluzione per inadempimento

Art. 1453.
Risolubilità del contratto per inadempimento.

Nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l’altro può a sua scelta chiedere l’adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno.

La risoluzione può essere domandata anche quando il giudizio è stato promosso per ottenere l’adempimento; ma non può più chiedersi l’adempimento quando è stata domandata la risoluzione.

Dalla data della domanda di risoluzione l’inadempiente non può più adempiere la propria obbligazione.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 10 maggio 2007, n. 10678 e Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 14 gennaio 2009, n. 553 in Altalex Massimario.

Art. 1454.
Diffida ad adempiere.

Alla parte inadempiente l’altra può intimare per iscritto di adempiere in un congruo termine , con dichiarazione che, decorso inutilmente detto termine, il contratto s’intenderà senz’altro risoluto.

Il termine non può essere inferiore a quindici giorni, salvo diversa pattuizione delle parti o salvo che, per la natura del contratto o secondo gli usi, risulti congruo un termine minore.

Decorso il termine senza che il contratto sia stato adempiuto, questo è risoluto di diritto.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 15 giugno 2010, n. 14292 in Altalex Massimario.

Art. 1455.
Importanza dell’inadempimento.

Il contratto non si può risolvere se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 13 febbraio 2008, n. 3472 e Cassazione Civile, sez. II, sentenza 18 febbraio 2008, n. 3954 in Altalex Massimario.

Art. 1456.
Clausola risolutiva espressa.

I contraenti possono convenire espressamente che il contratto si risolva nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite.

In questo caso, la risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all’altra che intende valersi della clausola risolutiva.

_______________

Cfr. Consigloio di Stato, sez. VI, sentenza 9 settembre 2008, n. 4304in Altalex Massimario.

Art. 1457.
Termine essenziale per una delle parti.

Se il termine fissato per la prestazione di una delle parti deve considerarsi essenziale nell’interesse dell’altra, questa, salvo patto o uso contrario, se vuole esigerne l’esecuzione nonostante la scadenza del termine, deve darne notizia all’altra parte entro tre giorni.

In mancanza, il contratto s’intende risoluto di diritto anche se non è stata espressamente pattuita la risoluzione.

Art. 1458.
Effetti della risoluzione.

La risoluzione del contratto per inadempimento ha effetto retroattivo tra le parti, salvo il caso di contratti ad esecuzione continuata o periodica, riguardo ai quali l’effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite.

La risoluzione, anche se è stata espressamente pattuita , non pregiudica i diritti acquistati dai terzi , salvi gli effetti della trascrizione della domanda di risoluzione.

_______________

Cfr. Tribunale di Modena, sez. I civile, sentenza 9 giugno 2009, n. 904 in Altalex Massimario.

Art. 1459.
Risoluzione nel contratto plurilaterale.

Nei contratti indicati dall’articolo 1420 l’inadempimento di una delle parti non importa la risoluzione del contratto rispetto alle altre, salvo che la prestazione mancata debba, secondo le circostanze, considerarsi essenziale.

Art. 1460.
Eccezione d’inadempimento.

Nei contratti con prestazioni corrispettive, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l’altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria , salvo che termini diversi per l’adempimento siano stati stabiliti dalle parti o risultino dalla natura del contratto.

Tuttavia non può rifiutarsi l’esecuzione se, avuto riguardo alle circostanze , il rifiuto è contrario alla buona fede.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 19 ottobre 2007, n. 21973, Cassazione Civile, sez. II, sentenza 6 febbraio 2008, n. 2800, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 19 febbraio 2008, n. 4060 e Cassazione Civile, sez. III, sentenza 8 gennaio 2010, n. 74 in Altalex Massimario.

Art. 1461.
Mutamento nelle condizioni patrimoniali dei contraenti.

Ciascun contraente può sospendere l’esecuzione della prestazione da lui dovuta, se le condizioni patrimoniali dell’altro sono divenute tali da porre in evidente pericolo il conseguimento della controprestazione, salvo che sia prestata idonea garanzia.

Art. 1462.
Clausola limitativa della proponibilità di eccezioni.

La clausola con cui si stabilisce che una delle parti non può opporre eccezioni al fine di evitare o ritardare la prestazione dovuta, non ha effetto per le eccezioni di nullità , di annullabilità e di rescissione del contratto.

Nei casi in cui la clausola è efficace, il giudice, se riconosce che concorrono gravi motivi, può tuttavia sospendere la condanna, imponendo, se del caso, una cauzione.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 21 febbraio 2008, n. 4446 in Altalex Massimario.

Sezione II

Dell’impossibilità sopravvenuta

Art. 1463.
Impossibilità totale.

Nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito.

Art. 1464.
Impossibilità parziale.

Quando la prestazione di una parte è divenuta solo parzialmente impossibile, l’altra parte ha diritto a una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta, e può anche recedere dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile all’adempimento parziale.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 26 giugno 2009, n. 15080 in Altalex Massimario.

Art. 1465.
Contratto con effetti traslativi o costitutivi.

Nei contratti che trasferiscono la proprietà di una cosa determinata ovvero costituiscono o trasferiscono diritti reali , il perimento della cosa per una causa non imputabile all’alienante non libera l’acquirente dall’obbligo di eseguire la controprestazione, ancorché la cosa non gli sia stata consegnata.

La stessa disposizione si applica nel caso in cui l’effetto traslativo o costitutivo sia differito fino allo scadere di un termine.

Qualora oggetto del trasferimento sia una cosa determinata solo nel genere , l’acquirente non è liberato dall’obbligo di eseguire la controprestazione, se l’alienante ha fatto la consegna o se la cosa è stata individuata.

L’acquirente è in ogni caso liberato dalla sua obbligazione, se il trasferimento era sottoposto a condizione sospensiva e l’impossibilità è sopravvenuta prima che si verifichi la condizione.

Art. 1466.
Impossibilità nel contratto plurilaterale.

Nei contratti indicati dall’articolo 1420 l’impossibilità della prestazione di una delle parti non importa scioglimento del contratto rispetto alle altre, salvo che la prestazione mancata debba, secondo le circostanze, considerarsi essenziale.

Sezione III

Dell’eccessiva onerosità

Art. 1467.
Contratto con prestazioni corrispettive.

Nei contratti a esecuzione continuata o periodica ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’articolo 1458.

La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto.

La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto.

Art. 1468.
Contratto con obbligazioni di una sola parte.

Nell’ipotesi prevista dall’articolo precedente se si tratta di un contratto nel quale una sola delle parti ha assunto obbligazioni, questa può chiedere una riduzione della sua prestazione ovvero una modificazione nelle modalità di esecuzione, sufficienti per ricondurla ad equità.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 20 marzo 2009, n. 6891 in Altalex Massimario.

Art. 1469.
Contratto aleatorio.

Le norme degli articoli precedenti non si applicano ai contratti aleatori per loro natura o per volontà delle parti.

Capo XIV bis

Dei contratti del consumatore

Art. 1469-bis. (1)
Contratti del consumatore.

Le disposizioni del presente titolo si applicano ai contratti del consumatore, ove non derogate dal codice del consumo o da altre disposizioni più favorevoli per il consumatore.

(1) Articolo così modificato dall’articolo 142 del Codice del consumoche ha sostituito gli artt. da 1469-bis a 1969-sexies con il nuovo 1469-bis.
_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 29 settembre 2007, n. 20592 in Altalex Massimario.

[Art. 1469-ter. (1)
Accertamento della vessatorietà delle clausole.

(1) Articolo eliminato dall’articolo 142 del Codice del consumo che ha sostituito gli artt. da 1469-bis a 1969-sexies con il nuovo 1469-bis.

Art. 1469-quater. (1)
Forma e interpretazione.

(1) Articolo eliminato dall’articolo 142 del Codice del consumo che ha sostituito gli artt. da 1469-bis a 1969-sexies con il nuovo 1469-bis.

Art. 1469-quinquies. (1)
Inefficacia.

(1) Articolo eliminato dall’articolo 142 del Codice del consumo che ha sostituito gli artt. da 1469-bis a 1969-sexies con il nuovo 1469-bis.

Art. 1469-sexies. (1)
Azione inibitoria.

(1) Articolo eliminato dall’articolo 142 del Codice del consumo che ha sostituito gli artt. da 1469-bis a 1969-sexies con il nuovo 1469-bis.

Titolo III
Dei singoli contratti

CAPI

I – Della vendita (1470-1547)
II – Del riporto
 (1548-1551)
III – Della permuta
 (1552-1555)
IV – Del contratto estimatorio(1556-1558)
V – Della somministrazione
 (1559-1570)
VI – Della locazione
 (1571-1654)
VII- Dell’appalto
 (1655-1677)
VIII – Del trasporto
 (1678-1702)
IX – Del mandato
 (1703-1741)
X – Del contratto di agenzia(1741-1753)
XI – Della mediazione
 (1754-1765)
XII – Del deposito
 (1766-1797)
XIII – Del sequestro convenzionale
 (1798-1802)
XIV – Del comodato (1803-1812)
XV – Del mutuo
 (1813-1822)
XVI – Del conto corrente
 (1823-1833)
XVII – Dei contratti bancari(1834-1860)
XVIII – Della rendita perpetua(1861-1871)
XIX – Della rendita vitalizia
 (1872-1881)
XX – Dell’assicurazione
 (1882-1932)
XXI – Del giuoco e della scommessa
 (1933-1935)
XXII – Della fideiussione
 (1936-1957)
XXIII – Del mandato di credito(1958-1959)
XXIV – Dell’anticresi
 (1960-1964)
XXV – Della transazione
 (1965-1976)
XXVI – Della cessione dei beni ai creditori
 (1977-1986)

Capo I
Della vendita

Sezione I
Disposizioni generali

Art. 1470.
Nozione.

La vendita è il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o il trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. tributario, sentenza 6 maggio 2009, n. 10388 in Altalex Massimario.

Art. 1471.
Divieti speciali di comprare.

Non possono essere compratori nemmeno all’asta pubblica, né direttamente né per interposta persona:

1) gli amministratori dei beni dello Stato, dei comuni, delle province o degli altri enti pubblici, rispetto ai beni affidati alla loro cura;

2) gli ufficiali pubblici, rispetto ai beni che sono venduti per loro ministero;

3) coloro che per legge o per atto della pubblica autorità amministrano beni altrui, rispetto ai beni medesimi;

4) i mandatari, rispetto ai beni che sono stati incaricati di vendere, salvo il disposto dell’articolo 1395.

Nei primi due casi l’acquisto è nullo; negli altri è annullabile.

Art. 1472.
Vendita di cose future.

Nella vendita che ha per oggetto una cosa futura, l’acquisto della proprietà si verifica non appena la cosa viene ad esistenza. Se oggetto della vendita sono gli alberi o i frutti di un fondo, la proprietà si acquista quando gli alberi sono tagliati o i frutti sono separati.

Qualora le parti non abbiano voluto concludere un contratto aleatorio, la vendita è nulla, se la cosa non viene ad esistenza.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 12 ottobre 2009, n. 21607 in Altalex Massimario.

Art. 1473.
Determinazione del prezzo affidata a un terzo.

Le parti possono affidare la determinazione del prezzo a un terzo, eletto nel contratto o da eleggere posteriormente.

Se il terzo non vuole o non può accettare l’incarico, ovvero le parti non si accordano per la sua nomina o per la sua sostituzione, la nomina, su richiesta di una delle parti, è fatta dal presidente del tribunale del luogo in cui è stato concluso il contratto.

Art. 1474.
Mancanza di determinazione espressa del prezzo.

Se il contratto ha per oggetto cose che il venditore vende abitualmente e le parti non hanno determinato il prezzo , né hanno convenuto il modo di determinarlo, né esso è stabilito per atto della pubblica autorità , si presume che le parti abbiano voluto riferirsi al prezzo normalmente praticato dal venditore.

Se si tratta di cose aventi un prezzo di borsa o di mercato, il prezzo si desume dai listini o dalle mercuriali del luogo in cui deve essere eseguita la consegna o da quelli della piazza più vicina.

Qualora le parti abbiano inteso riferirsi al giusto prezzo, si applicano le disposizioni dei commi precedenti; e, quando non ricorrono i casi da essi previsti, il prezzo, in mancanza di accordo, è determinato da un terzo, nominato a norma del secondo comma dell’articolo precedente.

Art. 1475.
Spese della vendita.

Le spese del contratto di vendita e le altre accessorie sono a carico del compratore, se non è stato pattuito diversamente.

  • 1 – Delle obbligazioni del venditore

Art. 1476.
Obbligazioni principali del venditore.

Le obbligazioni principali del venditore sono:

1) quella di consegnare la cosa al compratore;

2) quella di fargli acquistare la proprietà della cosa o il diritto, se l’acquisto non è effetto immediato del contratto;

3) quella di garantire il compratore dall’evizione e dai vizi della cosa.

Art. 1477.
Consegna della cosa.

La cosa deve essere consegnata nello stato in cui si trovava al momento della vendita.

Salvo diversa volontà delle parti, la cosa deve essere consegnata insieme con gli accessori, le pertinenze e i frutti dal giorno della vendita.

Il venditore deve pure consegnare i titoli e i documenti relativi alla proprietà e all’uso della cosa venduta .

Art. 1478.
Vendita di cosa altrui.

Se al momento del contratto la cosa venduta non era di proprietà del venditore, questi è obbligato a procurarne l’acquisto al compratore.

Il compratore diventa proprietario nel momento in cui il venditore acquista la proprietà dal titolare di essa.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 23 novembre 2007, n. 24448in Altalex Massimario.

Art. 1479.
Buona fede del compratore.

Il compratore può chiedere la risoluzione del contratto , se, quando l’ha concluso, ignorava che la cosa non era di proprietà del venditore, e se frattanto il venditore non gliene ha fatto acquistare la proprietà.

Salvo il disposto dell’articolo 1223, il venditore è tenuto a restituire all’acquirente il prezzo pagato, anche se la cosa è diminuita di valore o è deteriorata; deve inoltre rimborsargli le spese e i pagamenti legittimamente fatti per il contratto. Se la diminuzione di valore o il deterioramento derivano da un fatto del compratore, dall’ammontare suddetto si deve detrarre l’utile che il compratore ne ha ricavato.

Il venditore è inoltre tenuto a rimborsare al compratore le spese necessarie e utili fatte per la cosa, e, se era in mala fede, anche quelle voluttuarie.

Vedi Marta Buffoni, Vendita di cose altrui: inadempiente doloso deve risarcire i danni imprevedibili, Tribunale Vercelli, sez. I, sentenza 27 novembre 2012.
_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 2 settembre 2008, n. 22033in Altalex Massimario.

Art. 1480.
Vendita di cosa parzialmente di altri.

Se la cosa che il compratore riteneva di proprietà del venditore era solo in parte di proprietà altrui, il compratore può chiedere la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno a norma dell’articolo precedente, quando deve ritenersi, secondo le circostanze, che non avrebbe acquistato la cosa senza quella parte di cui non è divenuto proprietario; altrimenti può solo ottenere una riduzione del prezzo, oltre al risarcimento del danno.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 2 settembre 2008, n. 22033in Altalex Massimario.

Art. 1481.
Pericolo di rivendica.

Il compratore può sospendere il pagamento del prezzo , quando ha ragione di temere che la cosa o una parte di essa possa essere rivendicata da terzi, salvo che il venditore presti idonea garanzia.

Il pagamento non può essere sospeso se il pericolo era noto al compratore al tempo della vendita.

Art. 1482.
Cosa gravata da garanzie reali o da altri vincoli
.

Il compratore può altresì sospendere il pagamento del prezzo, se la cosa venduta risulta gravata da garanzie reali o da vincoli derivanti da pignoramento o da sequestro, non dichiarati dal venditore e dal compratore stesso ignorati.

Egli può inoltre far fissare dal giudice un termine alla scadenza del quale, se la cosa non è liberata, il contratto è risolto con obbligo del venditore di risarcire il danno ai sensi dell’articolo 1479.

Se l’esistenza delle garanzie reali o dei vincoli sopra indicati era nota al compratore, questi non può chiedere la risoluzione del contratto, e il venditore è tenuto verso di lui solo per il caso di evizione.

Art. 1483.
Evizione totale della cosa.

Se il compratore subisce l’evizione totale della cosa per effetto di diritti che un terzo ha fatti valere su di essa , il venditore è tenuto a risarcirlo del danno a norma dell’articolo 1479.

Egli deve inoltre corrispondere al compratore il valore dei frutti che questi sia tenuto a restituire a colui dal quale è evitto, le spese che egli abbia fatte per la denunzia della lite e quelle che abbia dovuto rimborsare all’attore.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 25 settembre 2008, n. 24055 in Altalex Massimario.

Art. 1484.
Evizione parziale.

In caso di evizione parziale della cosa, si osservano le disposizioni dell’articolo 1480 e quella del secondo comma dell’articolo precedente.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 25 settembre 2008, n. 24055 in Altalex Massimario.

Art. 1485.
Chiamata in causa del venditore.

Il compratore convenuto da un terzo che pretende di avere diritti sulla cosa venduta, deve chiamare in causa il venditore. Qualora non lo faccia e sia condannato con sentenza passata in giudicato , perde il diritto alla garanzia, se il venditore prova che esistevano ragioni sufficienti per far respingere la domanda.

Il compratore che ha spontaneamente riconosciuto il diritto del terzo perde il diritto alla garanzia , se non prova che non esistevano ragioni sufficienti per impedire l’evizione.

Art. 1486.
Responsabilità limitata del venditore.

Se il compratore ha evitato la evizione della cosa mediante il pagamento di una somma di danaro, il venditore può liberarsi da tutte le conseguenze della garanzia col rimborso della somma pagata, degli interessi e di tutte le spese.

Art. 1487.
Modificazione o esclusione convenzionale della garanzia.

I contraenti possono aumentare o diminuire gli effetti della garanzia e possono altresì pattuire che il venditore non sia soggetto a garanzia alcuna.

Quantunque sia pattuita l’esclusione della garanzia, il venditore è sempre tenuto per l’evizione derivante da un fatto suo proprio. È nullo ogni patto contrario.

Art. 1488.
Effetti dell’esclusione della garanzia.

Quando è esclusa la garanzia, non si applicano le disposizioni degli articoli 1479 e 1480; se si verifica l’evizione, il compratore può pretendere dal venditore soltanto la restituzione del prezzo pagato e il rimborso delle spese.

Il venditore è esente anche da questo obbligo quando la vendita è stata convenuta a rischio e pericolo del compratore.

Art. 1489.
Cosa gravata da oneri o da diritti di godimento di terzi.

Se la cosa venduta è gravata da oneri o da diritti reali o personali non apparenti che ne diminuiscono il libero godimento e non sono stati dichiarati nel contratto , il compratore che non ne abbia avuto conoscenza può domandare la risoluzione del contratto oppure una riduzione del prezzo secondo la disposizione dell’articolo 1480.

Si osservano inoltre, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 1481, 1485, 1486, 1487 e 1488.

Art. 1490.
Garanzia per i vizi della cosa venduta
.

Il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all’uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore.

Il patto con cui si esclude o si limita la garanzia non ha effetto, se il venditore ha in mala fede taciuto al compratore i vizi della cosa.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 11 marzo 2008, n. 6466, Tribunale di Bari, sez. III civile, sentenza 30 settembre 2009, n. 2848e Cassazione Civile, sez. II, sentenza 12 dicembre 2009, n. 21621 in Altalex Massimario.

Art. 1491.
Esclusione della garanzia.

Non è dovuta la garanzia se al momento del contratto il compratore conosceva i vizi della cosa; parimenti non è dovuta, se i vizi erano facilmente riconoscibili, salvo, in questo caso, che il venditore abbia dichiarato che la cosa era esente da vizi.

Art. 1492.
Effetti della garanzia.

Nei casi indicati dall’articolo 1490 il compratore può domandare a sua scelta la risoluzione del contratto ovvero la riduzione del prezzo, salvo che, per determinati vizi, gli usi escludano la risoluzione.

La scelta è irrevocabile quando è fatta con la domanda giudiziale.

Se la cosa consegnata è perita in conseguenza dei vizi, il compratore ha diritto alla risoluzione del contratto; se invece è perita per caso fortuito o per colpa del compratore, o se questi l’ha alienata o trasformata, egli non può domandare che la riduzione del prezzo.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 21 maggio 2008, n. 12852, Cassazione Civile, sez. II, sentenza 18 maggio 2009, n. 11423 e Tribunale di Bari, sez. III civile, sentenza 30 settembre 2009, n. 2848in Altalex Massimario.

Art. 1493.
Effetti della risoluzione del contratto.

In caso di risoluzione del contratto il venditore deve restituire il prezzo e rimborsare al compratore le spese e i pagamenti legittimamente fatti per la vendita.

Il compratore deve restituire la cosa, se questa non è perita in conseguenza dei vizi.

Art. 1494.
Risarcimento del danno.

In ogni caso il venditore è tenuto verso il compratore al risarcimento del danno se non prova di avere ignorato senza colpa i vizi della cosa.

Il venditore deve altresì risarcire al compratore i danni derivati dai vizi della cosa.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 6 febbraio 2008, n. 2797, Cassazione Civile, sez. II, sentenza 18 maggio 2009, n. 11423 e Tribunale di Bari, sez. III civile, sentenza 30 settembre 2009, n. 2848in Altalex Massimario.

Art. 1495.
Termini e condizioni per l’azione.

Il compratore decade dal diritto alla garanzia , se non denunzia i vizi al venditore entro otto giorni dalla scoperta, salvo il diverso termine stabilito dalle parti o dalla legge.

La denunzia non è necessaria se il venditore ha riconosciuto l’esistenza del vizio o l’ha occultato.

L’azione si prescrive , in ogni caso, in un anno dalla consegna; ma il compratore che sia convenuto per l’esecuzione del contratto, può sempre far valere la garanzia, purché il vizio della cosa sia stato denunziato entro otto giorni dalla scoperta e prima del decorso dell’anno dalla consegna.

Art. 1496.
Vendita di animali.

Nella vendita di animali la garanzia per i vizi è regolata dalle leggi speciali o, in mancanza, dagli usi locali. Se neppure questi dispongono, si osservano le norme che precedono.

Art. 1497.
Mancanza di qualità.

Quando la cosa venduta non ha le qualità promesse ovvero quelle essenziali per l’uso a cui è destinata, il compratore ha diritto di ottenere la risoluzione del contratto secondo le disposizioni generali sulla risoluzione per inadempimento , purché il difetto di qualità ecceda i limiti di tolleranza stabiliti dagli usi.

Tuttavia il diritto di ottenere la risoluzione è soggetto alla decadenza e alla prescrizione stabilite dall’articolo 1495.

  • 2 – Delle obbligazioni del compratore

Art. 1498.
Pagamento del prezzo.

Il compratore è tenuto a pagare il prezzo nel termine e nel luogo fissati dal contratto.

In mancanza di pattuizione e salvi gli usi diversi, il pagamento deve avvenire al momento della consegna e nel luogo dove questa si esegue.

Se il prezzo non si deve pagare al momento della consegna, il pagamento si fa al domicilio del venditore.

Art. 1499.
Interessi compensativi sul prezzo.

Salvo diversa pattuizione, qualora la cosa venduta e consegnata al compratore produca frutti o altri proventi, decorrono gli interessi sul prezzo, anche se questo non è ancora esigibile.

  • 3 – Del riscatto convenzionale

Art. 1500.
Patto di riscatto.

Il venditore può riservarsi il diritto di riavere la proprietà della cosa venduta mediante la restituzione del prezzo e i rimborsi stabiliti dalle disposizioni che seguono.

Il patto di restituire un prezzo superiore a quello stipulato per la vendita è nullo per l’eccedenza.

Art. 1501.
Termini.

Il termine per il riscatto non può essere maggiore di due anni nella vendita di beni mobili e di cinque anni in quella di beni immobili. Se le parti stabiliscono un termine maggiore, esso si riduce a quello legale.

Il termine stabilito dalla legge è perentorio e non si può prorogare.

Art. 1502.
Obblighi del riscattante.

Il venditore che esercita il diritto di riscatto è tenuto a rimborsare al compratore il prezzo, le spese e ogni altro pagamento legittimamente fatto per la vendita , le spese per le riparazioni necessarie e, nei limiti dell’aumento, quelle che hanno aumentato il valore della cosa.

Fino al rimborso delle spese necessarie e utili, il compratore ha diritto di ritenere la cosa. Il giudice tuttavia, per il rimborso delle spese utili, può accordare una dilazione disponendo, se occorrono, le opportune cautele.

Art. 1503.
Esercizio del riscatto.

Il venditore decade dal diritto di riscatto , se entro il termine fissato non comunica al compratore la dichiarazione di riscatto e non gli corrisponde le somme liquide dovute per il rimborso del prezzo, delle spese e di ogni altro pagamento legittimamente fatto per la vendita.

Se il compratore rifiuta di ricevere il pagamento di tali rimborsi, il venditore decade dal diritto di riscatto, qualora non ne faccia offerta reale entro otto giorni dalla scadenza del termine.

Nella vendita di beni immobili la dichiarazione di riscatto deve essere fatta per iscritto, sotto pena di nullità.

Art. 1504.
Effetti del riscatto rispetto ai subacquirenti.

Il venditore che ha legittimamente esercitato il diritto di riscatto nei confronti del compratore può ottenere il rilascio della cosa anche dai successivi acquirenti, purché il patto sia ad essi opponibile.

Se l’alienazione è stata notificata al venditore, il riscatto deve essere esercitato in confronto del terzo acquirente.

Art. 1505.
Diritti costituiti dal compratore sulla cosa.

Il venditore che ha esercitato il diritto di riscatto riprende la cosa esente dai pesi e dalle ipoteche da cui sia stata gravata; ma è tenuto a mantenere le locazioni fatte senza frode, purché abbiano data certa e siano state convenute per un tempo non superiore ai tre anni.

Art. 1506.
Riscatto di parte indivisa.

In caso di vendita con patto di riscatto di una parte indivisa di una cosa, il comproprietario che chiede la divisione deve proporre la domanda anche in confronto del venditore .

Se la cosa non è comodamente divisibile e si fa luogo all’incanto, il venditore che non ha esercitato il riscatto anteriormente all’aggiudicazione decade da tale diritto, anche se aggiudicatario sia lo stesso compratore.

Art. 1507.
Vendita congiuntiva di cosa indivisa.

Se più persone hanno venduto congiuntamente, mediante un solo contratto, una cosa indivisa, ciascuna può esercitare il diritto di riscatto solo sopra la quota che le spettava.

La medesima disposizione si osserva se il venditore ha lasciato più eredi.

Il compratore, nei casi sopra espressi, può esigere che tutti i venditori o tutti i coeredi esercitino congiuntamente il diritto di riscatto dell’intera cosa; se essi non si accordano, il riscatto può esercitarsi soltanto da parte di colui o di coloro che offrono di riscattare la cosa per intero.

Art. 1508.
Vendita separata di cosa indivisa.

Se i comproprietari di una cosa non l’hanno venduta congiuntamente e per intero, ma ciascuno ha venduto la sola sua quota, essi possono separatamente esercitare il diritto di riscatto sopra la quota che loro spettava, e il compratore non può valersi della facoltà prevista dall’ultimo comma dell’articolo precedente.

Art. 1509.
Riscatto contro gli eredi del compratore.

Qualora il compratore abbia lasciato più eredi, il diritto di riscatto si può esercitare contro ciascuno di essi solo per la parte che gli spetta, anche quando la cosa venduta è tuttora indivisa.

Se l’eredità è stata divisa e la cosa venduta è stata assegnata a uno degli eredi, il diritto di riscatto non può esercitarsi contro di lui che per la totalità.

Sezione II
Della vendita di cose mobili

  • 1 – Disposizioni generali

Art. 1510.
Luogo della consegna.

In mancanza di patto o di uso contrario, la consegna della cosa deve avvenire nel luogo dove questa si trovava al tempo della vendita, se le parti ne erano a conoscenza, ovvero nel luogo dove il venditore aveva il suo domicilio o la sede dell’impresa.

Salvo patto o uso contrario, se la cosa venduta deve essere trasportata da un luogo all’altro , il venditore si libera dall’obbligo della consegna rimettendo la cosa al vettore o allo spedizioniere; le spese del trasporto sono a carico del compratore.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 28 marzo 2008, n. 8063 in Altalex Massimario.

Art. 1511.
Denunzia nella vendita di cose da trasportare.

Nella vendita di cose da trasportare da un luogo a un altro, il termine per la denunzia dei vizi e dei difetti di qualità apparenti decorre dal giorno del ricevimento.

Art. 1512.
Garanzia di buon funzionamento.

Se il venditore ha garantito per un tempo determinato il buon funzionamento della cosa venduta, il compratore, salvo patto contrario, deve denunziare al venditore il difetto di funzionamento entro trenta giorni dalla scoperta, sotto pena di decadenza. L’azione si prescrive , in sei mesi dalla scoperta.

Il giudice, secondo le circostanze, può assegnare al venditore un termine per sostituire o riparare la cosa in modo da assicurarne il buon funzionamento, salvo il risarcimento dei danni.

Sono salvi gli usi i quali stabiliscono che la garanzia di buon funzionamento è dovuta anche in mancanza di patto espresso.

Art. 1513.
Accertamento dei difetti.

In caso di divergenza sulla qualità o condizione della cosa, il venditore o il compratore possono chiederne la verifica nei modi stabiliti dall’articolo 696 del codice di procedura civile. Il giudice, su istanza della parte interessata, può ordinare il deposito o il sequestro della cosa stessa, nonché la vendita per conto di chi spetta , determinandone le condizioni.

La parte che non ha chiesto la verifica della cosa, deve, in caso di contestazione, provarne rigorosamente l’identità e lo stato.

Art. 1514.
Deposito della cosa venduta.

Se il compratore non si presenta per ricevere la cosa acquistata, il venditore può depositarla, per conto e a spese del compratore medesimo, in un locale di pubblico deposito, oppure in altro locale idoneo determinato dal tribunale del luogo in cui la consegna doveva essere fatta.

Il venditore deve dare al compratore pronta notizia del deposito eseguito.

Art. 1515.
Esecuzione coattiva per inadempimento del compratore.

Se il compratore non adempie l’obbligazione di pagare il prezzo, il venditore può far vendere senza ritardo la cosa per conto e a spese di lui.

La vendita è fatta all’incanto a mezzo di una persona autorizzata a tali atti, o, in mancanza di essa nel luogo in cui la vendita deve essere eseguita, a mezzo di un ufficiale giudiziario. Il venditore deve dare tempestiva notizia al compratore del giorno, del luogo e dell’ora in cui la vendita sarà eseguita.

Se la cosa ha un prezzo corrente, stabilito per atto della pubblica autorità, ovvero risultante da listini di borsa o da mercuriali , la vendita può essere fatta senza incanto, al prezzo corrente, a mezzo delle persone indicate nel comma precedente o di un commissario nominato dal tribunale. In tal caso il venditore deve dare al compratore pronta notizia della vendita.

Il venditore ha diritto alla differenza tra il prezzo convenuto e il ricavo netto della vendita, oltre al risarcimento del maggior danno.

Art. 1516.
Esecuzione coattiva per inadempimento del venditore.

Se la vendita ha per oggetto cose fungibili che hanno un prezzo corrente a norma del terzo comma dell’articolo precedente, e il venditore non adempie la sua obbligazione , il compratore può fare acquistare senza ritardo le cose, a spese del venditore, a mezzo di una delle persone indicate nel secondo e terzo comma dell’articolo precedente. Dell’acquisto il compratore deve dare pronta notizia al venditore.

Il compratore ha diritto alla differenza tra l’ammontare della spesa occorsa per l’acquisto e il prezzo convenuto, oltre al risarcimento del maggior danno.

Art. 1517.
Risoluzione di diritto.

La risoluzione ha luogo di diritto a favore del contraente che, prima della scadenza del termine stabilito, abbia offerto all’altro, nelle forme di uso, la consegna della cosa o il pagamento del prezzo, se l’altra parte non adempie la propria obbligazione.

La risoluzione di diritto ha luogo pure a favore del venditore, se, alla scadenza del termine stabilito per la consegna, il compratore, la cui obbligazione di pagare il prezzo non sia scaduta, non si presenta per ricevere la cosa preventivamente offerta, ovvero non l’accetta.

Il contraente che intende valersi della risoluzione disposta dal presente articolo deve darne comunicazione all’altra parte entro otto giorni dalla scadenza del termine; in mancanza di tale comunicazione, si osservano le disposizioni generali sulla risoluzione per inadempimento.

Art. 1518.
Normale determinazione del risarcimento.

Se la vendita ha per oggetto una cosa che ha un prezzo corrente a norma del terzo comma dell’articolo 1515, e il contratto si risolve per l’inadempimento di una delle parti , il risarcimento è costituito dalla differenza tra il prezzo convenuto e quello corrente nel luogo e nel giorno in cui si doveva fare la consegna, salva la prova di un maggior danno.

Nella vendita a esecuzione periodica, la liquidazione del danno si determina sulla base dei prezzi correnti nel luogo e nel giorno fissati per le singole consegne.

Art. 1519.
Restituzione di cose non pagate.

Se la vendita è stata fatta senza dilazione per il pagamento del prezzo, il venditore, in mancanza di pagamento, può riprendere il possesso delle cose vendute, finché queste si trovano presso il compratore, purché la domanda sia proposta entro quindici giorni dalla consegna e le cose si trovino nello stato in cui erano al tempo della consegna stessa.

Il diritto di riprendere il possesso delle cose non si può esercitare in pregiudizio dei privilegi previsti dagli articoli 2764 e 2765, salvo che si provi che il creditore, al tempo dell’introduzione di esse nella casa o nel fondo locato ovvero nel fondo concesso a mezzadria o a colonia, conosceva che il prezzo era ancora dovuto.

La disposizione del comma precedente si applica anche a favore dei creditori del compratore che abbiano sequestrato o pignorato le cose, a meno che si provi che essi, al momento del sequestro o del pignoramento, conoscevano che il prezzo era ancora dovuto .

[§ 1-bis – Della vendita dei beni di consumo (1)

Art. 1519bis-1519nonies]

(1) Paragrafo abrogato dal Codice del Consumo (D.lgs. 206/2005).

Art. 1520.
Vendita con riserva di gradimento.

Quando si vendono cose con riserva di gradimento da parte del compratore, la vendita non si perfeziona fino a che il gradimento non sia comunicato al venditore.

Se l’esame della cosa deve farsi presso il venditore, questi è liberato, qualora il compratore non vi proceda nel termine stabilito dal contratto o dagli usi, o, in mancanza, in un termine congruo fissato dal venditore.

Se la cosa si trova presso il compratore e questi non si pronunzia nel termine sopra indicato, la cosa si considera di suo gradimento.

Art. 1521.
Vendita a prova.

La vendita a prova si presume fatta sotto la condizione sospensiva che la cosa abbia le qualità pattuite o sia idonea all’uso a cui è destinata.

La prova si deve eseguire nel termine e secondo le modalità stabiliti dal contratto o dagli usi.

Art. 1522.
Vendita su campione e su tipo di campione.

Se la vendita è fatta sul campione, s’intende che questo deve servire come esclusivo paragone per la qualità della merce, e in tal caso qualsiasi difformità attribuisce al compratore il diritto alla risoluzione del contratto.

Qualora, però, dalla convenzione o dagli usi risulti che il campione deve servire unicamente a indicare in modo approssimativo la qualità, si può domandare la risoluzione soltanto se la difformità dal campione sia notevole.

In ogni caso l’azione è soggetta alla decadenza e alla prescrizione stabilite dall’articolo 1495.

  • 3 – Della vendita con riserva della proprietà

Art. 1523.
Passaggio della proprietà e dei rischi.

Nella vendita a rate con riserva della proprietà , il compratore acquista la proprietà della cosa col pagamento dell’ultima rata di prezzo , ma assume i rischi dal momento della consegna.

Art. 1524.
Opponibilità della riserva di proprietà nei confronti di terzi.

La riserva della proprietà è opponibile ai creditori del compratore, solo se risulta da atto scritto avente data certa anteriore al pignoramento.

Se la vendita ha per oggetto macchine e il prezzo è superiore agli € 15,49 la riserva della proprietà è opponibile anche al terzo acquirente, purché il patto di riservato dominio sia trascritto in apposito registro tenuto nella cancelleria del tribunale nella giurisdizione del quale è collocata la macchina, e questa quando è acquistata dal terzo, si trovi ancora nel luogo dove la trascrizione è stata eseguita.

Sono salve le disposizioni relative ai beni mobili iscritti in pubblici registri.

Art. 1525.
Inadempimento del compratore.

Nonostante patto contrario, il mancato pagamento di una sola rata, che non superi l’ottava parte del prezzo, non dà luogo alla risoluzione del contratto, e il compratore conserva il beneficio del termine relativamente alle rate successive.

Art. 1526.
Risoluzione del contratto.

Se la risoluzione del contratto ha luogo per l’inadempimento del compratore, il venditore deve restituire le rate riscosse , salvo il diritto a un equo compenso per l’uso della cosa, oltre al risarcimento del danno .

Qualora si sia convenuto che le rate pagate restino acquisite al venditore a titolo d’indennità , il giudice secondo le circostanze, può ridurre l’indennità convenuta.

La stessa disposizione si applica nel caso in cui il contratto sia configurato come locazione, e sia convenuto che, al termine di esso, la proprietà della cosa sia acquisita al conduttore per effetto del pagamento dei canoni pattuiti.

  • 4 – Della vendita su documenti e con pagamento contro documenti

Art. 1527.
Consegna.

Nella vendita su documenti, il venditore si libera dall’obbligo della consegna rimettendo al compratore il titolo rappresentativo della merce e gli altri documenti stabiliti dal contratto o, in mancanza, dagli usi.

Art. 1528.
Pagamento del prezzo.

Salvo patto o usi contrari, il pagamento del prezzo e degli accessori deve eseguirsi nel momento e nel luogo in cui avviene la consegna dei documenti indicati dall’articolo precedente.

Quando i documenti sono regolari, il compratore non può rifiutare il pagamento del prezzo adducendo eccezioni relative alla qualità e allo stato delle cose , a meno che queste risultino già dimostrate.

Art. 1529.
Rischi.

Se la vendita ha per oggetto cose in viaggio e tra i documenti consegnati al compratore è compresa la polizza di assicurazione per i rischi del trasporto , sono a carico del compratore i rischi a cui si trova esposta la merce dal momento della consegna al vettore .

Questa disposizione non si applica se il venditore al tempo del contratto era a conoscenza della perdita o dell’avaria della merce, e le ha in mala fede taciute al compratore.

Art. 1530.
Pagamento contro documenti a mezzo di banca.

Quando il pagamento del prezzo deve avvenire a mezzo di una banca, il venditore non può rivolgersi al compratore se non dopo il rifiuto opposto dalla banca stessa e constatato all’atto della presentazione dei documenti nelle forme stabilite dagli usi.

La banca che ha confermato il credito al venditore può opporgli solo le eccezioni derivanti dall’incompletezza o irregolarità dei documenti e quelle relative al rapporto di conferma del credito.

  • 5 – Della vendita a termine di titoli di credito

Art. 1531.
Interessi, dividendi e diritto di voto.

Nella vendita a termine di titoli di credito , gli interessi e i dividendi esigibili dopo la conclusione del contratto e prima della scadenza del termine, se riscossi dal venditore, sono accreditati al compratore.

Qualora la vendita abbia per oggetto titoli azionari il diritto di voto , spetta al venditore fino al momento della consegna.

Art. 1532.
Diritto di opzione.

Il diritto di opzione inerente ai titoli venduti a termine spetta al compratore.

Il venditore, qualora il compratore gliene faccia richiesta in tempo utile, deve mettere il compratore in grado di esercitare il diritto di opzione, oppure deve esercitarlo per conto del compratore, se questi gli ha fornito i fondi necessari.

In mancanza di richiesta da parte del compratore, il venditore deve curare la vendita dei diritti di opzione per conto del compratore, a mezzo di un agente di cambio o di un istituto di credito.

Art. 1533.
Estrazione per premi o rimborsi.

Se i titoli venduti a termine sono soggetti a estrazione per premi o rimborsi, i diritti e gli oneri derivanti dall’estrazione spettano al compratore, qualora la conclusione del contratto sia anteriore al giorno stabilito per l’inizio dell’estrazione .

Il venditore, al solo effetto indicato dal comma precedente, deve comunicare per iscritto al compratore una distinta numerica dei titoli almeno un giorno prima dell’inizio dell’estrazione.

In mancanza di tale comunicazione, il compratore ha facoltà di acquistare, a spese del venditore, i diritti spettanti a una quantità corrispondente di titoli, dandone comunicazione al venditore prima dell’inizio dell’estrazione.

Art. 1534.
Versamenti richiesti sui titoli.

Il compratore deve fornire al venditore, almeno due giorni prima della scadenza, le somme necessarie per eseguire i versamenti richiesti sui titoli non liberati.

Art. 1535.
Proroga dei contratti a termine.

Se alla scadenza del termine le parti convengono di prorogare l’esecuzione del contratto, è dovuta la differenza tra il prezzo originario e quello corrente nel giorno della scadenza, salva l’osservanza degli usi diversi.

Art. 1536.
Inadempimento.

In caso d’inadempimento della vendita a termine di titoli, si osservano le norme degli articoli 1515 e 1516, salva, per i contratti di borsa, l’applicazione delle leggi speciali.

Sezione III
Della vendita di cose immobili

Art. 1537.
Vendita a misura.

Quando un determinato immobile è venduto con l’indicazione della sua misura e per un prezzo stabilito in ragione di un tanto per ogni unità di misura, il compratore ha diritto a una riduzione, se la misura effettiva dell’immobile è inferiore a quella indicata nel contratto.

Se la misura risulta superiore a quella indicata nel contratto, il compratore deve corrispondere il supplemento del prezzo, ma ha facoltà di recedere dal contratto qualora l’eccedenza oltrepassi la ventesima parte della misura dichiarata.

Art. 1538.
Vendita a corpo.

Nei casi in cui il prezzo è determinato in relazione al corpo dell’immobile e non alla sua misura , sebbene questa sia stata indicata, non si fa luogo a diminuzione o a supplemento di prezzo, salvo che la misura reale sia inferiore o superiore di un ventesimo rispetto a quella indicata nel contratto.

Nel caso in cui dovrebbe pagarsi un supplemento di prezzo, il compratore ha la scelta di recedere dal contratto o di corrispondere il supplemento.

Art. 1539.
Recesso dal contratto.

Quando il compratore esercita il diritto di recesso, il venditore è tenuto a restituire il prezzo e a rimborsare le spese del contratto .

Art. 1540.
Vendita cumulativa di più immobili.

Se due o più immobili sono stati venduti con lo stesso contratto per un solo e medesimo prezzo, con l’indicazione della misura di ciascuno di essi, e si trova che la quantità è minore nell’uno e maggiore nell’altro, se ne fa la compensazione fino alla debita concorrenza; il diritto al supplemento o alla diminuzione del prezzo spetta in conformità delle disposizioni sopra stabilite.

Art. 1541.
Prescrizione.

Il diritto del venditore al supplemento e quello del compratore alla diminuzione del prezzo o al recesso dal contratto si prescrivono in un anno dalla consegna dell’immobile.

Sezione IV
Della vendita di eredità

Art. 1542.
Garanzia.

Chi vende un’eredità senza specificarne gli oggetti non è tenuto a garantire che la propria qualità di erede.

Art. 1543.
Forme.

La vendita di eredità deve farsi per atto scritto, sotto pena di nullità.

Il venditore è tenuto a prestarsi agli atti che sono necessari da parte sua per rendere efficace, di fronte ai terzi, la trasmissione di ciascuno dei diritti compresi nell’eredità.


  1. Obblighi del venditore.

Se il venditore ha percepito i frutti di qualche bene o riscosso qualche credito ereditario, ovvero ha venduto qualche bene dell’eredità, è tenuto a rimborsare il compratore, salvo patto contrario.

Art. 1545.
Obblighi del compratore.

Il compratore deve rimborsare il venditore di quanto questi ha pagato per debiti e pesi dell’eredità, e deve corrispondergli quanto gli sarebbe dovuto dall’eredità medesima, salvo che sia convenuto diversamente.

Art. 1546.
Responsabilità per debiti ereditari.

Il compratore, se non vi è patto contrario, è obbligato in solido col venditore a pagare i debiti ereditari .

Art. 1547.
Altre forme di alienazione di eredità.

Le disposizioni precedenti si applicano alle altre forme di alienazione di un’eredità a titolo oneroso.

Nelle alienazioni a titolo gratuito la garanzia è regolata dall’articolo 797.

Capo II
Del riporto

Art. 1548.
Nozione.

Il riporto è il contratto per il quale il riportato trasferisce in proprietà al riportatore titoli di credito di una data specie per un determinato prezzo, e il riportatore assume l’obbligo di trasferire al riportato, alla scadenza del termine stabilito , la proprietà di altrettanti titoli della stessa specie, verso rimborso del prezzo, che può essere aumentato o diminuito nella misura convenuta .

Art. 1549.
Perfezione del contratto.

Il contratto si perfeziona con la consegna dei titoli.

Art. 1550.
Diritti accessori e obblighi inerenti ai titoli.

I diritti accessori e gli obblighi inerenti ai titoli dati a riporto spettano al riportato. Si applicano le disposizioni degli articoli 1531, 1532, 1533 e 1534.

Il diritto di voto , salvo patto contrario, spetta al riportatore.

Art. 1551.
Inadempimento.

In caso di inadempimento di una delle parti , si osservano le disposizioni degli articoli 1515 e 1516, salva per i contratti di borsa l’applicazione delle leggi speciali .

Se entrambe le parti non adempiono le proprie obbligazioni nel termine stabilito, il riporto cessa di avere effetto, e ciascuna parte ritiene ciò che ha ricevuto al tempo della stipulazione del contratto.

Capo III
Della permuta

Art. 1552.
Nozione.

La permuta è il contratto che ha per oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di cose, o di altri diritti, da un contraente all’altro .

Art. 1553.
Evizione.

Il permutante, se ha sofferto l’evizione e non intende riavere la cosa data, ha diritto al valore della cosa evitta, secondo le norme stabilite per la vendita , salvo in ogni caso il risarcimento del danno .

Art. 1554.
Spese della permuta.

Salvo patto contrario, le spese della permuta e le altre accessorie sono a carico di entrambi i contraenti in parti uguali .

Art. 1555.
Applicabilità delle norme sulla vendita.

Le norme stabilite per la vendita si applicano alla permuta, in quanto siano con questa compatibili.

Capo IV
Del contratto estimatorio

Art. 1556.
Nozione.

Con il contratto estimatorio una parte consegna una o più cose mobili all’altra e questa si obbliga a pagare il prezzo, salvo che restituisca le cose nel termine stabilito.

Art. 1557.
Impossibilità di restituzione.

Chi ha ricevuto le cose non è liberato dall’obbligo di pagarne il prezzo, se la restituzione di esse nella loro integrità è divenuta impossibile per causa a lui non imputabile .

Art. 1558.
Disponibilità delle cose.

Sono validi gli atti di disposizione compiuti da chi ha ricevuto le cose; ma i suoi creditori non possono sottoporle a pignoramento o a sequestro finché non ne sia stato pagato il prezzo .

Colui che ha consegnato le cose non può disporne fino a che non gli siano restituite.

Capo V
Della somministrazione

Art. 1559.
Nozione.

La somministrazione è il contratto con il quale una parte si obbliga, verso corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore dell’altra, prestazioni periodiche o continuative di cose .

Art. 1560.
Entità della somministrazione.

Qualora non sia determinata l’entità della somministrazione, s’intende pattuita quella corrispondente al normale fabbisogno della parte che vi ha diritto, avuto riguardo al tempo della conclusione del contratto .

Se le parti hanno stabilito soltanto il limite massimo e quello minimo per l’intera somministrazione o per le singole prestazioni, spetta all’avente diritto alla somministrazione di stabilire, entro i limiti suddetti, il quantitativo dovuto.

Se l’entità della somministrazione deve determinarsi in relazione al fabbisogno ed è stabilito un quantitativo minimo, l’avente diritto alla somministrazione è tenuto per la quantità corrispondente al fabbisogno se questo supera il minimo stesso.

Art. 1561.
Determinazione del prezzo.

Nella somministrazione a carattere periodico, se il prezzo deve essere determinato secondo le norme dell’articolo 1474, si ha riguardo al tempo della scadenza delle singole prestazioni e al luogo in cui queste devono essere eseguite.

Art. 1562.
Pagamento del prezzo.

Nella somministrazione a carattere periodico il prezzo è corrisposto all’atto delle singole prestazioni e in proporzione di ciascuna di esse.

Nella somministrazione a carattere continuativo il prezzo è pagato secondo le scadenze d’uso.

Art. 1563.
Scadenza delle singole prestazioni.

Il termine stabilito per le singole prestazioni si presume pattuito nell’interesse di entrambe le parti .

Se l’avente diritto alla somministrazione ha la facoltà di fissare la scadenza delle singole prestazioni, egli deve comunicarne la data al somministrante con un congruo preavviso.

Art. 1564.
Risoluzione del contratto.

In caso d’inadempimento di una delle parti relativo a singole prestazioni, l’altra può chiedere la risoluzione del contratto, se l’inadempimento ha una notevole importanza ed è tale da menomare la fiducia nell’esattezza dei successivi adempimenti .

Art. 1565.
Sospensione della somministrazione.

Se la parte che ha diritto alla somministrazione è inadempiente e l’inadempimento è di lieve entità , il somministrante non può sospendere l’esecuzione del contratto senza dare congruo preavviso.

Art. 1566.
Patto di preferenza.

Il patto con cui l’avente diritto alla somministrazione si obbliga a dare la preferenza al somministrante nella stipulazione di un successivo contratto per lo stesso oggetto, è valido purché la durata dell’obbligo non ecceda il termine di cinque anni. Se è convenuto un termine maggiore, questo si riduce a cinque anni .

L’avente diritto alla somministrazione deve comunicare al somministrante le condizioni propostegli da terzi e il somministrante deve dichiarare, sotto pena di decadenza, nel termine stabilito o, in mancanza, in quello richiesto dalle circostanze o dagli usi, se intende valersi del diritto di preferenza.

Art. 1567.
Esclusiva a favore del somministrante.

Se nel contratto è pattuita la clausola di esclusiva a favore del somministrante, l’altra parte non può ricevere da terzi prestazioni della stessa natura, né, salvo patto contrario, può provvedere con mezzi propri alla produzione delle cose che formano oggetto del contratto .

Art. 1568.
Esclusiva a favore dell’avente diritto alla somministrazione.

Se la clausola di esclusiva è pattuita a favore dell’avente diritto alla somministrazione, il somministrante non può compiere nella zona per cui l’esclusiva è concessa e per la durata del contratto, né direttamente né indirettamente, prestazioni della stessa natura di quelle che formano oggetto del contratto.

L’avente diritto alla somministrazione, che assume l’obbligo di promuovere, nella zona assegnatagli, la vendita delle cose di cui ha l’esclusiva, risponde dei danni in caso di inadempimento a tale obbligo, anche se ha eseguito il contratto rispetto al quantitativo minimo che sia stato fissato.

Art. 1569.
Contratto a tempo indeterminato.

Se la durata della somministrazione non è stabilita, ciascuna delle parti può recedere dal contratto , dando preavviso nel termine pattuito o in quello stabilito dagli usi o, in mancanza, in un termine congruo avuto riguardo alla natura della somministrazione.

Art. 1570.
Rinvio.

Si applicano alla somministrazione, in quanto compatibili con le disposizioni che precedono, anche le regole che disciplinano il contratto a cui corrispondono le singole prestazioni .

Capo VI
Della locazione

Sezione I
Disposizioni generali

Art. 1571.
Nozione.

La locazione è il contratto col quale una parte si obbliga a far godere all’altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo.

Art. 1572.
Locazioni e anticipazioni eccedenti l’ordinaria amministrazione.

Il contratto di locazione per una durata superiore a nove anni è atto eccedente l’ordinaria amministrazione.

Sono altresì atti eccedenti l’ordinaria amministrazione le anticipazioni del corrispettivo della locazione per una durata superiore a un anno.

Art. 1573.
Durata della locazione.

Salvo diverse norme di legge , la locazione non può stipularsi per un tempo eccedente i trenta anni. Se stipulata per un periodo più lungo o in perpetuo, è ridotta al termine suddetto.

Art. 1574.
Locazione senza determinazione di tempo.

Quando le parti non hanno determinato la durata della locazione, questa s’intende convenuta:

1) se si tratta di case senza arredamento di mobili o di locali per l’esercizio di una professione, di un’industria o di un commercio, per la durata di un anno, salvi gli usi locali;

2) se si tratta di camere o di appartamenti mobiliati, per la durata corrispondente all’unità di tempo a cui è commisurata la pigione;

3) se si tratta di cose mobili, per la durata corrispondente all’unità di tempo a cui è commisurato il corrispettivo;

4) se si tratta di mobili forniti dal locatore per l’arredamento di un fondo urbano, per la durata della locazione del fondo stesso.

Art. 1575.
Obbligazioni principali del locatore.

Il locatore deve:

1) consegnare al conduttore la cosa locata in buono stato di manutenzione;

2) mantenerla in istato da servire all’uso convenuto;

3) garantirne il pacifico godimento durante la locazione.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 23 aprile 2008, n. 10593 e Cassazione Civile, sez. III, sentenza 13 maggio 2008, n. 11903 in Altalex Massimario.

Art. 1576.
Mantenimento della cosa in buono stato locativo
.

Il locatore deve eseguire, durante la locazione tutte le riparazioni necessarie , eccettuate quelle di piccola manutenzione che sono a carico del conduttore.

Se si tratta di cose mobili, le spese di conservazione e di ordinaria manutenzione sono, salvo patto contrario, a carico del conduttore.

Art. 1577.
Necessità di riparazioni.

Quando la cosa locata abbisogna di riparazioni che non sono a carico del conduttore, questi è tenuto a darne avviso al locatore.

Se si tratta di riparazioni urgenti, il conduttore può eseguirle direttamente, salvo rimborso, purché ne dia contemporaneamente avviso al locatore.

Art. 1578.
Vizi della cosa locata.

Se al momento della consegna la cosa locata è affetta da vizi che ne diminuiscono in modo apprezzabile l’idoneità all’uso pattuito, il conduttore può domandare la risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo, salvo che si tratti di vizi da lui conosciuti o facilmente riconoscibili.

Il locatore è tenuto a risarcire al conduttore i danni derivati da vizi della cosa, se non prova di avere senza colpa ignorato i vizi stessi al momento della consegna.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 23 aprile 2008, n. 10593, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 9 maggio 2008, n. 11514 e Cassazione Civile, sez. III, sentenza 24 febbraio 2010, n. 4495 in Altalex Massimario.

Art. 1579.
Limitazioni convenzionali della responsabilità.

Il patto con cui si esclude o si limita la responsabilità del locatore per i vizi della cosa non ha effetto, se il locatore li ha in mala fede taciuti al conduttore oppure se i vizi sono tali da rendere impossibile il godimento della cosa.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 29 settembre 2007, n. 20592 in Altalex Massimario.

Art. 1580.
Cose pericolose per la salute
.

Se i vizi della cosa o di parte notevole di essa espongono a serio pericolo la salute del conduttore o dei suoi familiari o dipendenti, il conduttore può ottenere la risoluzione del contratto, anche se i vizi gli erano noti, nonostante qualunque rinunzia.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 30 ottobre 2007, n. 22886in Altalex Massimario.

Art. 1581.
Vizi sopravvenuti.

Le disposizioni degli articoli precedenti si osservano, in quanto applicabili, anche nel caso di vizi della cosa sopravvenuti nel corso della locazione.

Art. 1582.
Divieto d’innovazione.

Il locatore non può compiere sulla cosa innovazioni che diminuiscano il godimento da parte del conduttore.

Art. 1583.
Mancato godimento per riparazioni urgenti.

Se nel corso della locazione la cosa abbisogna di riparazioni che non possono differirsi fino al termine del contratto, il conduttore deve tollerarle anche quando importano privazione del godimento di parte della cosa locata.

Art. 1584.
Diritti del conduttore in caso di riparazioni.

Se l’esecuzione delle riparazioni si protrae per oltre un sesto della durata della locazione e, in ogni caso, per oltre venti giorni, il conduttore ha diritto a una riduzione del corrispettivo, proporzionata all’intera durata delle riparazioni stesse e all’entità del mancato godimento.

Indipendentemente dalla sua durata, se l’esecuzione delle riparazioni rende inabitabile quella parte della cosa che è necessaria per l’alloggio del conduttore e della sua famiglia, il conduttore può ottenere, secondo le circostanze, lo scioglimento del contratto.

Art. 1585.
Garanzia per molestie.

Il locatore è tenuto a garantire il conduttore dalle molestie che diminuiscono l’uso o il godimento della cosa, arrecate da terzi che pretendono di avere diritti sulla cosa medesima.

Non è tenuto a garantirlo dalle molestie di terzi che non pretendono di avere diritti, salva al conduttore la facoltà di agire contro di essi in nome proprio.

Art. 1586.
Pretese da parte di terzi.

Se i terzi che arrecano le molestie pretendono di avere diritti sulla cosa locata, il conduttore è tenuto a darne pronto avviso al locatore, sotto pena del risarcimento dei danni.

Se i terzi agiscono in via giudiziale, il locatore è tenuto ad assumere la lite, qualora sia chiamato nel processo. Il conduttore deve esserne estromesso con la semplice indicazione del locatore, se non ha interesse a rimanervi.

Art. 1587.
Obbligazioni principali del conduttore
.

Il conduttore deve:

1) prendere in consegna la cosa e osservare la diligenza del buon padre di famiglia nel servirsene per l’uso determinato nel contratto o per l’uso che può altrimenti presumersi dalle circostanze;

2) dare il corrispettivo nei termini convenuti.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 9 maggio 2007, n. 10562 e Cassazione Civile, sez. III, sentenza 11 maggio 2007, n. 10838 in Altalex Massimario.

Art. 1588.
Perdita e deterioramento della cosa locata.

Il conduttore risponde della perdita e del deterioramento della cosa che avvengono nel corso della locazione, anche se derivanti da incendio, qualora non provi che siano accaduti per causa a lui non imputabile.

È pure responsabile della perdita e del deterioramento cagionati da persone che egli ha ammesse, anche temporaneamente, all’uso o al godimento della cosa.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 20 marzo 2009, n. 6888 in Altalex Massimario.

Art. 1589.
Incendio di cosa assicurata.

Se la cosa distrutta o deteriorata per incendio era stata assicurata dal locatore o per conto di questo , la responsabilità del conduttore verso il locatore è limitata alla differenza tra l’indennizzo corrisposto dall’assicuratore e il danno effettivo.

Quando si tratta di cosa mobile stimata e l’assicurazione è stata fatta per valore uguale alla stima, cessa ogni responsabilità del conduttore in confronto del locatore, se questi è indennizzato dall’assicuratore.

Sono salve in ogni caso le norme concernenti il diritto di surrogazione dell’assicuratore.

Art. 1590.
Restituzione della cosa locata.

Il conduttore deve restituire la cosa al locatore nello stato medesimo in cui l’ha ricevuta, in conformità della descrizione che ne sia stata fatta dalle parti, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall’uso della cosa in conformità del contratto.

In mancanza di descrizione, si presume che il conduttore abbia ricevuto la cosa in buono stato di manutenzione.

Il conduttore non risponde del perimento o del deterioramento dovuti a vetustà.

Le cose mobili si devono restituire nel luogo dove sono state consegnate.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 9 maggio 2007, n. 10562 e Cassazione Civile, sez. III, sentenza 11 maggio 2007, n. 10838 in Altalex Massimario.

Art. 1591.
Danni per ritardata restituzione.

Il conduttore in mora a restituire la cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l’obbligo di risarcire il maggior danno.

_______________

Vedi:

Massimario.it:
Cassazione Civile, sez. III, sentenza 22 agosto 2007, n. 17844;
Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 3 novembre 2009, n. 23198.

Art. 1592.
Miglioramenti.

Salvo disposizioni particolari della legge o degli usi, il conduttore non ha diritto a indennità per i miglioramenti apportati alla cosa locata . Se però vi è stato il consenso del locatore, questi è tenuto a pagare un’indennità corrispondente alla minor somma tra l’importo della spesa e il valore del risultato utile al tempo della riconsegna.

Anche nel caso in cui il conduttore non ha diritto a indennità, il valore dei miglioramenti può compensare i deterioramenti che si sono verificati senza colpa grave del conduttore.

Art. 1593.
Addizioni.

Il conduttore che ha eseguito addizioni sulla cosa locata ha diritto di toglierle alla fine della locazione qualora ciò possa avvenire senza nocumento della cosa, salvo che il proprietario preferisca ritenere le addizione stesse. In tal caso questi deve pagare al conduttore una indennità pari alla minor somma tra l’importo della spesa e il valore delle addizioni al tempo della riconsegna.

Se le addizioni non sono separabili senza nocumento della cosa e ne costituiscono un miglioramento, si osservano le norme dell’articolo precedente.

Art. 1594.
Sublocazione o cessione della locazione.

Il conduttore, salvo patto contrario, ha facoltà di sublocare la cosa locatagli , ma non può cedere il contratto senza il consenso del locatore.

Trattandosi di cosa mobile, la sublocazione deve essere autorizzata dal locatore o consentita dagli usi.

Art. 1595.
Rapporti tra il locatore e il subconduttore.

Il locatore, senza pregiudizio dei suoi diritti verso il conduttore, ha azione diretta contro il subconduttore per esigere il prezzo della sublocazione, di cui questi sia ancora debitore al momento della domanda giudiziale, e per costringerlo ad adempiere tutte le altre obbligazioni derivanti dal contratto di sublocazione.

Il subconduttore non può opporgli pagamenti anticipati, salvo che siano stati fatti secondo gli usi locali.

Senza pregiudizio delle ragioni del subconduttore verso il sublocatore la nullità o la risoluzione del contratto di locazione ha effetto anche nei confronti del subconduttore , e la sentenza pronunciata tra locatore e conduttore ha effetto anche contro di lui.

Art. 1596.
Fine della locazione per lo spirare del termine.

La locazione per un tempo determinato dalle parti cessa con lo spirare del termine, senza che sia necessaria la disdetta.

La locazione senza determinazione di tempo non cessa, se prima della scadenza stabilita a norma dell’articolo 1574 una delle parti non comunica all’altra disdetta nel termine determinato dalle parti o dagli usi.

Art. 1597.
Rinnovazione tacita del contratto

La locazione si ha per rinnovata se, scaduto il termine di essa il conduttore rimane ed è lasciato nella detenzione della cosa locata o se trattandosi di locazione a tempo indeterminato, non è stata comunicata la disdetta a norma dell’articolo precedente.

La nuova locazione è regolata dalle stesse condizioni della precedente, ma la sua durata è quella stabilita per le locazioni a tempo indeterminato.

Se è stata data licenza, il conduttore non può opporre la tacita rinnovazione, salvo che consti la volontà del locatore di rinnovare il contratto.

Art. 1598.
Garanzie della locazione.

Le garanzie prestate da terzi non si estendono alle obbligazioni derivanti da proroghe della durata del contratto.

Art. 1599.
Trasferimento a titolo particolare della cosa locata.

Il contratto di locazione è opponibile al terzo acquirente, se ha data certa anteriore all’alienazione della cosa.

La disposizione del comma precedente non si applica alla locazione di beni mobili non iscritti in pubblici registri, se l’acquirente ne ha conseguito il possesso in buona fede.

Le locazioni di beni immobili non trascritte non sono opponibili al terzo acquirente, se non nei limiti di un novennio dall’inizio della locazione.

L’acquirente è in ogni caso tenuto a rispettare la locazione, se ne ha assunto l’obbligo verso l’alienante.

Art. 1600.
Detenzione anteriore al trasferimento.

Se la locazione non ha data certa , ma la detenzione del conduttore è anteriore al trasferimento, l’acquirente non è tenuto a rispettare la locazione che per una durata corrispondente a quella stabilita per le locazioni a tempo indeterminato.

Art. 1601.
Risarcimento del danno al conduttore licenziato.

Se il conduttore è stato licenziato dall’acquirente perché il contratto di locazione non aveva data certa anteriore al trasferimento , il locatore è tenuto a risarcirgli il danno.

Art. 1602.
Effetti dell’opponibilità della locazione al terzo acquirente.

Il terzo acquirente tenuto a rispettare la locazione subentra, dal giorno del suo acquisto, nei diritti e nelle obbligazioni derivanti dal contratto di locazione.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 13 maggio 2008, n. 11895 in Altalex Massimario.

Art. 1603.
Clausola di scioglimento del contratto in caso di alienazione.

Se si è convenuto che il contratto possa sciogliersi in caso di alienazione della cosa locata , l’acquirente che vuole valersi di tale facoltà deve dare licenza al conduttore rispettando il termine di preavviso stabilito dal secondo comma dell’articolo 1596. In tal caso al conduttore licenziato non spetta il risarcimento dei danni, salvo patto contrario.

Art. 1604.
Vendita della cosa locata con patto di riscatto.

Il compratore con patto di riscatto non può esercitare la facoltà di licenziare il conduttore fino a che il suo acquisto non sia divenuto irrevocabile con la scadenza del termine fissato per il riscatto.

Art. 1605.
Liberazione o cessione del corrispettivo della locazione.

La liberazione o la cessione del corrispettivo della locazione non ancora scaduto non può opporsi al terzo acquirente della cosa locata, se non risulta da atto scritto avente data certa anteriore al trasferimento . Si può in ogni caso opporre il pagamento anticipato eseguito in conformità degli usi locali.

Se la liberazione o la cessione è stata fatta per un periodo eccedente i tre anni e non è stata trascritta , può essere opposta solo entro i limiti di un triennio; se il triennio è già trascorso, può essere opposta solo nei limiti dell’anno in corso nel giorno del trasferimento.

Art. 1606.
Estinzione del diritto del locatore.

Nei casi in cui il diritto del locatore sulla cosa locata si estingue con effetto retroattivo, le locazioni da lui concluse aventi data certa sono mantenute, purché siano state fatte senza frode e non eccedano il triennio .

Sono salve le diverse disposizioni di legge.

Sezione II
Della locazione di fondi urbani

Art. 1607.
Durata massima della locazione di case.

La locazione di una casa per abitazione può essere convenuta per tutta la durata della vita dell’inquilino e per due anni successivi alla sua morte.

Art. 1608.
Garanzie per il pagamento della pigione.

Nelle locazioni di case non mobiliate l’inquilino può essere licenziato se non fornisce la casa di mobili sufficienti o non presta altre garanzie idonee ad assicurare il pagamento della pigione .

Art. 1609.
Piccole riparazioni a carico dell’inquilino.

Le riparazioni di piccola manutenzione, che a norma dell’articolo 1576 devono essere eseguite dall’inquilino a sue spese , sono quelle dipendenti da deterioramenti prodotti dall’uso e non quelle dipendenti da vetustà o da caso fortuito.

Le suddette riparazioni, in mancanza di patto, sono determinate dagli usi locali.

Art. 1610.
Spurgo di pozzi e di latrine.

Lo spurgo dei pozzi e delle latrine è a carico del locatore.

Art. 1611.
Incendio di casa abitata da più inquilini.

Se si tratta di casa occupata da più inquilini, tutti sono responsabili verso il locatore del danno prodotto dall’incendio , proporzionatamente al valore della parte occupata. Se nella casa abita anche il locatore, si detrae dalla somma dovuta una quota corrispondente alla parte da lui occupata.

La disposizione del comma precedente non si applica se si prova che l’incendio è cominciato dall’abitazione di uno degli inquilini, ovvero se alcuno di questi prova che l’incendio non è potuto cominciare nella sua abitazione.

Art. 1612.
Recesso convenzionale del locatore.

Il locatore che si è riservata la facoltà di recedere dal contratto per abitare egli stesso nella casa locata deve dare licenza motivata nel termine stabilito dagli usi locali.

Art. 1613.
Facoltà di recesso degli impiegati pubblici.

Gli impiegati delle pubbliche amministrazioni possono, nonostante patto contrario, recedere dal contratto nel caso di trasferimento, purché questo non sia stato disposto su loro domanda.

Tale facoltà si esercita mediante disdetta motivata, e il recesso ha effetto dal secondo mese successivo a quello in corso alla data della disdetta.

Art. 1614.
Morte dell’inquilino.

Nel caso di morte dell’inquilino, se la locazione deve ancora durare per più di un anno ed è stata vietata la sublocazione, gli eredi possono recedere dal contratto entro tre mesi dalla morte.

Il recesso si deve esercitare mediante disdetta comunicata con preavviso non inferiore a tre mesi.

Sezione III
Dell’affitto

  • 1 – Disposizioni generali

Art. 1615.
Gestione e godimento della cosa produttiva.

Quando la locazione ha per oggetto il godimento di una cosa produttiva, mobile o immobile, l’affittuario deve curarne la gestione in conformità della destinazione economica della cosa e dell’interesse della produzione . A lui spettano i frutti e le altre utilità della cosa.

Art. 1616.
Affitto senza determinazione di tempo.

Se le parti non hanno determinato la durata dell’affitto ciascuna di esse può recedere dal contratto dando all’altra un congruo preavviso.

Sono salve e gli usi che dispongono diversamente.

Art. 1617.
Obblighi del locatore.

Il locatore è tenuto a consegnare la cosa, con i suoi accessori e le sue pertinenze, in istato da servire all’uso e alla produzione a cui è destinata.

Art. 1618.
Inadempimenti dell’affittuario.

Il locatore può chiedere la risoluzione del contratto , se l’affittuario non destina al servizio della cosa i mezzi necessari per la gestione di essa, se non osserva le regole della buona tecnica, ovvero se muta stabilmente la destinazione economica della cosa.

Art. 1619.
Diritto di controllo.

Il locatore può accertare in ogni tempo, anche con accesso in luogo, se l’affittuario osserva gli obblighi che gli incombono.

Art. 1620.
Incremento della produttività della cosa.

L’affittuario può prendere le iniziative atte a produrre un aumento di reddito della cosa, purché esse non importino obblighi per il locatore o non gli arrechino pregiudizio, e siano conformi all’interesse della produzione .

Art. 1621.
Riparazioni.

Il locatore è tenuto ad eseguire a sue spese, durante l’affitto le riparazioni straordinarie . Le altre sono a carico dell’affittuario.

Art. 1622.
Perdite determinate da riparazioni.

Se l’esecuzione delle riparazioni che sono a carico del locatore determina per l’affittuario una perdita superiore al quinto del reddito annuale o, nel caso di affitto non superiore a un anno, al quinto del reddito complessivo, l’affittuario può domandare una riduzione del fitto in ragione della diminuzione del reddito oppure, secondo le circostanze, lo scioglimento del contratto.

Art. 1623.
Modificazioni sopravvenute del rapporto contrattuale.

Se, in conseguenza di una disposizione di legge, o di un provvedimento dell’autorità riguardanti la gestione produttiva, il rapporto contrattuale risulta notevolmente modificato in modo che le parti ne risentano rispettivamente una perdita e un vantaggio, può essere richiesto un aumento o una diminuzione del fitto ovvero, secondo le circostanze, lo scioglimento del contratto.

Sono salve le diverse disposizioni della legge o del provvedimento dell’autorità.

Art. 1624.
Divieto di subaffitto. Cessione dell’affitto.

L’affittuario non può subaffittare la cosa senza il consenso del locatore.

La facoltà di cedere l’affitto comprende quella di subaffittare; la facoltà di subaffittare non comprende quella di cedere l’affitto.

Art. 1625.
Clausola di scioglimento del contratto in caso di alienazione.

Se si è convenuto che l’affitto possa sciogliersi in caso di alienazione, l’acquirente che voglia dare licenza all’affittuario deve osservare la disposizione dell’articolo 1616.

Quando l’affitto ha per oggetto un fondo rustico, la licenza deve essere data col preavviso di sei mesi e ha effetto per la fine dell’anno agrario in corso alla scadenza del termine di preavviso.

Art. 1626.
Incapacità o insolvenza dell’affittuario.

L’affitto si scioglie per l’interdizione , l’inabilitazione o l’insolvenza dell’affittuario salvo che al locatore sia prestata idonea garanzia per l’esatto adempimento degli obblighi dell’affittuario.

Art. 1627.
Morte dell’affittuario.

Nel caso di morte dell’affittuario, il locatore e gli eredi dell’affittuario possono, entro tre mesi dalla morte, recedere dal contratto mediante disdetta comunicata all’altra parte con preavviso di sei mesi.

Se l’affitto ha per oggetto un fondo rustico, la disdetta ha effetto per la fine dell’anno agrario in corso alla scadenza del termine di preavviso.

  • 2 – Dell’affitto di fondi rustici

Art. 1628.

(…) (1)

(1) “Durata minima dell’affitto
Se le norme corporative stabiliscono un periodo minimo di durata del contratto, l’affitto di un fondo rustico stipulato per una durata inferiore si estende al periodo minimo così stabilito.” Questo articolo deve intendersi abrogato poiché l’ordinamento corporativo è stato soppresso con R.D.L. 9 agosto 1943, n.721

Art. 1629.
Fondi destinati al rimboschimento
.

L’affitto di fondi rustici destinati al rimboschimento può essere stipulato per un termine massimo di novantanove anni.

Art. 1630.
Affitto senza determinazione di tempo.

L’affitto a tempo indeterminato di un fondo soggetto a rotazione di colture si reputa stipulato per il tempo necessario affinché l’affittuario possa svolgere e portare a compimento il normale ciclo di avvicendamento delle colture praticate nel fondo.

Se il fondo non è soggetto ad avvicendamento di colture, l’affitto si reputa fatto per il tempo necessario alla raccolta dei frutti.

L’affitto non cessa se prima della scadenza una delle parti non ha dato disdetta con preavviso di sei mesi .

Art. 1631.
Estensione del fondo.

Per l’affitto a misura, oppure a corpo con indicazione della misura, nel caso di eccesso o di difetto dell’estensione del fondo rispetto alla misura indicata, i diritti e le obbligazioni delle parti sono determinati secondo le norme contenute nel capo della vendita.

Art. 1632.
[Miglioramenti.](1)

(1) Articolo abrogato dalla Legge n. 11/1971.

Art. 1633.
[Diritti derivanti dall’esecuzione dei miglioramenti.](1)

(1) Articolo abrogato dalla Legge n. 11/1971.

Art. 1634.
[Inderogabilità.(1)

Le disposizioni dei due articoli precedenti sono inderogabili](1)

(1) Articolo da ritenersi abrogato a seguito della Legge n. 11/1971.

Art. 1635.
Perdita fortuita dei frutti negli affitti pluriennali.

Se, durante l’affitto convenuto per più anni, almeno la metà dei frutti di un anno non ancora separati perisce per caso fortuito, l’affittuario può domandare una riduzione del fitto, salvo che la perdita trovi compenso nei precedenti raccolti .

Qualora la perdita non trovi compenso nei precedenti raccolti, la riduzione è determinata alla fine dell’affitto, eseguito il conguaglio con i frutti raccolti in tutti gli anni decorsi . Il giudice può dispensare provvisoriamente l’affittuario dal pagamento di una parte del fitto in proporzione della perdita sofferta.

La riduzione non può mai eccedere la metà del fitto.

In ogni caso si deve tener conto degli indennizzi che l’affittuario abbia conseguiti o possa conseguire in relazione alla perdita sofferta.

Al perimento è equiparata la mancata produzione dei frutti.

Art. 1636.
Perdita fortuita dei frutti negli affitti annuali.

Se l’affitto ha la durata di un solo anno, e si è verificata la perdita per caso fortuito di almeno la metà dei frutti, l’affittuario può essere esonerato dal pagamento di una parte del fitto, in misura non superiore alla metà.

Art. 1637.
Accollo di casi fortuiti.

L’affittuario può, con patto espresso, assumere il rischio dei casi fortuiti ordinari . Sono reputati tali i fortuiti che, avuto riguardo ai luoghi e a ogni altra circostanza, le parti potevano ragionevolmente ritenere probabili.

È nullo il patto col quale l’affittuario si assoggetta ai casi fortuiti straordinari .

Art. 1638.
Espropriazione per pubblico interesse.

In caso di espropriazione per pubblico interesse o di occupazione temporanea del fondo locato, l’affittuario ha diritto di ottenere dal locatore la parte d’indennità a questo corrisposta per i frutti non percepiti o per il mancato raccolto.

Art. 1639.
Canone di affitto.

Il fitto può consistere anche in una quota ovvero in una quantità fissa o variabile dei frutti del fondo locato .

Art. 1640.
Scorte morte.

Le scorte morte costituenti la dotazione del fondo, che sono state consegnate all’affittuario all’inizio dell’affitto, con determinazione della specie, qualità e quantità, devono, anche se stimate, essere restituite al locatore alla fine dell’affitto, nella stessa specie, qualità e quantità e, se si tratta di scorte fisse, come macchinari e attrezzi, nello stesso stato d’uso. L’eccedenza o la deficienza deve essere regolata in danaro, secondo il valore corrente al tempo della riconsegna. La dotazione necessaria non può essere distratta e deve essere mantenuta secondo le esigenze delle colture e la pratica dei luoghi .

La disposizione del comma precedente si applica anche se, all’inizio dell’affitto, l’affittuario ha depositato la somma che rappresenti il valore delle scorte presso il locatore, salvo l’obbligo di questo di restituirla al tempo della riconsegna delle scorte.

Se le scorte sono state consegnate con la sola indicazione del valore, l’affittuario ne acquista la proprietà, e, alla fine dell’affitto, deve restituire il valore ricevuto o scorte in natura per un corrispondente valore, determinato secondo il prezzo corrente, al tempo della riconsegna, ovvero parte dell’uno e parte delle altre .

Sono salve le diverse pattuizioni delle parti.

Art. 1641.
Scorte vive.

Quando il bestiame da lavoro o da allevamento , costituente la dotazione del fondo, è stato in tutto o in parte fornito dal locatore, si osservano le disposizioni degli articoli seguenti, salve i patti diversi .

Art. 1642.
Proprietà del bestiame consegnato.

Qualora il bestiame consegnato all’affittuario sia stato determinato con indicazione della specie, del numero, del sesso, della qualità, dell’età e del peso, anche se ne è stata fatta stima, la proprietà di esso rimane al locatore. Tuttavia l’affittuario può disporre dei singoli capi, ma deve mantenere nel fondo la dotazione necessaria .

Art. 1643.
Rischio della perdita del bestiame.

Il rischio della perdita del bestiame è a carico dell’affittuario dal momento in cui questi lo ha ricevuto, se non è stato diversamente pattuito.

Art. 1644.
Accrescimenti e frutti del bestiame.

L’affittuario fa suoi i parti e gli altri frutti del bestiame, l’accrescimento e ogni altro provento che ne deriva.

Il letame però deve essere impiegato esclusivamente nella coltivazione del fondo.

Art. 1645.
Riconsegna del bestiame.

Nel caso previsto dall’articolo 1642, al termine del contratto l’affittuario deve restituire bestiame corrispondente per specie, numero, sesso, qualità, età e peso a quello ricevuto. Se vi sono differenze di qualità o di quantità contenute nei limiti in cui esse possano ammettersi avuto riguardo ai bisogni della coltivazione del fondo , l’affittuario deve restituire bestiame di uguale valore . Se vi è eccedenza o deficienza nel valore del bestiame ne è fatto conguaglio in danaro tra le parti, secondo il valore al tempo della riconsegna .

La disposizione del comma precedente si applica anche se, all’inizio dell’affitto, l’affittuario ha depositato presso il locatore la somma che rappresenta il valore del bestiame .

Si applica altresì la disposizione del terzo comma dell’articolo 1640.

Sono salve i patti diversi.

Art. 1646.
Rapporti fra gli affittuari uscente e subentrante.

L’affittuario uscente deve mettere a disposizione di chi gli subentra nella coltivazione i locali opportuni e gli altri comodi occorrenti per i lavori dell’anno seguente; il nuovo affittuario deve lasciare al precedente i locali opportuni e gli altri comodi occorrenti per il consumo dei foraggi e per le raccolte che restano da fare.

Per l’ulteriore determinazione dei rapporti tra l’affittuario uscente e l’affittuario subentrante si osservano, gli usi locali.

  • 3 – Dell’affitto a coltivatore diretto

Art. 1647.
Nozione.

Quando l’affitto ha per oggetto un fondo che l’affittuario coltiva col lavoro prevalentemente proprio o di persone della sua famiglia , si applicano le norme che seguono.

Art. 1648.
[Casi fortuiti ordinari (1).

Il giudice, con riguardo alle condizioni economiche dell’affittuario, può disporre il pagamento rateale del fitto se per un caso fortuito ordinario, le cui conseguenze l’affittuario ha assunte a suo carico , si verifica la perdita di almeno la metà dei frutti del fondo].

(1) Articolo da ritenersi abrogato ai sensi dell’art. 11 della Legge n. 567/1962.

Art. 1649.
[Subaffitto.(1)

Se il locatore consente il subaffitto questo è considerato come locazione diretta tra il locatore e il nuovo affittuario].

(1) Articolo da ritenersi abrogato ai sensi dell’art. 1 del dlgs.lgt. n. 156/1945.

[Art. 1650. Morte dell’affittuario.(1)

(1) Articolo abrogato dalla Legge n. 11/1971.

Art. 1651.
[Miglioramenti.](1)

(1) Articolo abrogato dalla Legge n. 11/1971.

Art. 1652.
Anticipazioni dell’affittuario.

Qualora l’affittuario non possa provvedere altrimenti, il locatore è tenuto ad anticipargli le sementi e le materie fertilizzanti e antiparassitarie necessarie per la coltivazione del fondo.

Il credito del locatore produce interessi in misura corrispondente al saggio legale.

Art. 1653. 
[Sostituzione del locatore all’affittuario.](1)

(1) Articolo abrogato dalla Legge n. 11/1971.

Art. 1654.
[Inderogabilità.

Le disposizioni che precedono sono inderogabili](1).

(1) Articolo da ritenersi abrogato a seguito della Legge n. 11/1971.

Capo VII
Dell’appalto

Art. 1655. 
Nozione.

L’appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di una opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 30 settembre 2009, n. 20995 e Cassazione Civile, sez. I, sentenza 11 novembre 2009, n. 23903 in Altalex Massimario.

Art. 1656.
Subappalto.

L’appaltatore non può dare in subappalto l’esecuzione dell’opera o del servizio, se non è stato autorizzato dal committente.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. I, sentenza 11 novembre 2009, n. 23903in Altalex Massimario.

Art. 1657.
Determinazione del corrispettivo.

Se le parti non hanno determinato la misura del corrispettivo né hanno stabilito il modo di determinarla, essa è calcolata con riferimento alle tariffe esistenti o agli usi; in mancanza, è determinata dal giudice.

Art. 1658.
Fornitura della materia.

La materia necessaria a compiere l’opera deve essere fornita dall’appaltatore, se non è diversamente stabilito dalla convenzione o dagli usi.

Art. 1659.
Variazioni concordate del progetto.

L’appaltatore non può apportare variazioni alle modalità convenute dell’opera se il committente non le ha autorizzate.

L’autorizzazione si deve provare per iscritto.

Anche quando le modificazioni sono state autorizzate, l’appaltatore, se il prezzo dell’intera opera è stato determinato globalmente, non ha diritto a compenso per le variazioni o per le aggiunte, salvo diversa pattuizione.

Art. 1660.
Variazioni necessarie del progetto.

Se per l’esecuzione dell’opera a regola d’arte è necessario apportare variazioni al progetto e le parti non si accordano, spetta al giudice di determinare le variazioni da introdurre e le correlative variazioni del prezzo .

Se l’importo delle variazioni supera il sesto del prezzo complessivo convenuto, l’appaltatore può recedere dal contratto e può ottenere, secondo le circostanze un’equa indennità.

Se le variazioni sono di notevole entità, il committente può recedere dal contratto ed è tenuto a corrispondere un equo indennizzo.

Art. 1661.
Variazioni ordinate dal committente.

Il committente può apportare variazioni al progetto, purché il loro ammontare non superi il sesto del prezzo complessivo convenuto. L’appaltatore ha diritto al compenso per i maggiori lavori eseguiti, anche se il prezzo dell’opera era stato determinato globalmente.

La disposizione del comma precedente non si applica quando le variazioni, pur essendo contenute nei limiti suddetti, importano notevoli modificazioni della natura dell’opera o dei quantitativi nelle singole categorie di lavori previste nel contratto per l’esecuzione dell’opera medesima.

Art. 1662.
Verifica nel corso di esecuzione dell’opera.

Il committente ha diritto di controllare lo svolgimento dei lavori e di verificarne a proprie spese lo stato.

Quando, nel corso dell’opera, si accerta che la sua esecuzione non procede secondo le condizioni stabilite dal contratto e a regola d’arte, il committente può fissare un congruo termine entro il quale l’appaltatore si deve conformare a tali condizioni; trascorso inutilmente il termine stabilito, il contratto è risoluto, salvo il diritto del committente al risarcimento del danno.

Art. 1663.
Denuncia dei difetti della materia.

L’appaltatore è tenuto a dare pronto avviso al committente dei difetti della materia da questo fornita , se si scoprono nel corso dell’opera e possono comprometterne la regolare esecuzione.

Art. 1664.
Onerosità o difficoltà dell’esecuzione.

Qualora per effetto di circostanze imprevedibili si siano verificati aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della mano d’opera, tali da determinare un aumento o una diminuzione superiori al decimo del prezzo complessivo convenuto, l’appaltatore o il committente possono chiedere una revisione del prezzo medesimo.

La revisione può essere accordata solo per quella differenza che eccede il decimo.

Se nel corso dell’opera si manifestano difficoltà di esecuzione derivanti da cause geologiche, idriche e simili, non previste dalle parti, che rendano notevolmente più onerosa la prestazione dell’appaltatore, questi ha diritto a un equo compenso.

Art. 1665.
Verifica e pagamento dell’opera.

Il committente, prima di ricevere la consegna, ha diritto di verificare l’opera compiuta.

La verifica deve essere fatta dal committente appena l’appaltatore lo mette in condizione di poterla eseguire.

Se, nonostante l’invito fattogli dall’appaltatore, il committente tralascia di procedere alla verifica senza giusti motivi, ovvero non ne comunica il risultato entro un breve termine, l’opera si considera accettata.

Se il committente riceve senza riserve la consegna dell’opera, questa si considera accettata ancorché non si sia proceduto alla verifica.

Salvo diversa pattuizione o uso contrario, l’appaltatore ha diritto al pagamento del corrispettivo quando l’opera è accettata dal committente.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 10 maggio 2007, n. 10718 in Altalex Massimario.

Art. 1666.
Verifica e pagamento di singole partite.

Se si tratta di opera da eseguire per partite, ciascuno dei contraenti può chiedere che la verifica avvenga per le singole partite. In tal caso l’appaltatore può domandare il pagamento in proporzione dell’opera eseguita.

Il pagamento fa presumere l’accettazione della parte di opera pagata; non produce questo effetto il versamento di semplici acconti.

Art. 1667.
Difformità e vizi dell’opera.

L’appaltatore è tenuto alla garanzia per le difformità e i vizi dell’opera. La garanzia non è dovuta se il committente ha accettato l’opera e le difformità o i vizi erano da lui conosciuti o erano riconoscibili, purché, in questo caso, non siano stati in mala fede taciuti dall’appaltatore.

Il committente deve, a pena di decadenza , denunziare all’appaltatore le difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta. La denunzia non è necessaria se l’appaltatore ha riconosciuto le difformità o i vizi o se li ha occultati.

L’azione contro l’appaltatore si prescrive in due anni dal giorno della consegna dell’opera. Il committente convenuto per il pagamento può sempre far valere la garanzia , purché le difformità o i vizi siano stati denunziati entro sessanta giorni dalla scoperta e prima che siano decorsi i due anni dalla consegna.

Art. 1668.
Contenuto della garanzia per difetti dell’opera.

Il committente può chiedere che le difformità o i vizi siano eliminati a spese dell’appaltatore, oppure che il prezzo sia proporzionalmente diminuito, salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa dell’appaltatore.

Se però le difformità o i vizi dell’opera sono tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione, il committente può chiedere la risoluzione del contratto.

_______________

Cfr. Corte d’Appello di Roma, sez. II civile, sentenza 9 luglio 2009 in Altalex Massimario.

Art. 1669.
Rovina e difetti di cose immobili.

Quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per la loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l’opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l’appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta.

Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 28 dicembre 2007, n. 27193, Cassazione Civile, sez. II, sentenza 31 gennaio 2008, n. 2313, Cassazione Civile, sez. I, sentenza 18 febbraio 2008, n. 3932, Cassazione Civile, sez. II, sentenza 29 aprile 2008, n. 10857, Cassazione Civile, sez. II, sentenza 4 giugno 2008, n. 14812 e Tribunale di Rovigo, sez. Andria, sentenza 6 maggio 2009 in Altalex Massimario.

Art. 1670.
Responsabilità dei subappaltatori.

L’appaltatore, per agire in regresso nei confronti dei subappaltatori, deve, sotto pena di decadenza, comunicare ad essi la denunzia entro sessanta giorni dal ricevimento.

Art. 1671.
Recesso unilaterale dal contratto.

Il committente può recedere dal contratto, anche se è stata iniziata l’esecuzione dell’opera o la prestazione del servizio, purché tenga indenne l’appaltatore delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno.

Art. 1672.
Impossibilità di esecuzione della opera.

Se il contratto si scioglie perché l’esecuzione dell’opera è divenuta impossibile in conseguenza di una causa non imputabile ad alcuna delle parti, il committente deve pagare la parte dell’opera già compiuta, nei limiti in cui è per lui utile , in proporzione del prezzo pattuito per l’opera intera.

Art. 1673.
Perimento o deterioramento della cosa.

Se, per causa non imputabile ad alcuna delle parti, l’opera perisce o è deteriorata prima che sia accettata dal committente o prima che il committente sia in mora a verificarla , il perimento o il deterioramento è a carico dell’appaltatore, qualora questi abbia fornito la materia.

Se la materia è stata fornita in tutto o in parte dal committente, il perimento o il deterioramento dell’opera è a suo carico per quanto riguarda la materia da lui fornita, e per il resto è a carico dell’appaltatore.

Art. 1674.
Morte dell’appaltatore.

Il contratto di appalto non si scioglie per la morte dell’appaltatore, salvo che la considerazione della sua persona sia stata motivo determinante del contratto. Il committente può sempre recedere dal contratto, se gli eredi dell’appaltatore non danno affidamento per la buona esecuzione dell’opera o del servizio.

Art. 1675.
Diritti e obblighi degli eredi dell’appaltatore.

Nel caso di scioglimento del contratto per morte dell’appaltatore, il committente è tenuto a pagare agli eredi il valore delle opere eseguite, in ragione del prezzo pattuito, e a rimborsare le spese sostenute per l’esecuzione del rimanente, ma solo nei limiti in cui le opere eseguite e le spese sostenute gli sono utili.

Il committente ha diritto di domandare la consegna, verso una congrua indennità, dei materiali preparati e dei piani in via di esecuzione, salve le norme che proteggono le opere dell’ingegno.

Art. 1676.
Diritti degli ausiliari dell’appaltatore verso il committente.

Coloro che, alle dipendenze dell’appaltatore, hanno dato la loro attività per eseguire l’opera o per prestare il servizio possono proporre azione diretta contro il committente per conseguire quanto è loro dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l’appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda.

Art. 1677.
Prestazione continuativa o periodica di servizi.

Se l’appalto ha per oggetto prestazioni continuative o periodiche di servizi, si osservano, in quanto compatibili, le norme di questo capo e quelle relative al contratto di somministrazione.

Capo VIII
Del trasporto

Sezione I
Disposizioni generali

Art. 1678.
Nozione.

Col contratto di trasporto il vettore si obbliga, verso corrispettivo, a trasferire persone o cose da un luogo a un altro.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 28 marzo 2008, n. 8063 in Altalex Massimario.

Art. 1679.
Pubblici servizi di linea.

Coloro che per concessione amministrativa esercitano servizi di linea per il trasporto di persone o di cose sono obbligati ad accettare le richieste di trasporto che siano compatibili con i mezzi ordinari dell’impresa, secondo le condizioni generali stabilite o autorizzate nell’atto di concessione e rese note al pubblico.

I trasporti devono eseguirsi secondo l’ordine delle richieste; in caso di più richieste simultanee, deve essere preferita quella di percorso maggiore.

Se le condizioni generali ammettono speciali concessioni, il vettore è obbligato ad applicarle a parità di condizioni a chiunque ne faccia richiesta.

Salve le speciali concessioni ammesse dalle condizioni generali, qualunque deroga alle medesime è nulla, e alla clausola difforme è sostituita la norma delle condizioni generali.

Art. 1680.
Limiti di applicabilità delle norme.

Le disposizioni di questo capo si applicano anche ai trasporti per via d’acqua o per via d’aria e a quelli ferroviari e postali, in quanto non siano derogate dal codice della navigazione e dalle leggi speciali.

Sezione II
Del trasporto di persone

Art. 1681.
Responsabilità del vettore.

Salva la responsabilità per il ritardo e per l’inadempimento nell’esecuzione del trasporto , il vettore risponde dei sinistri che colpiscono la persona del viaggiatore durante il viaggio e della perdita o dell’avaria delle cose che il viaggiatore porta con sé, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno.

Sono nulle le clausole che limitano la responsabilità del vettore per i sinistri che colpiscono il viaggiatore.

Le norme di questo articolo si osservano anche nei contratti di trasporto gratuito.

Art. 1682.
Responsabilità del vettore nei trasporti cumulativi.

Nei trasporti cumulativi ciascun vettore risponde nell’ambito del proprio percorso.

Tuttavia il danno per il ritardo o per l’interruzione del viaggio si determina in ragione dell’intero percorso.

Sezione III
Del trasporto di cose

Art. 1683.
Indicazioni e documenti che devono essere forniti al vettore.

Il mittente deve indicare con esattezza al vettore il nome del destinatario e il luogo di destinazione, la natura, il peso, la quantità e il numero delle cose da trasportare e gli altri estremi necessari per eseguire il trasporto.

Se per l’esecuzione del trasporto occorrono particolari documenti, il mittente deve rimetterli al vettore all’atto in cui consegna le cose da trasportare.

Sono a carico del mittente i danni che derivano dall’omissione o dall’inesattezza delle indicazioni o dalla mancata consegna o irregolarità dei documenti.

Art. 1684.
Lettera di vettura e ricevuta di carico.

Su richiesta del vettore, il mittente deve rilasciare una lettera di vettura con la propria sottoscrizione, contenente le indicazioni enunciate nell’articolo precedente e le condizioni convenute per il trasporto.

Su richiesta del mittente, il vettore deve rilasciare un duplicato della lettera di vettura con la propria sottoscrizione o, se non gli è stata rilasciata lettera di vettura, una ricevuta di carico, con le stesse indicazioni.

Salvo contrarie disposizioni di legge, il duplicato della lettera di vettura e la ricevuta di carico possono essere rilasciate con la clausola «all’ordine».

Art. 1685.
Diritti del mittente.

Il mittente può sospendere il trasporto e chiedere la restituzione delle cose, ovvero ordinarne la consegna a un destinatario diverso da quello originariamente indicato o anche disporre diversamente, salvo l’obbligo di rimborsare le spese e di risarcire i danni derivanti dal contrordine.

Qualora dal vettore sia stato rilasciato al mittente un duplicato della lettera di vettura o una ricevuta di carico, il mittente non può disporre delle cose consegnate per il trasporto, se non esibisce al vettore il duplicato o la ricevuta per farvi annotare le nuove indicazioni. Queste devono essere sottoscritte dal vettore.

Il mittente non può disporre delle cose trasportate dal momento in cui esse sono passate a disposizione del destinatario.

Art. 1686.
Impedimenti e ritardi nell’esecuzione del trasporto.

Se l’inizio o la continuazione del trasporto sono impediti o soverchiamente ritardati per causa non imputabile al vettore, questi deve chiedere immediatamente istruzioni al mittente, provvedendo alla custodia delle cose consegnategli.

Se le circostanze rendono impossibile la richiesta di istruzioni al mittente o se le istruzioni non sono attuabili, il vettore può depositare le cose a norma dell’articolo 1514, o, se sono soggette a rapido deterioramento, può farle vendere a norma dell’articolo 1515. Il vettore deve informare prontamente il mittente del deposito o della vendita.

Il vettore ha diritto al rimborso delle spese. Se il trasporto è stato iniziato, egli ha diritto anche al pagamento del prezzo in proporzione del percorso compiuto, salvo che l’interruzione del trasporto sia dovuta alla perdita totale delle cose derivante da caso fortuito.

Art. 1687.
Riconsegna delle merci.

Il vettore deve mettere le cose trasportate a disposizione del destinatario nel luogo, nel termine e con le modalità indicati dal contratto o, in mancanza, dagli usi.

Se la riconsegna non deve eseguirsi presso il destinatario, il vettore deve dargli prontamente avviso dell’arrivo delle cose trasportate.

Se dal mittente è stata rilasciata una lettera di vettura, il vettore deve esibirla al destinatario.

Art. 1688.
Termine di resa.

Il termine di resa, quando sono indicati più termini parziali, è determinato dalla somma di questi.

Art. 1689.
Diritti del destinatario.

I diritti nascenti dal contratto di trasporto verso il vettore spettano al destinatario dal momento in cui, arrivate le cose a destinazione o scaduto il termine in cui sarebbero dovute arrivare, il destinatario ne richiede la riconsegna al vettore.

Il destinatario non può esercitare i diritti nascenti dal contratto se non verso pagamento al vettore dei crediti derivanti dal trasporto e degli assegni da cui le cose trasportate sono gravate. Nel caso in cui l’ammontare delle somme dovute sia controverso, il destinatario deve depositare la differenza contestata presso un istituto di credito.

_______________

Cfr. Cassazione civile, sez. III, sentenza 30 gennaio 2008, n. 2094 in Altalex Massimario.

Art. 1690.
Impedimenti alla riconsegna.

Se il destinatario è irreperibile ovvero rifiuta o ritarda a chiedere la riconsegna delle cose trasportate, il vettore deve domandare immediatamente istruzioni al mittente e si applicano le disposizioni dell’articolo 1686.

Se sorge controversia tra più destinatari o circa il diritto del destinatario alla riconsegna o circa l’esecuzione di questa, ovvero se il destinatario ritarda a ricevere le cose trasportate, il vettore può depositarle a norma dell’articolo 1514 o, se sono soggette a rapido deterioramento, può farle vendere a norma dell’articolo 1515 per conto dell’avente diritto. Il vettore deve informare prontamente il mittente del deposito o della vendita.

Art. 1691.
Lettera di vettura o ricevuta di carico all’ordine.

Se il vettore ha rilasciato al mittente un duplicato della lettera di vettura all’ordine o la ricevuta di carico all’ordine, i diritti nascenti dal contratto verso il vettore si trasferiscono mediante girata del titolo.

In tal caso il vettore è esonerato dall’obbligo di dare avviso dell’arrivo delle cose trasportate, salvo che sia stato indicato un domiciliatario nel luogo di destinazione, e l’indicazione risulti dal duplicato della lettera di vettura o dalla ricevuta di carico.

Il possessore del duplicato della lettera di vettura all’ordine o della ricevuta di carico all’ordine, deve restituire il titolo al vettore all’atto della riconsegna delle cose trasportate.

Art. 1692.
Responsabilità del vettore nei confronti del mittente.

Il vettore che esegue la riconsegna al destinatario senza riscuotere i propri crediti o gli assegni da cui è gravata la cosa, o senza esigere il deposito della somma controversa , è responsabile verso il mittente dell’importo degli assegni dovuti al medesimo e non può rivolgersi a quest’ultimo per il pagamento dei propri crediti, salva l’azione verso il destinatario.

_______________

Cfr. Tribunale di Torino, sez. III civile, sentenza 1 agosto 2007 in Altalex Massimario.

Art. 1693.
Responsabilità per perdita e avaria.

Il vettore è responsabile della perdita e dell’avaria delle cose consegnategli per il trasporto, dal momento in cui le riceve a quello in cui le riconsegna al destinatario, se non prova che la perdita o l’avaria è derivata da caso fortuito, dalla natura o dai vizi delle cose stesse o del loro imballaggio, o dal fatto del mittente o da quello del destinatario.

Se il vettore accetta le cose da trasportare senza riserve, si presume che le cose stesse non presentino vizi apparenti d’imballaggio.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 27 marzo 2009, n. 7533 in Altalex Massimario.

Art. 1694.
Presunzioni di fortuito.

Sono valide le clausole che stabiliscono presunzioni di caso fortuito per eventi che normalmente, in relazione ai mezzi e alle condizioni del trasporto, dipendono da caso fortuito.

Art. 1695.
Calo naturale.

Per le cose che, data la loro particolare natura, sono soggette durante il trasporto a diminuzione nel peso o nella misura, il vettore risponde solo delle diminuzioni che oltrepassano il calo naturale, a meno che il mittente o il destinatario provi che la diminuzione non è avvenuta in conseguenza della natura delle cose o che per le circostanze del caso non poteva giungere alla misura accertata.

Si deve tener conto del calo separatamente per ogni collo.

Art. 1696.
Calcolo del danno in caso di perdita o di avaria.

Il danno derivante da perdita o da avaria si calcola secondo il prezzo corrente delle cose trasportate nel luogo e nel tempo della riconsegna.

Il risarcimento dovuto dal vettore non può essere superiore a un euro per ogni chilogrammo di peso lordo della merce perduta o avariata nei trasporti nazionali ed all’importo di cui all’articolo 23, comma 3, della Convenzione per il trasporto stradale di merci, ratificata con legge 6 dicembre 1960, n. 1621, e successive modificazioni, nei trasporti internazionali.

La previsione di cui al comma precedente non è derogabile a favore del vettore se non nei casi e con le modalitàpreviste dalle leggi speciali e dalle convenzioni internazionali applicabili.

Il vettore non può avvalersi della limitazione della responsabilitàprevista a suo favore dal presente articolo ove sia fornita la prova che la perdita o l’avaria della merce sono stati determinati da dolo o colpa grave del vettore o dei suoi dipendenti e preposti, ovvero di ogni altro soggetto di cui egli si sia avvalso per l’esecuzione del trasporto, quando tali soggetti abbiano agito nell’esercizio delle loro funzioni.

Art. 1697.
Accertamento della perdita e dell’avaria.

Il destinatario ha diritto di fare accertare a sue spese, prima della riconsegna, l’identità e lo stato delle cose trasportate.

Se la perdita o l’avaria esiste, il vettore deve rimborsargli le spese.

Salvo diverse disposizioni della legge, la perdita e l’avaria si accertano nei modi stabiliti dall’articolo 696 del codice di procedura civile.

Art. 1698.
Estinzione dell’azione nei confronti del vettore.

Il ricevimento senza riserve delle cose trasportate col pagamento di quanto è dovuto al vettore estingue le azioni derivanti dal contratto, tranne il caso di dolo o colpa grave del vettore. Sono salve le azioni per perdita parziale o per avaria non riconoscibili al momento della riconsegna, purché in quest’ultimo caso il danno sia denunziato appena conosciuto e non oltre otto giorni dopo il ricevimento.

Art. 1699.
Trasporto con rispedizione della merce
.

Se il vettore si obbliga di far proseguire le cose trasportate, oltre le proprie linee, per mezzo di vettori successivi, senza farsi rilasciare dal mittente una lettera di vettura diretta fino al luogo di destinazione, si presume che egli assuma, per il trasporto oltre le proprie linee, gli obblighi di uno spedizioniere.

Art. 1700.
Trasporto cumulativo.

Nei trasporti che sono assunti cumulativamente da più vettori successivi con unico contratto, i vettori rispondono in solido per l’esecuzione del contratto dal luogo originario di partenza fino al luogo di destinazione.

Il vettore chiamato a rispondere di un fatto non proprio può agire in regresso contro gli altri vettori, singolarmente o cumulativamente. Se risulta che il fatto dannoso è avvenuto nel percorso di uno dei vettori, questi è tenuto al risarcimento integrale; in caso contrario, al risarcimento sono tenuti tutti i vettori in parti proporzionali ai percorsi, esclusi quei vettori che provino che il danno non è avvenuto nel proprio percorso.

Art. 1701.
Diritto di accertamento dei vettori successivi.

I vettori successivi hanno diritto di far dichiarare, nella lettera di vettura o in atto separato, lo stato delle cose da trasportare al momento in cui sono loro consegnate. In mancanza di dichiarazione, si presume che le abbiano ricevute in buono stato e conformi alla lettera di vettura.

Art. 1702.
Riscossione dei crediti da parte dell’ultimo vettore.

L’ultimo vettore rappresenta i vettori precedenti per la riscossione dei rispettivi crediti che nascono dal contratto di trasporto e per l’esercizio del privilegio sulle cose trasportate.

Se egli omette tale riscossione o l’esercizio del privilegio, è responsabile verso i vettori precedenti per le somme loro dovute, salva l’azione contro il destinatario.

Capo IX
Del mandato

Sezione I
Disposizioni generali

Art. 1703.
Nozione.

Il mandato è il contratto col quale una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell’altra.

_______________

Cfr. Cassazione civile, sez. III, sentenza 9 settembre 2008, n. 22658in Altalex Massimario.

Art. 1704.
Mandato con rappresentanza.

Se al mandatario è stato conferito il potere di agire in nome del mandante, si applicano anche le norme del capo VI del titolo II di questo libro.

Art. 1705.
Mandato senza rappresentanza.

Il mandatario che agisce in proprio nome acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi, anche se questi hanno avuto conoscenza del mandato.

I terzi non hanno alcun rapporto col mandante. Tuttavia il mandante, sostituendosi al mandatario, può esercitare i diritti di credito derivanti dall’esecuzione del mandato, salvo che ciò possa pregiudicare i diritti attribuiti al mandatario dalle disposizioni degli articoli che seguono.

_______________

Cfr. Cassazione civile, SS.UU., sentenza 8 ottobre 2008, n. 24772 in Altalex Massimario.

Art. 1706.
Acquisti del mandatario.

Il mandante può rivendicare le cose mobili acquistate per suo conto dal mandatario che ha agito in nome proprio, salvi i diritti acquistati dai terzi per effetto del possesso di buona fede.

Se le cose acquistate dal mandatario sono beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri, il mandatario è obbligato a ritrasferirle al mandante. In caso d’inadempimento, si osservano le norme relative all’esecuzione dell’obbligo di contrarre.

Art. 1707.
Creditori del mandatario.

I creditori del mandatario non possono far valere le loro ragioni sui beni che, in esecuzione del mandato, il mandatario ha acquistati in nome proprio, purché, trattandosi di beni mobili o di crediti, il mandato risulti da scrittura avente data certa anteriore al pignoramento, ovvero, trattandosi di beni immobili o di beni mobili iscritti in pubblici registri, sia anteriore al pignoramento la trascrizione dell’atto di ritrasferimento o della domanda giudiziale diretta a conseguirlo.

Art. 1708.
Contenuto del mandato.

Il mandato comprende non solo gli atti per i quali è stato conferito, ma anche quelli che sono necessari al loro compimento.

Il mandato generale non comprende gli atti che eccedono l’ordinaria amministrazione, se non sono indicati espressamente.

Art. 1709.
Presunzione di onerosità.

Il mandato si presume oneroso. La misura del compenso, se non è stabilita dalle parti, è determinata in base alle tariffe professionali o agli usi; in mancanza è determinata dal giudice.

  • 1 – Delle obbligazioni del mandatario

Art. 1710.
Diligenza del mandatario.

Il mandatario è tenuto a eseguire il mandato con la diligenza del buon padre di famiglia; ma se il mandato è gratuito, la responsabilità per colpa è valutata con minor rigore.

Il mandatario è tenuto a rendere note al mandante le circostanze sopravvenute che possono determinare la revoca o la modificazione del mandato.

_______________

Cfr. Tribunale di Mantova, sez. II, sentenza 15 novembre 2007 in Altalex Massimario.

Art. 1711.
Limiti del mandato.

Il mandatario non può eccedere i limiti fissati nel mandato. L’atto che esorbita dal mandato resta a carico del mandatario, se il mandante non lo ratifica.

Il mandatario può discostarsi dalle istruzioni ricevute qualora circostanze ignote al mandante, e tali che non possano essergli comunicate in tempo, facciano ragionevolmente ritenere che lo stesso mandante avrebbe dato la sua approvazione.

Art. 1712.
Comunicazione dell’eseguito mandato.

Il mandatario deve senza ritardo comunicare al mandante l’esecuzione del mandato.

Il ritardo del mandante a rispondere dopo aver ricevuto tale comunicazione, per un tempo superiore a quello richiesto dalla natura dell’affare o dagli usi, importa approvazione, anche se il mandatario si è discostato dalle istruzioni o ha ecceduto i limiti del mandato.

Art. 1713.
Obbligo di rendiconto.

Il mandatario deve rendere al mandante il conto del suo operato e rimettergli tutto ciò che ha ricevuto a causa del mandato.

La dispensa preventiva dall’obbligo di rendiconto non ha effetto nei casi in cui il mandatario deve rispondere per dolo o per colpa grave.

_______________

Cfr. Cassazione civile, sez. III, sentenza 14 aprile 2010, n. 8857 in Altalex Massimario.

Art. 1714.
Interessi sulle somme riscosse.

Il mandatario deve corrispondere al mandante gli interessi legali sulle somme riscosse per conto del mandante stesso, con decorrenza dal giorno in cui avrebbe dovuto fargliene la consegna o la spedizione ovvero impiegarle secondo le istruzioni ricevute.

Art. 1715.
Responsabilità per le obbligazioni dei terzi.

In mancanza di patto contrario, il mandatario che agisce in proprio nome non risponde verso il mandante dell’adempimento delle obbligazioni assunte dalle persone con le quali ha contrattato, tranne il caso che l’insolvenza di queste gli fosse o dovesse essergli nota all’atto della conclusione del contratto.

Art. 1716.
Pluralità di mandatari.

Salvo patto contrario, il mandato conferito a più persone designate a operare congiuntamente non ha effetto, se non è accettato da tutte.

Se nel mandato non è dichiarato che i mandatari devono agire congiuntamente, ciascuno di essi può concludere l’affare. In questo caso il mandante, appena avvertito della conclusione, deve darne notizia agli altri mandatari; in mancanza è tenuto a risarcire i danni derivanti dall’omissione o dal ritardo.

Se più mandatari hanno comunque operato congiuntamente, essi sono obbligati in solido verso il mandante.

Art. 1717.
Sostituto del mandatario.

Il mandatario che, nell’esecuzione del mandato, sostituisce altri a se stesso, senza esservi autorizzato o senza che ciò sia necessario per la natura dell’incarico, risponde dell’operato della persona sostituita.

Se il mandante aveva autorizzato la sostituzione senza indicare la persona, il mandatario risponde soltanto quando è in colpa nella scelta.

Il mandatario risponde delle istruzioni che ha impartite al sostituto.

Il mandante può agire direttamente contro la persona sostituita dal mandatario.

_______________

Cfr. Cassazione civile, sez. III, sentenza 11 febbraio 2009, n. 3354 in Altalex Massimario.

Art. 1718.
Custodia delle cose e tutela dei diritti del mandante.

Il mandatario deve provvedere alla custodia delle cose che gli sono state spedite per conto del mandante e tutelare i diritti di quest’ultimo di fronte al vettore, se le cose presentano segni di deterioramento o sono giunte con ritardo.

Se vi è urgenza, il mandatario può procedere alla vendita delle cose a norma dell’articolo 1515.

Di questi fatti, come pure del mancato arrivo della merce, egli deve dare immediato avviso al mandante.

Le disposizioni di questo articolo si applicano anche se il mandatario non accetta l’incarico conferitogli dal mandante, sempre che tale incarico rientri nell’attività professionale del mandatario.

  • 2 – Delle obbligazioni del mandante

Art. 1719.
Mezzi necessari per l’esecuzione del mandato.

Il mandante, salvo patto contrario, è tenuto a somministrare al mandatario i mezzi necessari per l’esecuzione del mandato e per l’adempimento delle obbligazioni che a tal fine il mandatario ha contratte in proprio nome.

Art. 1720.
Spese e compenso del mandatario.

Il mandante deve rimborsare al mandatario le anticipazioni, con gli interessi legali dal giorno in cui sono state fatte, e deve pagargli il compenso che gli spetta.

Il mandante deve inoltre risarcire i danni che il mandatario ha subiti a causa dell’incarico.

Art. 1721.
Diritto del mandatario sui crediti.

Il mandatario ha diritto di soddisfarsi sui crediti pecuniari sorti dagli affari che ha conclusi, con precedenza sul mandante e sui creditori di questo.

  • 3 – Dell’estinzione del mandato

Art. 1722.
Cause di estinzione.

Il mandato si estingue:

1) per la scadenza del termine o per il compimento, da parte del mandatario, dell’affare per il quale è stato conferito;

2) per revoca da parte del mandante;

3) per rinunzia del mandatario;

4) per la morte, l’interdizione o l’inabilitazione del mandante o del mandatario. Tuttavia il mandato che ha per oggetto il compimento di atti relativi all’esercizio di un’impresa non si estingue, se l’esercizio dell’impresa è continuato, salvo il diritto di recesso delle parti o degli eredi.

_______________

Cfr. Tribunale di Trieste, sentenza 6 luglio 2007 in Altalex Massimario.

Art. 1723.
Revocabilità del mandato.

Il mandante può revocare il mandato; ma, se era stata pattuita l’irrevocabilità, risponde dei danni, salvo che ricorra una giusta causa.

Il mandato conferito anche nell’interesse del mandatario o di terzi non si estingue per revoca da parte del mandante, salvo che sia diversamente stabilito o ricorra una giusta causa di revoca; non si estingue per la morte o per la sopravvenuta incapacità del mandante.

Art. 1724.
Revoca tacita.

La nomina di un nuovo mandatario per lo stesso affare o il compimento di questo da parte del mandante importano revoca del mandato, e producono effetto dal giorno in cui sono stati comunicati al mandatario.

Art. 1725.
Revoca del mandato oneroso.

La revoca del mandato oneroso, conferito per un tempo determinato o per un determinato affare, obbliga il mandante a risarcire i danni, se è fatta prima della scadenza del termine o del compimento dell’affare, salvo che ricorra una giusta causa.

Se il mandato è a tempo indeterminato, la revoca obbliga il mandante al risarcimento, qualora non sia dato un congruo preavviso, salvo che ricorra una giusta causa.

Art. 1726.
Revoca del mandato collettivo.

Se il mandato è stato conferito da più persone con unico atto e per un affare d’interesse comune, la revoca non ha effetto qualora non sia stata fatta da tutti i mandanti, salvo che ricorra una giusta causa.

Art. 1727.
Rinunzia del mandatario.

Il mandatario che rinunzia senza giusta causa al mandato deve risarcire i danni al mandante. Se il mandato è a tempo indeterminato, il mandatario che rinunzia senza giusta causa è tenuto al risarcimento, qualora non abbia dato un congruo preavviso.

In ogni caso la rinunzia deve essere fatta in modo e in tempo tali che il mandante possa provvedere altrimenti, salvo il caso d’impedimento grave da parte del mandatario.

Art. 1728.
Morte o incapacità del mandante o del mandatario.

Quando il mandato si estingue per morte o per incapacità sopravvenuta del mandante, il mandatario che ha iniziato l’esecuzione deve continuarla, se vi è pericolo nel ritardo.

Quando il mandato si estingue per morte o per sopravvenuta incapacità del mandatario, i suoi eredi ovvero colui che lo rappresenta o lo assiste, se hanno conoscenza del mandato, devono avvertire prontamente il mandante e prendere intanto nell’interesse di questo i provvedimenti richiesti dalle circostanze.

Art. 1729.
Mancata conoscenza della causa di estinzione.

Gli atti che il mandatario ha compiuti prima di conoscere l’estinzione del mandato sono validi nei confronti del mandante o dei suoi eredi.

Art. 1730.
Estinzione del mandato conferito a più mandatari.

Salvo patto contrario, il mandato conferito a più persone designate a operare congiuntamente si estingue anche se la causa di estinzione concerne uno solo dei mandatari.

Sezione II
Della commissione

Art. 1731.
Nozione.

Il contratto di commissione è un mandato che ha per oggetto l’acquisto o la vendita di beni per conto del committente e in nome del commissionario.

Art. 1732.
Operazioni a fido.

Il commissionario si presume autorizzato a concedere dilazioni di pagamento in conformità degli usi del luogo in cui compie l’operazione, se il committente non ha disposto altrimenti.

Se il commissionario concede dilazioni di pagamento, malgrado il divieto del committente o quando non è autorizzato dagli usi, il committente può esigere da lui il pagamento immediato, salvo il diritto del commissionario di far propri i vantaggi che derivano dalla concessa dilazione.

Il commissionario che ha concesso dilazioni di pagamento deve indicare al committente la persona del contraente e il termine concesso; altrimenti l’operazione si considera fatta senza dilazione e si applica il disposto del comma precedente.

Art. 1733.
Misura della provvigione.

La misura della provvigione spettante al commissionario, se non è stabilita dalle parti, si determina secondo gli usi del luogo in cui è compiuto l’affare. In mancanza di usi provvede il giudice secondo equità.

Art. 1734.
Revoca della commissione.

Il committente può revocare l’ordine di concludere l’affare fino a che il commissionario non l’abbia concluso. In tal caso spetta al commissionario una parte della provvigione, che si determina tenendo conto delle spese sostenute e dell’opera prestata.

Art. 1735.
Commissionario contraente in proprio.

Nella commissione di compera o di vendita di titoli, divise o merci aventi un prezzo corrente che risulti nei modi indicati dal terzo comma dell’articolo 1515, se il committente non ha diversamente disposto, il commissionario può fornire al prezzo suddetto le cose che deve comprare, o può acquistare per sé le cose che deve vendere, salvo, in ogni caso, il suo diritto alla provvigione.

Anche quando il committente ha fissato il prezzo, il commissionario che acquista per sé non può praticare un prezzo inferiore a quello corrente nel giorno in cui compie l’operazione, se questo è superiore al prezzo fissato dal committente; e il commissionario che fornisce le cose che deve comprare non può praticare un prezzo superiore a quello corrente, se questo è inferiore al prezzo fissato dal committente.

Art. 1736.
Star del credere.

Il commissionario che, in virtù di patto o di uso, è tenuto allo «star del credere» risponde nei confronti del committente per l’esecuzione dell’affare. In tal caso ha diritto, oltre che alla provvigione, a un compenso o a una maggiore provvigione, la quale, in mancanza di patto, si determina secondo gli usi del luogo in cui è compiuto l’affare. In mancanza di usi, provvede il giudice secondo equità.

Sezione III
Della spedizione

Art. 1737.
Nozione.

Il contratto di spedizione è un mandato col quale lo spedizioniere assume l’obbligo di concludere, in nome proprio e per conto del mandante, un contratto di trasporto e di compiere le operazioni accessorie.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 28 marzo 2008, n. 8063 in Altalex Massimario.

Art. 1738.
Revoca.

Finché lo spedizioniere non abbia concluso il contratto di trasporto col vettore, il mittente può revocare l’ordine di spedizione, rimborsando lo spedizioniere delle spese sostenute e corrispondendogli un equo compenso per l’attività prestata.

Art. 1739.
Obblighi dello spedizioniere.

Nella scelta della via, del mezzo e delle modalità di trasporto della merce, lo spedizioniere è tenuto a osservare le istruzioni del committente e, in mancanza, a operare secondo il migliore interesse del medesimo.

Salvo che gli sia stato diversamente ordinato e salvi gli usi contrari, lo spedizioniere non ha obbligo di provvedere all’assicurazione delle cose spedite.

I premi, gli abbuoni e i vantaggi di tariffa ottenuti dallo spedizioniere devono essere accreditati al committente, salvo patto contrario.

Art. 1740.
Diritti dello spedizioniere.

La misura della retribuzione dovuta allo spedizioniere per l’esecuzione dell’incarico si determina, in mancanza di convenzione, secondo le tariffe professionali o, in mancanza, secondo gli usi del luogo in cui avviene la spedizione.

Le spese anticipate e i compensi per le prestazioni accessorie eseguite dallo spedizioniere sono liquidati sulla base dei documenti giustificativi, a meno che il rimborso e i compensi siano stati preventivamente convenuti in una somma globale unitaria.

Art. 1741.
Spedizioniere vettore.

Lo spedizioniere che con mezzi propri o altrui assume l’esecuzione del trasporto in tutto o in parte, ha gli obblighi e i diritti del vettore.

Capo X
Del contratto di agenzia

Art. 1742.
Nozione.

Col contratto di agenzia una parte assume stabilmente l’incarico di promuovere, per conto dell’altra, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata.

Il contratto deve essere provato per iscritto. Ciascuna parte ha diritto di ottenere dall’altra un documento della stessa sottoscritto che riproduca il contenuto del contratto e delle clausole aggiuntive. Tale diritto è irrinunciabile.

Art. 1743.
Diritto di esclusiva.

Il preponente non può valersi contemporaneamente di più agenti nella stessa zona e per lo stesso ramo di attività, né l’agente può assumere l’incarico di trattare nella stessa zona e per lo stesso ramo gli affari di più imprese in concorrenza tra loro.

Art. 1744.
Riscossioni.

L’agente non ha facoltà di riscuotere i crediti del preponente. Se questa facoltà gli è stata attribuita, egli non può concedere sconti o dilazioni senza speciale autorizzazione.

Art. 1745.
Rappresentanza dell’agente.

Le dichiarazioni che riguardano l’esecuzione del contratto concluso per il tramite dell’agente e i reclami relativi alle inadempienze contrattuali sono validamente fatti all’agente.

L’agente può chiedere i provvedimenti cautelari nell’interesse del preponente e presentare i reclami che sono necessari per la conservazione dei diritti spettanti a quest’ultimo.

Art. 1746.
Obblighi dell’agente.

Nell’esecuzione dell’incarico l’agente deve tutelare gli interessi del preponente e agire con lealtà e buona fede. In particolare, deve adempiere l’incarico affidatogli in conformità delle istruzioni ricevute e fornire al preponente le informazioni riguardanti le condizioni del mercato nella zona assegnatagli, e ogni altra informazione utile per valutare la convenienza dei singoli affari. È nullo ogni patto contrario.

Egli deve altresì osservare gli obblighi che incombono al commissionario ad eccezione di quelli di cui all’articolo 1736, in quanto non siano esclusi dalla natura del contratto di agenzia.

È vietato il patto che ponga a carico dell’agente una responsabilità, anche solo parziale, per l’inadempimento del terzo. È però consentito eccezionalmente alle parti di concordare di volta in volta la concessione di una apposita garanzia da parte dell’agente, purché ciò avvenga con riferimento a singoli affari, di particolare natura ed importo, individualmente determinati; l’obbligo di garanzia assunto dall’agente non sia di ammontare più elevato della provvigione che per quell’affare l’agente medesimo avrebbe diritto a percepire; sia previsto per l’agente un apposito corrispettivo.

Art. 1747.
Impedimento dell’agente.

L’agente che non è in grado di eseguire l’incarico affidatogli deve dare immediato avviso al preponente. In mancanza è obbligato al risarcimento del danno.

Art. 1748.
Diritti dell’agente.

Per tutti gli affari conclusi durante il contratto l’agente ha diritto alla provvigione quando l’operazione è stata conclusa per effetto del suo intervento.

La provvigione è dovuta anche per gli affari conclusi dal preponente con terzi che l’agente aveva in precedenza acquisito come clienti per affari dello stesso tipo o appartenenti alla zona o alla categoria o gruppo di clienti riservati all’agente, salvo che sia diversamente pattuito.

L’agente ha diritto alla provvigione sugli affari conclusi dopo la data di scioglimento del contratto se la proposta è pervenuta al preponente o all’agente in data antecedente o gli affari sono conclusi entro un termine ragionevole dalla data di scioglimento del contratto e la conclusione è da ricondurre prevalentemente all’attività da lui svolta; in tali casi la provvigione è dovuta solo all’agente precedente, salvo che da specifiche circostanze risulti equo ripartire la provvigione tra gli agenti intervenuti.

Salvo che sia diversamente pattuito, la provvigione spetta all’agente dal momento e nella misura in cui il preponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione in base al contratto concluso con il terzo. La provvigione spetta all’agente, al più tardi, inderogabilmente dal momento e nella misura in cui il terzo ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione qualora il preponente avesse eseguito la prestazione a suo carico.

Se il preponente e il terzo si accordano per non dare, in tutto o in parte, esecuzione al contratto, l’agente ha diritto, per la parte ineseguita, ad una provvigione ridotta nella misura determinata dagli usi o, in mancanza, dal giudice secondo equità.

L’agente è tenuto a restituire le provvigioni riscosse solo nella ipotesi e nella misura in cui sia certo che il contratto tra il terzo e il preponente non avrà esecuzione per cause non imputabili al preponente. È nullo ogni patto più sfavorevole all’agente.

L’agente non ha diritto al rimborso delle spese di agenzia.

Art. 1749.
Obblighi del preponente.

Il preponente, nei rapporti con l’agente, deve agire con lealtà e buona fede. Egli deve mettere a disposizione dell’agente la documentazione necessaria relativa ai beni o servizi trattati e fornire all’agente le informazioni necessarie all’esecuzione del contratto: in particolare avvertire l’agente, entro un termine ragionevole, non appena preveda che il volume delle operazioni commerciali sarà notevolmente inferiore a quello che l’agente avrebbe potuto normalmente attendersi. Il preponente deve inoltre informare l’agente, entro un termine ragionevole, dell’accettazione o del rifiuto e della mancata esecuzione di un affare procuratogli.

Il preponente consegna all’agente un estratto conto delle provvigioni dovute al più tardi l’ultimo giorno del mese successivo al trimestre nel corso del quale esse sono maturate. L’estratto conto indica gli elementi essenziali in base ai quali è stato effettuato il calcolo delle provvigioni. Entro il medesimo termine le provvigioni liquidate devono essere effettivamente pagate all’agente.

L’agente ha diritto di esigere che gli siano fornite tutte le informazioni necessarie per verificare l’importo delle provvigioni liquidate ed in particolare un estratto dei libri contabili.

È nullo ogni patto contrario alle disposizioni del presente articolo.

Art. 1750.
Durata del contratto o recesso.

Il contratto di agenzia a tempo determinato che continui ad essere eseguito dalle parti successivamente alla scadenza del termine si trasforma in contratto a tempo indeterminato.

Se il contratto di agenzia è a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recedere dal contratto stesso dandone preavviso all’altra entro un termine stabilito.

Il termine di preavviso non può comunque essere inferiore ad un mese per il primo anno di durata del contratto, a due mesi per il secondo anno iniziato, a tre mesi per il terzo anno iniziato, a quattro mesi per il quarto anno, a cinque mesi per il quinto anno e a sei mesi per il sesto anno e per tutti gli anni successivi.

Le parti possono concordare termini di preavviso di maggiore durata, ma il preponente non può osservare un termine inferiore a quello posto a carico dell’agente.

Salvo diverso accordo tra le parti, la scadenza del termine di preavviso deve coincidere con l’ultimo giorno del mese di calendario.

Art. 1751.
Indennità in caso di cessazione del rapporto.

All’atto della cessazione del rapporto, il preponente è tenuto a corrispondere all’agente un’indennità se ricorrono le seguenti condizioni:

l’agente abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti;

il pagamento di tale indennità sia equo, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, in particolare delle provvigioni che l’agente perde e che risultano dagli affari con tali clienti.

L’indennità non è dovuta:

quando il preponente risolve il contratto per un’inadempienza imputabile all’agente, la quale, per la sua gravità, non consenta la prosecuzione anche provvisoria del rapporto;

quando l’agente recede dal contratto, a meno che il recesso sia giustificato da circostanze attribuibili al preponente o da circostanze attribuibili all’agente, quali età, infermità o malattia, per le quali non può più essergli ragionevolmente chiesta la prosecuzione dell’attività;

quando, ai sensi di un accordo con il preponente, l’agente cede ad un terzo i diritti e gli obblighi che ha in virtù del contratto d’agenzia.

L’importo dell’indennità non può superare una cifra equivalente ad un’indennità annua calcolata sulla base della media annuale delle retribuzioni riscosse dall’agente negli ultimi cinque anni e, se il contratto risale a meno di cinque anni, sulla media del periodo in questione.

La concessione dell’indennità non priva comunque l’agente del diritto all’eventuale risarcimento dei danni.

L’agente decade dal diritto all’indennità prevista dal presente articolo se, nel termine di un anno dallo scioglimento del rapporto, omette di comunicare al preponente l’intenzione di far valere i propri diritti.

Le disposizioni di cui al presente articolo sono inderogabili a svantaggio dell’agente.

L’indennità è dovuta anche se il rapporto cessa per morte dell’agente.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 19 giugno 2007, n. 14189 e Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 2 aprile 2008, n. 8483 in Altalex Massimario.

Art. 1751-bis.
Patto di non concorrenza.

Il patto che limita la concorrenza da parte dell’agente dopo lo scioglimento del contratto deve farsi per iscritto. Esso deve riguardare la medesima zona, clientela e genere di beni o servizi per i quali era stato concluso il contratto di agenzia e la sua durata non può eccedere i due anni successivi all’estinzione del contratto.

L’accettazione del patto di non concorrenza comporta, in occasione della cessazione del rapporto, la corresponsione all’agente commerciale di una indennità di natura non provvigionale. L’indennità va commisurata alla durata, non superiore a due anni dopo l’estinzione del contratto, alla natura del contratto di agenzia e all’indennità di fine rapporto. La determinazione della indennità in base ai parametri di cui al precedente periodo è affidata alla contrattazione tra le parti tenuto conto degli accordi economici nazionali di categoria. In difetto di accordo l’indennità è determinata dal giudice in via equitativa anche con riferimento:

1) alla media dei corrispettivi riscossi dall’agente in pendenza di contratto ed alla loro incidenza sul volume d’affari complesssivo nello stesso periodo;

2) alle cause di cessazione del contratto di agenzia;

3) all’ampiezza della zona assegnata all’agente;

4) all’esistenza o meno del vincolo di esclusiva per un solo preponente.

Art. 1752.
Agente con rappresentanza.

Le disposizioni del presente capo si applicano anche nell’ipotesi in cui all’agente è conferita dal preponente la rappresentanza per la conclusione dei contratti.

Art. 1753.
Agenti di assicurazione.

Le disposizioni di questo capo sono applicabili anche agli agenti di assicurazione, in quanto non siano derogate dagli usi e in quanto siano compatibili con la natura dell’attività assicurativa.

Capo XI
Della mediazione

Art. 1754.
Mediatore.

È mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza.

_______________

Cfr. Corte di Cassazione, sez. III, sentenza 14 luglio 2009, n. 16382 e Tribunale di Bari, sez. II civile, sentenza 22 settembre 2009, n. 2785in Altalex Massimario.

Art. 1755.
Provvigione.

Il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti, se l’affare è concluso per effetto del suo intervento.

La misura della provvigione e la proporzione in cui questa deve gravare su ciascuna delle parti, in mancanza di patto, di tariffe professionali o di usi, sono determinate dal giudice secondo equità.

Vedi: Laura Biarella, Per la provvigione non basta il contratto, occorre effettiva attività di mediazione, Tribunale Taranto, sez. II, sentenza 27 luglio 2013, n. 1574.
_______________

Cfr. Tribunale di Reggio Emilia, sentenza 29 gennaio 2009 e Tribunale di Bari, sez. II civile, sentenza 22 settembre 2009, n. 2785in Altalex Massimario.

Art. 1756.
Rimborso delle spese.

Salvo patti o usi contrari, il mediatore ha diritto al rimborso delle spese nei confronti della persona per incarico della quale sono state eseguite anche se l’affare non è stato concluso.

Art. 1757.
Provvigione nei contratti condizionali o invalidi.

Se il contratto è sottoposto a condizione sospensiva, il diritto alla provvigione sorge nel momento in cui si verifica la condizione.

Se il contratto è sottoposto a condizione risolutiva, il diritto alla provvigione non viene meno col verificarsi della condizione.

La disposizione del comma precedente si applica anche quando il contratto è annullabile o rescindibile, se il mediatore non conosceva la causa d’invalidità.

Art. 1758.
Pluralità di mediatori.

Se l’affare è concluso per l’intervento di più mediatori, ciascuno di essi ha diritto a una quota della provvigione.

Art. 1759.
Responsabilità del mediatore.

Il mediatore deve comunicare alle parti le circostanze a lui note, relative alla valutazione e alla sicurezza dell’affare, che possono influire sulla conclusione di esso.

Il mediatore risponde dell’autenticità della sottoscrizione delle scritture e dell’ultima girata dei titoli trasmessi per il suo tramite.

_______________

Cfr. Tribunale di Mantova, sentenza 19 settembre 2008 in Altalex Massimario.

Art. 1760.
Obblighi del mediatore professionale.

Il mediatore professionale in affari su merci o su titoli deve:

1) conservare i campioni delle merci vendute sopra campione, finché sussista la possibilità di controversia sull’identità della merce;

2) rilasciare al compratore una lista firmata dei titoli negoziati, con l’indicazione della serie e del numero;

3) annotare su apposito libro gli estremi essenziali del contratto che si stipula col suo intervento e rilasciare alle parti copia da lui sottoscritta di ogni annotazione.

Art. 1761.
Rappresentanza del mediatore.

Il mediatore può essere incaricato da una delle parti di rappresentarla negli atti relativi all’esecuzione del contratto concluso con il suo intervento.

Art. 1762.
Contraente non nominato.

Il mediatore che non manifesta a un contraente il nome dell’altro risponde della esecuzione del contratto e, quando lo ha eseguito, subentra nei diritti verso il contraente non nominato.

Se dopo la conclusione del contratto il contraente non nominato si manifesta all’altra parte o è nominato dal mediatore, ciascuno dei contraenti può agire direttamente contro l’altro, ferma restando la responsabilità del mediatore.

Art. 1763.
Fideiussione del mediatore.

Il mediatore può prestare fideiussione per una delle parti.

Art. 1764. Sanzioni.

Il mediatore che non adempie agli obblighi imposti dall’articolo 1760 è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da € 5 a € 516

Nei casi più gravi può essere aggiunta la sospensione dalla professione fino a sei mesi.

Alle stesse pene è soggetto il mediatore che presta la sua attività nell’interesse di persona notoriamente insolvente o della quale conosce lo stato d’incapacità.

Art. 1765.
Leggi speciali.

Sono salve le disposizioni delle leggi speciali.

Capo XII
Del deposito

Sezione I
Del deposito in generale

Art. 1766.
Nozione.

Il deposito è il contratto col quale una parte riceve dall’altra una cosa mobile con l’obbligo di custodirla e di restituirla in natura.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 13 marzo 2007, n. 5837, Tribunale di Mantova, sentenza 27 agosto 2007, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 9 settembre 2008, n. 22658, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 27 gennaio 2009, n. 1957 in Altalex Massimario.

Art. 1767.
Presunzione di gratuità.

Il deposito si presume gratuito, salvo che dalla qualità professionale del depositario o da altre circostanze si debba desumere una diversa volontà delle parti.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 9 settembre 2008, n. 22658in Altalex Massimario.

Art. 1768.
Diligenza nella custodia.

Il depositario deve usare nella custodia la diligenza del buon padre di famiglia.

Se il deposito è gratuito, la responsabilità per colpa è valutata con minor rigore.

Art. 1769.
Responsabilità del depositario incapace.

Il depositario incapace è responsabile della conservazione della cosa nei limiti in cui può essere tenuto a rispondere per fatti illeciti. In ogni caso il depositante ha diritto di conseguire la restituzione della cosa finché questa si trova presso il depositario; altrimenti può pretendere il rimborso di ciò che sia stato rivolto a vantaggio di quest’ultimo.

Art. 1770.
Modalità della custodia.

Il depositario non può servirsi della cosa depositata né darla in deposito ad altri, senza il consenso del depositante.

Se circostanze urgenti lo richiedono, il depositario può esercitare la custodia in modo diverso da quello convenuto, dandone avviso al depositante appena è possibile.

Art. 1771.
Richiesta di restituzione e obbligo di ritirare la cosa.

Il depositario deve restituire la cosa appena il depositante la richiede, salvo che sia convenuto un termine nell’interesse del depositario.

Il depositario può richiedere in qualunque tempo che il depositante riprenda la cosa, salvo che sia convenuto un termine nell’interesse del depositante. Anche se non è stato convenuto un termine, il giudice può concedere al depositante un termine congruo per ricevere la cosa.

Art. 1772.
Pluralità di depositanti e di depositari.

Se più sono i depositanti di una cosa ed essi non si accordano circa la restituzione, questa deve farsi secondo le modalità stabilite dall’autorità giudiziaria.

La stessa norma si applica quando a un solo depositante succedono più eredi, se la cosa non è divisibile.

Se più sono i depositari, il depositante ha facoltà di chiedere la restituzione a quello tra essi che detiene la cosa. Questi deve darne pronta notizia agli altri.

Art. 1773.
Terzo interessato nel deposito.

Se la cosa è stata depositata anche nell’interesse di un terzo e questi ha comunicato al depositante e al depositario la sua adesione, il depositario non può liberarsi restituendo la cosa al depositante senza il consenso del terzo.

Art. 1774.
Luogo di restituzione e spese relative.

Salvo diversa convenzione, la restituzione della cosa deve farsi nel luogo in cui doveva essere custodita.

Le spese per la restituzione sono a carico del depositante.

Art. 1775.
Restituzione dei frutti.

Il depositario è obbligato a restituire i frutti della cosa che egli abbia percepiti.

Art. 1776.
Obblighi dell’erede del depositario.

L’erede del depositario, il quale ha alienato in buona fede la cosa che ignorava essere tenuta in deposito, è obbligato soltanto a restituire il corrispettivo ricevuto. Se questo non è stato ancora pagato, il depositante subentra nel diritto dell’alienante.

Art. 1777.
Persona a cui deve essere restituita la cosa.

Il depositario deve restituire la cosa al depositante o alla persona indicata per riceverla, e non può esigere che il depositante provi di esserne proprietario.

Se è convenuto in giudizio da chi rivendica la proprietà della cosa o pretende di avere diritti su di essa, deve, sotto pena del risarcimento del danno, denunziare la controversia al depositante, e può ottenere di essere estromesso dal giudizio indicando la persona del medesimo. In questo caso egli può anche liberarsi dall’obbligo di restituire la cosa, depositandola, nei modi stabiliti dal giudice, a spese del depositante.

Art. 1778.
Cosa proveniente da reato.

Il depositario, se scopre che la cosa proviene da un reato e gli è nota la persona alla quale è stata sottratta, deve denunziare il deposito fatto presso di sé.

Il depositario è liberato se restituisce la cosa al depositante decorsi dieci giorni dalla denunzia senza che gli sia stata notificata opposizione.

Art. 1779.
Cosa propria del depositario.

Il depositario è liberato da ogni obbligazione se risulta che la cosa gli appartiene e che il depositante non ha su di essa alcun diritto.

Art. 1780.
Perdita non imputabile della detenzione della cosa.

Se la detenzione della cosa è tolta al depositario in conseguenza di un fatto a lui non imputabile, egli è liberato dall’obbligazione di restituire la cosa, ma deve, sotto pena di risarcimento del danno, denunziare immediatamente al depositante il fatto per cui ha perduto la detenzione.

Il depositante ha diritto di ricevere ciò che, in conseguenza del fatto stesso, il depositario abbia conseguito, e subentra nei diritti spettanti a quest’ultimo.

Art. 1781.
Diritti del depositario.

Il depositante è obbligato a rimborsare il depositario delle spese fatte per conservare la cosa, a tenerlo indenne delle perdite cagionate dal deposito e a pagargli il compenso pattuito.

Art. 1782.
Deposito irregolare.

Se il deposito ha per oggetto una quantità di danaro o di altre cose fungibili, con facoltà per il depositario di servirsene, questi ne acquista la proprietà ed è tenuto a restituire altrettante della stessa specie e qualità.

In tal caso si osservano, in quanto applicabili, le norme relative al mutuo.

Sezione II
Del deposito in albergo

Art. 1783.
Responsabilità per le cose portate in albergo.

Gli albergatori sono responsabili di ogni deterioramento, distruzione o sottrazione delle cose portate dal cliente in albergo.

Sono considerate cose portate in albergo:

1) le cose che vi si trovano durante il tempo nel quale il cliente dispone dell’alloggio;

2) le cose di cui l’albergatore, un membro della sua famiglia o un suo ausiliario assumono la custodia, fuori dell’albergo durante il periodo di tempo in cui il cliente dispone dell’alloggio;

3) le cose di cui l’albergatore, un membro della sua famiglia o un suo ausiliario assumono la custodia sia nell’albergo, sia fuori dell’albergo, durante un periodo di tempo ragionevole, precedente o successivo a quello in cui il cliente dispone dell’alloggio.

La responsabilità di cui al presente articolo è limitata al valore di quanto sia deteriorato, distrutto o sottratto, sino all’equivalente di cento volte il prezzo di locazione dell’alloggio per giornata.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 11 luglio 2007, n. 15468 e Cassazione Civile, sez. III, sentenza 5 dicembre 2008, n. 28812 in Altalex Massimario.

Art. 1784.
Responsabilità per le cose consegnate e obblighi dell’albergatore.

La responsabilità dell’albergatore è illimitata:

1) quando le cose gli sono state consegnate in custodia;

2) quando ha rifiutato di ricevere in custodia cose che aveva l’obbligo di accettare.

L’albergatore ha l’obbligo di accettare le carte-valori, il danaro contante e gli oggetti di valore; egli può rifiutarsi di riceverli soltanto se si tratti di oggetti pericolosi o che, tenuto conto della importanza e delle condizioni di gestione dell’albergo, abbiano valore eccessivo o natura ingombrante.

L’albergatore può esigere che la cosa consegnatagli sia contenuta in un involucro chiuso o sigillato.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 5 marzo 2009, n. 5348 in Altalex Massimario.

Art. 1785.
Limiti di responsabilità.

L’albergatore non è responsabile quando il deterioramento, la distruzione o la sottrazione sono dovuti:

1) al cliente, alle persone che l’accompagnano, che sono al suo servizio o che gli rendono visita;

2) a forza maggiore;

3) alla natura della cosa.

Art. 1785-bis.
Responsabilità per colpa dell’albergatore.

L’albergatore è responsabile, senza che egli possa invocare il limite previsto dall’ultimo comma dell’articolo 1783, quando il deterioramento, la distruzione o la sottrazione delle cose portate dal cliente in albergo sono dovuti a colpa sua, dei membri della sua famiglia o dei suoi ausiliari.

Art. 1785-ter.
Obbligo di denuncia del danno.

Fuori del caso previsto dall’articolo 1785-bis, il cliente non potrà valersi delle precedenti disposizioni se, dopo aver constatato il deterioramento, la distruzione o la sottrazione, denunci il fatto all’albergatore con ritardo ingiustificato.

Art. 1785-quater.
Nullità.

Sono nulli i patti o le dichiarazioni tendenti ad escludere o a limitare preventivamente la responsabilità dell’albergatore.

Art. 1785-quinquies.
Limiti di applicazione.

Le disposizioni della presente sezione non si applicano ai veicoli, alle cose lasciate negli stessi, né gli animali vivi.

Art. 1786.
Stabilimenti e locali assimilati agli alberghi.

Le norme di questa sezione si applicano anche agli imprenditori di case di cura, stabilimenti di pubblici spettacoli, stabilimenti balneari, pensioni, trattorie, carrozze letto e simili.

Sezione III
Del deposito nei magazzini generali

Art. 1787.
Responsabilità dei magazzini generali.

I magazzini generali sono responsabili della conservazione delle merci depositate, a meno che si provi che la perdita, il calo o l’avaria è derivata da caso fortuito, dalla natura delle merci ovvero da vizi di esse o dell’imballaggio.

Art. 1788.
Diritti del depositante.

Il depositante ha diritto d’ispezionare le merci depositate e di ritirare i campioni d’uso.

Art. 1789.
Vendita delle cose depositate.

I magazzini generali, previo avviso al depositante, possono procedere alla vendita delle merci, quando, al termine del contratto, le merci non sono ritirate o non è rinnovato il deposito, ovvero, trattandosi di deposito a tempo indeterminato, quando è decorso un anno dalla data del deposito, e in ogni caso quando le merci sono minacciate di deperimento. Per la vendita si osservano le modalità stabilite dall’articolo 1515.

Il ricavato della vendita, dedotte le spese e quanto altro spetta ai magazzini generali, deve essere tenuto a disposizione degli aventi diritto.

Art. 1790.
Fede di deposito.

I magazzini generali, a richiesta del depositante, devono rilasciare una fede di deposito delle merci depositate.

La fede di deposito deve indicare:

1) il cognome e il nome o la ditta e il domicilio del depositante;

2) il luogo del deposito;

3) la natura e la quantità delle cose depositate e gli altri estremi atti a individuarle;

4) se per la merce sono stati pagati i diritti doganali e se essa è stata assicurata.

Art. 1791.
Nota di pegno.

Alla fede di deposito è unita la nota di pegno, sulla quale sono ripetute le indicazioni richieste dall’articolo precedente.

La fede di deposito e la nota di pegno devono essere staccate da un unico registro o matrice, da conservarsi presso i magazzini.

Art. 1792.
Intestazione e circolazione dei titoli.

La fede di deposito e la nota di pegno possono intestarsi al nome del depositante o di un terzo da questo designato, e sono trasferibili, sia congiuntamente sia separatamente, mediante girata.

Art. 1793.
Diritti del possessore.

Il possessore della fede di deposito unita alla nota di pegno ha diritto alla riconsegna delle cose depositate; egli ha altresì diritto di richiedere che, a sue spese, le cose depositate siano divise in più partite e che per ogni partita gli sia rilasciata una fede di deposito distinta con la nota di pegno in sostituzione del titolo complessivo.

Il possessore della sola nota di pegno ha diritto di pegno sulle cose depositate.

Il possessore della sola fede di deposito non ha diritto alla riconsegna delle cose depositate, se non osserva le condizioni indicate dall’articolo 1795; egli può valersi della facoltà concessa dall’articolo 1788.

Art. 1794.
Prima girata della nota di pegno.

La prima girata della sola nota di pegno deve indicare l’ammontare del credito e degli interessi nonché la scadenza. La girata corredata delle dette indicazioni deve essere trascritta sulla fede di deposito e controfirmata dal giratario.

La girata della nota di pegno che non indica l’ammontare del credito vincola, a favore del possessore di buona fede, tutto il valore delle cose depositate. Rimane tuttavia salva al titolare o al terzo possessore della fede di deposito, che abbia pagato una somma non dovuta, l’azione di rivalsa nei confronti del diretto contraente e del possessore di mala fede della nota di pegno.

Art. 1795.
Diritti del possessore della sola fede di deposito.

Il possessore della sola fede di deposito può ritirare le cose depositate anche prima della scadenza del debito per cui furono costituite in pegno, depositando presso i magazzini generali la somma dovuta alla scadenza al creditore pignoratizio.

Sotto la responsabilità dei magazzini generali, quando si tratta di merci fungibili, il possessore della sola fede di deposito può ritirare anche parte delle merci, depositando presso i magazzini generali una somma proporzionale all’ammontare del debito garantito dalla nota di pegno e alla quantità delle merci ritirate.

Art. 1796.
Diritti del possessore della nota di pegno insoddisfatto.

Il possessore della nota di pegno, che non sia stato soddisfatto alla scadenza e che abbia levato il protesto a norma della legge cambiaria, può far vendere la cosa depositata in conformità dell’articolo 1515, decorsi otto giorni da quello della scadenza.

Il girante che ha pagato volontariamente il possessore della nota di pegno è surrogato nei diritti di questo, e può procedere alla vendita delle cose depositate decorsi otto giorni dalla scadenza.

Art. 1797.
Azione nei confronti dei giranti.

Il possessore della nota di pegno non può agire contro il girante, se prima non ha proceduto alla vendita del pegno.

I termini per esercitare l’azione di regresso contro i giranti sono quelli stabiliti dalla legge cambiaria e decorrono dal giorno in cui è avvenuta la vendita delle cose depositate.

Il possessore della nota di pegno decade dall’azione di regresso contro i giranti, se alla scadenza non leva il protesto o se, entro quindici giorni dal protesto, non fa istanza per la vendita delle cose depositate.

Egli conserva tuttavia l’azione contro i giranti della fede di deposito e contro il debitore. Quest’azione si prescrive in tre anni.

Capo XIII
Del sequestro convenzionale

Art. 1798.
Nozione.

Il sequestro convenzionale è il contratto col quale due o più persone affidano a un terzo una cosa o una pluralità di cose, rispetto alla quale sia nata tra esse controversia, perché la custodisca e la restituisca a quella a cui spetterà quando la controversia sarà definita.

Art. 1799.
Obblighi, diritti e poteri del sequestratario.

Gli obblighi, i diritti e i poteri del sequestratario sono determinati dal contratto; in mancanza, si osservano le disposizioni seguenti.

Art. 1800.
Conservazione e alienazione dell’oggetto del sequestro.

Il sequestratario, per la custodia delle cose affidategli, è soggetto alle norme del deposito.

Se vi è imminente pericolo di perdita o di grave deterioramento delle cose mobili affidategli, il sequestratario può alienarle, dandone pronta notizia agli interessati.

Qualora la natura delle cose lo richieda, egli ha pure l’obbligo di amministrarle. In questo caso si applicano le norme del mandato.

Il sequestratario non può consentire locazioni per durata superiore a quella stabilita per le locazioni a tempo indeterminato.

Art. 1801.
Liberazione del sequestratario.

Prima che la controversia sia definita, il sequestratario non può essere liberato che per accordo delle parti o per giusti motivi.

Art. 1802.
Compenso e rimborso delle spese al sequestratario.

Il sequestratario ha diritto a compenso, se non si è pattuito diversamente. Egli ha pure diritto al rimborso delle spese e di ogni altra erogazione fatta per la conservazione e per l’amministrazione della cosa.

Capo XIV
Del comodato

Art. 1803.
Nozione.

Il comodato è il contratto col quale una parte consegna all’altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta.

Il comodato è essenzialmente gratuito.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 3 aprile 2008, n. 8548 e Cassazione Civile, sez. III, sentenza 13 giugno 2008, n. 15995 in Altalex Massimario.

Art. 1804.
Obbligazioni del comodatario.

Il comodatario è tenuto a custodire e a conservare la cosa con la diligenza del buon padre di famiglia. Egli non può servirsene che per l’uso determinato dal contratto o dalla natura della cosa.

Non può concedere a un terzo il godimento della cosa senza il consenso del comodante.

Se il comodatario non adempie gli obblighi suddetti, il comodante può chiedere l’immediata restituzione della cosa, oltre al risarcimento del danno.

Art. 1805.
Perimento della cosa.

Il comodatario è responsabile se la cosa perisce per un caso fortuito a cui poteva sottrarla sostituendola con la cosa propria, o se, potendo salvare una delle due cose, ha preferito la propria.

Il comodatario che impiega la cosa per un uso diverso o per un tempo più lungo di quello a lui consentito, è responsabile della perdita avvenuta per causa a lui non imputabile, qualora non provi che la cosa sarebbe perita anche se non l’avesse impiegata per l’uso diverso o l’avesse restituita a tempo debito.

Art. 1806.
Stima.

Se la cosa è stata stimata al tempo del contratto, il suo perimento è a carico del comodatario, anche se avvenuto per causa a lui non imputabile.

Art. 1807.
Deterioramento per effetto dell’uso.

Se la cosa si deteriora per solo effetto dell’uso per cui è stata consegnata e senza colpa del comodatario, questi non risponde del deterioramento.

Art. 1808.
Spese per l’uso della cosa e spese straordinarie.

Il comodatario non ha diritto al rimborso delle spese sostenute per servirsi della cosa.

Egli però ha diritto di essere rimborsato delle spese straordinarie sostenute per la conservazione della cosa, se queste erano necessarie e urgenti.

Art. 1809.
Restituzione.

Il comodatario è obbligato a restituire la cosa alla scadenza del termine convenuto o, in mancanza di termine, quando se ne è servito in conformità del contratto.

Se però, durante il termine convenuto o prima che il comodatario abbia cessato di servirsi della cosa, sopravviene un urgente e impreveduto bisogno al comodante, questi può esigerne la restituzione immediata.

Art. 1810.
Comodato senza determinazione di durata.

Se non è stato convenuto un termine né questo risulta dall’uso a cui la cosa doveva essere destinata, il comodatario è tenuto a restituirla non appena il comodante la richiede.

Art. 1811.
Morte del comodatario.

In caso di morte del comodatario, il comodante, benché sia stato convenuto un termine, può esigere dagli eredi l’immediata restituzione della cosa.

Art. 1812.
Danni al comodatario per vizi della cosa.

Se la cosa comodata ha vizi tali che rechino danno a chi se ne serve, il comodante è tenuto al risarcimento qualora, conoscendo i vizi della cosa, non ne abbia avvertito il comodatario.

Capo XV
Del mutuo

Art. 1813.
Nozione.

Il mutuo è il contratto col quale una parte consegna all’altra una determinata quantità di danaro o di altre cose fungibili, e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità.

Art. 1814.
Trasferimento della proprietà.

Le cose date a mutuo passano in proprietà del mutuatario.

Art. 1815.
Interessi.

Salvo diversa volontà delle parti, il mutuatario deve corrispondere gli interessi al mutuante. Per la determinazione degli interessi si osservano le disposizioni dell’articolo 1284.

Se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi.

Art. 1816.
Termine per la restituzione fissato dalle parti.

Il termine per la restituzione si presume stipulato a favore di entrambe le parti e, se il mutuo è a titolo gratuito, a favore del mutuatario.

Art. 1817.
Termine per la restituzione fissato dal giudice.

Se non è fissato un termine per la restituzione, questo è stabilito dal giudice, avuto riguardo alle circostanze.

Se è stato convenuto che il mutuatario paghi solo quando potrà, il termine per il pagamento è pure fissato dal giudice.

Art. 1818.
Impossibilità o notevole difficoltà di restituzione.

Se sono state mutuate cose diverse dal danaro, e la restituzione è divenuta impossibile o notevolmente difficile per causa non imputabile al debitore, questi è tenuto a pagarne il valore, avuto riguardo al tempo e al luogo in cui la restituzione si doveva eseguire.

Art. 1819.
Restituzione rateale.

Se è stata convenuta la restituzione rateale delle cose mutuate e il mutuatario non adempie l’obbligo del pagamento anche di una sola rata, il mutuante può chiedere, secondo le circostanze, l’immediata restituzione dell’intero.

Art. 1820.
Mancato pagamento degli interessi.

Se il mutuatario non adempie l’obbligo del pagamento degli interessi, il mutuante può chiedere la risoluzione del contratto.

Art. 1821.
Danni al mutuatario per vizi delle cose.

Il mutuante è responsabile del danno cagionato al mutuatario per i vizi delle cose date a prestito, se non prova di averli ignorati senza colpa.

Se il mutuo è gratuito, il mutuante è responsabile solo nel caso in cui, conoscendo i vizi, non ne abbia avvertito il mutuatario.

Art. 1822.
Promessa di mutuo.

Chi ha promesso di dare a mutuo può rifiutare l’adempimento della sua obbligazione, se le condizioni patrimoniali dell’altro contraente sono divenute tali da rendere notevolmente difficile la restituzione, e non gli sono offerte idonee garanzie.

Capo XVI
Del conto corrente

Art. 1823.
Nozione.

Il conto corrente è il contratto col quale le parti si obbligano ad annotare in un conto i crediti derivanti da reciproche rimesse, considerandoli inesigibili e indisponibili fino alla chiusura del conto.

Il saldo del conto è esigibile alla scadenza stabilita. Se non è richiesto il pagamento, il saldo si considera quale prima rimessa di un nuovo conto e il contratto s’intende rinnovato a tempo indeterminato.

Art. 1824.
Crediti esclusi dal conto corrente.

Sono esclusi dal conto corrente i crediti che non sono suscettibili di compensazione.

Qualora il contratto intervenga tra imprenditori, s’intendono esclusi dal conto i crediti estranei alle rispettive imprese.

Art. 1825.
Interessi.

Sulle rimesse decorrono gli interessi nella misura stabilita dal contratto o dagli usi ovvero, in mancanza, in quella legale.

Art. 1826.
Spese e diritti di commissione.

L’esistenza del conto corrente non esclude i diritti di commissione e il rimborso delle spese per le operazioni che danno luogo alle rimesse. Tali diritti sono inclusi nel conto, salvo convenzione contraria.

Art. 1827.
Effetti dell’inclusione nel conto.

L’inclusione di un credito nel conto corrente non esclude l’esercizio delle azioni ed eccezioni relative all’atto da cui il credito deriva.

Se l’atto è dichiarato nullo, annullato, rescisso o risoluto, la relativa partita si elimina dal conto.

Art. 1828.
Efficacia della garanzia dei crediti iscritti.

Se il credito incluso nel conto è assistito da una garanzia reale o personale, il correntista ha diritto di valersi della garanzia per il saldo esistente a suo favore alla chiusura del conto e fino alla concorrenza del credito garantito.

La stessa disposizione si applica se per il credito esiste un coobbligato solidale.

Art. 1829.
Crediti verso terzi.

Se non risulta una diversa volontà delle parti, l’inclusione nel conto di un credito verso un terzo si presume fatta con la clausola «salvo incasso». In tal caso, se il credito non è soddisfatto, il ricevente ha la scelta di agire per la riscossione o di eliminare la partita dal conto reintegrando nelle sue ragioni colui che ha fatto la rimessa. Può eliminare la partita dal conto anche dopo avere infruttuosamente esercitato le azioni contro il debitore.

Art. 1830.
Sequestro o pignoramento del saldo.

Se il creditore di un correntista ha sequestrato o pignorato l’eventuale saldo del conto spettante al suo debitore, l’altro correntista non può, con nuove rimesse, pregiudicare le ragioni del creditore. Non si considerano nuove rimesse quelle fatte in dipendenza di diritti sorti prima del sequestro o del pignoramento.

Il correntista presso cui è stato eseguito il sequestro o il pignoramento deve darne notizia all’altro. Ciascuno di essi può recedere dal contratto.

Art. 1831.
Chiusura del conto.

La chiusura del conto con la liquidazione del saldo è fatta alle scadenze stabilite dal contratto o dagli usi e, in mancanza, al termine di ogni semestre, computabile dalla data del contratto.

Art. 1832.
Approvazione del conto.

L’estratto conto trasmesso da un correntista all’altro s’intende approvato, se non è contestato nel termine pattuito o in quello usuale, o altrimenti nel termine che può ritenersi congruo secondo le circostanze.

L’approvazione del conto non preclude il diritto di impugnarlo per errori di scritturazione o di calcolo, per omissioni o per duplicazioni. L’impugnazione deve essere proposta, sotto pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di ricezione, dell’estratto conto relativo alla liquidazione di chiusura, che deve essere spedito per mezzo di raccomandata.

_______________

Cfr. Tribunale di Lecce, sez. II civile, sentenza 5 dicembre 2007, n. 1787 in Altalex Massimario.

Art. 1833.
Recesso dal contratto.

Se il contratto è a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recedere dal contratto a ogni chiusura del conto, dandone preavviso almeno dieci giorni prima.

In caso d’interdizione, d’inabilitazione, d’insolvenza o di morte di una delle parti, ciascuna di queste o gli eredi hanno diritto di recedere dal contratto.

Lo scioglimento del contratto impedisce l’inclusione nel conto di nuove partite, ma il pagamento del saldo non può richiedersi che alla scadenza del periodo stabilito dall’articolo 1831.

Capo XVII
Dei contratti bancari

Sezione I
Dei depositi bancari

Art. 1834.
Depositi di danaro.

Nei depositi di una somma di danaro presso una banca, questa ne acquista la proprietà, ed è obbligata a restituirla nella stessa specie monetaria,, alla scadenza del termine convenuto ovvero a richiesta del depositante, con l’osservanza del periodo di preavviso stabilito dalle parti o dagli usi.

Salvo patto contrario, i versamenti e i prelevamenti si eseguono alla sede della banca presso la quale si è costituito il rapporto.

Art. 1835.
Libretto di deposito a risparmio.

Se la banca rilascia un libretto di deposito a risparmio, i versamenti e i prelevamenti si devono annotare sul libretto.

Le annotazioni sul libretto, firmate dall’impiegato della banca che appare addetto al servizio, fanno piena prova nei rapporti tra banca e depositante.

È nullo ogni patto contrario.

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Cfr. Tribunale di Bari, sentenza 3 gennaio 2007 in Altalex Massimario.

Art. 1836.
Legittimazione del possessore.

Se il libretto di deposito è pagabile al portatore, la banca che senza dolo o colpa grave adempie la prestazione nei confronti del possessore è liberata anche se questi non è il depositante.

La stessa disposizione si applica nel caso in cui il libretto di deposito pagabile al portatore sia intestato al nome di una determinata persona o in altro modo contrassegnato.

Sono salve le disposizioni delle leggi speciali.

[Art. 1837. (1)
Libretti in favore di minori.]

(1) Articolo abrogato dall’art. 11, L. 8 marzo 1975, n. 39.

Art. 1838.
Deposito di titoli in amministrazione.

La banca che assume il deposito di titoli in amministrazione deve custodire i titoli, esigerne gli interessi o i dividendi, verificare i sorteggi per l’attribuzione di premi o per rimborso di capitale, curare le riscossioni per conto del depositante, e in generale provvedere alla tutela dei diritti inerenti ai titoli. Le somme riscosse devono essere accreditate al depositante.

Se per i titoli depositati si deve provvedere al versamento di decimi o si deve esercitare un diritto di opzione, la banca deve chiedere in tempo utile istruzioni al depositante e deve eseguirle, qualora abbia ricevuto i fondi all’uopo occorrenti. In mancanza d’istruzioni, i diritti di opzione devono essere venduti per conto del depositante a mezzo di un agente di cambio.

Alla banca spetta un compenso nella misura stabilita dalla convenzione o dagli usi, nonché il rimborso delle spese necessarie da essa fatte.

È nullo il patto col quale si esonera la banca dall’osservare, nell’amministrazione dei titoli, l’ordinaria diligenza.

Sezione II
Del servizio bancario delle cassette di sicurezza

Art. 1839.
Cassette di sicurezza.

Nel servizio delle cassette di sicurezza, la banca risponde verso l’utente per l’idoneità e la custodia dei locali e per l’integrità della cassetta, salvo il caso fortuito.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. I, sentenza 4 novembre 2009, n. 23412in Altalex Massimario.

Art. 1840.
Apertura della cassetta.

Se la cassetta è intestata a più persone, l’apertura di essa è consentita singolarmente a ciascuno degli intestatari, salvo diversa pattuizione.

In caso di morte dell’intestatario o di uno degli intestatari, la banca che ne abbia ricevuto comunicazione non può consentire l’apertura della cassetta se non con l’accordo di tutti gli aventi diritto o secondo le modalità stabilite dall’autorità giudiziaria.

Art. 1841.
Apertura forzata della cassetta.

Quando il contratto è scaduto, la banca, previa intimazione all’intestatario e decorsi sei mesi dalla data della medesima, può chiedere al tribunale l’autorizzazione ad aprire la cassetta. L’intimazione può farsi anche mediante raccomandata con avviso di ricevimento.

L’apertura si esegue con l’assistenza di un notaio all’uopo designato e con le cautele che il tribunale ritiene opportune.

Il tribunale può dare le disposizioni necessarie per la conservazione degli oggetti rinvenuti e può ordinare la vendita di quella parte di essi che occorra al soddisfacimento di quanto è dovuto alla banca per canoni e spese.

Sezione III
Dell’apertura di credito bancario

Art. 1842.
Nozione.

L’apertura di credito bancario è il contratto col quale la banca si obbliga a tenere a disposizione dell’altra parte una somma di danaro per un dato periodo di tempo o a tempo indeterminato.

Art. 1843.
Utilizzazione del credito.

Se non è convenuto altrimenti, l’accreditato può utilizzare in più volte il credito, secondo le forme di uso, e può con successivi versamenti ripristinare la sua disponibilità.

Salvo patto contrario, i prelevamenti e i versamenti si eseguono presso la sede della banca dove è costituito il rapporto.

Art. 1844.
Garanzia.

Se per l’apertura di credito è data una garanzia reale o personale, questa non si estingue prima della fine del rapporto per il solo fatto che l’accreditato cessa di essere debitore della banca.

Se la garanzia diviene insufficiente, la banca può chiedere un supplemento di garanzia o la sostituzione del garante. Se l’accreditato non ottempera alla richiesta, la banca può ridurre il credito proporzionalmente al diminuito valore della garanzia o recedere dal contratto.

Art. 1845.
Recesso dal contratto.

Salvo patto contrario, la banca non può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se non per giusta causa.

Il recesso sospende immediatamente l’utilizzazione del credito, ma la banca deve concedere un termine di almeno quindici giorni per la restituzione delle somme utilizzate e dei relativi accessori.

Se l’apertura di credito è a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recedere dal contratto, mediante preavviso nel termine stabilito dal contratto, dagli usi o, in mancanza, in quello di quindici giorni.

Sezione IV
Dell’anticipazione bancaria

Art. 1846.
Disponibilità delle cose date in pegno.

Nell’anticipazione bancaria su pegno di titoli o di merci la banca non può disporre delle cose ricevute in pegno, se ha rilasciato un documento nel quale le cose stesse sono individuate. Il patto contrario deve essere provato per iscritto.

Art. 1847.
Assicurazione delle merci.

La banca deve provvedere per conto del contraente all’assicurazione delle merci date in pegno, se, per la natura, il valore o l’ubicazione di esse, l’assicurazione risponde alle cautele d’uso.

Art. 1848.
Spese di custodia.

La banca oltre al corrispettivo dovutole, ha diritto al rimborso delle spese occorse per la custodia delle merci e dei titoli, salvo che ne abbia acquistato la disponibilità.

Art. 1849.
Ritiro dei titoli o delle merci.

Il contraente, anche prima della scadenza del contratto, può ritirare in parte i titoli o le merci dati in pegno, previo rimborso proporzionale delle somme anticipate e delle altre somme spettanti alla banca secondo la disposizione dell’articolo precedente, salvo che il credito residuo risulti insufficientemente garantito.

Art. 1850.
Diminuzione della garanzia.

Se il valore della garanzia diminuisce almeno di un decimo rispetto a quello che era al tempo del contratto, la banca può chiedere al debitore un supplemento di garanzia nei termini d’uso, con la diffida che, in mancanza, si procederà alla vendita dei titoli o delle merci dati in pegno. Se il debitore non ottempera alla richiesta, la banca può procedere alla vendita a norma del secondo e quarto comma dell’articolo 2797.

La banca ha diritto al rimborso immediato del residuo non soddisfatto col ricavato della vendita.

Art. 1851.
Pegno irregolare o garanzia di anticipazione.

Se, a garanzia di uno o più crediti, sono vincolati depositi di danaro, merci o titoli che non siano stati individuati o per i quali sia stata conferita alla banca la facoltà di disporre, la banca deve restituire solo la somma o la parte delle merci o dei titoli che eccedono l’ammontare dei crediti garantiti. L’eccedenza è determinata in relazione al valore delle merci o dei titoli al tempo della scadenza dei crediti.

Sezione V
Delle operazioni bancarie in conto corrente

Art. 1852.
Disposizione da parte del correntista.

Qualora il deposito, l’apertura di credito o altre operazioni bancarie siano regolate in conto corrente, il correntista può disporre in qualsiasi momento delle somme risultanti a suo credito, salva l’osservanza del termine di preavviso eventualmente pattuito.

Art. 1853.
Compensazione tra i saldi di più rapporti o più conti.

Se tra la banca e il correntista esistono più rapporti o più conti, ancorché in monete differenti, i saldi attivi e passivi si compensano reciprocamente, salvo patto contrario.

Art. 1854.
Conto corrente intestato a più persone.

Nel caso in cui il conto sia intestato a più persone, con facoltà per le medesime di compiere operazioni anche separatamente, gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto.

Art. 1855.
Operazione a tempo indeterminato.

Se l’operazione regolata in conto corrente è a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recedere dal contratto, dandone preavviso nel termine stabilito dagli usi o, in mancanza, entro quindici giorni.

Art. 1856.
Esecuzione d’incarichi.

La banca risponde secondo le regole del mandato per l’esecuzione d’incarichi ricevuti dal correntista o da altro cliente.

Se l’incarico deve eseguirsi su una piazza dove non esistono filiali della banca, questa può incaricare dell’esecuzione un’altra banca o un suo corrispondente.

Art. 1857.
Norme applicabili.

Alle operazioni regolate in conto corrente si applicano le norme degli articoli 1826, 1829 e 1832.

Sezione VI
Dello sconto bancario

Art. 1858.
Nozione.

Lo sconto è il contratto col quale la banca, previa deduzione dell’interesse, anticipa al cliente l’importo di un credito verso terzi non ancora scaduto, mediante la cessione, salvo buon fine, del credito stesso.

Art. 1859.
Sconto di cambiali.

Se lo sconto avviene mediante girata di cambiale o di assegno bancario, la banca, nel caso di mancato pagamento, oltre ai diritti derivanti dal titolo, ha anche il diritto alla restituzione della somma anticipata.

Sono salve le norme delle leggi speciali relative alla cessione della provvista nello sconto di tratte non accettate o munite di clausole «senza accettazione».

Art. 1860.
Sconto di tratte documentate.

La banca che ha scontato tratte documentate ha sulla merce lo stesso privilegio del mandatario finché il titolo rappresentativo è in suo possesso.

Capo XVIII
Della rendita perpetua

Art. 1861.
Nozione.

Col contratto di rendita perpetua una parte conferisce all’altra il diritto di esigere in perpetuo la prestazione periodica di una somma di danaro o di una certa quantità di altre cose fungibili, quale corrispettivo dell’alienazione di un immobile o della cessione di un capitale.

La rendita perpetua può essere costituita anche quale onere dell’alienazione gratuita di un immobile o della cessione gratuita di un capitale.

Art. 1862.
Norme applicabili.

L’alienazione dell’immobile, se fatta a titolo oneroso, è soggetta alle norme stabilite per la vendita.

L’alienazione o la cessione fatta a titolo gratuito è soggetta alle norme stabilite per la donazione.

Art. 1863.
Rendita fondiaria e rendita semplice.

È fondiaria la rendita costituita mediante alienazione di un immobile. È semplice quella costituita mediante cessione di un capitale.

Art. 1864.
Garanzia della rendita semplice.

La rendita semplice deve essere garantita con ipoteca sopra un immobile; altrimenti il capitale è ripetibile.

Art. 1865.
Diritto di riscatto della rendita perpetua.

La rendita perpetua è redimibile a volontà del debitore, nonostante qualunque convenzione contraria.

Le parti possono tuttavia convenire che il riscatto non possa eseguirsi durante la vita del beneficiario o prima di un certo termine, il quale non può eccedere i dieci anni nella rendita semplice e i trenta anni nella rendita fondiaria.

Può anche stipularsi che il debitore non esegua il riscatto senza averne dato preavviso al beneficiario. Il termine di preavviso non può eccedere l’anno.

Se sono convenuti termini più lunghi, essi si riducono nei limiti sopra stabiliti.

Art. 1866.
Esercizio del riscatto.

Il riscatto della rendita semplice e della rendita fondiaria si effettua mediante il pagamento della somma che risulta dalla capitalizzazione della rendita annua sulla base dell’interesse legale.

Le modalità del riscatto sono stabilite dalle leggi speciali.

Art. 1867.
Riscatto forzoso.

Il debitore di una rendita perpetua può essere costretto al riscatto:

1) se è in mora nel pagamento di due annualità di rendita;

2) se non ha dato al creditore le garanzie promesse, o se, venendo a mancare quelle già date, non ne sostituisce altre di uguale sicurezza;

3) se, per effetto di alienazione o di divisione, il fondo su cui è garantita la rendita è diviso fra più di tre persone.

Art. 1868.
Riscatto per insolvenza del debitore.

Si fa pure luogo al riscatto della rendita nel caso d’insolvenza del debitore, salvo che, essendo stato alienato il fondo su cui era garantita la rendita, l’acquirente se ne sia assunto il debito o si dichiari pronto ad assumerlo.

Art. 1869.
Altre prestazioni perpetue.

Le disposizioni degli articoli 1864, 1865, 1866, 1867 e 1868 si applicano a ogni altra annua prestazione perpetua costituita a qualsiasi titolo, anche per atto di ultima volontà.

Art. 1870.
Ricognizione.

Il debitore della rendita o di ogni altra prestazione annua che debba o possa durare oltre i dieci anni deve fornire a proprie spese al titolare, se questi lo richiede, un nuovo documento, trascorsi nove anni dalla data del precedente.

Art. 1871.
Rendite dello Stato.

Le disposizioni di questo capo non si applicano alle rendite emesse dallo Stato.

Capo XIX
Della rendita vitalizia

Art. 1872.
Modi di costituzione.

La rendita vitalizia può essere costituita a titolo oneroso, mediante alienazione di un bene mobile o immobile o mediante cessione di capitale.

La rendita vitalizia può essere costituita anche per donazione o per testamento, e in questo caso si osservano le norme stabilite dalla legge per tali atti.

Art. 1873.
Determinazione della durata.

La rendita vitalizia può costituirsi per la durata della vita del beneficiario o di altra persona.

Essa può costituirsi anche per la durata della vita di più persone.

Art. 1874.
Costituzione a favore di più persone.

Se la rendita è costituita a favore di più persone, la parte spettante al creditore premorto si accresce a favore degli altri, salvo patto contrario.

Art. 1875.
Costituzione a favore di un terzo.

La rendita vitalizia costituita a favore di un terzo, quantunque importi per questo una liberalità, non richiede le forme stabilite per la donazione.

Art. 1876.
Rendita costituita su persone già defunte.

Il contratto è nullo, se la rendita è costituita per la durata della vita di persona che, al tempo del contratto, aveva già cessato di vivere.

Art. 1877.
Risoluzione del contratto di vitalizio oneroso.

Il creditore di una rendita vitalizia costituita a titolo oneroso può chiedere la risoluzione del contratto, se il promittente non gli dà o diminuisce le garanzie pattuite.

Art. 1878.
Mancanza di pagamento delle rate scadute.

In caso di mancato pagamento delle rate di rendita scadute, il creditore della rendita, anche se è lo stesso stipulante, non può domandare la risoluzione del contratto, ma può far sequestrare e vendere i beni del suo debitore affinché col ricavato della vendita si faccia l’impiego di una somma sufficiente ad assicurare il pagamento della rendita.

Art. 1879.
Divieto di riscatto e onerosità sopravvenuta.

Il debitore della rendita, salvo patto contrario, non può liberarsi dal pagamento della rendita stessa offrendo il rimborso del capitale, anche se rinunzia alla ripetizione delle annualità pagate.

Egli è tenuto a pagare la rendita per tutto il tempo per il quale è stata costituita, per quanto gravosa sia divenuta la sua prestazione.

Art. 1880.
Modalità del pagamento della rendita.

La rendita vitalizia costituita mediante contratto è dovuta al creditore in proporzione del numero dei giorni vissuti da colui sulla vita del quale è costituita.

Se però è stato convenuto di pagarla a rate anticipate, ciascuna rata si acquista dal giorno in cui è scaduta.

Art. 1881.
Sequestro o pignoramento della rendita.

Quando la rendita vitalizia è costituita a titolo gratuito, si può disporre che essa non sia soggetta a pignoramento o a sequestro entro i limiti del bisogno alimentare del creditore.

Capo XX
Dell’assicurazione

Sezione I
Disposizioni generali

Art. 1882.
Nozione.

L’assicurazione è il contratto col quale l’assicuratore, verso pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l’assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro, ovvero a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana.

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Cfr. Corte d’Appello di Roma, sez. II, sentenza 8 novembre 2007 in Altalex Massimario.

Art. 1883.
Esercizio delle assicurazioni.

L’impresa di assicurazione non può essere esercitata che da un istituto di diritto pubblico o da una società per azioni e con l’osservanza delle norme stabilite dalle leggi speciali.

Art. 1884.
Assicurazioni mutue.

Le assicurazioni mutue sono disciplinate dalle norme del presente capo, in quanto compatibili con la specialità del rapporto.

Art. 1885.
Assicurazioni contro i rischi della navigazione.

Le assicurazioni contro i rischi della navigazione sono disciplinate dalle norme del presente capo per quanto non è regolato dal codice della navigazione.

Art. 1886.
Assicurazioni sociali.

Le assicurazioni sociali sono disciplinate dalle leggi speciali. In mancanza si applicano le norme del presente capo.

Art. 1887.
Efficacia della proposta
.

La proposta scritta diretta all’assicuratore rimane ferma per il termine di quindici giorni, o di trenta giorni quando occorre una visita medica. Il termine decorre dalla data della consegna o della spedizione della proposta.

Art. 1888.
Prova del contratto.

Il contratto di assicurazione deve essere provato per iscritto.

L’assicuratore è obbligato a rilasciare al contraente la polizza di assicurazione o altro documento da lui sottoscritto.

L’assicuratore è anche tenuto a rilasciare, a richiesta e a spese del contraente, duplicati o copie della polizza; ma in tal caso può esigere la presentazione o la restituzione dell’originale.

Art. 1889.
Polizze all’ordine e al portatore.

Se la polizza di assicurazione è all’ordine o al portatore, il suo trasferimento importa trasferimento del credito verso l’assicuratore, con gli effetti della cessione.

Tuttavia l’assicuratore è liberato se senza dolo o colpa grave adempie la prestazione nei confronti del giratario o del portatore della polizza, anche se questi non è l’assicurato.

In caso di smarrimento, furto o distruzione della polizza all’ordine, si applicano le disposizioni relative all’ammortamento dei titoli all’ordine.

Art. 1890.
Assicurazione in nome altrui.

Se il contraente stipula l’assicurazione in nome altrui senza averne il potere, l’interessato può ratificare il contratto anche dopo la scadenza o il verificarsi del sinistro.

Il contraente è tenuto personalmente ad osservare gli obblighi derivanti dal contratto fino al momento in cui l’assicuratore ha avuto notizia della ratifica o del rifiuto di questa.

Egli deve all’assicuratore i premi del periodo in corso nel momento in cui l’assicuratore ha avuto notizia del rifiuto della ratifica.

Art. 1891.
Assicurazione per conto altrui o per conto di chi spetta.

Se l’assicurazione è stipulata per conto altrui o per conto di chi spetta, il contraente deve adempiere gli obblighi derivanti dal contratto, salvi quelli che per loro natura non possono essere adempiuti che dall’assicurato.

I diritti derivanti dal contratto spettano all’assicurato, e il contraente, anche se in possesso della polizza, non può farli valere senza espresso consenso dell’assicurato medesimo.

All’assicurato sono opponibili le eccezioni che si possono opporre al contraente in dipendenza del contratto.

Per il rimborso dei premi pagati all’assicuratore e delle spese del contratto, il contraente ha privilegio sulle somme dovute dall’assicuratore nello stesso grado dei crediti per spese di conservazione.

Art. 1892.
Dichiarazioni inesatte e reticenze con dolo o colpa grave.

Le dichiarazioni inesatte e le reticenze del contraente, relative a circostanze tali che l’assicuratore non avrebbe dato il suo consenso o non lo avrebbe dato alle medesime condizioni se avesse conosciuto il vero stato delle cose, sono causa di annullamento del contratto quando il contraente ha agito con dolo o con colpa grave.

L’assicuratore decade dal diritto d’impugnare il contratto se, entro tre mesi dal giorno in cui ha conosciuto l’inesattezza della dichiarazione o la reticenza, non dichiara al contraente di volere esercitare l’impugnazione.

L’assicuratore ha diritto ai premi relativi al periodo di assicurazione in corso al momento in cui ha domandato l’annullamento e, in ogni caso, al premio convenuto per il primo anno. Se il sinistro si verifica prima che sia decorso il termine indicato dal comma precedente, egli non è tenuto a pagare la somma assicurata.

Se l’assicurazione riguarda più persone o più cose, il contratto è valido per quelle persone o per quelle cose alle quali non si riferisce la dichiarazione inesatta o la reticenza.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 28 aprile 2010, n. 10194 in Altalex Massimario.

Art. 1893.
Dichiarazioni inesatte e reticenze senza dolo o colpa grave.

Se il contraente ha agito senza dolo o colpa grave, le dichiarazioni inesatte e le reticenze non sono causa di annullamento del contratto, ma l’assicuratore può recedere dal contratto stesso, mediante dichiarazione da farsi all’assicurato nei tre mesi dal giorno in cui ha conosciuto l’inesattezza della dichiarazione o la reticenza.

Se il sinistro si verifica prima che l’inesattezza della dichiarazione o la reticenza sia conosciuta dall’assicuratore, o prima che questi abbia dichiarato di recedere dal contratto, la somma dovuta è ridotta in proporzione della differenza tra il premio convenuto e quello che sarebbe stato applicato se si fosse conosciuto il vero stato delle cose.

Art. 1894.
Assicurazioni in nome o per conto di terzi.

Nelle assicurazioni in nome o per conto di terzi, se questi hanno conoscenza dell’inesattezza delle dichiarazioni o delle reticenze relative al rischio, si applicano a favore dell’assicuratore le disposizioni degli articoli 1892 e 1893.

Art. 1895.
Inesistenza del rischio.

Il contratto è nullo se il rischio non è mai esistito o ha cessato di esistere prima della conclusione del contratto.

Art. 1896.
Cessazione del rischio durante l’assicurazione.

Il contratto si scioglie se il rischio cessa di esistere dopo la conclusione del contratto stesso, ma l’assicuratore ha diritto al pagamento dei premi finché la cessazione del rischio non gli sia comunicata o non venga altrimenti a sua conoscenza. I premi relativi al periodo di assicurazione in corso al momento della comunicazione o della conoscenza sono dovuti per intero.

Qualora gli effetti dell’assicurazione debbano avere inizio in un momento posteriore alla conclusione del contratto e il rischio cessi nell’intervallo, l’assicuratore ha diritto al solo rimborso delle spese.

Art. 1897.
Diminuzione del rischio.

Se il contraente comunica all’assicuratore mutamenti che producono una diminuzione del rischio tale che, se fosse stata conosciuta al momento della conclusione del contratto, avrebbe portato alla stipulazione di un premio minore, l’assicuratore, a decorrere dalla scadenza del premio o della rata di premio successiva alla comunicazione suddetta, non può esigere che il minor premio, ma ha la facoltà di recedere dal contratto entro due mesi dal giorno in cui è stata fatta la comunicazione.

La dichiarazione di recesso dal contratto ha effetto dopo un mese.

Art. 1898.
Aggravamento del rischio.

Il contraente ha l’obbligo di dare immediato avviso all’assicuratore dei mutamenti che aggravano il rischio in modo tale che, se il nuovo stato di cose fosse esistito e fosse stato conosciuto dall’assicuratore al momento della conclusione del contratto, l’assicuratore non avrebbe consentito l’assicurazione o l’avrebbe consentita per un premio più elevato.

L’assicuratore può recedere dal contratto, dandone comunicazione per iscritto all’assicurato entro un mese dal giorno in cui ha ricevuto l’avviso o ha avuto in altro modo conoscenza dell’aggravamento del rischio.

Il recesso dell’assicuratore ha effetto immediato se l’aggravamento è tale che l’assicuratore non avrebbe consentito l’assicurazione; ha effetto dopo quindici giorni, se l’aggravamento del rischio è tale che per l’assicurazione sarebbe stato richiesto un premio maggiore.

Spettano all’assicuratore i premi relativi al periodo di assicurazione in corso al momento in cui è comunicata la dichiarazione di recesso.

Se il sinistro si verifica prima che siano trascorsi i termini per la comunicazione e per l’efficacia del recesso, l’assicuratore non risponde qualora l’aggravamento del rischio sia tale che egli non avrebbe consentito l’assicurazione se il nuovo stato di cose fosse esistito al momento del contratto; altrimenti la somma dovuta è ridotta, tenuto conto del rapporto tra il premio stabilito nel contratto e quello che sarebbe stato fissato se il maggiore rischio fosse esistito al tempo del contratto stesso.

Art. 1899. Durata dell’assicurazione.

L’assicurazione ha effetto dalle ore ventiquattro del giorno della conclusione del contratto alle ore ventiquattro dell’ultimo giorno della durata stabilita nel contratto stesso. L’assicuratore, in alternativa ad una copertura di durata annuale, può proporre una copertura di durata poliennale a fronte di una riduzione del premio rispetto a quello previsto per la stessa copertura del contratto annuale (1). In questo caso, se il contratto supera i cinque anni, l’assicurato, trascorso il quinquennio, ha facoltà di recedere dal contratto con preavviso di sessanta giorni e con effetto dalla fine dell’annualità nel corso della quale la facoltà di recesso è stata esercitata (1).

Il contratto può essere tacitamente prorogato una o più volte, ma ciascuna proroga tacita non può avere una durata superiore a due anni.

Le norme del presente articolo non si applicano alle assicurazioni sulla vita.

(1) L’originario secondo periodo di questo comma che recitava: “In caso di durata poliennale, l’assicurato ha facoltà di recedere annualmente dal contratto senza oneri e con preavviso di sessanta giorni.” È stato così sostituito dagli attuali secondo e terzo periodo dall’art. 21, comma 3, della L. 23 luglio 2009, n. 99.

Art. 1900.
Sinistri cagionati con dolo o con colpa grave dell’assicurato o dei dipendenti.

L’assicuratore non è obbligato per i sinistri cagionati da dolo o da colpa grave del contraente, dell’assicurato o del beneficiario, salvo patto contrario per i casi di colpa grave.

L’assicuratore è obbligato per il sinistro cagionato da dolo o da colpa grave delle persone del fatto delle quali l’assicurato deve rispondere.

Egli è obbligato altresì nonostante patto contrario, per i sinistri conseguenti ad atti del contraente, dell’assicurato o del beneficiario, compiuti per dovere di solidarietà umana o nella tutela degli interessi comuni all’assicuratore.

Art. 1901.
Mancato pagamento del premio.

Se il contraente non paga il premio o la prima rata di premio stabilita dal contratto, l’assicurazione resta sospesa fino alle ore ventiquattro del giorno in cui il contraente paga quanto è da lui dovuto.

Se alle scadenze convenute il contraente non paga i premi successivi, l’assicurazione resta sospesa dalle ore ventiquattro del quindicesimo giorno dopo quello della scadenza.

Nelle ipotesi previste dai due commi precedenti il contratto è risoluto di diritto se l’assicuratore, nel termine di sei mesi dal giorno in cui il premio o la rata sono scaduti, non agisce per la riscossione; l’assicuratore ha diritto soltanto al pagamento del premio relativo al periodo di assicurazione in corso e al rimborso delle spese. La presente norma non si applica alle assicurazioni sulla vita.

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Cfr. Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 28 febbraio 2007, n. 4631 e Cassazione Civile, sez. III, sentenza 8 aprile 2010, n. 8368 in Altalex Massimario.

Art. 1902.
Fusione, concentrazione e liquidazione coatta amministrativa.

La fusione e la concentrazione di aziende tra più imprese assicuratrici non sono cause di scioglimento del contratto di assicurazione. Il contratto continua con l’impresa assicuratrice che risulta dalla fusione o che incorpora le imprese preesistenti. Per i trasferimenti di portafoglio si osservano le leggi speciali.

Nel caso di liquidazione coatta amministrativa dell’impresa assicuratrice, il contratto di assicurazione si scioglie nei modi e con gli effetti stabiliti dalle leggi speciali anche per ciò che riguarda il privilegio a favore della massa degli assicurati.

Art. 1903.
Agenti di assicurazione.

Gli agenti autorizzati a concludere contratti di assicurazione possono compiere gli atti concernenti le modificazioni e la risoluzione dei contratti medesimi, salvi i limiti contenuti nella procura che sia pubblicata nelle forme richieste dalla legge.

Possono inoltre promuovere azioni ed essere convenuti in giudizio in nome dell’assicuratore, per le obbligazioni dipendenti dagli atti compiuti nell’esecuzione del loro mandato, davanti l’autorità giudiziaria del luogo in cui ha sede l’agenzia presso la quale è stato concluso il contratto.

Sezione II
Dell’assicurazione contro i danni

Art. 1904.
Interesse all’assicurazione.

Il contratto di assicurazione contro i danni è nullo se, nel momento in cui l’assicurazione deve avere inizio, non esiste un interesse dell’assicurato al risarcimento del danno.

Art. 1905.
Limiti del risarcimento.

L’assicuratore è tenuto a risarcire, nei modi e nei limiti stabiliti dal contratto, il danno sofferto dall’assicurato in conseguenza del sinistro.

L’assicuratore risponde del profitto sperato solo se si è espressamente obbligato.

Art. 1906.
Danni cagionati da vizio della cosa.

Salvo patto contrario, l’assicuratore non risponde dei danni prodotti da vizio intrinseco della cosa assicurata, che non gli sia stato denunziato.

Se il vizio ha aggravato il danno, l’assicuratore, salvo patto contrario, risponde del danno nella misura in cui sarebbe stato a suo carico, qualora il vizio non fosse esistito.

Art. 1907.
Assicurazione parziale.

Se l’assicurazione copre solo una parte del valore che la cosa assicurata aveva nel tempo del sinistro, l’assicuratore risponde dei danni in proporzione della parte suddetta, a meno che non sia diversamente convenuto.

Art. 1908.
Valore della cosa assicurata.

Nell’accertare il danno non si può attribuire alle cose perite o danneggiate un valore superiore a quello che avevano al tempo del sinistro.

Il valore delle cose assicurate può essere tuttavia stabilito al tempo della conclusione del contratto, mediante stima accettata per iscritto dalle parti.

Non equivale a stima la dichiarazione di valore delle cose assicurate contenuta nella polizza o in altri documenti.

Nell’assicurazione dei prodotti del suolo il danno si determina in relazione al valore che i prodotti avrebbero avuto al tempo della maturazione o al tempo in cui ordinariamente si raccolgono.

Art. 1909.
Assicurazione per somma eccedente il valore delle cose.

L’assicurazione per una somma che eccede il valore reale della cosa assicurata non è valida se vi è stato dolo da parte dell’assicurato; l’assicuratore, se è in buona fede, ha diritto ai premi del periodo di assicurazione in corso.

Se non vi è stato dolo da parte del contraente, il contratto ha effetto fino alla concorrenza del valore reale della cosa assicurata e il contraente ha diritto di ottenere per l’avvenire una proporzionale riduzione del premio.

Art. 1910.
Assicurazione presso diversi assicuratori.

Se per il medesimo rischio sono contratte separatamente più assicurazioni presso diversi assicuratori, l’assicurato deve dare avviso di tutte le assicurazioni a ciascun assicuratore.

Se l’assicurato omette dolosamente di dare l’avviso, gli assicuratori non sono tenuti a pagare l’indennità.

Nel caso di sinistro, l’assicurato deve darne avviso a tutti gli assicuratori a norma dell’articolo 1913, indicando a ciascuno il nome degli altri. L’assicurato può chiedere a ciascun assicuratore l’indennità dovuta secondo il rispettivo contratto, purché le somme complessivamente riscosse non superino l’ammontare del danno.

L’assicuratore che ha pagato ha diritto di regresso contro gli altri per la ripartizione proporzionale in ragione delle indennità dovute secondo i rispettivi contratti. Se un assicuratore è insolvente, la sua quota viene ripartita fra gli altri assicuratori.

_______________

Cfr. Tribunale di Milano, sez. V civile, sentenza 24 luglio 2008, n. 9791 in Altalex Massimario.

Art. 1911.
Coassicurazione.

Qualora la medesima assicurazione o l’assicurazione di rischi relativi alle stesse cose sia ripartita tra più assicuratori per quote determinate, ciascun assicuratore è tenuto al pagamento dell’indennità assicurata soltanto in proporzione della rispettiva quota, anche se unico è il contratto sottoscritto da tutti gli assicuratori.

Art. 1912.
Terremoto, guerra, insurrezione, tumulti popolari.

Salvo patto contrario, l’assicuratore non è obbligato per i danni determinati da movimenti tellurici, da guerra, da insurrezione o da tumulti popolari.

Art. 1913.
Avviso all’assicuratore in caso di sinistro.

L’assicurato deve dare avviso del sinistro all’assicuratore o all’agente autorizzato a concludere il contratto, entro tre giorni da quello in cui il sinistro si è verificato o l’assicurato ne ha avuta conoscenza. Non è necessario l’avviso, se l’assicuratore o l’agente autorizzato alla conclusione del contratto interviene entro il detto termine alle operazioni di salvataggio o di constatazione del sinistro.

Nelle assicurazioni contro la mortalità del bestiame l’avviso, salvo patto contrario, deve essere dato entro ventiquattro ore.

Art. 1914.
Obbligo di salvataggio.

L’assicurato deve fare quanto gli è possibile per evitare o diminuire il danno.

Le spese fatte a questo scopo dall’assicurato sono a carico dell’assicuratore in proporzione del valore assicurato rispetto a quello che la cosa aveva nel tempo del sinistro, anche se il loro ammontare, unitamente a quello del danno, supera la somma assicurata, e anche se non si è raggiunto lo scopo, salvo che l’assicuratore provi che le spese sono state fatte inconsideratamente.

L’assicuratore risponde dei danni materiali direttamente derivati alle cose assicurate dai mezzi adoperati dall’assicurato per evitare o diminuire i danni del sinistro, salvo che egli provi che tali mezzi sono stati adoperati inconsideratamente.

L’intervento dell’assicuratore per il salvataggio delle cose assicurate e per la loro conservazione non pregiudica i suoi diritti.

L’assicuratore che interviene al salvataggio deve, se richiesto dall’assicurato, anticiparne le spese o concorrere in proporzione del valore assicurato.

Art. 1915.
Inadempimento dell’obbligo di avviso o di salvataggio.

L’assicurato che, dolosamente non adempie l’obbligo dell’avviso o del salvataggio perde il diritto all’indennità.

Se l’assicurato omette colposamente di adempiere tale obbligo, l’assicuratore ha diritto di ridurre l’indennità in ragione del pregiudizio sofferto.

Vedi Elisa Cinini, Assicurazioni: l’obbligo di denuncia riguarda il sinistro, non le sue modalità, Tribunale Rovigo, sez. Adria, sentenza 11 aprile 2013.

Art. 1916. (1)
Diritto di surrogazione dell’assicuratore.

L’assicuratore che ha pagato l’indennità è surrogato, fino alla concorrenza dell’ammontare di essa, nei diritti dell’assicurato verso i terzi responsabili.

Salvo il caso di dolo, la surrogazione non ha luogo se il danno è causato dai figli, dagli ascendenti, da altri parenti o da affini dell’assicurato stabilmente con lui conviventi o da domestici (2). (3)

L’assicurato è responsabile verso l’assicuratore del pregiudizio arrecato al diritto di surrogazione.

Le disposizioni di questo articolo si applicano anche alle assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro e contro le disgrazie accidentali.

(1) La Corte Costituzionale, con sentenza del 18 luglio 1991, n. 356, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo articolo nella parte in cui consente all’assicuratore di avvalersi, nell’esercizio del diritto di surrogazione nei confronti del terzo responsabile, anche delle somme da questi dovute all’assicurato a titolo di risarcimento del danno biologico.
(2) La Corte Costituzionale, con sentenza n. 117 del 21 maggio 1975, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo comma, nella parte in cui non annovera, tra le persone nei confronti delle quali non è ammessa surrogazione, il coniuge dell’assicurato.
(3) Comma così modificato dall’art. 91, comma 1, D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.

Art. 1917.
Assicurazione della responsabilità civile.

Nell’assicurazione della responsabilità civile l’assicuratore è obbligato a tenere indenne l’assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione, deve pagare a un terzo, in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto. Sono esclusi i danni derivanti da fatti dolosi.

L’assicuratore ha facoltà, previa comunicazione all’assicurato, di pagare direttamente al terzo danneggiato l’indennità dovuta, ed è obbligato al pagamento diretto se l’assicurato lo richiede.

Le spese sostenute per resistere all’azione del danneggiato contro l’assicurato sono a carico dell’assicuratore nei limiti del quarto della somma assicurata. Tuttavia, nel caso che sia dovuta al danneggiato una somma superiore al capitale assicurato, le spese giudiziali si ripartiscono tra assicuratore e assicurato in proporzione del rispettivo interesse.

L’assicurato, convenuto dal danneggiato, può chiamare in causa l’assicuratore.

_______________

Cfr. Corte Costituzionale, sentenza 5 marzo 2009, n. 63 in Altalex Massimario.

Art. 1918.
Alienazione delle cose assicurate.

L’alienazione delle cose assicurate non è causa di scioglimento del contratto di assicurazione.

L’assicurato, che non comunica all’assicuratore l’avvenuta alienazione e all’acquirente l’esistenza del contratto di assicurazione, rimane obbligato a pagare i premi che scadono posteriormente alla data dell’alienazione.

I diritti e gli obblighi dell’assicurato passano all’acquirente, se questi, avuta notizia dell’esistenza del contratto di assicurazione, entro dieci giorni dalla scadenza del primo premio successivo all’alienazione, non dichiara all’assicuratore, mediante raccomandata, che non intende subentrare nel contratto. Spettano in tal caso all’assicuratore i premi relativi al periodo di assicurazione in corso.

L’assicuratore, entro dieci giorni da quello in cui ha avuto notizia dell’avvenuta alienazione, può recedere dal contratto, con preavviso di quindici giorni, che può essere dato anche mediante raccomandata.

Se è stata emessa una polizza all’ordine o al portatore, nessuna notizia dell’alienazione deve essere data all’assicuratore, e così quest’ultimo come l’acquirente non possono recedere dal contratto.

Sezione III
Dell’assicurazione sulla vita

Art. 1919.
Assicurazione sulla vita propria o di un terzo.

L’assicurazione può essere stipulata sulla vita propria o su quella di un terzo.

L’assicurazione contratta per il caso di morte di un terzo non è valida se questi o il suo legale rappresentante non dà il consenso alla conclusione del contratto. Il consenso deve essere provato per iscritto.

Art. 1920.
Assicurazione a favore di un terzo.

È valida l’assicurazione sulla vita a favore di un terzo.

La designazione del beneficiario può essere fatta nel contratto di assicurazione, o con successiva dichiarazione scritta comunicata all’assicuratore, o per testamento; essa è efficace anche se il beneficiario è determinato solo genericamente. Equivale a designazione l’attribuzione della somma assicurata fatta nel testamento a favore di una determinata persona.

Per effetto della designazione il terzo acquista un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione.

Art. 1921.
Revoca del beneficio.

La designazione del beneficiario è revocabile con le forme con le quali può essere fatta a norma dell’articolo precedente. La revoca non può tuttavia farsi dagli eredi dopo la morte del contraente, né dopo che, verificatosi l’evento, il beneficiario ha dichiarato di voler profittare del beneficio.

Se il contraente ha rinunziato per iscritto al potere di revoca, questa non ha effetto dopo che il beneficiario ha dichiarato al contraente di voler profittare del beneficio. La rinuncia del contraente e la dichiarazione del beneficiario devono essere comunicate per iscritto all’assicuratore.

Art. 1922.
Decadenza dal beneficio.

La designazione del beneficiario, anche se irrevocabile, non ha effetto qualora il beneficiario attenti alla vita dell’assicurato.

Se la designazione è irrevocabile ed è stata fatta a titolo di liberalità, essa può essere revocata nei casi previsti dall’articolo 800.

Art. 1923.
Diritti dei creditori e degli eredi.

Le somme dovute dall’assicuratore al contraente o al beneficiario non possono essere sottoposte ad azione esecutiva o cautelare.

Sono salve, rispetto ai premi pagati, le disposizioni relative alla revocazione degli atti compiuti in pregiudizio dei creditori e quelle relative alla collazione all’imputazione e alla riduzione delle donazioni.

Art. 1924.
Mancato pagamento dei premi.

Se il contraente non paga il premio relativo al primo anno, l’assicuratore può agire per l’esecuzione del contratto nel termine di sei mesi dal giorno in cui il premio è scaduto. La disposizione si applica anche se il premio è ripartito in più rate, fermo restando il disposto dei primi due commi dell’articolo 1901; in tal caso il termine decorre dalla scadenza delle singole rate.

Se il contraente non paga i premi successivi nel termine di tolleranza previsto dalla polizza o, in mancanza, nel termine di venti giorni dalla scadenza, il contratto è risoluto di diritto, e i premi pagati restano acquisiti all’assicuratore, salvo che sussistano le condizioni per il riscatto dell’assicurazione o per la riduzione della somma assicurata.

Art. 1925.
Riscatto e riduzione della polizza.

Le polizze di assicurazione devono regolare i diritti di riscatto e di riduzione della somma assicurata, in modo tale che l’assicurato sia in grado, in ogni momento, di conoscere quale sarebbe il valore di riscatto o di riduzione dell’assicurazione.

Art. 1926.
Cambiamento di professione dell’assicurato.

I cambiamenti di professione o di attività dell’assicurato non fanno cessare gli effetti dell’assicurazione, qualora non aggravino il rischio in modo tale che, se il nuovo stato di cose fosse esistito al tempo del contratto, l’assicuratore non avrebbe consentito l’assicurazione.

Qualora i cambiamenti siano di tale natura che, se il nuovo stato di cose fosse esistito al tempo del contratto, l’assicuratore avrebbe consentito l’assicurazione per un premio più elevato, il pagamento della somma assicurata è ridotto in proporzione del minor premio convenuto in confronto di quello che sarebbe stato stabilito.

Se l’assicurato, dà notizia dei suddetti cambiamenti all’assicuratore, questi, entro quindici giorni, deve dichiarare se intende far cessare gli effetti del contratto ovvero ridurre la somma assicurata o elevare il premio.

Se l’assicuratore dichiara di voler modificare il contratto in uno dei due sensi su indicati, l’assicurato, entro quindici giorni successivi, deve dichiarare se intende accettare la proposta.

Se l’assicurato dichiara di non accettare, il contratto è risoluto, salvo il diritto dell’assicuratore al premio relativo al periodo di assicurazione in corso e salvo il diritto dell’assicurato al riscatto. Il silenzio dell’assicurato vale come adesione alla proposta dell’assicuratore.

Le comunicazioni e dichiarazioni previste dai commi precedenti possono farsi anche mediante raccomandata.

Art. 1927.
Suicidio dell’assicurato.

In caso di suicidio dell’assicurato, avvenuto prima che siano decorsi due anni dalla stipulazione del contratto, l’assicuratore non è tenuto al pagamento delle somme assicurate, salvo patto contrario.

L’assicuratore non è nemmeno obbligato se, essendovi stata sospensione del contratto per mancato pagamento dei premi, non sono decorsi due anni dal giorno in cui la sospensione è cessata.

Sezione IV
Della riassicurazione

Art. 1928.
Prova.

I contratti generali di riassicurazione relativi a una serie di rapporti assicurativi devono essere provati per iscritto.

I rapporti di riassicurazione in esecuzione dei contratti generali e i contratti di riassicurazione per singoli rischi possono essere provati secondo le regole generali.

Art. 1929.
Efficacia del contratto.

Il contratto di riassicurazione non crea rapporti tra l’assicurato e il riassicuratore, salve le disposizioni delle leggi speciali sul privilegio a favore della massa degli assicurati.

Art. 1930.
Diritto del riassicurato in caso di liquidazione coatta amministrativa.

In caso di liquidazione coatta amministrativa del riassicurato, il riassicuratore deve pagare integralmente l’indennità dovuta al riassicurato, salva la compensazione con i premi e gli altri crediti.

Art. 1931.
Compensazione dei crediti e debiti.

In caso di liquidazione coatta amministrativa dell’impresa del riassicuratore o del riassicurato, i debiti e i crediti che, alla fine della liquidazione, risultano dalla chiusura dei conti relativi a più contratti di riassicurazione, si compensano di diritto.

Sezione V
Disposizioni finali

Art. 1932.
Norme inderogabili.

Le disposizioni degli articoli 1887, 1892, 1893, 1894, 1897, 1898, 1899, secondo comma, 1901, 1903, secondo comma, 1914, secondo comma, 1915, secondo comma, 1917, terzo e quarto comma e 1926 non possono essere derogate se non in senso più favorevole all’assicurato.

Le clausole che derogano in senso meno favorevole all’assicurato sono sostituite di diritto dalle corrispondenti disposizioni di legge.

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Cfr. Tribunale di Salerno, sez. I, sentenza 27 marzo 2009

Capo XXI
Del giuoco e della scommessa

Art. 1933.
Mancanza di azione.

Non compete azione per il pagamento di un debito di giuoco o di scommessa, anche se si tratta di giuoco o di scommessa non proibiti.

Il perdente tuttavia non può ripetere quanto abbia spontaneamente pagato dopo l’esito di un giuoco o di una scommessa in cui non vi sia stata alcuna frode. La ripetizione è ammessa in ogni caso se il perdente è un incapace.

Art. 1934.
Competizioni sportive.

Sono eccettuati dalla norma del primo comma dell’articolo precedente, anche rispetto alle persone che non vi prendono parte, i giuochi che addestrano al maneggio delle armi, le corse di ogni specie e ogni altra competizione sportiva.

Tuttavia il giudice può rigettare o ridurre la domanda, qualora ritenga la posta eccessiva.

Art. 1935.
Lotterie autorizzate.

Le lotterie danno luogo ad azione in giudizio, qualora siano state legalmente autorizzate.

Capo XXII
Della fideiussione

Sezione I
Disposizioni generali

Art. 1936.
Nozione.

È fideiussore colui che, obbligandosi personalmente verso il creditore, garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui.

La fideiussione è efficace anche se il debitore non ne ha conoscenza.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. I, sentenza 12 dicembre 2007, n. 26012in Altalex Massimario.

Art. 1937.
Manifestazione della volontà.

La volontà di prestare fideiussione deve essere espressa.

Art. 1938.
Fideiussione per obbligazioni future o condizionali.

La fideiussione può essere prestata anche per un’obbligazione condizionale o futura con la previsione, in questo ultimo caso, dell’importo massimo garantito.

Art. 1939.
Validità della fideiussione.

La fideiussione non è valida se non è valida l’obbligazione principale, salvo che sia prestata per un’obbligazione assunta da un incapace.

Art. 1940.
Fideiussore del fideiussore.

La fideiussione può essere prestata così per il debitore principale, come per il suo fideiussore.

Art. 1941.
Limiti della fideiussione.

La fideiussione non può eccedere ciò che è dovuto dal debitore, né può essere prestata a condizioni più onerose.

Può prestarsi per una parte soltanto del debito o a condizioni meno onerose.

La fideiussione eccedente il debito o contratta a condizioni più onerose è valida nei limiti dell’obbligazione principale.

Art. 1942.
Estensione della fideiussione.

Salvo patto contrario, la fideiussione, si estende a tutti gli accessori del debito principale, nonché alle spese per la denunzia al fideiussore della causa promossa contro il debitore principale e alle spese successive.

Art. 1943.
Obbligazione di prestare fideiussione.

Il debitore obbligato a dare un fideiussore deve presentare persona capace, che possieda beni sufficienti a garantire l’obbligazione e che abbia o elegga domicilio nella giurisdizione della corte di appello in cui la fideiussione si deve prestare.

Quando il fideiussore è divenuto insolvente, deve esserne dato un altro, tranne che la fideiussione sia stata prestata dalla persona voluta dal creditore.

Sezione II
Dei rapporti tra creditore e fideiussore

Art. 1944.
Obbligazione del fideiussore.

Il fideiussore è obbligato in solido col debitore principale al pagamento del debito.

Le parti però possono convenire che il fideiussore non sia tenuto a pagare prima dell’escussione del debitore principale. In tal caso, il fideiussore, che sia convenuto dal creditore e intenda valersi del beneficio dell’escussione, deve indicare i beni del debitore principale da sottoporre ad esecuzione.

Salvo patto contrario, il fideiussore è tenuto ad anticipare le spese necessarie.

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Cfr. Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 5 febbraio 2008, n. 2655 e Cassazione Civile, sez. III, sentenza 29 settembre 2009, n. 20822 in Altalex Massimario.

Art. 1945.
Eccezioni opponibili dal fideiussore.

Il fideiussore può opporre contro il creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore principale, salva quella derivante dall’incapacità.

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Cfr. Tribunale di Lecce, sez. II civile, sentenza 5 dicembre 2007, n. 1787 in Altalex Massimario.

Art. 1946.
Fideiussione prestata da più persone.

Se più persone hanno prestato fideiussione per un medesimo debitore e a garanzia di un medesimo debito, ciascuna di esse è obbligata per l’intero debito, salvo che sia stato pattuito il beneficio della divisione.

Art. 1947.
Beneficio della divisione.

Se è stato stipulato il beneficio della divisione, ogni fideiussore che sia convenuto per il pagamento dell’intero debito può esigere che il creditore riduca l’azione alla parte da lui dovuta.

Se alcuno dei fideiussori era insolvente al tempo in cui un altro ha fatto valere il beneficio della divisione, questi è obbligato per tale insolvenza in proporzione della sua quota, ma non risponde delle insolvenze sopravvenute.

Art. 1948.
Obbligazione del fideiussore del fideiussore.

Il fideiussore del fideiussore non è obbligato verso il creditore, se non nel caso in cui il debitore principale e tutti i fideiussori di questo siano insolventi, o siano liberati perché incapaci.

Sezione III
Dei rapporti tra fideiussore e debitore principale

Art. 1949.
Surrogazione del fideiussore nei diritti del creditore.

Il fideiussore che ha pagato il debito è surrogato nei diritti che il creditore aveva contro il debitore.

Art. 1950.
Regresso contro il debitore principale.

Il fideiussore che ha pagato ha regresso contro il debitore principale, benché questi non fosse consapevole della prestata fideiussione.

Il regresso comprende il capitale, gli interessi e le spese che il fideiussore ha fatte dopo che ha denunziato al debitore principale le istanze proposte contro di lui.

Il fideiussore inoltre ha diritto agli interessi legali sulle somme pagate dal giorno del pagamento. Se il debito principale produceva interessi in misura superiore al saggio legale, il fideiussore ha diritto a questi fino al rimborso del capitale.

Se il debitore è incapace, il regresso del fideiussore è ammesso solo nei limiti di ciò che sia stato rivolto a suo vantaggio.

Art. 1951.
Regresso contro più debitori principali.

Se vi sono più debitori principali obbligati in solido, il fideiussore che ha garantito per tutti ha regresso contro ciascuno per ripetere integralmente ciò che ha pagato.

Art. 1952.
Divieto di agire contro il debitore principale.

Il fideiussore non ha regresso contro il debitore principale se, per avere omesso di denunziargli il pagamento fatto, il debitore ha pagato ugualmente il debito.

Se il fideiussore ha pagato senza averne dato avviso al debitore principale, questi può opporgli le eccezioni che avrebbe potuto opporre al creditore principale all’atto del pagamento.

In entrambi i casi è fatta salva al fideiussore l’azione per la ripetizione contro il creditore.

Art. 1953.
Rilievo del fideiussore.

Il fideiussore, anche prima di aver pagato, può agire contro il debitore perché questi gli procuri la liberazione o, in mancanza, presti le garanzie necessarie per assicurargli il soddisfacimento delle eventuali ragioni di regresso, nei casi seguenti:

1) quando è convenuto in giudizio per il pagamento;

2) quando il debitore è divenuto insolvente;

3) quando il debitore si è obbligato di liberarlo dalla fideiussione entro un tempo determinato;

4) quando il debito è divenuto esigibile per la scadenza del termine;

5) quando sono decorsi cinque anni, e l’obbligazione principale non ha un termine, purché essa non sia di tal natura da non potersi estinguere prima di un tempo determinato.

Sezione IV
Dei rapporti tra più fideiussori

Art. 1954.
Regresso contro gli altri fideiussori.

Se più persone hanno prestato fideiussione per un medesimo debitore e per un medesimo debito, il fideiussore che ha pagato ha regresso contro gli altri fideiussori per la loro rispettiva porzione. Se uno di questi è insolvente, si osserva la disposizione del secondo comma dell’articolo 1299.

Sezione V
Dell’estinzione della fideiussione

Art. 1955.
Liberazione del fideiussore per fatto del creditore.

La fideiussione si estingue quando, per fatto del creditore, non può avere effetto la surrogazione del fideiussore nei diritti, nel pegno, nelle ipoteche e nei privilegi del creditore.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 19 novembre 2007, n. 23922 in Altalex Massimario.

Art. 1956.
Liberazione del fideiussore per obbligazione
 futura.

Il fideiussore per un’obbligazione futura è liberato se il creditore, senza speciale autorizzazione del fideiussore, ha fatto credito al terzo, pur conoscendo che le condizioni patrimoniali di questo erano divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito.

Non è valida la preventiva rinuncia del fideiussore ad avvalersi della liberazione.

Art. 1957.
Scadenza dell’obbligazione principale.

Il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate.

La disposizione si applica anche al caso in cui il fideiussore ha espressamente limitato la sua fideiussione allo stesso termine dell’obbligazione principale.

In questo caso però l’istanza contro il debitore deve essere proposta entro due mesi.

L’istanza proposta contro il debitore interrompe la prescrizione anche nei confronti del fideiussore.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 24 aprile 2008, n. 10669, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 21 maggio 2008, n. 13078 e Cassazione Civile, sez. III, sentenza 12 dicembre 2008, n. 29215 in Altalex Massimario.

Capo XXIII
Del mandato di credito

Art. 1958.
Effetti del mandato di credito.

Se una persona si obbliga verso un’altra, che le ha conferito l’incarico, a fare credito a un terzo, in nome e per conto proprio, quella che ha dato l’incarico risponde come fideiussore di un debito futuro.

Colui che ha accettato l’incarico non può rinunziarvi, ma chi l’ha conferito può revocarlo, salvo l’obbligo di risarcire il danno all’altra parte.

Art. 1959.
Sopravvenuta insolvenza del mandante o del terzo.

Se, dopo l’accettazione dell’incarico, le condizioni patrimoniali di colui che lo ha conferito o del terzo sono divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito, colui che ha accettato l’incarico non può essere costretto ad eseguirlo.

Si applica inoltre la disposizione dell’articolo 1956.

Capo XXIV
Dell’anticresi

Art. 1960.
Nozione.

L’anticresi è il contratto col quale il debitore o un terzo si obbliga a consegnare un immobile al creditore a garanzia del credito, affinché il creditore ne percepisca i frutti, imputandoli agli interessi, se dovuti, e quindi al capitale.

Art. 1961.
Obblighi del creditore anticretico.

Il creditore, se non è stato convenuto diversamente, è obbligato a pagare i tributi e i pesi annui dell’immobile ricevuto in anticresi.

Egli ha l’obbligo di conservare, amministrare e coltivare il fondo da buon padre di famiglia. Le spese relative devono essere prelevate dai frutti.

Il creditore, se vuole liberarsi da tali obblighi, può, in ogni tempo, restituire l’immobile al debitore purché non abbia rinunziato a tale facoltà.

Art. 1962.
Durata dell’anticresi.

L’anticresi dura finché il creditore sia stato interamente soddisfatto del suo credito, anche se il credito o l’immobile dato in anticresi sia divisibile, salvo che sia stata stabilita la durata.

In ogni caso l’anticresi non può avere una durata superiore a dieci anni.

Se è stato stipulato un termine maggiore, questo si riduce al termine suddetto.

Art. 1963.
Divieto del patto commissorio.

È nullo qualunque patto, anche posteriore alla conclusione del contratto, con cui si conviene che la proprietà dell’immobile passi al creditore nel caso di mancato pagamento del debito.

Art. 1964.
Compensazione dei frutti con gli interessi.

Salva la disposizione dell’articolo 1448, è valido il patto col quale le parti convengono che i frutti si compensino con gli interessi in tutto o in parte. In tal caso il debitore può in ogni tempo estinguere il suo debito e rientrare nel possesso dell’immobile.

Capo XXV
Della transazione

Art. 1965.
Nozione.

La transazione è il contratto col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro.

Con le reciproche concessioni si possono creare, modificare o estinguere anche rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione delle parti.

1) Cfr. sul tema la formula “Accordo transattivo tra avvocato e cliente in caso di responsabilità professionale” tratta da FormularioCivile.it.

Art. 1966.
Capacità a transigere e disponibilità dei diritti.

Per transigere le parti devono avere la capacità di disporre dei diritti che formano oggetto della lite.

La transazione è nulla se tali diritti, per loro natura o per espressa disposizione di legge, sono sottratti alla disciplina delle parti.

Art. 1967.
Prova.

La transazione deve essere provata per iscritto, fermo il disposto del n. 12 dell’articolo 1350.

Art. 1968.
Transazione sulla falsità di documenti.

La transazione nei giudizi civili di falso non produce alcun effetto, se non è stata omologata dal tribunale, sentito il pubblico ministero.

Art. 1969.
Errore di diritto.

La transazione non può essere annullata per errore di diritto relativo alle questioni che sono state oggetto di controversia tra le parti.

Art. 1970.
Lesione.

La transazione non può essere impugnata per causa di lesione.

Art. 1971.
Transazione su pretesa temeraria.

Se una delle parti era consapevole della temerarietà della sua pretesa, l’altra può chiedere l’annullamento della transazione.

Art. 1972.
Transazione su un titolo nullo.

E’ nulla la transazione relativa a un contratto illecito, ancorché le parti abbiano trattato della nullità di questo.

Negli altri casi in cui la transazione è stata fatta relativamente a un titolo nullo, l’annullamento di essa può chiedersi solo dalla parte che ignorava la causa di nullità del titolo.

Art. 1973.
Annullabilità per falsità di documenti.

È annullabile la transazione fatta, in tutto o in parte, sulla base di documenti che in seguito sono stati riconosciuti falsi.

Art. 1974.
Annullabilità per cosa giudicata.

È pure annullabile la transazione fatta su lite già decisa con sentenza passata in giudicato della quale le parti o una di esse non avevano notizia.

Art. 1975.
Annullabilità per scoperta di documenti.

La transazione che le parti hanno conclusa generalmente sopra tutti gli affari che potessero esservi tra loro non può impugnarsi per il fatto che posteriormente una di esse venga a conoscenza di documenti che le erano ignoti al tempo della transazione, salvo che questi siano stati occultati dall’altra parte.

La transazione è annullabile, quando non riguarda che un affare determinato e con documenti posteriormente scoperti si prova che una delle parti non aveva alcun diritto.

Art. 1976.
Risoluzione della transazione per inadempimento.

La risoluzione della transazione per inadempimento non può essere richiesta se il rapporto preesistente è stato estinto per novazione, salvo che il diritto alla risoluzione sia stato espressamente stipulato.

Capo XXVI
Della cessione dei beni ai creditori

Art. 1977.
Nozione.

La cessione dei beni ai creditori è il contratto col quale il debitore incarica i suoi creditori o alcuni di essi di liquidare tutte o alcune sue attività e di ripartirne tra loro il ricavato in soddisfacimento dei loro crediti.

Art. 1978.
Forma.

La cessione dei beni si deve fare per iscritto, sotto pena di nullità.

Se tra i beni ceduti esistono crediti, si osservano le disposizioni degli articoli 1264 e 1265.

Art. 1979.
Poteri dei creditori cessionari.

L’amministrazione dei beni ceduti spetta ai creditori cessionari. Questi possono esercitare tutte le azioni di carattere patrimoniale relative ai beni medesimi.

Art. 1980.
Effetti della cessione.

Il debitore non può disporre dei beni ceduti.

I creditori anteriori alla cessione che non vi hanno partecipato possono agire esecutivamente anche su tali beni.

I creditori cessionari, se la cessione ha avuto per oggetto solo alcune attività del debitore, non possono agire esecutivamente sulle altre attività prima di aver liquidato quelle cedute.

Art. 1981.
Spese.

I creditori che hanno concluso il contratto o vi hanno aderito devono anticipare le spese necessarie per la liquidazione e hanno il diritto di prelevarne l’importo sul ricavato di essa.

Art. 1982.
Riparto.

I creditori devono ripartire tra loro le somme ricavate in proporzione dei rispettivi crediti, salve le cause di prelazione. Il residuo spetta al debitore.

Art. 1983.
Controllo del debitore.

Il debitore ha diritto di controllare la gestione e di averne il rendiconto alla fine della liquidazione, o alla fine di ogni anno se la gestione dura più di un anno.

Se è stato nominato un liquidatore, questi deve rendere il conto anche al debitore.

Art. 1984.
Liberazione del debitore.

Se non vi è patto contrario, il debitore è liberato verso i creditori solo dal giorno in cui essi ricevono la parte loro spettante sul ricavato della liquidazione, e nei limiti di quanto hanno ricevuto.

Art. 1985.
Recesso dal contratto.

Il debitore può recedere dal contratto offrendo il pagamento del capitale e degli interessi a coloro con i quali ha contrattato o che hanno aderito alla cessione. Il recesso ha effetto dal giorno del pagamento.

Il debitore è tenuto al rimborso delle spese di gestione.

Art. 1986.
Annullamento e risoluzione del contratto.

La cessione può essere annullata se il debitore, avendo dichiarato di cedere tutti i suoi beni, ha dissimulato parte notevole di essi, ovvero se ha occultato passività o ha simulato passività inesistenti.

La cessione può essere risoluta per inadempimento secondo le regole generali.

Titolo IV
Delle promesse unilaterali

Articolo 1987.
Efficacia delle promesse
.

La promessa unilaterale di una prestazione non produce effetti obbligatori fuori dei casi ammessi dalla legge.

Articolo 1988.
Promessa di pagamento e ricognizione di debito.

La promessa di pagamento o la ricognizione di un debito dispensa colui a favore del quale è fatta dall’onere di provare il rapporto fondamentale. L’esistenza di questo si presume fino a prova contraria.

_______________

Cfr. Tribunale di Modena, sentenza 18 maggio 2009, n. 646, Corte di Appello di Roma, sez. I, sentenza 13 luglio 2009 e Cassazione Civile, sez. II, sentenza 28 ottobre 2009, n. 22855.

Articolo 1989.
Promessa al pubblico.

Colui che, rivolgendosi al pubblico, promette una prestazione a favore di chi si trovi in una determinata situazione o compia una determinata azione, è vincolato dalla promessa non appena questa è resa pubblica.

Se alla promessa non è apposto un termine, o questo non risulta dalla natura o dallo scopo della medesima, il vincolo del promittente cessa, qualora entro l’anno dalla promessa non gli sia stato comunicato l’avveramento della situazione o il compimento dell’azione prevista nella promessa.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 24 novembre 2009, n. 24685.

Articolo 1990.
Revoca della promessa.

La promessa può essere revocata prima della scadenza del termine indicato dall’articolo precedente solo per giusta causa, purché la revoca sia resa pubblica nella stessa forma della promessa o in forma equivalente.

In nessun caso la revoca può avere effetto se la situazione prevista nella promessa si è già verificata o se l’azione è già stata compiuta.

Articolo 1991.
Cooperazione di più persone.

Se l’azione è stata compiuta da più persone separatamente, oppure se la situazione è comune a più persone, la prestazione promessa, quando è unica, spetta a colui che per primo ne ha dato notizia al promittente.

Titolo V
Dei titoli di credito

Capo I

Disposizioni generali

Art. 1992.
Adempimento della prestazione.

Il possessore di un titolo di credito ha diritto alla prestazione in esso indicata verso presentazione del titolo, purché sia legittimato nelle forme prescritte dalla legge.

Il debitore, che senza dolo o colpa grave adempie la prestazione nei confronti del possessore, è liberato anche se questi non è il titolare del diritto.

Art. 1993.
Eccezioni opponibili.

Il debitore può opporre al possessore del titolo soltanto le eccezioni a questo personali, le eccezioni di forma, quelle che sono fondate sul contesto letterale del titolo, nonché quelle che dipendono da falsità della propria firma, da difetto di capacità o di rappresentanza al momento dell’emissione, o dalla mancanza delle condizioni necessarie per l’esercizio dell’azione.

Il debitore può opporre al possessore del titolo le eccezioni fondate sui rapporti personali con i precedenti possessori, soltanto se, nell’acquistare il titolo, il possessore ha agito intenzionalmente a danno del debitore medesimo.

Art. 1994.
Effetti del possesso di buona fede.

Chi ha acquistato in buona fede il possesso di un titolo di credito, in conformità delle norme che ne disciplinano la circolazione, non è soggetto a rivendicazione.

Art. 1995.
Trasferimento dei diritti accessori.

Il trasferimento del titolo di credito comprende anche i diritti accessori che sono ad esso inerenti.

Art. 1996.
Titoli rappresentativi.

I titoli rappresentativi di merci attribuiscono al possessore il diritto alla consegna delle merci che sono in essi specificate, il possesso delle medesime e il potere di disporne mediante trasferimento del titolo.

Art. 1997.
Efficacia dei vincoli sul credito.

Il pegno , il sequestro , il pignoramento e ogni altro vincolo sul diritto menzionato in un titolo di credito o sulle merci da esso rappresentate non hanno effetto se non si attuano sul titolo.

Art. 1998.
Titoli con diritto a premi.

Nel caso di usufrutto di titoli di credito il godimento dell’usufruttuario si estende ai premi e alle altre utilità aleatorie prodotte dal titolo.

Il premio è investito a norma dell’articolo 1000.

Nel pegno di titoli di credito la garanzia non si estende ai premi e alle altre utilità aleatorie prodotte dal titolo.

Art. 1999.
Conversione dei titoli.

I titoli di credito al portatore possono essere convertiti dall’emittente in titoli nominativi su richiesta e a spese del possessore.

Salvo il caso in cui la convertibilità sia stata espressamente esclusa dall’emittente, i titoli nominativi possono essere convertiti in titoli al portatore, su richiesta e a spese dell’intestatario che dimostri la propria identità e la propria capacità a norma del secondo comma dell’articolo 2022.

Art. 2000.
Riunione e frazionamento dei titoli.

I titoli di credito emessi in serie possono essere riuniti in un titolo multiplo, su richiesta e a spese del possessore.

I titoli di credito multipli possono essere frazionati in più titoli di taglio minore.

Art. 2001.
Rinvio a disposizioni speciali.

Le norme di questo titolo si applicano in quanto non sia diversamente disposto da altre norme di questo codice o di leggi speciali.

I titoli del debito pubblico, i biglietti di banca e gli altri titoli equivalenti sono regolati da leggi speciali.

Art. 2002.
Documenti di legittimazione e titoli impropri.

Le norme di questo titolo non si applicano ai documenti che servono solo a identificare l’avente diritto alla prestazione, o a consentire il trasferimento del diritto senza l’osservanza delle forme proprie della cessione.

Capo II

Dei titoli al portatore

Art. 2003.
Trasferimento del titolo e legittimazione del possessore.

Il trasferimento del titolo al portatore si opera con la consegna del titolo.

Il possessore del titolo al portatore è legittimato all’esercizio del diritto in esso menzionato in base alla presentazione del titolo.

Art. 2004.
Limitazione della libertà di emissione.

Il titolo di credito contenente l’obbligazione di pagare una somma di danaro non può essere emesso al portatore se non nei casi stabiliti dalla legge.

Art. 2005.
Titolo deteriorato.

Il possessore di un titolo deteriorato che non sia più idoneo alla circolazione, ma sia tuttora sicuramente identificabile, ha diritto di ottenere dall’emittente un titolo equivalente, verso la restituzione del primo e il rimborso delle spese.

Art. 2006.
Smarrimento e sottrazione del titolo.

Salvo disposizioni di leggi speciali, non è ammesso l’ammortamento dei titoli al portatore smarriti o sottratti.

Tuttavia chi denunzia all’emittente lo smarrimento o la sottrazione d’un titolo al portatore e gliene fornisce la prova ha diritto alla prestazione e agli accessori della medesima, decorso il termine di prescrizione del titolo.

Il debitore che esegue la prestazione a favore del possessore del titolo prima del termine suddetto è liberato, salvo che si provi che egli conoscesse il vizio del possesso del presentatore.

Se i titoli smarriti o sottratti sono azioni al portatore, il denunziante può essere autorizzato dal tribunale, previa cauzione , se del caso, a esercitare i diritti inerenti alle azioni anche prima del termine di prescrizione, fino a quando i titoli non vengano presentati da altri.

È salvo, in ogni caso, l’eventuale diritto del denunziante verso il possessore del titolo.

Art. 2007.
Distruzione del titolo.

Il possessore del titolo al portatore, che ne provi la distruzione, ha diritto di chiedere all’emittente il rilascio di un duplicato o di un titolo equivalente.

Le spese sono a carico del richiedente. Se la prova della distruzione non è raggiunta, si osservano le disposizioni dell’articolo precedente.

Capo III

Dei titoli all’ordine

Art. 2008.
Legittimazione del possessore.

Il possessore di un titolo all’ordine è legittimato all’esercizio del diritto in esso menzionato in base a una serie continua di girate.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. I, sentenza 6 settembre 2007, n. 18723in Altalex Massimario.

Art. 2009.
Forma della girata.

La girata deve essere scritta sul titolo e sottoscritta dal girante.

È valida la girata anche se non contiene l’indicazione del giratario.

La girata al portatore vale come girata in bianco.

Art. 2010.
Girata condizionale o parziale.

Qualsiasi condizione apposta alla girata si ha come non scritta.

E’ nulla la girata parziale.

Art. 2011.
Effetti della girata.

La girata trasferisce tutti i diritti inerenti al titolo.

Se il titolo è girato in bianco, il possessore può riempire la girata col proprio nome o con quello di altra persona, ovvero può girare di nuovo il titolo o trasmetterlo a un terzo senza riempire la girata o senza apporne una nuova.

Art. 2012.
Obblighi del girante.

Salvo diversa disposizione di legge o clausola contraria risultante dal titolo, il girante non è obbligato per l’inadempimento della prestazione da parte dell’emittente.

Art. 2013.
Girata per incasso o per procura.

Se alla girata è apposta una clausola che importa conferimento di una procura per incasso, il giratario può esercitare tutti i diritti inerenti al titolo, ma non può girare il titolo, fuorché per procura.

L’emittente può opporre al giratario per procura soltanto le eccezioni opponibili al girante.

L’efficacia della girata per procura non cessa per la morte o per la sopravvenuta incapacità del girante.

Art. 2014.
Girata a titolo di pegno.

Se alla girata è apposta una clausola che importa costituzione di pegno , il giratario può esercitare tutti i diritti inerenti al titolo, ma la girata da lui fatta vale solo come girata per procura.

L’emittente non può opporre al giratario in garanzia le eccezioni fondate sui propri rapporti personali col girante, a meno che il giratario, ricevendo il titolo abbia agito intenzionalmente a danno dell’emittente.

Art. 2015.
Cessione del titolo all’ordine.

L’acquisto di un titolo all’ordine con un mezzo diverso dalla girata produce gli effetti della cessione.

Art. 2016.
Procedura d’ammortamento.

In caso di smarrimento, sottrazione o distruzione del titolo, il possessore può farne denunzia al debitore e chiedere l’ammortamento del titolo con ricorso al presidente del tribunale del luogo in cui il titolo è pagabile.

Il ricorso deve indicare i requisiti essenziali del titolo e, se si tratta di titolo in bianco, quelli sufficienti a identificarlo. Il presidente del tribunale, premessi gli opportuni accertamenti sulla verità dei fatti e sul diritto del possessore, pronunzia con decreto l’ammortamento e autorizza il pagamento del titolo dopo trenta giorni dalla data di pubblicazione del decreto nella Gazzetta ufficiale della Repubblica, purché nel frattempo non sia fatta opposizione dal detentore. Se alla data della pubblicazione il titolo non è ancora scaduto, il termine per il pagamento decorre dalla data della scadenza.

Il decreto deve essere notificato al debitore e pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Repubblica a cura del ricorrente.

Nonostante la denunzia, il pagamento fatto al detentore prima della notificazione del decreto libera il debitore.

Art. 2017.
Opposizione del detentore.

L’opposizione del detentore deve essere proposta davanti al tribunale che ha pronunziato l’ammortamento, con citazione da notificarsi al ricorrente e al debitore.

L’opposizione non è ammissibile senza il deposito del titolo presso la cancelleria del tribunale.

Se l’opposizione è respinta, il titolo è consegnato a chi ha ottenuto l’ammortamento.

Art. 2018.
Diritti del ricorrente durante il termine per l’opposizione.

Durante il termine stabilito dall’articolo 2016, il ricorrente può compiere tutti gli atti che tendono a conservare i suoi diritti, e, se il titolo è scaduto o pagabile a vista, può esigerne il pagamento mediante cauzione o chiedere il deposito giudiziario della somma.

Art. 2019.
Effetti dell’ammortamento.

Trascorso senza opposizione il termine indicato dall’articolo 2016, il titolo non ha più efficacia, salve le ragioni del detentore verso chi ha ottenuto l’ammortamento.

Chi ha ottenuto l’ammortamento, su presentazione del decreto e di un certificato del cancelliere del tribunale comprovante che non fu interposta opposizione, può esigere il pagamento o, qualora il titolo sia in bianco o non sia ancora scaduto, può ottenere un duplicato.

Art. 2020.
Leggi speciali.

Le norme di questa sezione si applicano ai titoli all’ordine regolati da leggi speciali in quanto queste non dispongano diversamente.

Capo IV

Dei titoli nominativi

Art. 2021.
Legittimazione del possessore.

Il possessore di un titolo nominativo è legittimato all’esercizio del diritto in esso menzionato per effetto dell’intestazione a suo favore contenuta nel titolo e nel registro dell’emittente.

Art. 2022.
Trasferimento.

Il trasferimento del titolo nominativo si opera mediante l’annotazione del nome dell’acquirente sul titolo e nel registro dell’emittente o col rilascio di un nuovo titolo intestato al nuovo titolare . Del rilascio deve essere fatta annotazione nel registro.

Colui che chiede l’intestazione del titolo a favore di un’altra persona, o il rilascio di un nuovo titolo ad essa intestato, deve provare la propria identità e la propria capacità di disporre, mediante certificazione di un notaio o di un agente di cambio. Se l’intestazione o il rilascio è richiesto dall’acquirente, questi deve esibire il titolo e dimostrare il suo diritto mediante atto autentico.

Le annotazioni nel registro e sul titolo sono fatte a cura e sotto la responsabilità dell’emittente.

L’emittente che esegue il trasferimento nei modi indicati dal presente articolo è esonerato da responsabilità salvo il caso di colpa.

Art. 2023.
Trasferimento mediante girata.

Salvo diverse disposizioni della legge, il titolo nominativo può essere trasferito anche mediante girata autenticata da un notaio o da un agente di cambio.

La girata deve essere datata e sottoscritta dal girante e contenere l’indicazione del giratario. Se il titolo non è interamente liberato, è necessaria anche la sottoscrizione del giratario.

Il trasferimento mediante girata non ha efficacia nei confronti dell’emittente fino a che non ne sia fatta annotazione nel registro. Il giratario che si dimostra possessore del titolo in base ad una serie continua di girate ha diritto di ottenere l’annotazione del trasferimento nel registro dell’emittente.

Art. 2024.
Vincoli sul credito.

Nessun vincolo sul credito produce effetti nei confronti dell’emittente e dei terzi, se non risulta da una corrispondente annotazione sul titolo e nel registro.

Per l’annotazione si osserva il disposto del secondo comma dell’articolo 2022.

_______________

Cfr. Tribunale di Vicenza, sentenza 24 maggio 2007 in Altalex Massimario.

Art. 2025.
Usufrutto.

Chi ha l’usufrutto del credito menzionato in un titolo nominativo ha diritto di ottenere un titolo separato da quello del proprietario.

Art. 2026.
Pegno.

La costituzione in pegno di un titolo nominativo può farsi anche mediante consegna del titolo, girato con la clausola «in garanzia» o altra equivalente.

Il giratario in garanzia non può trasmettere ad altri il titolo se non mediante girata per procura.

_______________

Cfr. Tribunale di Vicenza, sentenza 24 maggio 2007 in Altalex Massimario.

Art. 2027.
Ammortamento.

In caso di smarrimento, sottrazione o distruzione del titolo, l’intestatario o il giratario di esso può farne denunzia all’emittente e chiedere l’ammortamento del titolo in conformità delle norme relative ai titoli all’ordine.

In caso di smarrimento, sottrazione o distruzione di azioni nominative, durante il termine stabilito dall’articolo 2016, il ricorrente può esercitare i diritti inerenti alle azioni, salva, se del caso, la prestazione di una cauzione

L’ammortamento estingue il titolo, ma non pregiudica le ragioni del detentore verso chi ha ottenuto il nuovo titolo.

Titolo VI
Della gestione di affari

Art. 2028.
Obbligo di continuare la gestione.

Chi, senza esservi obbligato, assume scientemente la gestione di un affare altrui, è tenuto a continuarla e a condurla a termine finché l’interessato non sia in grado di provvedervi da se stesso.

L’obbligo di continuare la gestione sussiste anche se l’interessato muore prima che l’affare sia terminato, finché l’erede possa provvedere direttamente.

Art. 2029.
Capacità del gestore.

Il gestore deve avere la capacità di contrattare.

Art. 2030.
Obbligazioni del gestore.

Il gestore è soggetto alle stesse obbligazioni che deriverebbero da un mandato.

Tuttavia il giudice, in considerazione delle circostanze che hanno indotto il gestore ad assumere la gestione, può moderare il risarcimento dei danni ai quali questi sarebbe tenuto per effetto della sua colpa.

Art. 2031.
Obblighi dell’interessato.

Qualora la gestione sia stata utilmente iniziata, l’interessato deve adempiere le obbligazioni che il gestore ha assunte in nome di lui, deve tenere indenne il gestore di quelle assunte dal medesimo in nome proprio e rimborsargli tutte le spese necessarie o utili con gli interessi dal giorno in cui le spese stesse sono state fatte.

Questa disposizione non si applica agli atti di gestione eseguiti contro il divieto dell’interessato, eccetto che tale divieto sia contrario alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume.

Art. 2032.
Ratifica dell’interessato.

La ratifica dell’interessato produce, relativamente alla gestione, gli effetti che sarebbero derivati da un mandato, anche se la gestione è stata compiuta da persona che credeva di gestire un affare proprio .

Titolo VII
Del pagamento dell’indebito

Art. 2033.
Indebito oggettivo.

Chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato. Ha inoltre diritto ai frutti e agli interessi dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure, se questi era in buona fede, dal giorno della domanda.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 23 luglio 2007, n. 16222, Consiglio di Stato, sez. IV, decisione 4 febbraio 2008, n. 293, Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 11 settembre 2008, n. 23284, Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 5 febbraio 2009, n. 605 e Cassazione Civile, sez. III, sentenza 1 dicembre 2009, n. 25276 in Altalex Massimario.

Art. 2034.
Obbligazioni naturali.

Non è ammessa la ripetizione di quanto è stato spontaneamente prestato in esecuzione di doveri morali o sociali, salvo che la prestazione sia stata eseguita da un incapace.

I doveri indicati dal comma precedente, e ogni altro per cui la legge non accorda azione ma esclude la ripetizione di ciò che è stato spontaneamente pagato, non producono altri effetti.

_______________

Cfr. Tribunale di Cassino, sez. civile, sentenza 12 luglio 2007 in Altalex Massimario.

Art. 2035.
Prestazione contraria al buon costume.

Chi ha eseguito una prestazione per uno scopo che, anche da parte sua, costituisca offesa al buon costume non può ripetere quanto ha pagato.

Art. 2036.
Indebito soggettivo.

Chi ha pagato un debito altrui, credendosi debitore in base a un errore scusabile, può ripetere ciò che ha pagato, sempre che il creditore non si sia privato in buona fede del titolo o delle garanzie del credito.

Chi ha ricevuto l’indebito è anche tenuto a restituire i frutti e gli interessi dal giorno del pagamento, se era in mala fede, o dal giorno della domanda, se era in buona fede.

Quando la ripetizione non è ammessa, colui che ha pagato subentra nei diritti del creditore.

Art. 2037.
Restituzione di cosa determinata.

Chi ha ricevuto indebitamente una cosa determinata è tenuto a restituirla .

Se la cosa è perita, anche per caso fortuito, chi l’ha ricevuta in mala fede è tenuto a corrisponderne il valore; se la cosa è soltanto deteriorata, colui che l’ha data può chiedere l’equivalente, oppure la restituzione e una indennità per la diminuzione di valore.

Chi ha ricevuto la cosa in buona fede non risponde del perimento o del deterioramento di essa, ancorché dipenda da fatto proprio, se non nei limiti del suo arricchimento.

Art. 2038.
Alienazione della cosa ricevuta indebitamente.

Chi, avendo ricevuto la cosa in buona fede, l’ha alienata prima di conoscere l’obbligo di restituirla è tenuto a restituire il corrispettivo conseguito. Se questo è ancora dovuto, colui che ha pagato l’indebito subentra nel diritto dell’alienante. Nel caso di alienazione a titolo gratuito, il terzo acquirente è obbligato, nei limiti del suo arricchimento, verso colui che ha pagato l’indebito.

Chi ha alienato la cosa ricevuta in mala fede, o dopo aver conosciuto l’obbligo di restituirla, è obbligato a restituirla in natura o a corrisponderne il valore. Colui che ha pagato l’indebito può però esigere il corrispettivo dell’alienazione e può anche agire direttamente per conseguirlo. Se l’alienazione è stata fatta a titolo gratuito, l’acquirente, qualora l’alienante sia stato inutilmente escusso, è obbligato, nei limiti dell’arricchimento, verso colui che ha pagato l’indebito.

Art. 2039.
Indebito ricevuto da un incapace.

L’incapace che ha ricevuto l’indebito, anche in mala fede, non è tenuto che nei limiti in cui ciò che ha ricevuto è stato rivolto a suo vantaggio .

Art. 2040.
Rimborso di spese e di miglioramenti.

Colui al quale è restituita la cosa è tenuto a rimborsare il possessore delle spese e dei miglioramenti, a norma degli articoli 1149, 1150, 1151 e 1152.

Titolo VIII
Dell’arricchimento senza causa

Art. 2041.
Azione generale di arricchimento.

Chi, senza una giusta causa, si è arricchito a danno di un’altra persona è tenuto, nei limiti dell’arricchimento a indennizzare quest’ultima della correlativa diminuzione patrimoniale. Qualora l’arricchimento abbia per oggetto una cosa determinata, colui che l’ha ricevuta è tenuto a restituirla in natura, se sussiste al tempo della domanda.

_______________

Cfr. Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 7 settembre 2007, n. 4702, Cassazione civile, sez. I, sentenza 29 novembre 2007, n. 24949, Cassazione civile, SS.UU., sentenza 29 maggio 2008, n. 14201, Cassazione civile, sez. I, sentenza 18 giugno 2008, n. 16596, Cassazione civile, SS.UU., sentenza 11 settembre 2008, n. 23385 e Cassazione civile, SS.UU., sentenza 8 ottobre 2008, n. 24772 in Altalex Massimario.

Art. 2042.
Carattere sussidiario dell’azione.

L’azione di arricchimento non è proponibile quando il danneggiato può esercitare un’altra azione per farsi indennizzare del pregiudizio subìto.

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Cfr. Cassazione civile, sez. III, sentenza 11 giugno 2007, n. 13682 e Cassazione civile, sez. III, sentenza 7 aprile 2008, n. 8953 in Altalex Massimario.

Titolo IX
Dei fatti illeciti

Art. 2043.
Risarcimento per fatto illecito.

Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 6 febbraio 2007, n. 2546, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 20 febbraio 2007, n. 3949, Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 9 marzo 2007, n. 5394, Tribunale di Paola, sentenza 15 maggio 2007, n. 462, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 5 giugno 2007, n. 13061, Tribunale di Nola, sez. II civile, sentenza 30 giugno 2007, Cassazione Civile, sez. III,sentenza 4 luglio 2007, n. 15131, Cassazione Civile, sez. II, sentenza 23 luglio 2007, n. 16222, Consiglio di Stato, ad. plenaria, sentenza 30 luglio 2007, n. 10, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 3 settembre 2007, n. 18511, Cassazione Civile, sez. I, sentenza 6 settembre 2007, n. 18723, Cassazione Civile, sez. I, sentenza 9 ottobre 2007, n. 21096, Tribunale di Torino, sez. IV civile, sentenza 11 ottobre 2007, n. 6070, Cassazione Civile, sez. I, sentenza 17 ottobre 2007, n. 21850, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 3 dicembre 2007, n. 25173, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 11 gennaio 2008, n. 390, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 17 gennaio 2008, n. 867, Tribunale di Milano, sez. V civile, sentenza 4 marzo 2008, n. 2847, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 10 marzo 2008, n. 6297, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 20 marzo 2008, n. 7495, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 3 aprile 2008, n. 8546, Cassazione Civile, sez. I, sentenza 8 maggio 2008, n. 11477, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 26 maggio 2008, n. 13589, Tribunale di Mantova, sentenza 27 maggio 2008, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 15 luglio 2008, n. 19445, Cassazione Civile, sez. I,sentenza 25 settembre 2008, n. 24084, Cassazione Civile, sez. III,sentenza 16 ottobre 2008, n. 25250, Consiglio di Stato, sez. V,decisione 20 ottobre 2008, n. 5124, Cassazione Civile, sez. III,sentenza 21 novembre 2008, n. 27673, Tribunale di Torino, sez. IV civile, sentenza 27 novembre 2008, Tribunale di Piacenza, sentenza 2 dicembre 2008, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 12 dicembre 2008, n. 29211, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 20 gennaio 2009, n. 1343, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 13 marzo 2009, n. 6181, TAR Lazio-Roma, sez. II bis, sentenza 16 marzo 2009, n. 2694, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 9 aprile 2009, n. 8703, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 22 aprile 2009, n. 9549, Tribunale di Modena, sentenza 14 maggio 2009, Tribunale di Venezia, sentenza 17 giugno 2009, n. 1701, Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 1° luglio 2009, n. 15388, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 1° luglio 2009, n. 15405, Cassazione Civile, sez. III,sentenza 14 luglio 2009, n. 16374, Cassazione Civile, SS.UU.,sentenza 19 agosto 2009, n. 18356, Cassazione Civile, sez. III,sentenza 2 settembre 2009, n. 19092, Giudice di Pace di Lamezia Terme, sentenza 22 settembre 2009, n. 1619, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 26 ottobre 2009, n. 22604, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 28 ottobre 2009, n. 22807, Cassazione Civile, sez. III,sentenza 30 ottobre 2009, n. 23053, Cassazione Civile, sez. III,sentenza 30 ottobre 2009, n. 23059, Cassazione Civile, sez. III,sentenza 19 novembre 2009, n. 24435, Cassazione Civile, sez. III,sentenza 8 gennaio 2010, n. 80, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 27 gennaio 2010, n. 1703, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 27 gennaio 2010, n. 1704, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 2 febbraio 2010, n. 2352, TAR Sardegna-Cagliari, sez. I, sentenza 19 febbraio 2010, n. 204, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 4 marzo 2010, n. 5190, Tribunale di Caltanissetta, sez. civile, sentenza 19 dicembre 2009, n. 614 e Tribunale di Napoli, sez. III civile, sentenza 27 maggio 2010, n. 6229 in Altalex Massimario. Cfr. anche le formule “Atto di citazione per danni nei confronti di medico e struttura sanitaria“, “Comparsa di risposta del medico e chiamata in causa del terzo – resp. professionale” e “Atto di citazione per danno da nascita indesiderata – responsabilità professionale” tratte da FormularioCivile.it..

Art. 2044.
Legittima difesa.

Non è responsabile chi cagiona il danno per legittima difesa di sé o di altri.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 25 febbraio 2009, n. 4492 in Altalex Massimario.

Art. 2045.
Stato di necessità.

Quando chi ha compiuto il fatto dannoso vi è stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, e il pericolo non è stato da lui volontariamente causato, né era altrimenti evitabile, al danneggiato è dovuta un’indennità, la cui misura è rimessa all’equo apprezzamento del giudice.

Art. 2046.
Imputabilità del fatto dannoso.

Non risponde delle conseguenze del fatto dannoso chi non aveva la capacità d’intendere o di volere al momento in cui lo ha commesso, a meno che lo stato d’incapacità derivi da sua colpa.

Art. 2047.
Danno cagionato dall’incapace.

In caso di danno cagionato da persona incapace di intendere o di volere, il risarcimento è dovuto da chi è tenuto alla sorveglianza dell’incapace salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto.

Nel caso in cui il danneggiato non abbia potuto ottenere il risarcimento da chi è tenuto alla sorveglianza, il giudice in considerazione delle condizioni economiche delle parti, può condannare l’autore del danno a un’equa indennità.

Art. 2048.
Responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d’arte.

Il padre e la madre, o il tutore, sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati o delle persone soggette alla tutela, che abitano con essi. La stessa disposizione si applica all’affiliante.

I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza.

Le persone indicate dai commi precedenti sono liberate dalla responsabilità soltanto se provano di non avere potuto impedire il fatto.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 14 marzo 2008, n. 7050, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 15 luglio 2008, n. 19450, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 22 aprile 2009, n. 9542, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 22 aprile 2009, n. 9556, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 28 agosto 2009, n. 18804, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 28 settembre 2009, n. 20743 e Cassazione Civile, sez. III, sentenza 16 marzo 2010, n. 6325 in Altalex Massimario.

Art. 2049.
Responsabilità dei padroni e dei committenti.

I padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti.

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Cfr. Tribunale di Milano, sez. X civile, sentenza 28 ottobre 2006, n. 11794, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 12 marzo 2008, n. 6632, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 23 aprile 2008, n. 10588, Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 23 settembre 2008, n. 36502 e Cassazione Civile, sez. III, sentenza 26 gennaio 2010, n. 1530 in Altalex Massimario.

Art. 2050.
Responsabilità per l’esercizio di attività pericolose.

Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di una attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 23 maggio 2008, n. 20062, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 13 febbraio 2009, n. 3528, Tribunale di Modena, sentenza 14 maggio 2009 e Cassazione Civile, sez. III, sentenza 17 dicembre 2009, n. 26516 in Altalex Massimario.

Art. 2051.
Danno cagionato da cosa in custodia.

Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.

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Giurisprudenza:

Art. 2052.
Danno cagionato da animali.

Il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 21 novembre 2008, n. 27673, Tribunale di Bari, sez. III, sentenza 15 gennaio 2009, n. 92, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 20 aprile 2009, n. 9350, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 8 gennaio 2010, n. 80, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 28 aprile 2010, n. 10189 e Cassazione Civile, sez. II, sentenza 9 giugno 2010, n. 13881 in Altalex Massimario.

Art. 2053.
Rovina di edificio.

Il proprietario di un edificio o di altra costruzione è responsabile dei danni cagionati dalla loro rovina, salvo che provi che questa non è dovuta a difetto di manutenzione o a vizio di costruzione.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 30 gennaio 2009, n. 2481 in Altalex Massimario.

Art. 2054.
Circolazione di veicoli

Il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.

Nel caso di scontro tra veicoli si presume, fino a prova contraria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a produrre il danno subìto dai singoli veicoli (1).

Il proprietario del veicolo o, in sua vece, l’usufruttuario o l’acquirente con patto di riservato dominio, è responsabile in solido col conducente, se non prova che la circolazione del veicolo è avvenuta contro la sua volontà.

In ogni caso le persone indicate dai commi precedenti sono responsabili dei danni derivati da vizi di costruzione o da difetto di manutenzione del veicolo.

(1) La Corte costituzionale, con sentenza 29 dicembre 1972, n. 205, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2054, secondo comma, c.c., limitatamente alla parte in cui nel caso di scontro tra veicoli, esclude che la presunzione di egual concorso dei conducenti operi anche se uno dei veicoli non abbia riportato danni.
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Cfr. Tribunale di Torino, sez. IV civile, sentenza 11 ottobre 2007, n. 6070, Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 22 aprile 2008, n. 16464, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 3 luglio 2008, n. 18234, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 10 luglio 2008, n. 18872, Cassazione Penale, sez. III, sentenza 13 gennaio 2009, n. 479, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 13 marzo 2009, n. 6168, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 22 aprile 2009, n. 9549, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 28 settembre 2009, n. 20774, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 30 settembre 2009, n. 20949, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 15 ottobre 2009, n. 21907, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 30 ottobre 2009, n. 23061, Cassazione Penale, sez. I, sentenza 18 novembre 2009, n. 44165, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 24 novembre 2009, n. 24689, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 31 marzo 2010, n. 7781 e Tribunale di Piacenza, sentenza 18 maggio 2010, n. 364 in Altalex Massimario.

Art. 2055.
Responsabilità solidale.

Se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno.

Colui che ha risarcito il danno ha regresso contro ciascuno degli altri, nella misura determinata dalla gravità della rispettiva colpa e dall’entità delle conseguenze che ne sono derivate.

Nel dubbio, le singole colpe si presumono uguali.

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Cfr. Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 15 luglio 2009, n. 16503 in Altalex Massimario.

Art. 2056.
Valutazione dei danni.

Il risarcimento dovuto al danneggiato si deve determinare secondo le disposizioni degli articoli 1223, 1226 e 1227.

Il lucro cessante è valutato dal giudice con equo apprezzamento delle circostanze del caso.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 18 aprile 2007, n. 9233, Tribunale di Roma, sez. XII, sentenza 3 giugno 2008, n. 11335, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 15 luglio 2008, n. 19445, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 13 gennaio 2009, n. 469, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 28 agosto 2009, n. 18800 e Cassazione Civile, sez. III, sentenza 30 ottobre 2009, n. 23053 in Altalex Massimario.

Art. 2057.
Danni permanenti.

Quando il danno alle persone ha carattere permanente la liquidazione può essere fatta dal giudice, tenuto conto delle condizioni delle parti e della natura del danno, sotto forma di una rendita vitalizia. In tal caso il giudice dispone le opportune cautele.

Art. 2058.
Risarcimento in forma specifica.

Il danneggiato può chiedere la reintegrazione in forma specifica, qualora sia in tutto o in parte possibile.

Tuttavia il giudice può disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente, se la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore.

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Cfr. Giudice di Pace di Bari, sentenza 3 luglio 2009, n. 5191 in Altalex Massimario.

Art. 2059.
Danni non patrimoniali.

Il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 2 febbraio 2007, n. 2311, Cassazione civile, sez. II, sentenza 6 febbraio 2007, n. 2546, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 11 maggio 2007, n. 10847, Cassazione civile, sez. III, sentenza 4 giugno 2007, n. 12929, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 8 ottobre 2007, n. 20987, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 19 ottobre 2007, n. 21976, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 24 ottobre 2007, n. 22338, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 30 ottobre 2007, n. 22884, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 6 dicembre 2007, n. 25458, Cassazione Civile, sez. I, sentenza 7 gennaio 2008, n. 31, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 17 gennaio 2008, n. 870, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 12 febbraio 2008, n. 3284, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 4 marzo 2008, n. 5795, Tribunale di Milano, sez. V civile, sentenza 4 marzo 2008, n. 2847, Cassazione Civile, sez. III,sentenza 6 marzo 2008, n. 6033, Corte d’Appello di Genova, sez. I civile, sentenza 7 marzo 2008, n. 281, Cassazione Civile, sez. III,sentenza 10 marzo 2008, n. 6288, Cassazione Civile, sez. lavoro,sentenza 11 marzo 2008, n. 6436, Cassazione Civile, sez. III,sentenza 12 marzo 2008, n. 6684, Tribunale di Monza, sez. I,sentenza 23 aprile 2008, Tribunale di Modena, sez. II, sentenza 21 maggio 2008, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 6 giugno 2008, n. 15029, Tribunale di Trieste, sez. civile, sentenza 1 luglio 2008, Tribunale di Chiavari, sentenza 9 agosto 2008, n. 373, Tribunale di Lecce, sez. Maglie, sentenza 3 settembre 2008, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 18 settembre 2008, n. 23846, Tribunale di Cassino,sentenza 7 novembre 2008, n. 757, Corte d’Appello di Perugia,sentenza 24 novembre 2008, Tribunale di Torino, sez. IV civile,sentenza 27 novembre 2008, Tribunale di Lecce, sez. Maglie,sentenza 29 novembre 2008, n. 368, Cassazione Civile, sez. III,sentenza 12 dicembre 2008, n. 29185, Cassazione Civile, sez. III,sentenza 12 dicembre 2008, n. 29191, Cassazione Civile, sez. III,sentenza 12 dicembre 2008, n. 29211, Tribunale di Trieste, sez. civile, sentenza 15 dicembre 2008, n. 2806, Tribunale di Firenze, sez. II civile, sentenza 17 dicembre 2008, Giudice di Pace di Verona,sentenza 1 gennaio 2009, Corte d’Appello di Salerno, sez. penale,sentenza 8 gennaio 2009, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 13 gennaio 2009, n. 458, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 13 gennaio 2009, n. 469, Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 14 gennaio 2009, n. 557, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 20 gennaio 2009, n. 1343, Tribunale di Nola, sez. II civile, sentenza 22 gennaio 2009, Tribunale di Brindisi, sentenza 2 febbraio 2009, Tribunale di Cassino,sentenza 5 febbraio 2009, Consiglio di Stato, sez. IV, decisione 10 febbraio 2009, n. 8464, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 11 febbraio 2009, n. 3357, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 11 febbraio 2009, n. 3359, Tribunale di Lecce, sez. Maglie, sentenza 11 febbraio 2009, Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 16 febbraio 2009, n. 3677, Tribunale di Milano, sez. V civile, sentenza 19 febbraio 2009, n. 2334, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 19 febbraio 2009, n. 4053, Tribunale di Montepulciano, sentenza 20 febbraio 2009, n. 74, Tribunale di Milano, sentenza 23 febbraio 2009, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 25 febbraio 2009, n. 4493, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 3 marzo 2009, n. 5057, Tribunale di Milano, sentenza 5 marzo 2009, n. 3047, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 13 marzo 2009, n. 6168, Tribunale di Torino, sez. IV civile, sentenza 17 marzo 2009, Tribunale di Pinerolo,sentenza 17 marzo 2009, Tribunale di Pordenone, sentenza 18 marzo 2009, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 9 aprile 2009, n. 8703, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 16 aprile 2009, n. 16031, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 22 aprile 2009, n. 9549, Tribunale di Milano, sez. V civile, sentenza 6 maggio 2009, n. 6076, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 7 maggio 2009, n. 10495, Cassazione civile, sez. III, sentenza 13 maggio 2009, n. 11059, Tribunale di Catanzaro, sez. I civile, sentenza 18 maggio 2009, Cassazione civile, sez. III, sentenza 20 maggio 2009, n. 11701, Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 22 maggio 2009, n. 21505, Tribunale di Piacenza, sentenza 4 giugno 2009, Tribunale di Nola,sentenza 23 giugno 2009, Tribunale di Roma, sez. XI, sentenza 13 luglio 2009, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 14 luglio 2009, n. 16374, Tribunale di Palermo, sez. III civile, sentenza 3 giugno 2009, Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 19 agosto 2009, n. 18356, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 2 settembre 2009, n. 19092, Tribunale di Messina, sentenza 11 settembre 2009, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 29 settembre 2009, n. 20819, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 30 settembre 2009, n. 20980, Corte d’Appello di Torino, sez. III civile, sentenza 5 ottobre 2009, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 13 ottobre 2009, n. 21680, Tribunale di Rovereto, sentenza 18 ottobre 2009 , Tribunale di Roma, sez. Ostia, sentenza 22 ottobre 2009, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 30 ottobre 2009, n. 23053, Cassazione Civile, sez. II,sentenza 10 novembre 2009, n. 23807, Corte d’Appello di Reggio Calabria, sez. civile, sentenza 11 novembre 2009, n. 750, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 19 novembre 2009, n. 24435, Tribunale di Roma, sez. XII civile, sentenza 1 dicembre 2009, n. 10413, Tribunale di Alba, sentenza 15 dicembre 2009, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 18 dicembre 2009, n. 26777, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 4 gennaio 2010, n. 13, Cassazione Civile, sez. III, ordinanza 25 gennaio 2010, n. 1325, Cassazione Civile, sez. I,sentenza 29 gennaio 2010, n. 2122, Tribunale di Monza, sez. IV civile, sentenza 2 marzo 2010, n. 770, Cassazione Civile, sez. III,sentenza 8 aprile 2010, n. 8360 e Cassazione Civile, sez. lavoro,sentenza 20 aprile 2010, n. 9379 in Altalex Massimario. Cfr. anche le formule “Atto di citazione per danni nei confronti di medico e struttura sanitaria“, “Comparsa di risposta del medico e chiamata in causa del terzo – resp. professionale” e “Atto di citazione per danno da nascita indesiderata – responsabilità professionale” tratte da FormularioCivile.it..

Titolo I
Della disciplina delle attività professionali

Capo I
Disposizioni generali

Art. 2060.
Del lavoro.

Il lavoro è tutelato in tutte le sue forme organizzative ed esecutive, intellettuali, tecniche e manuali.

Art. 2061.
Ordinamento delle categorie professionali.

L’ordinamento delle categorie professionali è stabilito dalle leggi, dai regolamenti, dai provvedimenti dell’autorità governativa e dagli statuti delle associazioni professionali.

Art. 2062.
Esercizio professionale delle attività economiche.

L’esercizio professionale delle attività economiche è disciplinato dalle leggi, dai regolamenti [e dalle norme corporative](1).

(1) L’ordinamento corporativo è stato sopresso con D.Lgs.Lgt. 23 novembre 1944, n. 369.

Capo II
Delle ordinanze corporative e degli accordi economici collettivi (1)

(1) L’ordinamento corporativo è stato sopresso con D.Lgs.Lgt. 23 novembre 1944, n. 369.
Art. 2063. Oggetto.
Art. 2064. Formazione e pubblicazione.

Art. 2065. Efficacia.
Art. 2066. Inderogabilità.

Capo III
Del contratto collettivo di lavoro e delle norme equiparate (1)

(1) Il R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721 ha soppresso dell’ordinamento corporativo
Art. 2067. Soggetti.
Art. 2068. Rapporti di lavoro sottratti a contratto collettivo.
Art. 2069. Efficacia.
Art. 2070. Criteri di applicazione.

Art. 2071. Contenuto.
Art. 2072. Deposito e pubblicazione.
Art. 2073. Denunzia.
Art. 2074. Efficacia dopo la scadenza.
Art. 2075. Efficacia nel caso di variazioni nell’inquadramento.
Art. 2076. Contratto collettivo annullabile.

Art. 2077. Efficacia del contratto collettivo sul contratto individuale.
Art. 2078. Efficacia degli usi.
Art. 2079. Rapporti di associazione agraria e di affitto a coltivatore diretto.
Art. 2080. Colonia parziaria e affitto con obbligo di miglioria.
Art. 2081. Norme equiparate al contratto collettivo.

Titolo II
Del lavoro nell’impresa

Capo I
Dell’impresa in generale

Sezione I
Dell’imprenditore

Art. 2082. 
Imprenditore.

È imprenditore chi esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi.

_______________

Cfr. T.A.R., Veneto-Venezia, sez. I, sentenza 26 marzo 2009, n. 881e Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 7 aprile 2010, n. 8262 in Altalex Massimario.

Art. 2083.
Piccoli imprenditori.

Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia.

Art. 2084.
Condizioni per l’esercizio dell’impresa.

La legge determina le categorie d’imprese il cui esercizio è subordinato a concessione o autorizzazione amministrativa.

Le altre condizioni per l’esercizio delle diverse categorie d’imprese sono stabilite dalla legge [e dalle norme corporative](1).

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2085.
Indirizzo della produzione.

Il controllo sull’indirizzo della produzione e degli scambi in relazione all’interesse unitario dell’economia nazionale è esercitato dallo Stato, nei modi previsti dalla legge -[e dalle norme corporative](1).

La legge stabilisce altresì i casi e i modi nei quali si esercita la vigilanza dello Stato sulla gestione delle imprese.

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2086.
Direzione e gerarchia nell’impresa.

L’imprenditore è il capo dell’impresa e da lui dipendono gerarchicamente i suoi collaboratori.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 10 luglio 2009, n. 16196in Altalex Massimario.

Art. 2087.
Tutela delle condizioni di lavoro.

L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro (1).

Vedi Giuseppina Mattiello, Pubblico impiego: la laurea non dà diritto a mansioni superiori, Cass. Civile, sez. III, sentenza 17 aprile 2013, n. 9240.
_______________

(1) Si veda il D.L.vo 9 aprile 2008 n. 81, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro

Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 20 agosto 2007, n. 16148 e Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 27 dicembre 2007, n. 6687, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 7 novembre 2007, n. 23162, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 18 gennaio 2008, n. 1068, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 29 gennaio 2008, n. 1971, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 29 gennaio 2008, n. 1988, Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 1 febbraio 2008, n. 5117, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 19 febbraio 2008, n. 4067, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 25 febbraio 2008, n. 4718, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 25 febbraio 2008, n. 4781, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 14 aprile 2008, n. 9817, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 15 aprile 2008, n. 9898, Consiglio di Stato, sez. VI, decisione 15 aprile 2008, n. 1739, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 22 aprile 2008, n. 16466, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 20 maggio 2008, n. 12735, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 3 luglio 2008, n. 18376, Corte d’Appello di Potenza, sez. lavoro, sentenza 18 luglio 2008, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 22 luglio 2008, n. 20188, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 11 settembre 2008, n. 22858, Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 14 ottobre 2008, n. 38819, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 7 gennaio 2009, n. 45, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 26 gennaio 2009, n. 1838, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 17 febbraio 2009, n. 3785,e Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 17 marzo 2009, n. 6454, Tribunale di Lanusei, sentenza 31 marzo 2009, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 30 giugno 2009, n. 15327 e Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 22 febbraio 2010, n. 4063 in Altalex Massimario.

[Art. 2088.
Responsabilità dell’imprenditore(1).

L’imprenditore deve uniformarsi nell’esercizio dell’impresa ai princìpi dell’ordinamento corporativo e agli obblighi che ne derivano e risponde verso lo Stato dell’indirizzo della produzione e degli scambi, in conformità della legge e delle norme corporative].

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

[Art. 2089.
Inosservanza degli obblighi dell’imprenditore(1).

Se l’imprenditore non osserva gli obblighi imposti dall’ordinamento corporativo nell’interesse della produzione, in modo da determinare grave danno all’economia nazionale, gli organi corporativi, dopo aver compiuto le opportune indagini e richiesto all’imprenditore i chiarimenti necessari, possono disporre la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso la corte d’appello di cui fa parte la magistratura del lavoro competente per territorio, perché promuova eventualmente i provvedimenti indicati nell’articolo 2091].

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

[Art. 2090.
Procedimento(1).

Il presidente della magistratura del lavoro, ricevuta la istanza del pubblico ministero, fissa il giorno per la comparizione dell’imprenditore e assegna un termine entro il quale egli deve presentare le sue deduzioni.

La magistratura del lavoro decide in camera di consiglio, sentiti il pubblico ministero e l’imprenditore. Può anche, prima di decidere, sentire l’associazione professionale alla quale appartiene l’imprenditore, assumere le informazioni e compiere le indagini che ritiene necessarie.

Contro la sentenza della magistratura del lavoro l’imprenditore e il pubblico ministero possono proporre ricorso per cassazione a norma dell’articolo 426 del codice di procedura civile].

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

[Art. 2091.
Sanzioni(1).

La magistratura del lavoro, se accerta che l’inosservanza perdura, fissa un termine entro il quale l’imprenditore deve uniformarsi agli obblighi suddetti.

Qualora l’imprenditore non vi ottemperi nel termine fissato, la magistratura del lavoro può ordinare la sospensione dell’esercizio dell’impresa o, se la sospensione è tale da recare pregiudizio all’economia nazionale, può nominare un amministratore che assuma la gestione dell’impresa, scegliendolo fra le persone designate dall’imprenditore, se riconosciute idonee, e determinandone i poteri e la durata.

Se si tratta di società, la magistratura del lavoro, anziché nominare un amministratore, può assegnare un termine entro il quale la società deve provvedere a sostituire gli amministratori in carica con altre persone riconosciute idonee].

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

[Art. 2092.
Sanzioni previste da leggi speciali(1).

Le disposizioni dei tre articoli precedenti non si applicano nei casi in cui per le trasgressioni commesse dall’imprenditore le leggi speciali prevedono particolari sanzioni a di lui carico].

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2093.
Imprese esercitate da enti pubblici.

[Le disposizioni di questo libro si applicano agli enti pubblici inquadrati nelle associazioni professionali.

Agli enti pubblici non inquadrati si applicano le disposizioni di questo libro, limitatamente alle imprese da essi esercitate](1).

Sono salve le diverse disposizioni della legge.

(1) I primi due commi del presente articolo devono riternersi abrogati per effetto dell’abrogazione dell’ordinamento corporativo con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Sezione II
Dei collaboratori dell’imprenditore

Art. 2094.
Prestatore di lavoro subordinato.

È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 28 luglio 2008, n. 20532e Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 27 luglio 2009, n. 17455 in Altalex Massimario.

Art. 2095.
Categorie dei prestatori di lavoro.

I prestatori di lavoro subordinato si distinguono in dirigenti, quadri, impiegati e operai.

Le leggi speciali -[e le norme corporative], in relazione a ciascun ramo di produzione e alla particolare struttura dell’impresa, determinano i requisiti di appartenenza alle indicate categorie.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 13 luglio 2009, n. 16336e Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 27 luglio 2009, n. 17455 in Altalex Massimario.

Sezione III
Del rapporto di lavoro

  • 1 – Della costituzione del rapporto di lavoro

Art. 2096.
Assunzione in prova.

Salvo diversa disposizione [delle norme corporative], l’assunzione del prestatore di lavoro per un periodo di prova deve risultare da atto scritto.

L’imprenditore e il prestatore di lavoro sono rispettivamente tenuti a consentire e a fare l’esperimento che forma oggetto del patto di prova.

Durante il periodo di prova ciascuna delle parti può recedere dal contratto , senza l’obbligo di preavviso o d’indennità. Se però la prova è stabilita per un tempo minimo necessario, la facoltà di recesso non può esercitarsi prima della scadenza del termine.

Compiuto il periodo di prova, l’assunzione diviene definitiva e il servizio prestato si computa nell’anzianità del prestatore di lavoro.

[Art. 2097. (1)
Durata del contratto di lavoro.

Il contratto di lavoro si reputa a tempo indeterminato, se il termine non risulta dalla specialità del rapporto o da atto scritto.

In quest’ultimo caso l’apposizione del termine è priva di effetto, se è fatta per eludere le disposizioni che riguardano il contratto a tempo indeterminato.

Se la prestazione di lavoro continua dopo la scadenza del termine e non risulta una contraria volontà delle parti, il contratto si considera a tempo indeterminato.

Salvo diversa disposizione delle norme corporative se il contratto di lavoro è stato stipulato per una durata superiore a cinque anni, o a dieci se si tratta di dirigenti, il prestatore di lavoro può recedere da esso trascorso il quinquennio o il decennio, osservata la disposizione dell’articolo 2118]

(1) Articolo abrogato dall’art. 9 della Legge 18 aprile 1962, n. 230.

Art. 2098.
Violazione delle norme sul collocamento dei prestatori di lavoro.

Il contratto di lavoro stipulato senza l’osservanza delle disposizioni concernenti la disciplina della domanda e dell’offerta di lavoro può essere annullato, salva l’applicazione delle sanzioni penali.

La domanda di annullamento è proposta dal pubblico ministero, su denunzia dell’ufficio di collocamento, entro un anno dalla data dell’assunzione del prestatore di lavoro.

  • 2 – Dei diritti e degli obblighi delle parti

Art. 2099.
Retribuzione.

La retribuzione del prestatore di lavoro può essere stabilita a tempo o a cottimo e deve essere corrisposta nella misura determinata [dalle norme corporative], con le modalità e nei termini in uso nel luogo in cui il lavoro viene eseguito.

In mancanza di [norme corporative o di] accordo tra le parti, la retribuzione è determinata dal giudice.

Il prestatore di lavoro può anche essere retribuito in tutto o in parte con partecipazione agli utili o ai prodotti, con provvigione o con prestazioni in natura.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 18 gennaio 2008, n. 1074 e Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 19 marzo 2008, n. 7393 in Altalex Massimario.

Art. 2100.
Obbligatorietà del cottimo.

Il prestatore di lavoro deve essere retribuito secondo il sistema del cottimo quando, in conseguenza dell’organizzazione del lavoro, è vincolato all’osservanza di un determinato ritmo produttivo, o quando la valutazione della sua prestazione è fatta in base al risultato delle misurazioni dei tempi di lavorazione.

[Le norme corporative determinano i rami di produzione e i casi in cui si verificano le condizioni previste nel comma precedente e stabiliscono i criteri per la formazione delle tariffe](1).

(1) Comma abrogato per effetto della soppressione dell’ordinamento corporativo.

Art. 2101.
Tariffe di cottimo.

[Le norme corporative possono stabilire che le tariffe di cottimo non divengano definitive se non dopo un periodo di esperimento.

Le tariffe possono essere sostituite o modificate soltanto se intervengono mutamenti nelle condizioni di esecuzione del lavoro, e in ragione degli stessi. In questo caso la sostituzione o la variazione della tariffa non diviene definitiva se non dopo il periodo di esperimento stabilito dalle norme corporative](1).

L’imprenditore deve comunicare preventivamente ai prestatori di lavoro i dati riguardanti gli elementi costitutivi della tariffa di cottimo, le lavorazioni da eseguirsi e il relativo compenso unitario. Deve altresì comunicare i dati relativi alla quantità di lavoro eseguita e al tempo impiegato.

(1) I primi due commi del presente articolo devono riternersi abrogati per effetto dell’abrogazione dell’ordinamento corporativo con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2102.
Partecipazione agli utili.

Se [le norme corporative o](1) la convenzione non dispongono diversamente, la partecipazione agli utili spettante al prestatore di lavoro è determinata in base agli utili netti dell’impresa, e, per le imprese soggette alla pubblicazione del bilancio, in base agli utili netti risultanti dal bilancio regolarmente approvato e pubblicato.

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2103.
Mansioni del lavoratore.

Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta, e l’assegnazione stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi. Egli non può essere trasferito da una unità produttiva ad una altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.

Ogni patto contrario è nullo.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 23 agosto 2007, n. 17940, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 4 settembre 2007, n. 18580, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 5 dicembre 2007, n. 25313, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 21 dicembre 2007, n. 27113, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 23 gennaio 2008, n. 1430, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 4 febbraio 2008, n. 2621, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 12 febbraio 2008, n. 3304, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 5 febbraio 2008, n. 2729, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 18 febbraio 2008, n. 4000, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 19 febbraio 2008, n. 4060, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 22 febbraio 2008, n. 4673, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 26 marzo 2008, n. 7871, Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 4 aprile 2008, n. 8740, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 14 aprile 2008, n. 9814, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 7 maggio 2008, n. 11142, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 8 maggio 2008, n. 11362, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 9 maggio 2008, n. 11601, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 10 giugno 2008, n. 15327, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 2 settembre 2008, n. 22055, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 6 ottobre 2008, n. 24658, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 22 ottobre 2008, n. 25574 e Cassazione Civile, sez. tributaria, sentenza 9 dicembre 2008, n. 28887, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 1° luglio 2009, n. 15405, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 30 settembre 2009, n. 20980 e Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 14 aprile 2010, n. 8893 in Altalex Massimario.

Art. 2104.
Diligenza del prestatore di lavoro.

Il prestatore di lavoro deve usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta, dall’interesse dell’impresa e da quello superiore della produzione nazionale.

Deve inoltre osservare le disposizioni per l’esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dall’imprenditore e dai collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 26 maggio 2008, n. 13530, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 12 gennaio 2009, n. 394, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 16 febbraio 2009, n. 3710, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 10 luglio 2009, n. 16196 e Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 14 ottobre 2009, n. 21795 in Altalex Massimario.

Art. 2105.
Obbligo di fedeltà.

Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 10 agosto 2009, n. 18169 in Altalex Massimario.

Art. 2106.
Sanzioni disciplinari.

L’inosservanza delle disposizioni contenute nei due articoli precedenti può dar luogo alla applicazione di sanzioni disciplinari, secondo la gravità dell’infrazione [e in conformità delle norme corporative]. (1)

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 8 giugno 2009, n. 13167e Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 14 ottobre 2009, n. 21795in Altalex Massimario.

Art. 2107.
Orario di lavoro.

La durata giornaliera e settimanale della prestazione di lavoro non può superare i limiti stabiliti dalle leggi speciali [o dalle norme corporative]. (1)

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2108.
Lavoro straordinario e notturno.

In caso di prolungamento dell’orario normale, il prestatore di lavoro deve essere compensato per le ore straordinarie con un aumento di retribuzione rispetto a quella dovuta per il lavoro ordinario.

Il lavoro notturno non compreso in regolari turni periodici deve essere parimenti retribuito con una maggiorazione rispetto al lavoro diurno.

I limiti entro i quali sono consentiti il lavoro straordinario e quello notturno, la durata di essi e la misura della maggiorazione sono stabiliti dalla legge [o dalle norme corporative]. (1)

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2109.
Periodo di riposo.

Il prestatore di lavoro ha diritto ad un giorno di riposo ogni settimana di regola in coincidenza con la domenica.

Ha anche diritto ad un periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo, nel tempo che l’imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro. La durata di tale periodo è stabilita dalla legge [dalle norme corporative] (1), dagli usi o secondo equità.

L’imprenditore deve preventivamente comunicare al prestatore di lavoro il periodo stabilito per il godimento delle ferie.

Non può essere computato nelle ferie il periodo di preavviso indicato nell’articolo 2118.

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 21 marzo 2008, n. 7654in Altalex Massimario.

Art. 2110.
Infortunio, malattia, gravidanza, puerperio.

In caso di infortunio, di malattia, di gravidanza o di puerperio, se la legge [o le norme corporative](1) non stabiliscono forme equivalenti di previdenza o di assistenza, è dovuta al prestatore di lavoro la retribuzione o un’indennità nella misura e per il tempo determinati dalle leggi speciali [dalle norme corporative] (1), dagli usi o secondo equità.

Nei casi indicati nel comma precedente, l’imprenditore ha diritto di recedere dal contratto a norma dell’articolo 2118, decorso il periodo stabilito dalla legge [dalle norme corporative] (1), dagli usi o secondo equità.

Il periodo di assenza dal lavoro per una delle cause anzidette deve essere computato nell’anzianità di servizio.

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 10 gennaio 2008, n. 278in Altalex Massimario.

Art. 2111.
Servizio militare.

La chiamata alle armi per adempiere agli obblighi di leva risolve il contratto di lavoro [salvo diverse disposizioni delle norme corporative]. (1)

In caso di richiamo alle armi, si applicano le disposizioni del primo e del terzo comma dell’articolo precedente.

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2112.
Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda.

In caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.

Il cedente ed il cessionario sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di cui agli articoli 410 e 411 del codice di procedura civile il lavoratore può consentire la liberazione del cedente dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro.

Il cessionario è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all’impresa del cessionario. L’effetto di sostituzione si produce esclusivamente fra contratti collettivi del medesimo livello.

Ferma restando la facoltà di esercitare il recesso ai sensi della normativa in materia di licenziamenti, il trasferimento d’azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento. Il lavoratore, le cui condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica nei tre mesi successivi al trasferimento d’azienda, può rassegnare le proprie dimissioni con gli effetti di cui all’articolo 2119, primo comma.

Ai fini e per gli effetti di cui al presente articolo si intende per trasferimento d’azienda qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato ivi compresi l’usufrutto o l’affitto di azienda. Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì al trasferimento di parte dell’azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento.

Nel caso in cui l’alienante stipuli con l’acquirente un contratto di appalto la cui esecuzione avviene utilizzando il ramo d’azienda oggetto di cessione, tra appaltante e appaltatore opera un regime di solidarietà di cui all’articolo 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 22 ottobre 2007, n. 22067, Tribunale di Trani, sentenza 20 marzo 2008, Tribunale di Cassino, sentenza 27 giugno 2008 e Cassazione Civile, sez. lavoro,sentenza 10 luglio 2009, n. 16198 in Altalex Massimario.

Art. 2113.
Rinunzie e transazioni

Le rinunzie e le transazioni, che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi concernenti i rapporti di cui all’articolo 409 del codice di procedura civile, non sono valide.

L’impugnazione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto o dalla data della rinunzia o della transazione, se queste sono intervenute dopo la cessazione medesima.

Le rinunzie e le transazioni di cui ai commi precedenti possono essere impugnate con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, del lavoratore idoneo a renderne nota la volontà.

Le disposizioni del presente articolo non si applicano alla conciliazione intervenuta ai sensi degli articoli 185, 410, 411, 412-ter e 412-quater del codice di procedura civile. (1)

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(1) Comma modificato  dalla L. 4 novembre 2010, n. 183. Successivamente, il presente comma era stato modificato dall’art. 7, comma 1, D.L. 12 settembre 2014, n. 132; tale modifica non è stata confermata dalla legge di conversione (L. 10 novembre 2014, n. 162).
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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 27 luglio 2007, n. 16682, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 12 maggio 2008, n. 11659 e Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 19 ottobre 2009, n. 22105 in Altalex Massimario.

  • 3 – Della previdenza e dell’assistenza

Art. 2114.
Previdenza ed assistenza obbligatorie.

Le leggi speciali [e le norme corporative] (1) determinano i casi e le forme di previdenza e di assistenza obbligatorie e le contribuzioni e prestazioni relative.

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 18 aprile 2008, n. 10218 in Altalex Massimario.

Art. 2115.
Contribuzioni.

Salvo diverse disposizioni della legge [o delle norme corporative] (1) l’imprenditore e il prestatore di lavoro contribuiscono in parti eguali alle istituzioni di previdenza e di assistenza.

L’imprenditore è responsabile del versamento del contributo, anche per la parte che è carico del prestatore di lavoro, salvo il diritto di rivalsa secondo le leggi speciali.

È nullo qualsiasi patto diretto ad eludere gli obblighi relativi alla previdenza o all’assistenza.

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2116.
Prestazioni.

Le prestazioni indicate nell’articolo 2114 sono dovute al prestatore di lavoro, anche quando l’imprenditore non ha versato regolarmente i contributi dovuti alle istituzioni di previdenza e di assistenza, salvo diverse disposizioni delle leggi speciali [o delle norme corporative]. (1)

Nei casi in cui, secondo tali disposizioni, le istituzioni di previdenza e di assistenza, per mancata o irregolare contribuzione, non sono tenute a corrispondere in tutto o in parte le prestazioni dovute, l’imprenditore è responsabile del danno che ne deriva al prestatore di lavoro.

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 15 giugno 2007, n. 13997 in Altalex Massimario.

Art. 2117.
Fondi speciali per la previdenza e l’assistenza.

I fondi speciali per la previdenza e l’assistenza che l’imprenditore abbia costituiti, anche senza contribuzione dei prestatori di lavoro, non possono essere distratti dal fine al quale sono destinati e non possono formare oggetto di esecuzione da parte dei creditori dell’imprenditore o del prestatore di lavoro.

  • 4 – Dell’estinzione del rapporto di lavoro

Art. 2118.
Recesso dal contratto a tempo indeterminato.

Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti [dalle norme corporative] (1), dagli usi o secondo equità.

In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l’altra parte a un’indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.

La stessa indennità è dovuta dal datore di lavoro nel caso di cessazione del rapporto per morte del prestatore di lavoro.

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 1 febbraio 2007, n. 2233 e Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 14 ottobre 2009, n. 21795 in Altalex Massimario. Cfr. la formula “Lettera di licenziamento per giustificato motivo” tratta da FormularioCivile.it.

Art. 2119.
Recesso per giusta causa.

Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione anche provvisoria, del rapporto. Se il contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede, per giusta causa compete l’indennità indicata nel secondo comma dell’articolo precedente.

Non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto il fallimento dell’imprenditore o la liquidazione coatta amministrativa dell’azienda.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 9 luglio 2007, n. 15334, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 12 ottobre 2007, n. 21445, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 5 ottobre 2009, n. 21221 e Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 14 ottobre 2009, n. 21795in Altalex Massimario. Cfr. la formula “Lettera di licenziamento per giusta causa” tratta da FormularioCivile.it.

Art. 2120.
Disciplina del trattamento di fine rapporto.

In ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto ad un trattamento di fine rapporto. Tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5. La quota è proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni.

Salvo diversa previsione dei contratti collettivi la retribuzione annua, ai fini del comma precedente, comprende tutte le somme, compreso l’equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese.

In caso di sospensione della prestazione di lavoro nel corso dell’anno per una delle cause di cui all’articolo 2110, nonché in caso di sospensione totale o parziale per la quale sia prevista l’integrazione salariale, deve essere computato nella retribuzione di cui al primo comma l’equivalente della retribuzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro.

Il trattamento di cui al precedente primo comma, con esclusione della quota maturata nell’anno, è incrementato, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno, con l’applicazione di un tasso costituito dall’1,5 per cento in misura fissa e dal 75 per cento dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, accertato dall’ISTAT, rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente.

Ai fini della applicazione del tasso di rivalutazione di cui al comma precedente per frazioni di anno, l’incremento dell’indice ISTAT è quello risultante nel mese di cessazione del rapporto di lavoro rispetto a quello di dicembre dell’anno precedente. Le frazioni di mese uguali o superiori a quindici giorni si computano come mese intero.

Il prestatore di lavoro, con almeno otto anni di servizio presso le stesso datore di lavoro, può chiedere, in costanza di rapporto di lavoro, una anticipazione non superiore al 70 per cento sul trattamento cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta.

Le richieste sono soddisfatte annualmente entro i limiti del 10 per cento degli aventi titolo, di cui al precedente comma, e comunque del 4 per cento del numero totale dei dipendenti.

La richiesta deve essere giustificata dalla necessità di:

  1. a) eventuali spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche;
  2. b) acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile (1).

L’anticipazione può essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto di lavoro e viene detratta, a tutti gli effetti, dal trattamento di fine rapporto.

Nell’ipotesi di cui all’articolo 2122 la stessa anticipazione è detratta dall’indennità prevista dalla norma medesima.

Condizioni di miglior favore possono essere previste dai contratti collettivi o da atti individuali. I contratti collettivi possono altresì stabilire criteri di priorità per l’accoglimento delle richieste di anticipazione.

(1) Dichiarata illegittimità di questa lettera, dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 142 del 5 aprile 1991, nella parte in cui non prevede la possibilità di concessione dell’anticipazione in ipotesi di acquisto “in itinere” comprovato con mezzi idonei a dimostrare l’effettività.

Art. 2121.
Computo dell’indennità di mancato preavviso.

L’indennità di cui all’articolo 2118 deve calcolarsi computando le provvigioni, i premi di produzione, le partecipazioni agli utili o ai prodotti ed ogni altro compenso di carattere continuativo, con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese.

Se il prestatore di lavoro è retribuito in tutto o in parte con provvigioni, con premi di produzione o con partecipazioni, l’indennità suddetta è determinata sulla media degli emolumenti degli ultimi tre anni di servizio o del minor tempo di servizio prestato.

Fa parte della retribuzione anche l’equivalente del vitto e dell’alloggio dovuto al prestatore di lavoro.

Art. 2122.
Indennità in caso di morte.

In caso di morte del prestatore di lavoro, le indennità indicate dagli articoli 2118 e 2120 devono corrispondersi al coniuge, ai figli e se vivevano a carico del prestatore di lavoro ai parenti entro il terzo grado e agli affini entro il secondo grado.

La ripartizione delle indennità, se non vi è accordo tra gli aventi diritto, deve farsi secondo il bisogno di ciascuno.

In mancanza delle persone indicate nel primo comma, le indennità sono attribuite secondo le norme della successione legittima.

È nullo ogni patto anteriore alla morte del prestatore di lavoro circa l’attribuzione e la ripartizione delle indennità.

Art. 2123.
Forme di previdenza.

Salvo patto contrario, l’imprenditore che ha compiuto volontariamente atti di previdenza può dedurre dalle somme da lui dovute a norma degli articoli 2110, 2111 e 2120 quanto il prestatore di lavoro ha diritto di percepire per effetto degli atti medesimi.

Se esistono fondi di previdenza formati con il contributo dei prestatori di lavoro, questi hanno diritto alla liquidazione della propria quota, qualunque sia la causa della cessazione del contratto.

Art. 2124.
Certificato di lavoro.

Se non è obbligatorio il libretto di lavoro, all’atto della cessazione del contratto, qualunque ne sia la causa, l’imprenditore deve rilasciare un certificato con l’indicazione del tempo durante il quale il prestatore di lavoro è stato occupato alle sue dipendenze e delle mansioni esercitate.

Art. 2125.
Patto di non concorrenza.

Il patto con il quale si limita lo svolgimento dell’attività del prestatore di lavoro, per il tempo successivo alla cessazione del contratto, è nullo se non risulta da atto scritto, se non è pattuito un corrispettivo a favore del prestatore di lavoro e se il vincolo non è contenuto entro determinati limiti di oggetto, di tempo e di luogo.

La durata del vincolo non può essere superiore a cinque anni, se si tratta di dirigenti, e a tre anni negli altri casi. Se è pattuita una durata maggiore, essa si riduce nella misura suindicata.

  • 5 – Disposizioni finali

Art. 2126.
Prestazione di fatto con violazione di legge.

La nullità o l’annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, salvo che la nullità derivi dall’illiceità dell’oggetto o della causa.

Se il lavoro è stato prestato con violazione di norme poste a tutela del prestatore di lavoro, questi ha in ogni caso diritto alla retribuzione.

Art. 2127.
Divieto d’interposizione nel lavoro a cottimo.

È vietato all’imprenditore di affidare ai propri dipendenti lavori a cottimo da eseguirsi da prestatori di lavoro assunti e retribuiti direttamente dai dipendenti medesimi.

In caso di violazione di tale divieto, l’imprenditore risponde direttamente, nei confronti dei prestatori di lavoro assunti dal proprio dipendente, degli obblighi derivanti dai contratti di lavoro da essi stipulati.

Art. 2128.
Lavoro a domicilio.

Ai prestatori di lavoro a domicilio si applicano le disposizioni di questa sezione, in quanto compatibili con la specialità del rapporto.

Art. 2129.
Contratto di lavoro per i dipendenti da enti pubblici.

Le disposizioni di questa sezione si applicano ai prestatori di lavoro dipendenti da enti pubblici salvo che il rapporto sia diversamente regolato dalla legge.

Sezione IV
Del tirocinio

Art. 2130.
Durata del tirocinio.

Il periodo di tirocinio non può superare i limiti stabiliti [dalle norme corporative o] (1) dagli usi.

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2131.
Retribuzione.

La retribuzione dell’apprendista non può assumere la forma del salario a cottimo.

Art. 2132.
Istruzione professionale.

L’imprenditore deve permettere che l’apprendista frequenti i corsi per la formazione professionale e deve destinarlo soltanto ai lavori attinenti alla specialità professionale a cui si riferisce il tirocinio.

Art. 2133.
Attestato di tirocinio.

Alla cessazione del tirocinio, l’apprendista, per il quale non è obbligatorio il libretto di lavoro, ha diritto di ottenere un attestato del tirocinio compiuto.

Art. 2134.
Norme applicabili al tirocinio.

Al tirocinio si applicano le disposizioni della sezione precedente, in quanto siano compatibili con la specialità del rapporto e non siano derogate da disposizioni delle leggi speciali [o da norme corporative] (1).

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Capo II
Dell’impresa agricola

Sezione I
Disposizioni generali

Art. 2135 (1).
Imprenditore agricolo

È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.

Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.

Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge.

(1) Questo articolo è stato così sostituito dall’art. 1 del D.L.vo 18 maggio 2001, n.228

Art. 2136.
Inapplicabilità delle norme sulla registrazione.

Le norme relative alla iscrizione nel registro delle imprese non si applicano agli imprenditori agricoli, salvo quanto è disposto dall’articolo 2200.

Art. 2137.
Responsabilità dell’imprenditore agricolo.

L’imprenditore, anche se esercita l’impresa sul fondo altrui, è soggetto agli obblighi stabiliti dalla legge [e dalle norme corporative] (1) concernenti l’esercizio dell’agricoltura.

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2138.
Dirigenti e fattori di campagna.

I poteri dei dirigenti preposti all’esercizio dell’impresa agricola e quelli dei fattori di campagna, se non sono determinati per iscritto dal preponente, sono regolati [dalle norme corporative e, in mancanza] (1), dagli usi.

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2139. Scambio di mano d’opera o di servizi.

Tra piccoli imprenditori agricoli è ammesso lo scambio di mano d’opera o di servizi secondo gli usi.

[Art. 2140. (1)
Comunioni tacite familiari.

Le comunioni tacite familiari nell’esercizio dell’agricoltura sono regolate dagli usi.]

(1) Articolo abrogato dall’art. 205, L. 19 maggio 1975, n. 151.

Sezione II
Della mezzadria (1)

(1) La legge 15 settembre 1964, n. 756 ha vietato la stipulazione di nuovi contratti di mezzadria.

Art. 2141.
Nozione.

Nella mezzadria il concedente ed il mezzadro, in proprio e quale capo di una famiglia colonica, si associano per la coltivazione di un podere e per l’esercizio delle attività connesse al fine di dividerne a metà i prodotti e gli utili. E’ valido tuttavia il patto con il quale taluni prodotti si dividono in proporzioni diverse.

Art. 2142 (1).
Famiglia colonica.

(…)

(1) L’articolo che recitava: “La composizione della famiglia colonica non può volontariamente essere modificata senza il consenso del concedente, salvi i casi di matrimonio, di adozione e di riconoscimento di figli naturali. La composizione e le variazioni della famiglia colonica devono risultare dal libretto colonico.” è da ritenersi implicitamente abrogato dall’art. 7, L. 15 settembre 1964 n. 756. Sucessivamente l’art. 1, L. 10 dicembre 2012, n. 219, ha disposto che nel codice civile le parole: «figli legittimi» e «figli naturali», ovunque ricorrano, siano sostituite dalla parola «figli».

Art. 2143.
Mezzadria a tempo indeterminato.

La mezzadria a tempo indeterminato s’intende convenuta per la durata di un anno agrario, [salvo diverse disposizioni delle norme corporative] (1), e si rinnova tacitamente di anno in anno, se non è stata comunicata disdetta almeno sei mesi prima della scadenza nei modi fissati [dalle norme corporative] (1), dalla convenzione o dagli usi.

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2144.
Mezzadria a tempo determinato.

La mezzadria a tempo determinato non cessa di diritto alla scadenza del termine.

Se non è comunicata disdetta a norma dell’articolo precedente, il contratto s’intende rinnovato di anno in anno.

Art. 2145.
Diritti ed obblighi del concedente.

Il concedente conferisce il godimento del podere, dotato di quanto occorre per l’esercizio dell’impresa e di un’adeguata casa per la famiglia colonica.

La direzione dell’impresa spetta al concedente, il quale deve osservare le norme della buona tecnica agraria.

Art. 2146.
Conferimento delle scorte.

Le scorte vive e morte sono conferite dal concedente e dal mezzadro in parti uguali, salvo diversa disposizione [delle norme corporative] (1), della convenzione o degli usi.

Le scorte conferite divengono comuni in proporzione dei rispettivi conferimenti.

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2147.
Obblighi del mezzadro.

Il mezzadro è obbligato a prestare, secondo le direttive del concedente e le necessità della coltivazione, il lavoro proprio e quello della famiglia colonica.

È a carico del mezzadro, salvo diverse disposizioni [delle norme corporative] (2), della convenzione o degli usi, la spesa della mano d’opera eventualmente necessaria per la normale coltivazione del podere.

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2148.
Obblighi di residenza e di custodia.

Il mezzadro ha l’obbligo di risiedere stabilmente nel podere con la famiglia colonica.

Egli deve custodire il podere e mantenerlo in normale stato di produttività. Egli deve altresì custodire e conservare le altre cose affidategli dal concedente, con la diligenza del buon padre di famiglia, e non può, senza il consenso del concedente o salvo uso contrario, svolgere attività a suo esclusivo profitto o compiere prestazioni a favore di terzi.

Art. 2149.
Divieto di subconcessione.

Il mezzadro non può cedere la mezzadria, né affidare ad altri la coltivazione del podere, senza il consenso del concedente.

Art. 2150.
Rappresentanza della famiglia colonica.

Nei rapporti relativi alla mezzadria il mezzadro rappresenta, nei confronti del concedente, i componenti della famiglia colonica.

Le obbligazioni contratte dal mezzadro nell’esercizio della mezzadria sono garantite dai suoi beni e da quelli comuni della famiglia colonica. I componenti della famiglia colonica non rispondono con i loro beni, se non hanno prestato espressa garanzia.

Art. 2151.
Spese per la coltivazione.

Le spese per la coltivazione del podere e per l’esercizio delle attività connesse, escluse quelle per la mano d’opera previste dall’articolo 2147, sono a carico del concedente e del mezzadro in parti eguali, se non dispongono diversamente [le norme corporative], la convenzione o gli usi.

Se il mezzadro è sfornito di mezzi propri, il concedente deve anticipare senza interesse sino alla scadenza dell’anno agrario in corso, le spese indicate nel comma precedente, salvo rivalsa mediante prelevamento sui prodotti e sugli utili.

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2152.
Miglioramenti.

Il concedente che intende compiere miglioramenti sul podere deve valersi del lavoro dei componenti della famiglia colonica che siano forniti della necessaria capacità lavorativa, e questi sono tenuti a prestarlo verso compenso.

La misura del compenso, se non è stabilita [dalle norme corporative] dalla convenzione o dagli usi, è determinata dal giudice, e tenuto conto dell’eventuale incremento di reddito realizzato dal mezzadro.

Art. 2153.
Riparazioni di piccola manutenzione.

Salvo diverse disposizioni [delle norme corporative] (1), della convenzione o degli usi, sono a carico del mezzadro le riparazioni di piccola manutenzione della casa colonica e degli strumenti di lavoro di cui egli e la famiglia colonica si servono.

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2154.
Anticipazioni di carattere alimentare alla famiglia colonica.

Se la quota dei prodotti spettante al mezzadro, per scarsezza del raccolto a lui non imputabile, non è sufficiente ai bisogni alimentari della famiglia colonica, e questa non è in grado di provvedervi, il concedente deve somministrare senza interesse il necessario per il mantenimento della famiglia colonica, salvo rivalsa mediante prelevamento sulla parte dei prodotti e degli utili spettanti al mezzadro.

Il giudice, con riguardo alle circostanze, può disporre il rimborso rateale.

Art. 2155.
Raccolta e divisione dei prodotti.

Il mezzadro non può iniziare le operazioni di raccolta senza il consenso del concedente ed è obbligato a custodire i prodotti sino alla divisione.

I prodotti sono divisi in natura sul fondo con l’intervento delle parti .

Salvo diverse disposizioni [delle norme corporative] (1), della convenzione o degli usi, il mezzadro deve trasportare ai magazzini del concedente la quota a questo assegnata nella divisione.

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2156.
Vendita dei prodotti.

La vendita dei prodotti, che in conformità degli usi non si dividono in natura, è fatta dal concedente previo accordo col mezzadro e, in mancanza, sulla base del prezzo di mercato.

La divisione si effettua sul ricavato della vendita, dedotte le spese.

Art. 2157.
Diritto di preferenza del concedente.

Il mezzadro, nella vendita dei prodotti assegnatigli in natura, deve, a parità di condizioni, preferire il concedente.

Art. 2158.
Morte di una delle parti.

La mezzadria non si scioglie per la morte del concedente.

In caso di morte del mezzadro la mezzadria si scioglie alla fine dell’anno agrario in corso, salvo che tra gli eredi del mezzadro vi sia persona idonea a sostituirlo ed i componenti della famiglia colonica si accordino nel designarla.

Se la morte del mezzadro è avvenuta negli ultimi quattro mesi dell’anno agrario, i componenti della famiglia colonica possono chiedere che la mezzadria continui sino alla fine dell’anno successivo, purché assicurino la buona coltivazione del podere. La richiesta deve essere fatta entro due mesi dalla morte del mezzadro, o, se ciò non è possibile, prima dell’inizio del nuovo anno agrario.

In tutti i casi se il podere non è coltivato con la dovuta diligenza, il concedente può fare eseguire a sue spese i lavori necessari, salvo rivalsa mediante prelevamento sui prodotti e sugli utili.

Art. 2159.
Scioglimento del contratto.

Salve le norme generali sulla risoluzione dei contratti per inadempimento , ciascuna delle parti può chiedere lo scioglimento del contratto quando si verificano fatti tali da non consentire la prosecuzione del rapporto.

Art. 2160.
Trasferimento del diritto di godimento del fondo.

Se viene trasferito il diritto di godimento del fondo, la mezzadria continua nei confronti di chi subentra al concedente, salvo che il mezzadro, entro un mese dalla notizia del trasferimento, dichiari di recedere dal contratto. In tal caso il recesso ha effetto alla fine dell’anno agrario in corso o di quello successivo, se non è comunicato almeno tre mesi prima della fine dell’anno agrario in corso.

I crediti e i debiti del concedente verso il mezzadro risultanti dal libretto colonico passano a chi subentra nel godimento del fondo, salva per i debiti la responsabilità sussidiaria dell’originario concedente.

Art. 2161.
Libretto colonico.

Il concedente deve istituire un libretto colonico da tenersi in due esemplari, uno per ciascuna delle parti.

Il concedente deve annotare di volta in volta su entrambi gli esemplari i crediti e i debiti delle parti relativi alla mezzadria, con indicazione della data e del fatto che li ha determinati.

Le annotazioni devono, alla fine dell’anno agrario, essere sottoscritte per accettazione dal concedente e dal mezzadro.

Il mezzadro deve presentare il libretto colonico al concedente per le annotazioni e per i saldi annuali.

Art. 2162.
Efficacia probatoria del libretto colonico.

Le annotazioni eseguite sui due esemplari del libretto colonico fanno prova a favore e contro ciascuno dei contraenti, se il mezzadro non ha reclamato entro novanta giorni dalla consegna del libretto fattagli dal concedente.

Se una delle parti non presenta il proprio libretto, fa fede quello presentato.

In ogni caso le annotazioni delle partite fanno prova contro chi le ha scritte.

Con la sottoscrizione delle parti alla chiusura annuale del conto colonico, questo s’intende approvato. Le risultanze del conto possono essere impugnate soltanto per errori materiali, omissioni, falsità e duplicazioni di partite entro novanta giorni dalla consegna del libretto al mezzadro.

Art. 2163.
Assegnazione delle scorte al termine della mezzadria.

Salvo diverse disposizioni [delle norme corporative] (1), della convenzione o degli usi, l’assegnazione delle scorte al termine della mezzadria deve farsi secondo le norme seguenti:

1) se si tratta di scorte vive, secondo la specie, il sesso, il numero, la qualità e il peso, ovvero, in mancanza di tali determinazioni, secondo il valore, tenuto conto della differenza di esso tra il tempo del conferimento e quello della riconsegna;

2) se si tratta di scorte morte circolanti, per quantità e qualità, valutando le eccedenze e le diminuzioni in base ai prezzi di mercato nel tempo della riconsegna;

3) se si tratta di scorte morte fisse, per specie, quantità, qualità e stato di uso.

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Sezione III
Della colonia parziaria

Art. 2164.
Nozione.

Nella colonia parziaria il concedente ed uno o più coloni si associano per la coltivazione di un fondo e per l’esercizio delle attività connesse, al fine di dividerne i prodotti e gli utili.

La misura della ripartizione dei prodotti e degli utili è stabilita [dalle norme corporative] dalla convenzione o dagli usi.

Art. 2165.
Durata.

La colonia parziaria è contratta per il tempo necessario affinché il colono possa svolgere e portare a compimento un ciclo normale di rotazione delle colture praticate nel fondo.

Se non si fa luogo a rotazione di colture, la colonia non può avere una durata inferiore a due anni.

Art. 2166.
Obblighi del concedente.

Il concedente deve consegnare il fondo in istato di servire alla produzione alla quale è destinato.

Art. 2167.
Obblighi del colono.

Il colono deve prestare il lavoro proprio secondo le direttive del concedente e le necessità della coltivazione.

Egli deve custodire il fondo e mantenerlo in normale stato di produttività; deve altresì custodire e conservare le altre cose affidategli dal concedente con la diligenza del buon padre di famiglia.

Art. 2168.
Morte di una delle parti.

La colonia parziaria non si scioglie per la morte del concedente.

In caso di morte del colono, si applicano a favore degli eredi di questo le disposizioni del secondo, terzo e quarto comma dell’articolo 2158.

Art. 2169.
Rinvio.

Sono applicabili alla colonia parziaria le norme dettate per la mezzadria negli articoli 2145, secondo comma, 2147, secondo comma, 2149, 2151, secondo comma, 2152, 2155, 2156, 2157, 2159, 2160 e 2163, nonché quelle concernenti la tenuta e l’efficacia probatoria del libretto colonico, qualora le parti l’abbiano d’accordo istituito.

Sezione IV
Della soccida

  • 1 – Disposizioni generali

Art. 2170.
Nozione.

Nella soccida il soccidante e il soccidario si associano per l’allevamento e lo sfruttamento di una certa quantità di bestiame e per l’esercizio delle attività connesse, al fine di ripartire l’accrescimento del bestiame e gli altri prodotti e utili che ne derivano.

L’accrescimento consiste tanto nei parti sopravvenuti, quanto nel maggior valore intrinseco che il bestiame abbia al termine del contratto.

  • 2 – Della soccida semplice

Art. 2171.
Nozione.

Nella soccida semplice il bestiame è conferito dal soccidante.

La stima del bestiame all’inizio del contratto non ne trasferisce la proprietà al soccidario.

La stima deve indicare il numero, la razza, la qualità, il sesso, il peso e l’età del bestiame e il relativo prezzo di mercato. La stima serve di base per determinare il prelevamento a cui ha diritto il soccidante alla fine del contratto, a norma dell’articolo 2181.

Art. 2172.
Durata del contratto.

Se nel contratto non è stabilito un termine, la soccida ha la durata di tre anni.

Alla scadenza del termine il contratto non cessa di diritto, e la parte che non intende rinnovarlo deve darne disdetta almeno sei mesi prima della scadenza o nel maggior termine fissato [dalle norme corporative] (1) dalla convenzione o dagli usi.

Se non è data disdetta, il contratto s’intende rinnovato di anno in anno.

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2173.
Direzione dell’impresa e assunzione di mano d’opera.

La direzione dell’impresa spetta al soccidante, il quale deve esercitarla secondo le regole della buona tecnica dell’allevamento.

La scelta di prestatori di lavoro, estranei alla famiglia del soccidario, deve essere fatta col consenso del soccidante, anche quando secondo la convenzione o gli usi la relativa spesa è posta a carico del soccidario.

Art. 2174.
Obblighi del soccidario.

Il soccidario deve prestare secondo le direttive del soccidante, il lavoro occorrente per la custodia e l’allevamento del bestiame affidatogli, per la lavorazione dei prodotti e per il trasporto sino ai luoghi di ordinario deposito.

Il soccidario deve usare la diligenza del buon allevatore.

Art. 2175.
Perimento del bestiame.

Il soccidario non risponde del bestiame che provi essere perito per causa a lui non imputabile, ma deve rendere conto delle parti recuperabili.

Art. 2176.
Reintegrazione del bestiame conferito.

Nella soccida stipulata per un tempo non inferiore a tre anni, qualora durante la prima metà del periodo contrattuale perisca la maggior parte del bestiame inizialmente conferito, per causa non imputabile al soccidario, questi può chiederne la reintegrazione con altri capi di valore intrinseco eguale a quello che i capi periti avevano all’inizio del contratto, tenuto conto del numero, della razza, della qualità, del sesso, del peso e dell’età.

Se il soccidante non provvede alla reintegrazione, il soccidario può recedere dal contratto.

Art. 2177.
Trasferimento dei diritti sul bestiame.

Se la proprietà o il godimento del bestiame dato a soccida viene trasferito ad altri, il contratto non si scioglie, e i crediti e i debiti del soccidante, derivanti dalla soccida, passano all’acquirente in proporzione della quota acquistata, salva per i debiti la responsabilità sussidiaria del soccidante.

Se il trasferimento riguarda la maggior parte del bestiame, il soccidario può, nel termine di un mese da quando ha avuto conoscenza del trasferimento, recedere dal contratto con effetto dalla fine dell’anno in corso.

Art. 2178.
Accrescimenti, prodotti, utili e spese.

Gli accrescimenti, i prodotti, gli utili e le spese si dividono tra le parti secondo le proporzioni stabilite [dalle norme corporative] (1), dalla convenzione o dagli usi.

È nullo il patto per il quale il soccidario debba sopportare nella perdita una parte maggiore di quella spettantegli nel guadagno.

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2180.
Scioglimento del contratto.

Salve le norme generali sulla risoluzione dei contratti per inadempimento , ciascuna delle parti può chiedere lo scioglimento del contratto, quando si verificano fatti tali da non consentire la prosecuzione del rapporto .

Art. 2181.
Prelevamento e divisione al termine del contratto.

Al termine del contratto le parti procedono a nuova stima del bestiame.

Il soccidante preleva, d’accordo con il soccidario, un complesso di capi che, avuto riguardo al numero, alla razza, al sesso, al peso, alla qualità e all’età, sia corrispondente alla consistenza del bestiame apportato all’inizio della soccida. Il di più si divide a norma dell’articolo 2178.

Se non vi sono capi sufficienti ad eguagliare la stima iniziale, il soccidante prende quelli che rimangono.

  • 3 – Della soccida parziaria

Art. 2182.
Conferimento del bestiame.

Nella soccida parziaria il bestiame è conferito da entrambi i contraenti nelle proporzioni convenute.

Essi divengono comproprietari del bestiame in proporzione del rispettivo conferimento.

Art. 2183.
Reintegrazione del bestiame conferito.

Nella soccida stipulata per un tempo non inferiore a tre anni, qualora durante la prima metà del periodo contrattuale perisca per causa non imputabile al soccidario la maggior parte del bestiame inizialmente conferito, e i contraenti non si accordino per la reintegrazione, ciascuno di essi ha diritto di recedere dal contratto.

Salvo diverso accordo delle parti, il recesso ha effetto con la fine dell’anno in corso.

Il bestiame rimasto è diviso fra le parti nella proporzione indicata nell’articolo 2184.

Se è convenuto che nella divisione del bestiame da farsi alla scadenza del contratto sia attribuita ad uno dei contraenti una quota maggiore di quella corrispondente al suo conferimento, tale quota deve essere ridotta in rapporto alla minor durata della soccida.

Art. 2184.
Divisione del bestiame, dei prodotti e degli utili.

Gli accrescimenti, i prodotti, gli utili, le spese e, al termine del contratto, il bestiame conferito si dividono nella proporzione stabilita [dalle norme corporative] (1), dalla convenzione o dagli usi.

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2185.
Rinvio.

Per quanto non è disposto dagli articoli precedenti, si applicano alla soccida parziaria le disposizioni relative alla soccida semplice.

  • 4 – Della soccida con conferimento di pascolo

Art. 2186.
Nozione e norme applicabili.

Si ha rapporto di soccida anche quando il bestiame è conferito dal soccidario e il soccidante conferisce il terreno per il pascolo.

In tal caso il soccidario ha la direzione dell’impresa e al soccidante spetta il controllo della gestione.

Si osservano inoltre le disposizioni dell’articolo 2184 e, in quanto applicabili, quelle dettate per la soccida semplice.

Sezione V
Disposizione finale

Art. 2187.
Usi.

Nei rapporti di associazione agraria regolati delle sezioni II, III e IV di questo capo, per quanto non è espressamente disposto, si applicano, in mancanza di convenzione, gli usi.

Capo III
Delle imprese commerciali e delle altre imprese soggette a registrazione

Sezione I
Del registro delle imprese

Art. 2188.
Registro delle imprese.

E’ istituito il registro delle imprese per le iscrizioni previste dalla legge.

Il registro è tenuto dall’ufficio del registro delle imprese sotto la vigilanza di un giudice delegato dal presidente del tribunale.

Il registro è pubblico.

Art. 2189.
Modalità d’iscrizione.

Le iscrizioni nel registro sono eseguite su domanda sottoscritta dall’interessato.

Prima di procedere all’iscrizione, l’ufficio del registro deve accertare l’autenticità della sottoscrizione e il concorso delle condizioni richieste dalla legge per l’iscrizione.

Il rifiuto dell’iscrizione deve essere comunicato con raccomandata al richiedente. Questi può ricorrere entro otto giorni al giudice del registro, che provvede con decreto.

Art. 2190.
Iscrizione d’ufficio.

Se un’iscrizione obbligatoria non è stata richiesta, l’ufficio del registro invita mediante raccomandata l’imprenditore a richiederla entro un congruo termine. Decorso inutilmente il termine assegnato, il giudice del registro può ordinarla con decreto.

_______________

Cfr. Corte Costituzionale, ordinanza 18 gennaio 2008, n. 6 in Altalex Massimario.

Art. 2191.
Cancellazione d’ufficio.

Se una iscrizione è avvenuta senza che esistano le condizioni richieste dalla legge, il giudice del registro, sentito l’interessato, ne ordina con decreto la cancellazione.

Art. 2192.
Ricorso contro il decreto del giudice del registro.

Contro il decreto del giudice del registro emesso a norma degli articoli precedenti, l’interessato, entro quindici giorni dalla comunicazione, può ricorrere al tribunale dal quale dipende l’ufficio del registro.

Il decreto che pronunzia sul ricorso deve essere iscritto d’ufficio nel registro.

Art. 2193.
Efficacia dell’iscrizione.

I fatti dei quali la legge prescrive l’iscrizione se non sono stati iscritti, non possono essere opposti ai terzi da chi è obbligato a richiederne l’iscrizione, a meno che questi provi che i terzi ne abbiano avuto conoscenza.

L’ignoranza dei fatti dei quali la legge prescrive l’iscrizione non può essere opposta dai terzi dal momento in cui l’iscrizione è avvenuta.

Sono salve le disposizioni particolari della legge.

Art. 2194.
Inosservanza dell’obbligo di iscrizione.

Salvo quanto disposto dagli articoli 2626 e 2634, chiunque omette di richiedere l’iscrizione nei modi e nel termine stabiliti dalla legge, è punito con l’ammenda da € 10 a € 516.

Sezione II
Dell’obbligo di registrazione

Art. 2195.
Imprenditori soggetti a registrazione.

Sono soggetti all’obbligo dell’iscrizione, nel registro delle imprese gli imprenditori che esercitano:

1) un’attività industriale diretta alla produzione di beni o di servizi;

2) un’attività intermediaria nella circolazione dei beni;

3) un’attività di trasporto per terra, per acqua o per aria;

4) un’attività bancaria o assicurativa;

5) altre attività ausiliarie delle precedenti.

Le disposizioni della legge che fanno riferimento alle attività e alle imprese commerciali si applicano, se non risulta diversamente, a tutte le attività indicate in questo articolo e alle imprese che le esercitano.

Art. 2196.
Iscrizione dell’impresa.

Entro trenta giorni dall’inizio dell’impresa l’imprenditore che esercita un’attività commerciale deve chiedere l’iscrizione all’ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione stabilisce la sede, indicando:

1) il cognome e il nome, il nome del padre, la cittadinanza;

2) la ditta;

3) l’oggetto dell’impresa;

4) la sede dell’impresa;

5) il cognome e il nome degli institori e procuratori.

[All’atto della richiesta l’imprenditore deve depositare la sua firma autografa e quelle dei suoi institori e procuratori] (1)

L’imprenditore deve inoltre chiedere l’iscrizione delle modificazioni relative agli elementi suindicati e della cessazione dell’impresa entro trenta giorni da quello in cui le modificazioni o la cessazione si verificano.

(1) Comma abrogato dall’art. 33, L. 24 novembre 2000, n. 340.

Art. 2197.
Sedi secondarie.

L’imprenditore che istituisce nel territorio dello Stato sedi secondarie con una rappresentanza stabile deve, entro trenta giorni, chiederne l’iscrizione all’ufficio del registro delle imprese del luogo dove è la sede principale dell’impresa.

Nello stesso termine la richiesta deve essere fatta all’ufficio del luogo nel quale è istituita la sede secondaria, indicando altresì la sede principale, e il cognome e il nome del rappresentante preposto alla sede secondaria..

La disposizione del secondo comma si applica anche all’imprenditore che ha all’estero la sede principale dell’impresa.

L’imprenditore che istituisce sedi secondarie con rappresentanza stabile all’estero deve, entro trenta giorni, chiederne l’iscrizione all’ufficio del registro nella cui circoscrizione si trova la sede principale.

Art. 2198.
Minori, interdetti e inabilitati.

I provvedimenti di autorizzazione all’esercizio di un’impresa commerciale da parte di un minore emancipato o di un inabilitato o nell’interesse di un minore non emancipato o di un interdetto e i provvedimenti con i quali l’autorizzazione viene revocata devono essere comunicati senza indugio a cura del cancelliere all’ufficio del registro delle imprese per l’iscrizione.

Art. 2199.
Indicazione dell’iscrizione.

L’imprenditore deve indicare negli atti e nella corrispondenza, che si riferiscono all’impresa, il registro presso il quale è iscritto.

Art. 2200.
Società.

Sono soggette all’obbligo dell’iscrizione nel registro delle imprese le società costituite secondo uno dei tipi regolati nei capi III e seguenti del titolo V e le società cooperative, anche se non esercitano un’attività commerciale.

L’iscrizione delle società nel registro delle imprese è regolata dalle disposizioni dei titoli V e VI.

Art. 2201.
Enti pubblici.

Gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale una attività commerciale sono soggetti all’obbligo dell’iscrizione nel registro delle imprese .

Art. 2202.
Piccoli imprenditori.

Non sono soggetti all’obbligo dell’iscrizione nel registro delle imprese i piccoli imprenditori.

Sezione III
Disposizioni particolari per le imprese commerciali

  • 1 – Della rappresentanza

Art. 2203.
Preposizione institoria.

E’ institore colui che è preposto dal titolare all’esercizio di un’impresa commerciale.

La preposizione può essere limitata all’esercizio di una sede secondaria o di un ramo particolare dell’impresa.

Se sono preposti più institori, questi possono agire disgiuntamente, salvo che nella procura sia diversamente disposto.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. I, sentenza 16 maggio 2008, n. 12469 in Altalex Massimario.

Art. 2204.
Poteri dell’institore.

L’institore può compiere tutti gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa a cui è preposto, salve le limitazioni contenute nella procura. Tuttavia non può alienare o ipotecare i beni immobili del preponente, se non è stato a ciò espressamente autorizzato.

L’institore può stare in giudizio in nome del preponente per le obbligazioni dipendenti da atti compiuti nell’esercizio dell’impresa a cui è preposto.

Art. 2205.
Obblighi dell’institore.

Per le imprese o le sedi secondarie alle quali è preposto, l’institore è tenuto, insieme con l’imprenditore, all’osservanza delle disposizioni riguardanti l’iscrizione nel registro delle imprese e la tenuta delle scritture contabili.

Art. 2206.
Pubblicità della procura.

La procura con sottoscrizione del preponente autenticata deve essere depositata per l’iscrizione presso il competente ufficio del registro delle imprese.

In mancanza dell’iscrizione, la rappresentanza si reputa generale e le limitazioni di essa non sono opponibili ai terzi, se non si prova che questi le conoscevano al momento della conclusione dell’affare.

Art. 2207.
Modificazione e revoca della procura.

Gli atti con i quali viene successivamente limitata o revocata la procura devono essere depositati, per l’iscrizione nel registro delle imprese, anche se la procura non fu pubblicata.

In mancanza dell’iscrizione, le limitazioni o la revoca non sono opponibili ai terzi, se non si prova che questi le conoscevano al momento della conclusione dell’affare.

Art. 2208.
Responsabilità personale dell’institore.

L’institore è personalmente obbligato se omette di far conoscere al terzo che egli tratta per il preponente; tuttavia il terzo può agire anche contro il preponente per gli atti compiuti dall’institore, che siano pertinenti all’esercizio dell’impresa a cui è preposto.

Art. 2209.
Procuratori.

Le disposizioni degli articoli 2206 e 2207 si applicano anche ai procuratori , i quali, in base a un rapporto continuativo, abbiano il potere di compiere per l’imprenditore gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa, pur non essendo preposti ad esso.

Art. 2210.
Poteri dei commessi dell’imprenditore.

I commessi dell’imprenditore, salve le limitazioni contenute nell’atto di conferimento della rappresentanza, possono compiere gli atti che ordinariamente comporta la specie delle operazioni di cui sono incaricati.

Non possono tuttavia esigere il prezzo delle merci delle quali non facciano la consegna, né concedere dilazioni o sconti che non sono d’uso, salvo che siano a ciò espressamente autorizzati.

Art. 2211.
Poteri di deroga alle condizioni generali di contratto.

I commessi, anche se autorizzati a concludere contratti in nome dell’imprenditore, non hanno il potere di derogare alle condizioni generali di contratto o alle clausole stampate sui moduli dell’impresa, se non sono muniti di una speciale autorizzazione scritta.

Art. 2212.
Poteri dei commessi relativi agli affari conclusi.

Per gli affari da essi conclusi, i commessi dell’imprenditore sono autorizzati a ricevere per conto di questo le dichiarazioni che riguardano l’esecuzione del contratto e i reclami relativi alle inadempienze contrattuali .

Sono altresì legittimati a chiedere i provvedimenti cautelari nell’interesse dell’imprenditore.

Art. 2213.
Poteri dei commessi preposti alla vendita.

I commessi preposti alla vendita nei locali dell’impresa possono esigere il prezzo delle merci da essi vendute, salvo che alla riscossione sia palesemente destinata una cassa speciale.

Fuori dei locali dell’impresa non possono esigere il prezzo, se non sono autorizzati o se non consegnano quietanza firmata dall’imprenditore.

  • 2 – Delle scritture contabili

Art. 2214.
Libri obbligatori e altre scritture contabili.

L’imprenditore che esercita un’attività commerciale deve tenere il libro giornale e il libro degli inventari.

Deve altresì tenere le altre scritture che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa e conservare ordinatamente per ciascun affare gli originali delle lettere, dei telegrammi e delle fatture ricevute, nonché le copie delle lettere, dei telegrammi e delle fatture spedite.

Le disposizioni di questo paragrafo non si applicano ai piccoli imprenditori.

_______________

Cfr. Tribunale di Cassino, sentenza 27 giugno 2008 in Altalex Massimario.

Art. 2215.
Modalità di tenuta delle scritture contabili.

I libri contabili, prima di essere messi in uso, devono essere numerati progressivamente in ogni pagina e, qualora sia previsto l’obbligo della bollatura o della vidimazione, devono essere bollati in ogni foglio dall’ufficio del registro delle imprese o da un notaio secondo le disposizioni delle leggi speciali. L’ufficio del registro o il notaio deve dichiarare nell’ultima pagina dei libri il numero dei fogli che li compongono.

Il libro giornale e il libro degli inventari devono essere numerati progressivamente e non sono soggetti a bollatura né a vidimazione.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. tributaria, sentenza 21 dicembre 2007, n. 27034 in Altalex Massimario.

Art. 2215-bis. (1)
Documentazione informatica.

I libri, i repertori, le scritture e la documentazione la cui tenuta e’ obbligatoria per disposizione di legge o di regolamento o che sono richiesti dalla natura o dalle dimensioni dell’impresa possono essere formati e tenuti con strumenti informatici.

Le registrazioni contenute nei documenti di cui al primo comma debbono essere rese consultabili in ogni momento con i mezzi messi a disposizione dal soggetto tenutario e costituiscono informazione primaria e originale da cui e’ possibile effettuare, su diversi tipi di supporto, riproduzioni e copie per gli usi consentiti dalla legge.

Gli obblighi di numerazione progressiva e di vidimazione previsti dalle disposizioni di legge o di regolamento per la tenuta dei libri, repertori e scritture sono assolti, in caso di tenuta con strumenti informatici, mediante apposizione, almeno una volta all’anno, della marcatura temporale e della firma digitale dell’imprenditore o di altro soggetto dal medesimo delegato (2).

Qualora per un anno non siano state eseguite registrazioni, la firma digitale e la marcatura temporale devono essere apposte all’atto di una nuova registrazione e da tale apposizione decorre il periodo annuale di cui al terzo comma (2).

I libri, i repertori e le scritture tenuti con strumenti informatici, secondo quanto previsto dal presente articolo, hanno l’efficacia probatoria di cui agli articoli 2709 e 2710 del codice civile.

Per i libri e per i registri la cui tenuta è obbligatoria per disposizione di legge o di regolamento di natura tributaria, il termine di cui al terzo comma opera secondo le norme in materia di conservazione digitale contenute nelle medesime disposizioni (3).

(1) Articolo introdotto dal D.L. 29 novembre 2008, n. 185 convertito, con modificazioni nella L. 28 gennaio 2009, n. 2
(2) I commi che recitavano: “3. Gli obblighi di numerazione progressiva, vidimazione e gli altri obblighi previsti dalle disposizioni di legge o di regolamento per la tenuta dei libri, repertori e scritture, ivi compreso quello di regolare tenuta dei medesimi, sono assolti, in caso di tenuta con strumenti informatici, mediante apposizione, ogni tre mesi a far data dalla messa in opera, della marcatura temporale e della firma digitale dell’imprenditore, o di altro soggetto dal medesimo delegato, inerenti al documento contenente le registrazioni relative ai tre mesi precedenti.
4. Qualora per tre mesi non siano state eseguite registrazioni, la firma digitale e la marcatura temporale devono essere apposte all’atto di una nuova registrazione, e da tale apposizione decorre il periodo trimestrale di cui al terzo comma.” sono stati così sostituite dal D.L. 13 maggio 2011, n. 70.
(3) Comma aggiunto dal D.L. 13 maggio 2011, n. 70.

Art. 2216.
Contenuto del libro giornale.

Il libro giornale deve indicare giorno per giorno le operazioni relative all’esercizio dell’impresa.

Art. 2217.
Redazione dell’inventario

L’inventario deve redigersi all’inizio dell’esercizio dell’impresa e successivamente ogni anno, e deve contenere l’indicazione e la valutazione delle attività e delle passività relative all’impresa, nonché delle attività e delle passività dell’imprenditore estranee alla medesima.

L’inventario si chiude con il bilancio e con il conto dei profitti e delle perdite il quale deve dimostrare con evidenza e verità gli utili conseguiti o le perdite subite. Nelle valutazioni di bilancio l’imprenditore deve attenersi ai criteri stabiliti per i bilanci delle società per azioni, in quanto applicabili.

L’inventario deve essere sottoscritto dall’imprenditore entro tre mesi dal termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi ai fini delle imposte dirette.

Art. 2218.
Bollatura facoltativa.

L’imprenditore può far bollare nei modi indicati nell’articolo 2215 gli altri libri da lui tenuti.

Art. 2219.
Tenuta della contabilità.

Tutte le scritture devono essere tenute secondo le norme di un’ordinata contabilità senza spazi in bianco, senza interlinee e senza trasporti in margine. Non vi si possono fare abrasioni e, se è necessaria qualche cancellazione, questa deve eseguirsi in modo che le parole cancellate siano leggibili.

Art. 2220.
Conservazione delle scritture contabili.

Le scritture devono essere conservate per dieci anni dalla data dell’ultima registrazione.

Per lo stesso periodo devono conservarsi le fatture, le lettere e i telegrammi ricevuti e le copie delle fatture, delle lettere e dei telegrammi spediti.

Le scritture e documenti di cui al presente articolo possono essere conservati sotto forma di registrazioni su supporti di immagini, sempre che le registrazioni corrispondano ai documenti e possano in ogni momento essere rese leggibili con mezzi messi a disposizione dal soggetto che utilizza detti supporti.

  • 3 – Dell’insolvenza

Art. 2221.
Fallimento e concordato preventivo.

Gli imprenditori che esercitano un’attività commerciale, esclusi gli enti pubblici e i piccoli imprenditori, sono soggetti in caso di insolvenza alle procedure del fallimento e del concordato preventivo salve le disposizioni delle leggi speciali.

Titolo III
Del lavoro autonomo

Capo I
Disposizioni generali

Art. 2222.
Contratto d’opera.

Quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si applicano le norme di questo capo, salvo che il rapporto abbia una disciplina particolare nel libro IV.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 27 luglio 2009, n. 17455in Altalex Massimario.

Art. 2223.
Prestazione della materia.

Le disposizioni di questo capo si osservano anche se la materia è fornita dal prestatore d’opera, purché le parti non abbiano avuto prevalentemente in considerazione la materia, nel qual caso si applicano le norme sulla vendita.

Art. 2224.
Esecuzione dell’opera.

Se il prestatore d’opera non procede all’esecuzione dell’opera secondo le condizioni stabilite dal contratto e a regola d’arte, il committente può fissare un congruo termine, entro il quale il prestatore d’opera deve conformarsi a tali condizioni.

Trascorso inutilmente il termine fissato, il committente può recedere dal contratto, salvo il diritto al risarcimento dei danni.

Art. 2225.
Corrispettivo.

Il corrispettivo, se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe professionali o gli usi, è stabilito dal giudice in relazione al risultato ottenuto e al lavoro normalmente necessario per ottenerlo.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. I, sentenza 4 aprile 2008, n. 8730 in Altalex Massimario.

Art. 2226.
Difformità e vizi dell’opera.

L’accettazione espressa o tacita dell’opera libera il prestatore d’opera dalla responsabilità per difformità o per vizi della medesima, se all’atto dell’accettazione questi erano noti al committente o facilmente riconoscibili, purché in questo caso non siano stati dolosamente occultati.

Il committente deve, a pena di decadenza denunziare le difformità e i vizi occulti al prestatore d’opera entro otto giorni dalla scoperta. L’azione si prescrive entro un anno dalla consegna.

I diritti del committente nel caso di difformità o di vizi dell’opera sono regolati dall’articolo 1668.

_______________

Cfr. Tribunale di Chieti, sentenza 26 febbraio 2008 in Altalex Massimario.

Art. 2227.
Recesso unilaterale dal contratto.

Il committente può recedere dal contratto, ancorché sia iniziata l’esecuzione dell’opera, tenendo indenne il prestatore d’opera delle spese, del lavoro eseguito e del mancato guadagno.

Art. 2228.
Impossibilità sopravvenuta della esecuzione dell’opera.

Se l’esecuzione dell’opera diventa impossibile per causa non imputabile ad alcuna delle parti, il prestatore d’opera ha diritto ad un compenso per il lavoro prestato in relazione all’utilità della parte dell’opera compiuta.

Capo II
Delle professioni intellettuali

Art. 2229.
Esercizio delle professioni intellettuali.

La legge determina le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi.

L’accertamento dei requisiti per l’iscrizione negli albi o negli elenchi, la tenuta dei medesimi e il potere disciplinare sugli iscritti sono demandati[alle associazioni professionali] (1), sotto la vigilanza dello Stato, salvo che la legge disponga diversamente.

Contro il rifiuto dell’iscrizione o la cancellazione dagli albi o elenchi, e contro i provvedimenti disciplinari che importano la perdita o la sospensione del diritto all’esercizio della professione è ammesso ricorso in via giurisdizionale nei modi e nei termini stabiliti dalle leggi speciali.

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2230.
Prestazione d’opera intellettuale.

Il contratto che ha per oggetto una prestazione d’opera intellettuale è regolato dalle norme seguenti e, in quanto compatibili con queste e con la natura del rapporto, dalle disposizioni del capo precedente.

Sono salve le disposizioni delle leggi speciali.

Art. 2231.
Mancanza d’iscrizione.

Quando l’esercizio di un’attività professionale è condizionato all’iscrizione in un albo o elenco, la prestazione eseguita da chi non è iscritto non gli dà azione per il pagamento della retribuzione.

La cancellazione dall’albo o elenco risolve il contratto in corso, salvo il diritto del prestatore d’opera al rimborso delle spese incontrate e a un compenso adeguato all’utilità del lavoro compiuto.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. I, sentenza 1 aprile 2008, n. 8445 e Cassazione Civile, sez. II, sentenza 11 giugno 2008, n. 15530 in Altalex Massimario.

Art. 2232.
Esecuzione dell’opera.

Il prestatore d’opera deve eseguire personalmente l’incarico assunto. Può tuttavia valersi, sotto la propria direzione e responsabilità, di sostituti e ausiliari, se la collaborazione di altri è consentita dal contratto o dagli usi e non è incompatibile con l’oggetto della prestazione .

Art. 2233.
Compenso.

Il compenso, se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe o gli usi, è determinato dal giudice, [sentito il parere dell’associazione professionale a cui il professionista appartiene] (1).

In ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione.

Sono nulli, se non redatti in forma scritta, i patti conclusi tra gli avvocati ed i praticanti abilitati con i loro clienti che stabiliscono i compensi professionali (2).

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
(2) Questo comma è stato così sostituito dall’art. 2, comma 2 bis, del D.L. 4 luglio 2006, n. 233, convertito, con modificazioni, nella L. 4 agosto 2006, n. 248.

Art. 2234.
Spese e acconti.

Il cliente, salvo diversa pattuizione, deve anticipare al prestatore d’opera le spese occorrenti al compimento dell’opera e corrispondere, secondo gli usi, gli acconti sul compenso.

Art. 2235.
Divieto di ritenzione.

Il prestatore d’opera non può ritenere le cose e i documenti ricevuti, se non per il periodo strettamente necessario alla tutela dei propri diritti secondo le leggi professionali.

Art. 2236.
Responsabilità del prestatore di opera.

Se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave.

_______________

Cfr. Cassazione Civile, sez. III, sentenza 18 aprile 2007, n. 9238, Tribunale di Bari, sez. III civile, sentenza 17 aprile 2008, n. 978 e Cassazione Civile, sez. III, sentenza 2 settembre 2009, n. 19092 in Altalex Massimario. Cfr. anche la formula “Comparsa di risposta nel giudizio per responsabilità professionale dell’avvocato (2)” tratta da FormularioCivile.it.

Art. 2237.
Recesso.

Il cliente può recedere dal contratto, rimborsando al prestatore d’opera le spese sostenute e pagando il compenso per l’opera svolta.

Il prestatore d’opera può recedere dal contratto per giusta causa. In tal caso egli ha diritto al rimborso delle spese fatte e al compenso per l’opera svolta, da determinarsi con riguardo al risultato utile che ne sia derivato al cliente.

Il recesso del prestatore d’opera deve essere esercitato in modo da evitare pregiudizio al cliente.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 25 giugno 2007, n. 14702 in Altalex Massimario.

Art. 2238.
Rinvio.

Se l’esercizio della professione costituisce elemento di un’attività organizzata in forma di impresa, si applicano anche le disposizioni del titolo II.

In ogni caso se l’esercente una professione intellettuale impiega sostituti o ausiliari, si applicano le disposizioni delle sezioni II, III, IV, del capo I del titolo II.

Titolo IV
Del lavoro subordinato in particolari rapporti

Capo I
Disposizioni generali

Art. 2239.
Norme applicabili.

I rapporti di lavoro subordinato che non sono inerenti all’esercizio di un’impresa sono regolati dalle disposizioni delle sezioni II, III, IV del capo I del titolo II, in quanto compatibili con la specialità del rapporto.

Capo II
Del lavoro domestico

Art. 2240.
Norme applicabili.

Il rapporto di lavoro che ha per oggetto la prestazione di servizi di carattere domestico è regolato dalle disposizioni di questo capo e, in quanto più favorevoli al prestatore di lavoro, dalla convenzione e dagli usi.

Art. 2241.
Periodo di prova.

Il patto di prova si presume per i primi otto giorni.

Art. 2242.
Vitto, alloggio e assistenza.

Il prestatore di lavoro ammesso alla convivenza familiare ha diritto, oltre alla retribuzione in danaro, al vitto, all’alloggio e, per le infermità di breve durata, alla cura e all’assistenza medica.

Le parti devono contribuire alle istituzioni di previdenza e di assistenza, nei casi e nei modi stabiliti dalla legge.

Art. 2243.
Periodo di riposo.

Il prestatore di lavoro, oltre al riposo settimanale secondo gli usi, ha diritto [dopo un anno di ininterrotto servizio] (1), ad un periodo di ferie retribuito, che non può essere inferiore a otto giorni.

(1) La Corte costituzionale, con sentenza 27 febbraio 1969, n. 16, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2243 c.c. limitatamente all’inciso «dopo un anno di ininterrotto servizio».

Art. 2244.
Recesso.

Al contratto di lavoro domestico sono applicabili le norme sul recesso volontario e per giusta causa, stabilite negli articoli 2118 e 2119.

Il periodo di preavviso non può essere inferiore a otto giorni o, se l’anzianità di servizio è superiore a due anni, a quindici giorni.

Art. 2245.
Indennità di anzianità.

In caso di cessazione del contratto è dovuta al prestatore di lavoro un’indennità proporzionale agli anni di servizio, salvo il caso di licenziamento per colpa di lui o di dimissioni volontarie.

L’ammontare dell’indennità è determinata sulla base dell’ultima retribuzione in danaro, nella misura di otto giorni per ogni anno di servizio.

Se gli usi lo stabiliscono, l’indennità è dovuta anche nel caso di dimissioni volontarie.

Art. 2246.
Certificato di lavoro.

Alla cessazione del contratto il prestatore di lavoro ha diritto al rilascio di un certificato che attesti la natura delle mansioni disimpegnate e il periodo di servizio prestato.